Corte di Cassazione, civile, Sentenza|8 settembre 2022| n. 26493.
Risoluzione contratto di locazione e le ragioni già prima della presentazione della domanda giudiziale
Le ragioni che giustificherebbero la risoluzione di un contratto di locazione per inadempimento del conduttore devono esistere già prima della presentazione della domanda giudiziale. Ciò in quanto il Giudice non potrà procedere ad una valutazione dell’inadempimento che non sussista nella domanda giudiziale di risoluzione.
Sentenza|8 settembre 2022| n. 26493. Risoluzione contratto di locazione e le ragioni già prima della presentazione della domanda giudiziale
Data udienza 17 febbraio 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Locazione abitativa – Contratto registrato – Canoni – Autoriduzione – Azione di risoluzione – Sfratto per morosità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 20796/2018 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato ex lege in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), domiciliata ex lege, in Roma presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 988/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 24/05/2018;
nonche’ sul ricorso 9917/2020 proposto da:
(OMISSIS), domiciliata ex lege in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 2260/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 10/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio udienza del 17/02/2022 dal Cons. Dott.ssa ANTONIETTA SCRIMA;
letta, in relazione al ricorso NRG 20796/2018, la requisitoria scritta del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NARDECCHIA Giovanni Battista, che ha concluso, in via preliminare, per la riunione con il ricorso N. R.G. 9917/2020, nel merito, per il rigetto del ricorso e, in via subordinata, perche’ sia sollevata questione di legittimita’ costituzionale della L. 9 dicembre 1998, n. 431, articolo 13, comma 6, come sostituito della L. 28 dicembre 2015, n. 208, articolo 1, comma 59;
letta, in relazione al ricorso NRG 9917/2020, la requisitoria scritta del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NARDECCHIA Giovanni Battista, che ha concluso, in via preliminare, per la riunione con il ricorso NRG. 20796/2018, nel merito, per l’accoglimento del ricorso e, in via subordinata, perche’ sia sollevata questione di legittimita’ costituzionale della L. 9 dicembre 1998, n. 431, articolo 13, comma 6, come sostituito della L. 28 dicembre 2015, n. 208, articolo 1, comma 59.
Risoluzione contratto di locazione e le ragioni già prima della presentazione della domanda giudiziale
FATTI DI CAUSA
Nel giugno del 2012 (OMISSIS), premesso di essere proprietaria dell’immobile sito in (OMISSIS), concesso in locazione per uso abitativo a (OMISSIS), con contratto del 13 aprile 2011, registrato il 17 febbraio 2012 (cosi’ nella sentenza impugnata; entrambe le parti, nei loro scritti in questa sede, indicano talvolta il 12 febbraio 2012 e talaltra il 17 febbraio 2012 come data di registrazione, il che trova la sua spiegazione nel fatto che entrambe le parti hanno provveduto alla registrazione del contratto, prima il conduttore e poi la locatrice, e cio’ risulta incontestato tra le parti, v. rispettivi atti difensivi in questa sede), per il canone mensile di Euro 700,00, intimo’ al (OMISSIS) e alla sua compagna (OMISSIS), “in qualita’ di occupante”, sfratto per morosita’, deducendo che da (OMISSIS) (data della notifica dell’intimazione di sfratto) il conduttore aveva corrisposto solo acconti per l’importo complessivo di Euro 452,00 e contestualmente li cito’ innanzi al Tribunale di Palermo per la convalida e i conseguenti provvedimenti.
I convenuti si costituirono opponendosi allo sfratto e sostennero che doveva applicarsi nel caso di specie del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, articolo 3, commi 8 e 9, e che il rapporto negoziale doveva ritenersi regolato dal verbale dell’Agenzia delle Entrate del 15 febbraio 2012.
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Il Tribunale adito sollevo’ la questione di legittimita’ costituzionale delle norme invocate dai convenuti, che venne decisa dalla Consulta con la sentenza n. 50 del 14 marzo 2014, che dichiaro’ l’incostituzionalita’ delle norme in parola.
