Copia della sentenza notificata e l’attestazione di conformità

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|29 marzo 2022| n. 10138.

Copia della sentenza notificata e l’attestazione di conformità.

La mancanza, nella copia della sentenza notificata, della attestazione di conformità all’originale, rilasciata dal cancelliere, non incide sulla validità della notificazione, attesa la tassatività dei casi di nullità previsti dall’art. 160 c.p.c., e non ne comporta l’inidoneità a far decorrere il termine breve per l’impugnazione, salvo che il destinatario della notifica non lamenti l’incompletezza della copia ricevuta o la difformità tra tale copia e l’originale. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione la notificazione della copia del provvedimento impugnato, a sua volta pervenuta al notificante dalla cancelleria in esecuzione dell’adempimento imposto dall’art. 133 c.p.c., in quanto la stessa era stata effettuata a mezzo p.e.c. dal procuratore della parte notificante e non vi era contestazione circa la sua corrispondenza all’originale).

Sentenza|29 marzo 2022| n. 10138. Copia della sentenza notificata e l’attestazione di conformità

Data udienza 17 febbraio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Procedimento civile – Notifiche – Notifica della sentenza fatta in copia non autenticata – Idoneità a far decorrere il termine breve dell’impugnazione – Numerus clausus delle ipotesi di nullità della notificazione – Ipotesi in cui il destinatario della notifica lamenti l’incompletezza della copia ricevuta o la difformità tra tale copia e l’originale – Conseguenze

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 32393/2020 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a., rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso il proprio studio in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso l’ordinanza n. 8881/2020 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, pubblicata il 13 maggio 2020, R.G.N. 25509/2018;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17 febbraio 2022 dal Consigliere Dott. Emilio Iannello.
Lette le conclusioni motivate del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, formulate ai sensi e con le modalita’ previste dal Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, con le quali si chiede che la Corte dichiari inammissibile il ricorso.

Copia della sentenza notificata e l’attestazione di conformità

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione del novembre 1999, la societa’ (OMISSIS) S.r.l., che svolge professionalmente attivita’ di commercio di oro e preziosi, convenne in giudizio avanti il Tribunale di Bari (OMISSIS) S.p.A. (oggi (OMISSIS) S.p.A.), per ottenere la restituzione del prezzo di Lire 14.450.000, oltre IVA e diritti d’asta, in ragione di vizi riscontrati nell’acquisto di alcuni preziosi durante un’asta organizzata, nel gennaio dello stesso anno, dall’Istituto di credito convenuto.
Il tribunale rigetto’ la domanda, e condanno’ parte attrice alle spese, ritenendo le vendite attuate dal Monte di credito su pegno quali “vendite forzate” soggette alla disciplina prevista negli articoli 2919 c.c. e segg., e, in particolare, a quella di cui all’articolo 2922 c.c., che esclude per l’acquirente la possibilita’ di far valere la garanzia per i vizi della cosa ex articolo 1490 c.c., ed esperire l’azione di rescissione per lesione ex articolo 1448 c.c..
La soccombente interpose appello deducendo: con un primo motivo, la nullita’ della sentenza per difetto assoluto di motivazione e/o omesso esame dei punti decisivi della controversia, sul rilievo che il giudice di primo grado aveva rigettato la domanda attrice muovendo dall’erronea qualificazione dell’asta quale vendita forzata; con un secondo motivo, l’erronea qualificazione dei vizi come rilevanti ex articolo 1490 c.c., anziche’ come tali da configurare una vendita aliud pro alio.
La Corte d’Appello di Bari dichiaro’ infondato sia il primo motivo, ritenendo di condividere le ragioni del primo giudice in punto di applicabilita’ al caso di specie dell’articolo 2922 c.c., che il secondo, rilevando che non si vertesse in un’ipotesi di aliud pro alio; rigetto’ pertanto il gravame, condannando l’appellante alle spese.
2. Avverso tale sentenza la (OMISSIS) propose ricorso per cassazione sulla base di un solo motivo, con il quale denuncio’ – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione degli articoli 2919 e 2922 c.c., per avere la corte d’appello erroneamente qualificato l’asta cui essa aveva partecipato come “vendita forzata”, con la conseguenza di ritenere applicabili le disposizioni de quibus e non la speciale disciplina prevista dagli articoli 2794 c.c. e segg., in materia di vendita della cosa ricevuta in pegno.
3. La S.C. ha rigettato il ricorso, provvedendo tuttavia ad una correzione della motivazione ex articolo 384 c.p.c., comma 4.
3.1. Ha, infatti, anzitutto rilevato che, come dedotto dalla ricorrente, la disciplina cui far riferimento nella vendita di beni oggetto di pegno, disposta dal creditore in forma di asta, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di merito, non puo’ essere individuata in quella relativa alla vendita forzata di cui agli articoli 2919 c.c. e segg., ma in quella desumibile dall’articolo 2797 c.c., in tema di vendita delle cose date in pegno, il quale, prevedendo all’ultimo comma la possibilita’ perle parti di “convenire forme diverse”, consente anche il ricorso ad una speciale procedura di “esecuzione privata” che, quale forma di autotutela esecutiva a carattere negoziale, non e’ assimilabile all’esecuzione forzata di cui agli articoli 2910 c.c. e segg..
3.2. Ha pero’ rilevato che, nella specie, e’ proprio il “regolamento d’asta accettato dai partecipanti ad avere efficacia dirimente”.

