L’aggravante di cui all’art. 576comma primo n. 5-bis cod. pen

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|24 gennaio 2022| n. 2608.

L’aggravante di cui all’art. 576, comma primo, n. 5-bis, cod. pen., consistente nell’aver commesso il fatto nei confronti di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio, è configurabile in relazione al delitto di lesioni personali volontarie anche quando lo stesso concorre con quello di resistenza a pubblico ufficiale. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’aggravante in esame introduce un elemento specializzante, riferito alle condotte poste in essere contro una particolare categoria di pubblici ufficiali, il cui disvalore non è assorbito da quello della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 337 cod. pen.).

Sentenza|24 gennaio 2022| n. 2608. L’aggravante di cui all’art. 576comma primo n. 5-bis cod. pen

Data udienza 17 dicembre 2021

Integrale

Tag – parola: Resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, minaccia e danneggiamento – Concorso tra il delitto di resistenza e quello di lesioni se la violenza esercitata nei confronti del p.u. eccede il fatto di percosse e volontariamente provochi lesioni in danno dell’interessato – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Presidente
Dott. DE AMICIS Gaetano – rel. Consigliere

Dott. GIORGI Maria Silvia – Consigliere

Dott. AMOROSO Riccardo – Consigliere

Dott. VIGNA M. Sabrina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 04/02/2021 della Corte d’appello di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Gaetano De Amicis;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Lettieri Nicola, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ o, in subordine, il rigetto del ricorso quanto al motivo inerente all’impossibilita’ di coesistenza dell’aggravante di cui all’articolo 576 c.p., comma 1, n. 5-bis, con il reato di cui all’articolo 337 c.p. e l’accoglimento del ricorso quanto alla doglianza relativa alla impossibilita’ di coesistenza dell’aggravante di cui all’articolo 576 c.p., comma 1, n. 5-bis, cit. con quella teleologica di cui all’articolo 576 c.p., comma 1 – articolo 61 c.p., n. 2.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 4 febbraio 2021 la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Bologna del 30 luglio 2020, che all’esito di giudizio abbreviato dichiarava (OMISSIS) colpevole dei reati di cui agli articoli 337 c.p. (capo 1), 582, 585, in relazione all’articolo 576 c.p., comma 1, n. 1 e n. 5-bis (capo 2) e articolo 110 c.p., articolo 612 c.p., comma 2, articolo 635 c.p., commi 1 e 2 (capo 3, in relazione al capo 1), condannandolo alla pena di anno uno e mesi due di reclusione, riconosciuta la continuazione ed applicata la diminuente del rito.
2. Nell’interesse del predetto imputato ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia, deducendo, con unico motivo, vizi di erronea applicazione della legge penale sotto il duplice profilo: a) della incompatibilita’ tra le circostanze aggravanti di cui all’articolo 576 c.p., comma 1, n. 5-bis, e all’articolo 61 c.p., comma 1, n. 2, per avere commesso il fatto di lesioni personali dolose nei confronti di un ufficiale o agente di Polizia giudiziaria nell’atto o a causa dell’adempimento delle sue funzioni, con riferimento al reato di cui all’articolo 337 c.p., qualora il nesso finalistico e teleologico sia strumentale alla commissione del reato di resistenza a pubblico ufficiale; b) della configurabilita’ delle condizioni di assorbimento dell’aggravante di cui all’articolo 576 c.p., comma 1, n. 5-bis, nell’ambito della fattispecie astratta di cui all’articolo 337 c.p., in quanto la condotta descritta nell’aggravante risulta ricompresa in quella che definisce il reato di resistenza a pubblico ufficiale.
3. Con requisitoria trasmessa alla Cancelleria di questa Suprema Corte in data 29 novembre 2021 il Procuratore generale ha illustrato le sue conclusioni chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ o, in subordine, il rigetto del ricorso quanto alla deduzione concernente la non possibilita’ di coesistenza dell’aggravante di cui all’articolo 576 c.p., comma 1, n. 5-bis, con il reato di cui all’articolo 337 c.p. e l’accoglimento del ricorso quanto alla doglianza, avanzata nello stesso motivo, riguardo alla non possibilita’ di coesistenza dell’aggravante di cui all’articolo 576 c.p., comma 1, n. 5-bis, con quella teleologica di cui all’articolo 576 c.p., comma 1 – articolo 61 c.p., n. 2.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, incentrato su due questioni di diritto non previamente dedotte in sede di appello, ma comunque proponibili nel giudizio di legittimita’ la’ dove non sottendono la preventiva risoluzione di questioni di fatto, e’ infondato e va come tale rigettato.
2. Pacifico deve ritenersi l’accertamento del fatto operato nelle competenti sedi di merito, e dal ricorrente, per vero, neppur contestato.