Il Tribunale di Palermo, con sentenza n. 5561/2015 del 16 ottobre 2015, diede atto che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 169 del 16 luglio 2015 aveva, altresi’, dichiarato l’incostituzionalita’ del Decreto Legge 28 marzo 2014, n. 47, articolo 5, comma 1-ter, convertito con la L. 23 maggio 2014, n. 80 (che aveva fatto salvi fino al 31 dicembre 2015 gli effetti prodotti sui rapporti giuridici sorti sulla base di contratti di locazione registrati ai sensi del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, articolo 3, commi 8 e 9); rilevo’ che il contratto di locazione alla data di introduzione del giudizio (giugno 2012) era stato registrato (come da timbro dell’Agenzia delle Entrate del 17 febbraio 2012), sicche’ la domanda era fondata su un valido titolo contrattuale; evidenzio’ che il conduttore aveva incentrato la linea difensiva sull’applicabilita’ del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, articolo 3, commi 8 e 9, norme poi dichiarate incostituzionali, aveva ammesso di aver corrisposto dalla data della stipula del contratto fino a febbraio 2012 il canone pattuito di Euro 700,00 mensili e di averne poi ridotto l’importo ad Euro 113,00 mensili, “in aderenza alle istruzioni dell’Agenzia delle Entrate susseguenti la registrazione del 15 febbraio 2012”; ritenne, quindi, che il (OMISSIS) avesse illegittimamente autoridotto il canone, il che costituiva grave inadempimento lesivo del vincolo sinallagmatico costituito tra le parti. Pertanto, quel Tribunale, con la gia’ richiamata sentenza, dichiaro’ risolto per inadempimento del conduttore il contratto di locazione in questione ma non dispose nulla in ordine al rilascio, avendo il conduttore spontaneamente rilasciato l’immobile in data 24 ottobre 2014 (v. sentenza impugnata p. 5).
Avverso tale decisione (OMISSIS) propose appello, del quale la (OMISSIS) chiese il rigetto.
La Corte di appello di Palermo, con sentenza depositata il 24 maggio 2018, rigetto’ il gravame e condanno’ l’appellante alle spese di quel grado.
Avverso la sentenza della Corte di merito (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, basato su tre motivi e illustrato da memoria.
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(OMISSIS) ha resistito con controricorso, pure illustrato da memoria.
Con ordinanza interlocutoria n. 33653/21, depositata in data 11 novembre 2021, considerato che la controricorrente ha rappresentato che e’ stato iscritto altro ricorso, avente NRG 9917/2020, proposto avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo n. 2260/2020, resa tra le stesse parti, e ritenute sussistenti ragioni per la trattazione congiunta dei predetti ricorsi in pubblica udienza, e’ stato disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo in pubblica udienza.
Il P.G. ha depositato requisitoria scritta, concludendo, in via preliminare, per la riunione con il ricorso NRG 9917/2020 e, nel merito, per il rigetto del ricorso nonche’, in via subordinata, perche’ sia sollevata questione di legittimita’ costituzionale della L. 9 dicembre 1998, n. 431, articolo 13, comma 6, come sostituito dalla L. 28 dicembre 2015, n. 208, articolo 1, comma 59.
La controricorrente ha depositato ulteriore memoria.
Va inoltre evidenziato che, con ricorso del 28 ottobre 2015, (OMISSIS), premesso di aver concesso in locazione a (OMISSIS) l’appartamento gia’ indicato, con contratto del 13 aprile 2011, per il canone mensile di Euro 700,00, dedusse che il conduttore aveva autoridotto l’importo del canone mensile ad Euro 113,00, a partire dal 1 marzo 2012, che dal mese di marzo 2014 aveva sospeso anche il pagamento della minor somma appena indicata e che in data 25 ottobre 2014 aveva rilasciato l’immobile, chiese al Tribunale di Palermo ed ottenne l’emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti del (OMISSIS) per l’importo complessivo di Euro 20.909,26, comprensivo di Euro 1.221,26 per il mancato pagamento di oneri condominiali certificati dall’amministratore del condominio.