 

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Tale regolamento, infatti, esclude reclami postumi sulla quantita’, qualita’ o condizione degli oggetti aggiudicati, con cio’ prevedendo “una implicita deroga o, piuttosto, una limitazione temporale, convenzionalmente pattuita, della garanzia per i vizi della cosa, quale estrinsecazione del potere di autonomia negoziale garantita dal nostro ordinamento all’articolo 1322 c.c., nei limiti di cui al suo comma 2”; limiti che – ha soggiunto – sarebbero superati ove il regolamento d’asta comportasse anche l’esclusione della garanzia nelle ipotesi di vendita aliud pro alio, una tale ipotesi pero’ non venendo in rilievo nella fattispecie avendo la corte di merito ritenuto, con giudizio di fatto insindacabile – non reso oggetto di specifico motivo di censura – che la fattispecie non riguarda un’ipotesi di vendita di aliud pro alio, ma solo di mancanza di qualita’ promesse.
4. In relazione a tale seconda parte dell’iter motivazionale la (OMISSIS) S.r.l. propone ricorso per revocazione, ai sensi dell’articolo 391-bis c.p.c. e articolo 395 c.p.c., n. 4, con unico motivo, ascrivendo ad errore di fatto revocatorio l’assunto che ne e’ posto a base secondo cui il regolamento d’asta era stato accettato dalle parti.
Vi resiste (OMISSIS) S.p.a., depositando controricorso, con il quale preliminarmente eccepisce l’inammissibilita’ del ricorso, in quanto tardivamente proposto al di la’ del termine breve per impugnare.
5. Il P.M. ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso, poiche’ tardivo.
La ricorrente ha depositato memoria.

 

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Si da’ preliminarmente atto che per la decisione del presente ricorso, fissato per la trattazione in pubblica udienza, questa Corte ha proceduto in Camera di consiglio, senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, in combinato disposto con il Decreto Legge 30 dicembre 2021, n. 228, articolo 16, comma 1 (che ne ha prorogato l’applicazione alla data del 31 dicembre 2022), non avendo alcuna delle parti ne’ il Procuratore Generale fatto richiesta di trattazione orale.
2. L’eccezione preliminarmente opposta dalla resistente e’ fondata.
A differenza di quanto si legge in ricorso, e come evidenziato anche dal P.G. nelle sue conclusioni, l’ordinanza impugnata risulta notificata al procuratore di (OMISSIS). S.r.l. in data 18 maggio 2020.
Tanto emerge dagli atti prodotti dalla controricorrente, che ha depositato insieme al controricorso relata di notifica via p.e.c. eseguita, in tale data, ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53, articolo 3-bis, corredata da stampa delle ricevute p.e.c. di accettazione e di consegna, il tutto con attestazione di conformita’ della copia analogica prodotta proveniente dall’avv. (OMISSIS).
3. Prive di pregio devono considerarsi le contestazioni al riguardo opposte, in memoria, dalla ricorrente.
3.1. Questa sostiene, invero, che l’atto ad essa notificato non sarebbe idoneo a far decorrere il termine breve per impugnare perche’:
a) cio’ che e’ stato notificato non sarebbe la copia autentica dell’ordinanza ma l’avviso effettuato ai sensi e per gli effetti dell’articolo 133 c.p.c., contenente il testo integrale della ordinanza stessa; cio’ emergerebbe dalla copia depositata al n. 3 del fascicolo di parte controricorrente, atteso che questa riporta su tutta la prima pagina, trasversalmente, la scritta “copia notificata ai soli fini dell’articolo 133 c.p.c.”; cio’ introdurrebbe, secondo la ricorrente, un “elemento di forte ambiguita’ che incide inevitabilmente sul fine acceleratorio e sulla idoneita’ a far decorrere il termine breve per l’impugnazione”;
b) la copia notificata dell’ordinanza riporta l’attestazione di conformita’ con la data del 14/12/2020, successiva alla data di notifica dell’ordinanza stessa avvenuta il 18/05/2020.
3.2. In relazione al primo argomento occorre rammentare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, da tempo consolidatasi dopo il contrario precedente, rimasto isolato, di Cass. n. 4454 del 1997, la notifica della sentenza fatta in copia non autenticata e’ idonea a far decorrere il termine breve dell’impugnazione, in ragione del numerus clausus delle ipotesi di nullita’ della notificazione, salvo che il destinatario della notifica non lamenti l’incompletezza della copia ricevuta o la difformita’ tra tale copia e l’originale (v. ex aliis Cass. 29/07/2015, n. 16104; 21/05/2015, n. 10514; 12/05/2014, n. 10224; 19/08/2004, n. 16317; 01/12/1984, n. 6272); nella specie, non emerge dalla memoria alcuna contestazione circa la completezza o la effettiva corrispondenza all’originale della copia in questione.

