Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|30 marzo 2022| n. 10164.

La mancata acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado, ai sensi dell’art. 347 c.p.c., non determina di per sé un vizio del procedimento o la nullità della sentenza di secondo grado, potendo, al più, integrare il vizio di difetto di motivazione per omessa consultazione di un documento che in tale fascicolo era presente, purché venga dimostrato, anche avvalendosi della facoltà di farsi rilasciare dal cancelliere copia degli atti presenti nei fascicoli delle controparti ai sensi dell’art. 76, disp. att., c.p.c., che il giudice d’appello non abbia tratto “aliunde” la conoscenza del contenuto di tale documento. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto infondato il lamentato difetto di motivazione della sentenza di secondo grado, non potendosi escludere che, nonostante la mancata acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado, il giudice d’appello avesse reperito nei fascicoli delle parti una copia della consulenza tecnica d’ufficio precedentemente espletata e menzionata nella decisione).

Ordinanza|30 marzo 2022| n. 10164. La mancata acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado

Data udienza 16 novembre 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Procedimento civile – Impugnazioni – Acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado – Articolo 347 del cpc – Condizione essenziale per la validità del giudizio d’appello – Esclusione – Relativa omissione – Non determinazione di un vizio del procedimento o della sentenza di secondo grado – Vizio di difetto di motivazione – Condizioni – Deduzione dal fascicolo il giudice d’appello avrebbe potuto o dovuto trarre elementi decisivi per la decisione della causa – Elementi non rilevabili aliunde ed esplicitati dalla parte interessata

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 29615-2020 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS) SPA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 68/2020 della CORTI- D’APPKILO di ANCONA, depositata il 28/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI.

La mancata acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado

RITENUTO IN FATTO

– che (OMISSIS) ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 68/20, del 28 gennaio 2020, della Corte di Appello di Ancona, che – respingendone il gravame avverso la sentenza n. 58/13, del 6 marzo 2013, del Tribunale di Ascoli Piceno – ha confermato l’accoglimento della domanda di risarcimento danni alla persona, dallo stesso proposta contro (OMISSIS) e la societa’ (OMISSIS) S.p.a., limitatamente al riconoscimento di un postumo di invalidita’ permanente del 2-3%;
– che, in punto di fatto, l’odierno ricorrente riferisce di aver agito in giudizio per far valere la responsabilita’ dell’odontoiatra (OMISSIS), in relazione ad una lesione del nervo linguale, con postumi permanenti consistiti in una zona di ipoanestesia del corpo dell’emilingua inferiore sinistra, convenendo in giudizio il sanitario, sul presupposto di essere stato vittima di malpractice medica;
– che autorizzato il convenuto a chiamare in causa, per essere da essa manlevato, la propria assicuratrice, societa’ (OMISSIS) S.p.a., il giudizio civile veniva sospeso, in attesa della definizione di quello penale instaurato a carico del sanitario;
– che in sede penale veniva affermata, in primo grado, la responsabilita’ dell’imputato, con successiva declaratoria di estinzione per intervenuta prescrizione, in appello, del reato ascrittogli, ma con condanna dello stesso a risarcire il danno alla parte civile costituita;
– che il giudizio civile proseguiva solo per la determinazione del “quantum debeatur”;
– che accolta dal Tribunale di Ascoli Piceno la domanda risarcitoria, il giudice di prime cure – di ben due consulenze tecniche d’ufficio – riconosceva un postumo di invalidita’ permanente del 2%, liquidando per il danno non patrimoniale patito dal (OMISSIS) la somma globale di Euro2 2.076,00, comprensiva, oltre che del “danno morale”, anche di un “aumento personalizzato pari al 50% dell’importo relativo al danno biologico”, e cio’ “in considerazione delle ripercussioni sull’attivita’ lavorativa” dell’attore (trattandosi di un cuoco professionista, ed essendo stata dallo stesso lamentata la perdita del senso del gusto, in conseguenza della lesione subita);
– che l’attore esperiva gravame, con cui censurava le conclusioni proposte dalla Cl’U e recepite nella decisione del primo giudice, chiedendo il riconoscimento di un maggiore postumo di invalidita’ permanente – pari, a suo dire, all’8% – e l’autonoma liquidazione sia del danno da perdita della capacita’ lavorativa (assumendo l’appellante di aver cessato dal 2003, in conseguenza delle lesioni riportate, la propria attivita’ di chef), sia di quello morale;
– che avverso la sentenza della Corte dorica ricorre per cassazione il (OMISSIS), sulla base – come detto – di tre motivi;
– che il primo motivo denuncia – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – “omessa o insufficiente motivazione”, e cio’ “in relazione all’articolo 347 c.p.c. e all’articolo 132-bis disp. att. c.p.c., per omessa acquisizione del fascicolo di primo grado contenente la CTU”;
– che si censura la sentenza impugnata sul rilievo che nel giudizio di appello non e’ stato acquisito il fascicolo di primo grado (e, con esso, la disposta CTU, assunta dal Tribunale ascolano a fondamento della propria decisione), sicche’ la Corte avrebbe dovuto ordinarle l’acquisizione del fascicolo o la ricostituzione dello stesso, o almeno decidere sull’istanza in tal senso proposta dall’allora appellante, anziche’ pronunciarsi sulla correttezza dell’elaborato, “senza neppure prenderne visione o conoscenza”;
– che il ricorrente, pertanto, richiama il principio secondo cui “l’acquisizione del fascicolo di ufficio di primo grado, ai sensi dell’articolo 347 c.p.c., e’ affidata all’apprezzamento discrezionale del giudice dell’impugnazione, sicche’ l’omessa acquisizione, cui non consegue un vizio del procedimento di secondo grado ne’ della relativa sentenza, puo’ essere dedotta come motivo di ricorso per cassazione solo ove si adduca che il giudice di appello avrebbe potuto o dovuto trarre dal fascicolo stesso elementi decisivi su uno o piu’ punti controversi della causa, non rilevabili “aliunde” e specificamente indicati dalla parte interessata” (Cass. Sez. 3, sent. 19 gennaio 2010, n. 688; Cass. Sez. 3, sent. 14 marzo 2014, n. 5962);
– che il secondo motivo denuncia – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – “omessa o insufficiente motivazione”, e cio’ “in relazione all’articolo 116 c.p.c., essendosi espressa la Corte di Appello sulla CTU, senza che questa fosse stata acquisita, mancando con essa tutto il fascicolo di primo grado”, donde il vizio di motivazione “inesistente o apparente”, in quanto “dettata unicamente da preconcetti o congetture, non essendo stato esaminato alcun elaborato peritale”;
– che il terzo motivo denuncia – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – “omessa o insufficiente motivazione”, e cio’ “per non avere la Corte d’Appello statuivo sul danno patrimoniale da riduzione della capacita’ lavorativa”, quantunque l’allora appellante avesse formulato uno specifico motivo di gravame (in particolare, il secondo);
– che attraverso di esso, contestando le conclusioni della CTU (tanto da richiederne pure la rinnovazione), il (OMISSIS) aveva censurato la scelta del primo giudice di non quantificare nel 20% il danno alla sua attivita’ di cuoco professionista, in relazione alla scomparsa della sensibilita’ termica e gustativa dell’emilingua sinistra, avendo il Tribunale ascolano liquidato tale danno “in maniera superficiale ed avulsa dalla realta’ nell’ambito della personalizzazione pari al 50% del danno biologico e ricomprendendo in esso anche il danno morale”;
– che sono rimasti solo intimati il (OMISSIS) e la societa’ (OMISSIS);
– che la proposta del relatore, ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., e’ stata ritualmente comunicata al ricorrente, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio per il 16 novembre 2021.