Il Tribunale di Palermo, con sentenza n. 2024/2017, rigetto’ l’opposizione proposta avverso il gia’ richiamato decreto ingiuntivo dal (OMISSIS), il quale aveva dedotto che la somma di Euro 113,00 era stata determinata sulla base del Decreto Legislativo n. 32 del 2011, articolo 3, i cui effetti, nonostante la norma fosse stata successivamente dichiarata incostituzionale dalla Consulta con la sentenza n. 50/2014, erano stati ripristinati poi dal Decreto Legge n. 47 del 2015. A fondamento della sua decisione il Giudice adito evidenzio’ che: a) con sentenza n. 5561/15 resa tra le stesse parti, quel medesimo Tribunale aveva dichiarato risolto il contratto di locazione inter partes per grave inadempimento del conduttore, risultato moroso nel pagamento dei canoni maturati da (OMISSIS), quantificati in Euro 700,00 mensili, e aveva ritenuto illegittima l’autoriduzione del canone operata dal conduttore sulla base di una normativa poi dichiarata incostituzionale, sicche’ l’inadempimento o comunque l’autoriduzione del canone erano illegittimi e imputabili al conduttore; b) risultava comprovato il mancato pagamento dei canoni indicati nel ricorso per d.i. e c) l’opponente non aveva fornito la prova contraria.
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Il gravame avverso la sentenza di primo grado, al quale si oppose la (OMISSIS), con sentenza n. 2260/2019, pubblicata il 10 dicembre 2019, venne parzialmente accolto dalla Corte di appello di Palermo che, in parziale riforma della sentenza impugnata, revoco’ il d.i. opposto e condanno’ il (OMISSIS) al pagamento, in favore della (OMISSIS), della somma di Euro 2.125,26, oltre interessi legali dalle date di scadenza dei singoli pagamenti al saldo nonche’ alla meta’ delle spese del primo e del secondo grado del giudizio di merito, compensando la restante meta’.
Avverso tale sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione (NRG 9917/2020), basato su tre motivi e illustrato da memoria.
(OMISSIS) non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede.
Il P.G. ha depositato requisitoria scritta concludendo, in via preliminare, per la riunione con il ricorso N.R.G. 20796/2018, nel merito, per l’accoglimento del ricorso e, in via subordinata, perche’ sia sollevata questione di legittimita’ costituzionale della L. 9 dicembre 1998, n. 431, articolo 13, comma 6, come sostituito dalla L. 28 dicembre 2015, n. 208, articolo 1, comma 59.
I due predetti ricorsi sono stati fissati entrambi per la trattazione all’odierna udienza pubblica e sono stati trattati in Camera di consiglio, in base alla disciplina dettata del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8-bis, inserito dalla Legge di Conversione n. 176 del 2020, senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto tempestiva e rituale richiesta di discussione orale (l’istanza di discussione orale proposta dal difensore del ricorrente (OMISSIS), con riferimento al ricorso NRG 20796/2018, e’ stata ritenuta tardiva dal Presidente del Collegio).
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RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il Collegio preliminarmente da’ atto della intervenuta riunione disposta con separata e coeva ordinanza – del ricorso NRG 9917/2020 al ricorso iscritto al NRG 20796/2018.
2. Con il primo motivo, denunciando “Violazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”, il ricorrente sostiene che la Corte territoriale avrebbe violato il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, in quanto il petitum di cui all’intimazione di sfratto e il thema decidendum della sentenza di primo grado avrebbero riguardato la risoluzione per grave inadempimento del contratto stipulato tra le parti con riferimento all’asserito inadempimento dei soli canoni di locazione (OMISSIS), ridotti in base alla sopra richiamata norma poi dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 50 del 2014, cui era seguita l’ulteriore sentenza di quella Corte n. 169 del 2015, mentre nessuna domanda e nessuna eccezione sarebbero state proposte in relazione alla diversa obbligazione di pagamento dei canoni di locazione inerenti alle mensilita’ (OMISSIS).
Cio’ si evincerebbe: a) dalla sentenza di primo grado con cui e’ stato risolto il contratto per grave inadempimento dell’obbligo di pagamento di quattro mensilita’ ((OMISSIS)), b) dalla circostanza che il Tribunale ha compensato le spese di primo grado, il che non sarebbe avvenuto se fosse stato scrutinato anche l’inadempimento dell’obbligazione relativa ai canoni successivi ((OMISSIS)), c) dalla circostanza pacifica tra le parti che la locatrice ha proposto autonoma azione di recupero del credito relativo ai canoni da ultimo indicati, decisa con sentenza del Tribunale di Palermo n. 2024 depositata il 24 aprile 2017, appellata e pendente alla data della presentazione del ricorso in esame.
Anche a voler accedere alla tesi contraria a quella dedotta, sostiene il ricorrente che la diversa azione di cui al punto c) che precede integrerebbe un abuso del diritto in violazione del principio di cui alle SU n. 4090/17.