 

Copia della sentenza notificata e l’attestazione di conformità

 

La stampigliatura predetta, poi, non puo’ valere a introdurre – come sostenuto dalla ricorrente – alcun elemento di ambiguita’ circa le finalita’ della notifica e la sua idoneita’ a far decorrere il termine breve per impugnare, al riguardo dovendo aversi riguardo alla relata di notifica che, effettuata a mezzo p.e.c., ne attesta la provenienza dal procuratore della parte notificante ed e’ diretta, “ad ogni effetto di legge”, al procuratore costituito della controparte.
La composizione e collocazione grafica della stampigliatura, e soprattutto il suo riferimento all’articolo 133 c.p.c., valgono piuttosto (e soltanto) a rendere evidente che la copia utilizzata ai fini della detta notifica e’ quella stessa a sua volta pervenuta al notificante dalla cancelleria in esecuzione dell’adempimento imposto dall’articolo 133 c.p.c., che e’ un adempimento, appunto, di cancelleria e giammai della parte, di guisa che nessun equivoco potrebbe essa determinare in ordine alle finalita’ ed agli effetti della notifica.
Tali effetti peraltro, giova rammentare, non dipendono da una conforme volonta’ della parte, ma sono regolati dalla legge e, rispondendo a sopraordinato interesse di rilievo pubblicistico correlato alla formazione ed alla stabilita’ del giudicato, si producono comunque una volta che l’atto presenti, come nella specie, i requisiti previsti dalla norma (cfr. Cass. 01/09/2014, n. 18493; 18/09/2009, n. 20193; 08/05/2008, n. 11216; 11/05/2007, n. 10878; 21/11/2001, n. 14642).
3.3. Del tutto irrilevante e’ poi la circostanza che la copia dell’ordinanza prodotta dalla controricorrente riporti l’attestazione di conformita’ con la data del 14 dicembre 2020, successiva alla data di notifica dell’ordinanza stessa avvenuta il 18 maggio 2020.
Tale attestazione, infatti, non riguarda – come sembra supporre la ricorrente – la copia informatica oggetto della notifica a mezzo p.e.c. (la cui attestazione di conformita’ all’atto originale e’ contenuta nella relata di notifica telematica, ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53, articolo 3-bis e dell’ivi richiamato del Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179, articolo 16-undecies, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221), bensi’ la copia cartacea dell’ordinanza, della relata di notifica e degli annessi messaggi RAC e RdAC, ricavata dall’originale informatico oggetto di notifica telematica, al fine del suo deposito nella cancelleria della Corte di Cassazione.
Cio’ si ricava univocamente sia dal testo stesso della attestazione predetta – ove si dice che essa e’ fatta “ai sensi della L. n. 53 del 1994, articolo 9 e articolo 23, comma 1 del CAD” e, dunque, in funzione del deposito in cancelleria dell’atto notificato – sia dal fatto che identica attestazione, recante la stessa data, e’ apposta in calce alla copia cartacea depositata della relata di notifica.
4. Attesa, dunque, l’idoneita’ della notifica a far decorrere il termine breve per impugnare, il ricorso per revocazione avrebbe dovuto essere proposto entro sessanta giorni dalla stessa.

 

Copia della sentenza notificata e l’attestazione di conformità

 

Cio’ ai sensi dell’articolo 391-bis c.p.c., comma 1, ultimo periodo, nel testo – applicabile alla specie ratione temporis – modificato dal Decreto Legge 31 agosto 2016, n. 168, articolo 1-bis, comma 1, lettera l), n. 1), convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197, ai sensi del quale “la revocazione puo’ essere chiesta entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla notificazione ovvero di sei mesi dalla pubblicazione del provvedimento”.
Essendo stata la notifica effettuata, come detto, in data 18 maggio 2020, tale termine e’ venuto a scadere il 17 luglio 2020.
5. Il ricorso, proposto con atto notificato l’11 dicembre 2020, ben al di la’ di tale scadenza, deve essere pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.
6. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ liquidate in Euro 4.100 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

 

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