Emerge dalla decisione impugnata che a seguito di una richiesta di intervento proveniente degli impiegati di un’agenzia immobiliare a causa della presenza dell’imputato – il quale, in evidente stato di ebbrezza, si rivolgeva nei loro confronti con frasi minacciose, tentando peraltro di danneggiare la maniglia della porta d’ingresso del locale – gli agenti di Polizia intervenuti cercarono di allontanarlo e condurlo presso i competenti uffici per le relative operazioni di identificazione. In tale frangente egli si volto’ di scatto verso uno degli Agenti, dapprima graffiandolo sull’avambraccio sinistro nel tentativo di divincolarsi dalla presa, quindi mordendogli l’avambraccio destro e in tal guisa procurandogli lesioni giudicate guaribili in cinque giorni.
3. Cio’ posto, deve rilevarsi come la sentenza impugnata abbia correttamente affermato la penale responsabilita’ dell’imputato e fatto buon governo dei principi stabiliti da questa Suprema Corte anche in relazione ai su richiamati profili di doglianza, ove si consideri che se, da un lato, e’ vero che l’aggravante dell’aver commesso il fatto contro un pubblico ufficiale di cui all’articolo 61 c.p., comma 1, n. 10, non e’ configurabile in relazione al delitto di lesioni personali volontarie commesso in concorso con il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, poiche’ la medesima condotta non puo’ esser posta a carico dell’imputato come integrativa sia del citato reato sia della circostanza aggravante (cosi’ Sez. 6, n. 11780 del 07/01/2010, Foti, Rv. 246477; Sez. 2, n. 19669 del 22/04/2008, Bastelli, Rv. 239765), e’ pur vero, dall’altro lato, che tale principio deve ritenersi operante nei casi in cui vi sia una piena sovrapponibilita’ del fatto in cui si sostanzia l’aggravante rispetto a quello che rappresenta l’elemento costitutivo del delitto di cui all’articolo 337 cit. (Sez. 6, n. 24554 del 22/05/2013, Bertini, Rv. 255734).
Situazione di fatto, questa, non ravvisabile nel caso di specie, ove la resistenza alla doverosa attivita’ istituzionale svolta dal pubblico ufficiale non si e’ esaurita in una condotta volta a divincolarsi dalla presa, ma si e’ estrinsecata, fra l’altro, anche nell’uso di una piu’ pregnante forza fisica idonea a cagionargli le richiamate lesioni personali.
Deve pertanto escludersi che la decisione gravata della Corte territoriale abbia comportato alcuna violazione di legge, in quanto appare piu’ confacente alla fattispecie in esame il principio, anch’esso enunciato dalla giurisprudenza di legittimita’, secondo cui il delitto di resistenza a pubblico ufficiale assorbe soltanto quel minimo di violenza che si concretizza nella resistenza opposta al pubblico ufficiale che sta compiendo un atto del proprio ufficio, non anche gli ulteriori atti violenti che, esorbitando da tali limiti, cagionino al pubblico ufficiale lesioni personali: in quest’ultima ipotesi il reato di lesioni personali e’ aggravato dall’essere stato commesso in danno di un pubblico ufficiale e puo’ concorrere con quello di cui all’articolo 337 cit. (in tal senso v. gia’ Sez. 6, n. 7195 del 08/02/2013, Sema, Rv. 254721; Sez. 2, n. 12930 del 13/01/2012, Giunta, Rv. 252810; Sez. 6, n. 27703 del 15/04/2008, Dallara, Rv. 240880).
Ne discende che, nell’ipotesi in cui la violenza esercitata nei confronti di un pubblico ufficiale per opporgli resistenza ovvero per costringerlo ad omettere un atto del proprio ufficio anteriormente all’inizio della sua esecuzione ecceda il fatto di percosse e volontariamente provochi lesioni personali in danno dell’interessato, si determina un concorso tra il delitto di resistenza ovvero di violenza o minaccia a pubblico ufficiale e quello di lesioni personali, ricorrendo per quest’ultimo l’aggravante della connessione teleologica, a nulla rilevando che il reato-mezzo ed il reato-fine siano integrati dalla stessa condotta materiale (arg. ex Sez. 6, n. 32703 del 17/04/2014, Bontempo, Rv. 260321). La circostanza aggravante del nesso teleologico, di cui all’articolo 61 c.p., n. 2, e’ infatti configurabile anche nell’ipotesi del concorso formale di reati, non richiedendo una alterita’ di condotte, quanto piuttosto la specifica finalizzazione dell’un reato alla realizzazione dell’altro (Sez. 6, n. 14168 del 22/01/2020, Z., Rv. 278844).
Sotto altro ma connesso profilo deve infine rilevarsi che la circostanza aggravante di cui all’articolo 576 c.p., comma 1, n. 5-bis, consistente nell’aver commesso il fatto nei confronti di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio, e’ configurabile in relazione al delitto di lesioni personali volontarie anche quando lo stesso concorre con quello di resistenza a pubblico ufficiale. L’aggravante in esame, come gia’ affermato da questa Corte, introduce un elemento specializzante riferito alle condotte poste in essere contro una particolare categoria di pubblici ufficiali, il cui disvalore non e’ assorbito da quello della fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 337 c.p. (Sez. 6, n. 57234 del 09/11/2017, De Feo, Rv. 272203).
4. Al rigetto del ricorso consegue, ex articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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