3. Il secondo motivo e’ cosi’ rubricato: “Omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Violazione dell’articolo 1218 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”.
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Con tale mezzo il ricorrente sostiene che la Corte di merito avrebbe omesso qualsiasi pronuncia in ordine al motivo contrassegnato con il n. 1 dell’atto di appello; il ricorrente avrebbe dedotto l’assenza dell’elemento soggettivo della colpa addebitata con la pronuncia di risoluzione per grave inadempimento, alla luce dei principi di diritto enunciati da Corte Cost. 71/2009 e Cass. 7/10/2015 n. 20100. Ad avviso del ricorrente, la questione atterrebbe al rapporto tra retroattivita’ delle sentenze della Corte Costituzionale e il rapporto contrattuale dedotto in giudizio; la Corte di merito, quindi, avrebbe erroneamente non solo omesso una pronuncia su un punto decisivo della controversia ma avrebbe anche scrutinato una questione l’inadempimento per il periodo (OMISSIS) – oggetto di altro e diverso procedimento.
4. Con il terzo motivo, rubricato “Violazione della L. n. 431 del 1998, articolo 13, comma 5, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”, il ricorrente sostiene che, pur nell’ipotesi in cui si volesse disattendere il secondo motivo, la Corte di merito avrebbe errato nel non applicare la disciplina di cui alla norma indicata nella rubrica, che cosi’ dispone: “5. Per i conduttori che, per gli effetti della disciplina di cui del Decreto Legislativo 14 marzo 2011, n. 23, articolo 3, commi 8 e 9, prorogati del Decreto Legge 28 marzo 2014, n. 47, articolo 5, comma 1-ter, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 maggio 2014, n. 80, hanno versato, nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 23 del 2011 al giorno 16 luglio 2015, il canone annuo di locazione nella misura stabilita dalla disposizione di cui del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, citato articolo 3, comma 8, l’importo del canone di locazione dovuto ovvero dell’indennita’ di occupazione maturata, su base annua, e’ pari al triplo della rendita catastale dell’immobile, nel periodo considerato”.
Rappresenta il ricorrente che, in linea con quanto disposto del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, articolo 3, commi 8 e 9, “prorogati” dal Decreto Legge n. 47 del 2014, articolo 5, comma 1 ter, convertito con modificazioni dalla L. n. 80 del 2014, aveva versato la somma di Euro 113,00 a titolo di canoni mensili nei mesi di (OMISSIS), come da verbale dell’Agenzia delle Entrate, sicche’ non sussisteva alcun suo grave inadempimento.
5. Il primo motivo del ricorso proposto da (OMISSIS) e’ fondato.
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Vi si svolge una censura che suppone che la sentenza di appello abbia omesso di pronunciare sul rilievo che la domanda di risoluzione del contratto sottesa all’azione di sfratto era basata sulla morosita’ per i canoni di locazione (OMISSIS), in quanto corrisposti in misura ridotta in base alla normativa poi dichiarata incostituzionale. In sostanza si lamenta che la Corte territoriale avrebbe dovuto giudicare della fondatezza dell’azione di risoluzione solo con riferimento all’inadempimento dedotto sotto il profilo dell’autoriduzione, mentre ha dato rilievo alla morosita’ (totale) relativa al 2014, cioe’ a periodi successivi a quello che era stato posto a base dell’azione.
Ora, la sentenza impugnata parrebbe (pag. 6, terza proposizione) avere giudicato sul motivo di appello dando rilievo alla logica della questione piu’ liquida, cioe’ reputando che, indipendentemente dal problema della sussistenza della morosita’ originariamente dedotta discendente dall’autoriduzione (ed indipendentemente dalla questione, pure agitata con il motivo di appello, della sua imputabilita’ sotto il profilo della colpa), comunque l’azione di risoluzione dovesse reputarsi fondata perche’ rilevava la morosita’ totale per il 2014, discendente dalla sospensione del pagamento anche del canone autoridotto.
Sotto tale profilo, avuto riguardo alla prospettazione del motivo di appello, il primo motivo denuncia una ultrapetizione o meglio una pronuncia sull’azione di risoluzione per inadempimento al di la’ di quanto si doveva valutare per giudicarne la fondatezza.
La doglianza cosi’ intesa e’, come si e’ anticipato, fondata.
Questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare, e il principio, ancorche’ risalente nel tempo, va riaffermato in questa sede, che le cause di risoluzione di un contratto di locazione per inadempimento del conduttore debbono preesistere al momento in cui la controparte propone la domanda giudiziale; e, per quanto sia consentito al giudice, in una considerazione unitaria della condotta della parte, di trarre elementi circa la colpevolezza e la gravita’ dell’inadempimento dalla morosita’ che si sia protratta nel corso del giudizio, egli non puo’ mai prescindere dall’indagine primaria sulla sussistenza dell’inadempimento al momento della domanda; con la conseguenza che non gli e’ consentito porre a fondamento dell’accoglimento della stessa la sola persistenza della morosita’ in corso di lite (Cass. 3/06/1981, n. 3601; Cass. 28/01/1987, n. 805).
Risoluzione contratto di locazione e le ragioni già prima della presentazione della domanda giudiziale
Nel caso di specie, invece, la Corte territoriale ha dato rilievo, per rigettare l’appello, con scelta che, come si e’ detto, parrebbe espressione del criterio di decisione della questione piu’ liquida, alla circostanza che il conduttore aveva sospeso il pagamento del canone per un periodo successivo a quello cui si riferiva l’azione di risoluzione, neppure risultando una estensione della domanda a tale successivo periodo. Ha accolto, dunque, l’azione di risoluzione in manifesta (contraddizione con il ricordato principio di diritto.
6. L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento dell’esame del secondo e del terzo motivo.
7. La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa puo’ essere decisa nel merito.
Atteso che, in relazione al periodo cui si riferisce la proposta azione di risoluzione (unico periodo cui occorre far riferimento, ai fini che qui rilevano, e non anche al periodo da (OMISSIS) alla data di rilascio come, invece, ha fatto la Corte territoriale, v. sentenza impugnata p. 6), non sussiste un inadempimento e meno che mai un inadempimento colpevole del conduttore giustificativo della risoluzione del contratto, avendo egli conformato il proprio comportamento a quanto stabilito del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, articolo 3, norma dichiarata incostituzionale solo successivamente con sentenza n. 50/2014, pubblicata in data 19 marzo 2014, peraltro in relazione a questione sollevata proprio nel corso del presente giudizio.
La spiegazione di quanto affermato – che vale anche a scrutinare in iure l’appello anche sulle questioni su cui la Corte territoriale, scegliendo la ragione piu’ liquida, non ebbe a pronunciarsi, cioe’ quella della sussistenza dell’inadempimento per effetto dell’autoriduzione e gradatamente dell’eventuale colpevolezza di esso – emergera’ da quanto appresso si dira’ esaminando i primi due motivi del ricorso NRG. 9917/2020.
Rileva inoltre il Collegio che non si ravvisa la manifesta fondatezza della questione di legittimita’ costituzionale prospettata dal P.G. anche con riferimento all’altro ricorso.
Ne consegue che, in accoglimento dell’appello proposto, deve essere rigettata la domanda di risoluzione del contratto avanzata da (OMISSIS).
8. Tenuto conto della particolarita’ della questione, in relazione alla quale si sono registrate negli ultimi anni piu’ interventi della Corte costituzionale, le spese del doppio grado del giudizio di merito e del presente giudizio di cassazione ben possono essere compensate per intero tra le parti.
Ricorso NRG 9917/2020.
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9. Con il primo motivo, rubricato “Violazione articolo 360 c.p.c., ex n. 3: – dell’articolo 136 Cost., per l’illegittima applicazione del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, articolo 3, commi 8 e 9, sebbene dichiarati incostituzionali; articolo 10, comma 1, e dell’articolo 11 preleggi, per illegittima applicazione retroattiva della L. n. 208 del 2015, articolo 1, comma 59, laddove ha sostituito la L. n. 431 del 1998, articolo 13”, la ricorrente sostiene che la Corte di appello avrebbe erroneamente interpretato la sentenza n. 87/2017 della Corte Costituzionale ed avrebbe, pertanto, ritenuto che il “sopravvenuto” della L. n. 208 del 2015, articolo 1, comma 59, avrebbe “ripristinato” la validita’ ed efficacia del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, articolo 3, commi 8 e 9.
10. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la “Violazione ex articolo 3, articolo 360 c.p.c., della L. n. 431 del 1998, articolo 13, vigente al 13/04/2011 in combinato disposto con: – la L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346; – la L. n. 212 del 2000, articolo 10, comma 3; – l’articolo 1418 c.c.”.
