La qualifica di incaricato di pubblico servizio

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|23 settembre 2021| n. 35261.

La qualifica di incaricato di pubblico servizio.

In tema di reati contro la pubblica amministrazione, la qualifica di incaricato di pubblico servizio del dipendente di un istituto di credito presuppone l’esercizio in concreto di poteri certificativi e, in generale, di tipo amministrativo, non potendo essere desunta, in ragione del rapporto di dipendenza, dai poteri pubblicistici che, con riferimento a determinati servizi monetari, fiscali e finanziari, competono alla banca. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna emessa nei confronti di un bancario, addetto all’istruttoria delle pratiche di finanziamento gestite in concessione, trattandosi di attività di natura meramente preparatoria, destinata ad inserirsi in un rapporto finanziario oramai connotato in senso privatistico).

Sentenza|23 settembre 2021| n. 35261. La qualifica di incaricato di pubblico servizio

Data udienza 15 marzo 2021

Integrale

Tag – parola: Concussione – Funzionario di banca – Incaricato di pubblico servizio – La qualifica di incaricato di pubblico servizio –  Gestione dei fondi destinati dal ministero alle piccole e medie imprese – Minaccia nei confronti dell’imprenditore perché gli versi una tangente per accedere alle risorse – Attività svolta in concreto – Rilevanza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIDELBO Giorgio – Presidente

Dott. CRISCUOLO Anna – Consigliere

Dott. VILLONI Orlando – Consigliere

Dott. GIORDANO Emilia An – rel. Consigliere

Dott. APRILE Ercole – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 20/1/2020 della Corte di appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIORDANO Emilia Anna.
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale MOLINO Pietro che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla definizione giuridica del fatto qualificato nella fattispecie di cui all’articolo 629 c.p., rideterminando in anni cinque di reclusione ed Euro mille di multa la pena da infliggere.