 

La mancata acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va rigettato, ritenendo questo collegio di non condividere la proposta formulata dal consigliere relatore;
– che i primi due motivi di ricorso – da scrutinare congiuntamente, data la loro connessione – non sono, infatti, fondati;
– che la sentenza impugnata, per vero, afferma – pur in assenza del fascicolo d’ufficio di primo grado, contenente le due consulenze tecniche d’ufficio (omissione segnalata dell’appellante nella propria memoria di replica, nonche’ dallo stesso documentata, in questo giudizio, attraverso un’attestazione rilasciata dalla cancelleria della Corte marchigiana, che da’ atto della mancanza del fascicolo “per inaccessibilita’ degli archivi del Tribunale di Ascoli Piceno”) – che, “contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante”, i “rilievi della CTU medico legale sono frutto di un iter logico privo di vizi, condotto in modo accurato ed in piena aderenza allo stato dei fatti”, non essendovi, dunque, “motivo per discostarsene”;
– che in relazione a tale affermazione non sussiste ne’ il vizio di omessa motivazione, ne’ quello di violazione dell’articolo 116 c.p.c.;
– che, infatti, “l’acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado, ai sensi dell’articolo 347 c.p.c., non costituisce” – secondo il costante indirizzo di questa Corte – “condizione essenziale per la validita’ del giudizio d’appello, con la conseguenza che la relativa omissione non determina un vizio del procedimento o della sentenza di secondo grado”, potendo integrare “il vizio di difetto di motivazione, a condizione che venga specificamente prospettato che da detto fascicolo il giudice d’appello avrebbe potuto o dovuto trarre elementi decisivi per la decisione della causa, non rilevabili “aliunde” ed esplicitati dalla parte interessata” (da ultimo, Cass. Sez. 6-1, ord. 4 aprile 2019, n. 9498, Rv. 653795-01), evenienza che, pero’, questa Corte ha escluso ricorrere allorche’ il giudice, “essendo andato smarrito l’originale”, abbia utilizzato “una copia, firmata dal consulente, della consulenza tecnica, esistente nel fascicolo di parte” (Cass. Sez. 2, sent. 31 luglio 1967, n. 2041, Rv. 329116-01; Cass. Sez. 2, sent. 24 ottobre 1968, n. 3465, Rv. 336600-01);
– che, nella specie, essendosi ambo gli appellati (il (OMISSIS) e la societa’ (OMISSIS)) costituiti innanzi alla Corte marchigiana, non puo’ escludersi che essa abbia attinto dai loro fascicoli di parte la copia del documento in questione, non sussistendo, pertanto, la dimostrazione che la conoscenza del contenuto di tale documento non sia stata tratta, appunto, “aliunde” dal giudice di appello, dimostrazione da ritenersi – per le ragioni di seguito indicate – a carico di chi deduca l’esistenza del vizio motivazionale conseguente alla mancata consultazione di un documento presente nel fascicolo d’ufficio;
– che, difatti, va al riguardo considerato che costituisce “onere dell’appellante, quale che sia stata la posizione da lui assunta nella precedente fase processuale, produrre, o ripristinare in appello se gia’ prodotti in primo grado, i documenti sui quali egli basa il proprio gravame o comunque attivarsi, anche avvalendosi della facolta’, ex articolo 76 disp. att. c.p.c., di farsi rilasciare dal cancelliere copia degli atti del fascicolo delle altre parti, perche’ questi documenti possano essere sottoposti all’esame del giudice di appello”, per cui egli subisce le conseguenze del fatto che il giudice di appello non abbia avuto la possibilita’ di esaminare tali risultanze documentali (cfr. Cass. Sez. Un., cent. 23 dicembre 2005, n. 28498, Rv. 586372-01);
– che essendo, dunque, onere dell’appellante anche quello di “farsi rilasciare dal cancelliere copia degli atti del fascicolo delle altre parti”, l’odierno ricorrente avrebbe dovuto dimostrare di aver proceduto in questo senso, in tal modo fornendo, se del caso, la prova dell’impossibilita’ di acquisire, anche in questo modo, copia della consulenza, cio’ che avrebbe confermato, con. certezza, che il giudice di seconde cure non aveva acquisito “aliunde” la conoscenza dell’elaborato tecnico;