Ad avviso della (OMISSIS), con la sentenza impugnata, sarebbero state violate e disapplicate le disposizioni richiamate nella rubrica del mezzo in esame, vigenti alle date della sottoscrizione e della registrazione del contratto (13/04/2011 – 17/02/2012). Tali disposizioni, secondo la ricorrente, non prevedevano alcun termine perentorio per la registrazione, effettuabile anche tardivamente con efficacia sanante e non comminavano alcuna nullita’ del contratto scritto anche se registrato tardivamente.
11. Con il terzo motivo, rubricato “Conseguente applicazione dell’articolo 91 c.p.c., e spese del giudizio ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3”, la ricorrente deduce che all’accoglimento dei primi due motivi dovrebbe conseguire la riforma della sentenza impugnata anche nella parte in cui con la stessa sono state compensate per la meta’ le spese del doppio grado del giudizio di merito.
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12. I primi due motivi del ricorso proposto da (OMISSIS), che ben possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati in base alle argomentazioni che seguono.
12.1. E’ pur vero che, secondo la sentenza della Corte costituzionale n. 87 del 2017, diversamente da quanto affermato dalla Corte di merito, della L. 28 dicembre 2015, n. 208, articolo 1, comma 59, novellando, tra l’altro, della L. n. 431 del 1998, articolo 13, comma 5, non ha “sostanzialmente ripristina(to) la disciplina del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, commi 3, 8 e 9, e successive modifiche, attribuendo al conduttore il diritto di versare il canone annuo nella misura del triplo della rendita catastale dell’immobile”, atteso che la Consulta ha precisato espressamente che “della L. n. 431 del 1998, articolo 13, novellato comma 5… non ripristina (ne’ ridefinisce il contenuto relativo a durata e corrispettivo) dei pregressi contratti non registrati la cui convalida, per effetto delle richiamate disposizioni del 2011 e del 2014 (Decreto Legislativo n. 23 del 2011, articolo 3, commi 8 e 9, e del Decreto Legge n. 47 del 2014, articolo 5, comma 1-ter, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 80 del 2014) e’ venuta meno, ex tunc, in conseguenza delle correlative declaratorie di illegittimita’ costituzionale……
Ma la stessa Corte costituzionale ha aggiunto che “… una volta che il legislatore del 2015 si e’ disinteressato del ripristino dei rapporti giuridici di locazione sorti in base a contratti non registrati tempestivamente, la disciplina inerente al pagamento dell’importo annuo “pari al triplo della rendita catastale dell’immobile, nel periodo considerato” non puo’ altrimenti collegarsi che alla pretesa situazione di fatto della illegittima detenzione del bene immobile in forza di titolo nullo e privo di effetti ed essere comunque attinente al profilo….. La nuova disciplina si rivolge comunque soltanto alla particolare platea di conduttori individuata alla stregua della situazione di fatto determinatasi in base agli effetti della disciplina di cui del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, articolo 3, commi 8 e 9, prorogati del Decreto Legge n. 47 del 2014, articolo 5, comma 1-ter, nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del suddetto Decreto Legislativo del 2011 a quella (16 luglio 2015) di deposito della sentenza caducatoria n. 169 del 2015. E, per tale profilo, opera una selezione che trova giustificazione nella particolare situazione di diritto, ingenerata dalla normativa poi dichiarata illegittima, sulla quale il conduttore aveva pero’ riposto affidamento (fino alla data, appunto della declaratoria di siffatta illegittimita’), essendosi conformato a quanto disposto…. La (pur solo) parziale coincidenza dell’importo del parametro indennitario, previsto dalla disposizione censurata, con quello del canone legale, individuato dalle pregresse norme dichiarate costituzionalmente illegittime, non e’ dunque sufficiente a determinare la violazione del giudicato costituzionale, atteso, appunto, il piu’ ampio e differente assetto disciplina torio dettato dalle norme dichiarate illegittime – le quali avevano mantenuto intatti gli effetti di un (convalidato) rapporto giuridico locatizio, con tutti i correlativi obblighi (reciproci), legali e convenzionali, e con le eventuali ricadute sul contenzioso concernente l’attuazione del rapporto stesso – rispetto alla disciplina recata della L. n. 431 del 1998, articolo 13, vigente comma 5, che quel rapporto conferma, invece, essere venuto meno ex tunc, regolandone soltanto le implicazioni indennitarie, in termini di occupazione sine titulo”.