La qualifica di incaricato di pubblico servizio

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Roma, pur riducendo l’importo delle somme liquidate a titolo di risarcimento del danno in favore delle partici civili (OMISSIS) e (OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di eredi di (OMISSIS) e quello della provvisionale in favore della (OMISSIS), ha confermato la condanna alla pena di anni sei di reclusione nei confronti di (OMISSIS), per il reato di cui all’articolo 317 c.p., commesso il (OMISSIS), in danno di (OMISSIS), socio delle societa’ (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.r.l., deceduto nelle more del giudizio. (OMISSIS), dipendente della (OMISSIS), banca concessionaria per la istruttoria delle pratiche di ammissione ai finanziamenti ex L. 19 dicembre 1992, n. 488 e istruttore della pratica di finanziamento delle predette societa’ e, quindi, in qualita’ di pubblico ufficiale ovvero incaricato di pubblico servizio, e’ stato ritenuto autore di minacce rivolte al (OMISSIS) per costringerlo a promettere di versargli indebitamente la somma di Euro quindicimila. In particolare, avendo il (OMISSIS) gia’ usufruito di contributi ai sensi della L. n. 488 del 1992 nell’ambito di finanziamenti erogati in attuazione dei patti territoriali, minacciava di bloccare la pratica e che il (OMISSIS) avrebbe potuto essere costretto a restituire anche la parte dei contributi gia’ erogati se non gli avesse corrisposto la somma richiestagli e non dovuta.
2. Con i motivi di ricorso, di seguito sintetizzati ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., il difensore dell’imputato denuncia:
2.1. erronea applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta sussistenza del reato non potendo riconoscersi in capo all’imputato la qualifica soggettiva di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. Osserva il ricorrente che, ai fini dell’esercizio della funzione amministrativa di cui all’articolo 357 c.p., comma 2 e, quindi della relativa qualifica di pubblico ufficiale, e’ richiesto in capo all’agente l’esercizio di poteri deliberativi, autorizzativi e certificatori che non sono ravvisabili in relazione allo svolgimento di attivita’ meramente preparatorie alla formazione della volonta’ dell’ente. Nel caso in esame la (OMISSIS), attraverso (OMISSIS), aveva ottenuto la gestione dei Fondi di cui al Bando del 15 settembre 2010, fondi che avevano lo scopo di favorire l’accesso al credito delle piccole e medie imprese attraverso il rilascio di una garanzia pubblica sui finanziamenti erogati dal sistema bancario e, quindi, il finanziamento erogato al (OMISSIS) era riconducibile ad un contratto di natura privatistica, gestito dalle banche concessionarie nell’ambito di un rapporto di natura privatistica che si giovava della garanzia nell’ipotesi in cui l’impresa beneficiaria non riuscisse a restituire la somma erogata all’istituto medesimo e diverso dal sistema di erogazione dei Fondi di cui alla L. n. 488 del 1992. In tale contesto, l’imputato aveva svolto mere attivita’ preparatorie mentre i poteri certificativi, autoritativi e in generale amministrativi dell’Istituto di credito erano esercitati da altri soggetti. Ne’ le attivita’ dell’imputato erano riconducibili all’esercizio di un servizio pubblico, secondo la nozione di cui all’articolo 358 c.p.: in relazione all’intera attivita’ svolta nell’ambito del rapporto concessorio non e’ sufficiente l’esistenza di un atto autoritativo di investitura soggettiva del pubblico servizio ma e’ necessario accertare se le singole attivita’ che vengono in questione siano a loro volta soggette a disciplina di tipo pubblicistico. A questo fine i giudici di merito avrebbero dovuto accertare la tipologia di rapporto tra la Banca e il Ministero dello Sviluppo Economico, anche tenuto conto che il denaro erogato appartiene all’istituto di credito. Il (OMISSIS) e’ stato ritenuto referente e istruttore della pratica del (OMISSIS) (richiesta di finanziamento ed accesso al Fondo PMI) ma al riguardo non e’ emerso, nel corso del processo, che egli fosse investito di deleghe e/o procure, necessarie e sufficienti per permettere al cliente di accedere al fondo. A questo fine era stata chiesta la citazione, ai sensi dell’articolo 507 c.p.p., del presidente della Comunita’ Montana Peligna e del funzionario della (OMISSIS), preposto al servizio ovvero l’istruttore della pratica. L’articolo 358 c.p., privilegia, come noto, il criterio oggettivo-funzionale, criterio che ha dato origine a contrastanti interpretazioni nella giurisprudenza di legittimita’, proprio in materia bancaria, (cita 18457 del 30 ottobre 204 e 10124 del 21 ottobre 2014). Nel caso in esame dirimente e’ il rilievo che il denaro erogato era di proprieta’ della Banca alla quale andava restituito e non si trattava di fondi pubblici di spettanza del Ministero;
2.2. violazione di legge in relazione all’articolo 507 c.p.p., per il rigetto della richiesta di procedere alla escussione del dell’articolo 507 c.p.p., del presidente della Comunita’ Montana Peligna e del funzionario della (OMISSIS) preposto al servizio e dell’istruttore della pratica per chiarire sia la tipologia del rapporto tra la Comunita’ Montana e la Banca che la natura del rapporto tra l’istituto bancario e il Ministero dello Sviluppo economico e la qualita’ dei poteri attribuiti all’odierno imputato, nell’ambito dell’istituto di credito, fini della istruttoria della pratica;
2.3. violazione di legge e vizio di motivazione sulla ricorrenza dello stato di soggezione psicologica del (OMISSIS) desunto solo da alcune parole proferite nel corso del colloquio (registrato dalla persona offesa) potendo, invece, la condotta essere sussunta nelle fattispecie di istigazione alla corruzione di cui all’articolo 322 c.p., ovvero induzione indebita, ai sensi dell’articolo 319-quater c.p.. La difesa osserva che fin dall’anno 2008 il (OMISSIS) aveva ottenuto l’accesso a contributi pubblici e nel corso del 2008 ne aveva percepito l’importo per 410.000 Euro con i quali aveva, ma solo in parte, onorato debiti societari vedendosi poi sospesa l’erogazione definitiva perche’ sottoposto a procedimento penale dal quale era stato assolto nell’anno 2012. Da qui l’attivazione del nuovo finanziamento per poter onorare il pagamento di debiti societari in favore delle societa’ subentrate a quelle che avevano percepito i primi finanziamenti pubblici e che, se non avesse ottenuto il nuovo finanziamento, queste ultime avrebbero dovuto onorare con fondi propri. In relazione alla pratica di finanziamento intrapreso, il (OMISSIS) non aveva provveduto a consegnare al (OMISSIS) la documentazione necessaria che gli era stata gia’ sollecitata: da qui l’iniziativa del (OMISSIS) di registrare la conversazione con il (OMISSIS) e di denunciare i fatti. La mancanza dei requisiti necessari per ottenere il finanziamento bancario e lo sblocco del Fondo residuo non e’ stata adeguatamente valutata dalla Corte di merito ai fini della qualificazione giuridica del fatto ma valorizzata in maniera inopportuna, come forma di pressione condizionante.
3. Il ricorso e’ stato trattato con procedura scritta.
In data 26 febbraio 2021 il difensore di (OMISSIS), avvocato (OMISSIS) ha depositato memoria con la quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso, riportandosi ai motivi. In data 9 marzo 2021 il difensore della parte civile, (OMISSIS), avvocato (OMISSIS) ha rassegnato le proprie conclusioni chiedendo dichiarare inammissibile o, comunque rigettare il ricorso con condanna al pagamento delle spese del grado indicate in Euro 2.500, oltre accessori.