 

La mancata acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado

– che, d’altra parte, va anche considerato che la censura formulata dal (OMISSIS) con il proprio atto di gravame risultava necessariamente indirizzata, non verso la consulenza, bensi’ contro la sentenza del primo giudice, con specifica individuazione – pena, altrimenti, la violazione dell’articolo 342 c.p.c. – delle parti in cui essa recepiva l’ordito argomentativo dell’espletata consulenza tecnica medico-legale;
– che, di conseguenza, la critica ad essa rivolta presupponeva come indispensabile, da parte del giudice di seconde cure, la conoscenza, piu’ che del contenuto dell’intera relazione dell’ausiliario, di quelle sue parti recepite nella pronuncia del Tribunale e rese oggetto di gravame;
– che, pertanto, in relazione a tali parti riprodotte o richiamate in sentenza, il giudice di appello era in grado di poter pienamente apprezzare le critiche rivolte all’elaborato tecnico, e cio’ “per il tramite” dell’impugnato provvedimento giurisdizionale, cosi’ potendo prescindere dalla disamina dell’intero testo della consulenza;
– che il terzo motivo e’, invece, inammissibile;
– che sul punto va, innanzitutto, rilevato come il vizio di “insufficiente motivazione” non sia piu’ configurabile alla stregua dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nel testo “novellato” dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera b), convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, testo applicabile “ratione temporis” al presente giudizio (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 629830-01; Cass. Sez. 2, ord. 13 agosto 2018, n. 20721, Rv. 650018-01);
– che, d’altra parte, quanto alla dedotta “omessa motivazione”, deve rilevarsi come la censura appaia intrinsecamente contraddittoria, non risultando possibile comprendere se i.1 ricorrente abbia inteso contestare la sentenza impugnata “per non avere la Corte d’Appello statuito sul danno patrimoniale da riduzione della capacita’ lavorativa”, ovvero per l’assenza di motivazione circa le ragioni per cui anche il secondo giudice, al pari del primo, ha liquidato tale danno sotto forma di “personalizzazione” di quello biologico patito dal (OMISSIS);
– che, sul punto, occorre pertanto dare seguito al principio secondo cui “e’ contraddittoria la denuncia, in un unico motivo, dei due distinti vizi di omessa pronuncia e di omessa motivazione”, giacche’ il primo “implica la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto”, mentre il secondo “presuppone l’esame della questione oggetto di doglianza da parte del giudice di merito, seppure se ne lamenti. la soluzione in modo giuridicamente non corretto ovvero senza adeguata giustificazione” (da ultimo, Cass. Sez. 5, ord. 5 marzo 2021, n. 6150, Rv. 660696-01);
– che essendo rimasti solo intimati sia il (OMISSIS) che la societa’ (OMISSIS), nulla va disposto in relazione alle spese del presente giudizio di legittimita’;
– che in ragione del rigetto del ricorso, va dato atto – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 – della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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