Risoluzione contratto di locazione e le ragioni già prima della presentazione della domanda giudiziale
12.2. Nella specie il contratto e’ stato stipulato in data 13 aprile 2011, come dedotto da entrambe le parti, sicche’, essendo entrato in vigore il Decreto Legislativo n. 23 del 2011, in data 7 aprile 2011, ed essendo avvenuta la registrazione da parte del conduttore nella sua vigenza, gia’ ne consegue, come correttamente evidenziato dalla Corte territoriale, che “l’importo del canone di locazione dovuto ovvero dell’indennita’ di occupazione maturata, su base annua, e’ pari al triplo della rendita catastale dell’immobile nel periodo considerato”.
Invero, la pronuncia della Consulta, la’ dove ha ritenuto non violativo dell’articolo 136 Cost., il testo attuale della L. n. 431 del 1998, articolo 13, comma 5, lo ha fatto escludendo che con il suo disposto si sia inteso salvare – come invece risultava dal testo dell’articolo 13, comma 5, introdotto dal Decreto Legislativo n. 23 del 2011, e poi prorogato dal Decreto Legge del 2014 (testo caducato dalle precedenti pronunce di incostituzionalita’) – l’efficacia del contratto dall’intervenuta registrazione con gli effetti conseguenti quanto alla durata.
Mette conto di rilevare che la Consulta si e’ occupata degli effetti della registrazione solo sotto tale profilo e non anche con riguardo al regime generale di una tardiva registrazione sulla nullita’ comminata dalla L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346.
Sicche’, il comportamento del conduttore che avesse proceduto alla registrazione del contratto stipulato nella vigenza della norma ora detta in applicazione della disciplina del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, e successiva proroga, disciplina dichiarata incostituzionale, non e’ stata oggetto in alcun modo della valutazione espressa dal Giudice delle Leggi.
12.3. Quanto osservato consente di precisare in quali termini si debba raccordare il decisum di Corte Costituzionale n. 87 del 2017 e quello espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 23601 del 9/10/2017, decisa in data 7/02/2017, ma pubblicata ben dopo la decisione della Consulta.
Le Sezioni Unite, pur dando atto dell’attuale testo della L. n. 431 del 1998, articolo 13, comma 4, non si sono fatte carico di esaminare la sentenza n. 87/17 della Corte Costituzionale, depositata in data 13/04/2017.
Senonche’, la decisione delle Sezioni Unite era relativa ad un contratto (peraltro di locazione ad uso non abitativo) stipulato il 20 ottobre 2008 e registrato in data 4 novembre 2008, cui era seguito un accordo integrativo registrato in data 22 gennaio 2009, sicche’ quella fattispecie esorbitava dall’ambito di applicazione della normativa qui rilevante.
Peraltro, il principio di diritto affermato con quell’arresto nel senso che “Il contatto di locazione di immobili, quando sia nullo per (la sola) omessa registrazione, puo’ comunque produrre i suoi effetti con decorrenza ex tunc, nel caso in cui la registrazione sia effettuata tardivamente” ha certamente una valenza generale nell’esegesi del comma 346 citato e, dunque, esprime – nonostante il silenzio delle Sezioni Unite – un’esegesi che “copre”, sotto il profilo della validita’ (retroattiva) del contratto conseguente a successiva registrazione anche le fattispecie, come quella di cui e’ processo, nelle quali la registrazione da parte del conduttore fosse intervenuta durante il periodo di vigenza delle disposizioni incostituzionali indicato dall’articolo 13, comma 5, testo attuale.
Ma tale estensione, per quanto si e’ detto circa il significato della sentenza della Consulta n. 87 del 2017 11, non confligge con il dictum del Giudice delle Leggi inteso nei sensi indicati sopra.