 

La qualifica di incaricato di pubblico servizio

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. E’ fondato il primo motivo di ricorso con la conseguenza che, assorbiti i restanti motivi, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma.
La ricostruzione svolta nella sentenza impugnata offre ben poche certezze, nella stessa ricostruzione in fatto, a parte quella relativa all’incontro dell’imputato con il (OMISSIS) e all’avvenuta consegna controllata di una somma di denaro.
Ai fini della ricostruzione della sottostante vicenda, la sentenza di appello riporta le dichiarazioni rese dalla persona offesa dal reato e dal teste di polizia giudiziaria che aveva svolto le indagini e dalle quali era emerso che due societa’ del (OMISSIS) – (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.r.l. – avevano ottenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico, competente ai finanziamenti a titolo di contributi pubblici, la somma di Euro 590.000,00 e che, al momento del contatto con il (OMISSIS), doveva ancora essere erogata una somma residua, pari a 180.000,00 Euro. Si aggiunge, poi, che il (OMISSIS), tramite la Comunita’ Montana Peligna, aveva chiesto lo sblocco del residuo contributo e che la (OMISSIS), concessionaria della pratica ex L. n. 488 del 1992 aveva incaricato, quale referente dell’operazione, proprio (OMISSIS). Secondo le dichiarazioni del (OMISSIS), l’imputato gli aveva chiesto quindicimila Euro da corrispondere una tranche immediatamente (per avviare la pratica, che presentava dei problemi), il resto al termine dell’operazione, se il finanziamento fosse andato a buon fine. Ne erano derivati due incontri tra (OMISSIS) e (OMISSIS), uno dei quali registrato dal (OMISSIS), e, poiche’ il (OMISSIS) insisteva per la immediata consegna di una meta’ della somma richiesta, il (OMISSIS) aveva sporto denuncia e aveva poi incontrato l’imputato al quale aveva consegnato una busta contenente la somma cinquemila Euro, consegna in esito alla quale il (OMISSIS) veniva tratto in arresto.
2. Controversa, in particolare, e’ la qualifica pubblicistica del (OMISSIS) ricondotta nella sentenza di primo grado (cfr. pag. 8) a quella di pubblico ufficiale e nella sentenza impugnata a quella di incaricato di pubblico servizio.
Il Tribunale ha evidenziato che l’attivita’ della banca concessionaria in materia di finanziamenti ai sensi della L. n. 488 del 1992 costituisce attivita’ di natura pubblicistica dovendo le banche concessionarie provvedere alla istruttoria delle pratiche in vista del finanziamento erogato dal Ministero e che il (OMISSIS), unico funzionario delegato a questa funzione all’interno dell’istituto di credito, svolgeva attivita’ certificativi che gli conferiva la funzione di pubblico ufficiale. Non vi e’ dubbio, si afferma, che il prevenuto esercitava una funzione amministrativa pubblica in base al dettato normativo dell’articolo 357 c.p.p., comma 2: anche se svolta dal privato la funzione conserva natura pubblicistica perche’ persegue la funzione di assicurare un interesse pubblicistico. Secondo tale ricostruzione, la speciale L. n. 488 del 1992 assegnava al (OMISSIS), nella qualita’, il potere di istruire le pratiche che faceva capo al Ministero dello Sviluppo Economico quale ente erogatore del finanziamento.