12.4. Il principio di diritto che le svolte considerazioni consentono di affermare e’ il seguente: “Per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 87 del 2017 e della salvezza del testo della L. n. 431 del 1998, articolo 13, comma 5, introdotto dalla L. n. 208 del 2015, articolo 1, comma 59, i contratti di locazione abitativa tardivamente registrati ad iniziativa del conduttore dalla data di entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 23 del 2011 sino al 16 luglio 2015, in forza della disposizione della L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346, risultano validi ed efficaci, in quanto il Giudice delle Leggi ha escluso che il comma 5 abbia inteso sancire la validita’ del contratto secondo il regime della registrazione disciplinata dal testo del comma 5 introdotto dal Decreto Legislativo n. 23 del 2011, e dalla successiva proroga di cui alla L. n. 47 del 2014, ma non ha, invece, in alcun modo escluso gli effetti della registrazione ai sensi del citato comma 346. Sempre per effetto della sentenza della Consulta, il canone o l’indennita’ di occupazione dovuti dal conduttore nel periodo su indicato sono dovuti nell’ammontare precisato dal comma 5 attualmente vigente, ancorche’ l’intervenuta registrazione, una volta apprezzata alla stregua dell’articolo 1, comma 346, retroagisca, giusta Cass., Sez. Un., n. 23601 del 2017, alla data di stipulazione del contratto, se concluso per iscritto”.
Risoluzione contratto di locazione e le ragioni già prima della presentazione della domanda giudiziale
12.5. I principi affermati intendono fare chiarezza e indicare l’esatto diritto applicabile nell’esegesi del comma 5, dell’articolo 431 del 1998 nel testo attuale salvato dalla Consulta.
Va rilevato che i detti principi vogliono evidenziare una presa diposizione consapevole, che intende superare e meglio calibrare le motivazioni a loro tempo offerte da Cass. n. 4921 del 2/03/2018, da Cass. n. 23637 del 24/09/2019 (che, peraltro, si riferi’ ad un’ipotesi in cui il contratto era stato registrato originariamente dalla locatrice nel 2010) e da Cass. n. 15582 del 4/06/2021.
Si rimarca, altresi’, che la sentenza di questa Corte n. 9475 del 9/04/2021, evocata dal P.G., si riferisce – come evidenziato pure dalla ricorrente – ad un contratto di locazione stipulato per facta concludentia, ipotesi del tutto diversa da quella all’esame in questa sede.
Vale la pena, infine, di precisare che nella specie di nessun rilievo e’ il disposto del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, articolo 3, la’ dove, al comma 10, ha previsto che “La disciplina di cui ai commi 8 e 9, non si applica ove la registrazione sia effettuata entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto” (7 aprile 2011), tenuto conto delle date di registrazione del contratto in questione (12 e 17 febbraio 2012).
12.6. Risulta palese, quindi, che il canone dovuto dal conduttore era solo quello di cui dell’articolo 13, comma 5, nel testo attuale.
13. Il terzo motivo e’ un “non motivo” e, comunque, pur a volerlo ritenere un vero e proprio motivo di ricorso, esso e’ inammissibile, atteso che, in realta’, con lo stesso si censura la regolamentazione delle spese non con riferimento all’esito del giudizio di secondo grado, nel quale tale regolamentazione trova il suo fondamento, ma in relazione ad una ipotizzata e sperata cassazione della sentenza impugnata che, oltre tutto, travolgerebbe la pronuncia sulle spese, laddove, peraltro, detta sentenza non risulta, per quanto sopra evidenziato, censurata con esito positivo (Cass., ord., 10/11/2020 n. 25278; Cass., ord., 15/05/2018, n. 11813; Cass. 31/05/2017, n. 13716; Cass. 30/6/2015, n. 13314; Cass. 27/10/2012, n. 17492; v. pure Cass., ord., 15/11/2017, n. 26959).
14. Il ricorso proposto da (OMISSIS) va rigettato.
15. Non avendo l’intimato, in relazione a detto ricorso, svolto attivita’ difensiva in questa sede, non vi e’ luogo a provvedere al riguardo per le spese del presente giudizio di legittimita’.
16. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso dalla medesima proposto, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315), evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non e’ collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306).
P.Q.M.
La Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, iscritti ai nn. 20796 del 2018 e 9917 del 2020, accoglie il primo motivo del ricorso n. 20796, dichiara assorbiti il secondo ed il terzo; cassa in relazione la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, in riforma della sentenza di primo grado, rigetta la domanda proposta dalla (OMISSIS); compensa le spese di tutti i gradi di giudizio; rigetta il primo ed il secondo motivo del ricorso n. 9917 del 2020 e dichiara inammissibile il terzo; nulla per le spese in relazione a tale ultimo ricorso; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della sola ricorrente (OMISSIS), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso dalla medesima proposto, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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