 

La qualifica di incaricato di pubblico servizio

Secondo le conclusioni raggiunte nella sentenza impugnata, l’imputato rivestiva la qualita’ di incaricato di pubblico servizio. Si osserva che l’attivita’ degli istituti di credito, normalmente esulante da quella pubblicistica, vi e’ cionondimeno sottoposta per le funzioni collaterali svolte in campo monetario, valutario, fiscale e finanziario, in sostituzione di enti non economici, quando operino nella veste di banche agenti o delegate. La sentenza impugnata ha richiamato precedenti di questa Corte e, in particolare, le sentenze che hanno riconosciuto la qualifica di incaricato di pubblico ufficiale al cassiere terminalista nell’ambito della riscossione IVA, delegata ad un istituto di credito (Sez. 6, Sentenza 3882 del 17/1/1997, Sbrocca, Rv. 208875) e ai funzionari degli istituti di credito che, in forza di provvedimento pubblico di natura concessoria, operano nel campo dei crediti speciali o agevolati, erogabili in favore di determinate categorie di imprenditori e che gravano sull’erario (Sez. 6, Sentenza 7529 del 24/1/1990, Righetti, Rv. 184455).
Secondo i giudici di appello la rivendicazione dell’imputato al (OMISSIS), per accreditarsi come risolutore dei suoi problemi, coincide con quanto riferito dall’ufficiale di polizia giudiziaria che aveva individuato nell’imputato l’unico referente della Banca per chi volesse ottenere qualcosa in materia di L. n. 488 del 1992: da qui la certezza della qualifica soggettiva rivestita dall’imputato e la sua riconducibilita’ allo svolgimento di una pubblica funzione.
I giudici di appello hanno, inoltre, escluso la necessita’ di acquisire informazione dal Presidente della Comunita’ Montana Peligna, che aveva indirizzato il (OMISSIS) proprio dal (OMISSIS), cosi’ confermandone il ruolo di preposto al servizio; e ritenuto insussistente anche la necessita’ di escutere il funzionario preposto al settore e quello che, nel prosieguo, aveva sostituito l’imputato nell’istruttoria della pratica, anche per accertarne l’esito. Tali attivita’ istruttorie sono state, conclusivamente, ritenute irrilevanti alla luce della condotta del (OMISSIS) e del perfezionamento del reato ascrittogli.
3.1 giudici del merito non hanno approfondito il ruolo pubblicistico svolto dall’imputato (OMISSIS) se, cioe’, pubblico ufficiale, incaricato di pubblico servizio o semplice privato incaricato, nell’ambito dell’istituto di credito, dell’istruttoria della pratica di finanziamento intrapresa dal (OMISSIS), ruolo che va necessariamente ritagliato sulle concrete mansioni svolte nell’istituto di credito e, prima ancora, sulla configurabilita’ o meno della qualifica pubblicistica in capo all’istituto di credito, in relazione alle.
Si tratta di una questione rilevante e non solo per la ragione efficacemente illustrata nella requisitoria del Pubblico Ministero che ha evidenziato come, in relazione al tempus commissi delicti (accertato il 23 novembre 2013, al momento dell’esecuzione dell’arresto in flagranza di reato dell’imputato), la norma incriminatrice di cui all’articolo 317 c.p., non comprendeva, prima della modifica dell’articolo 317 c.p., ad opera della L. 27 maggio 2015, n. 69, articolo 3, la figura dell’incaricato di pubblico servizio nel novero dei soggetti attivi, dal quale era stata esclusa per opera della L. 6 novembre 2012, n. 190. Da tale corretta interpretazione consegue, infatti, che, in applicazione dei principi recati dall’articolo 2 c.p., la condotta di abuso costrittivo commessa dall’incaricato di pubblico servizio prima dell’entrata in vigore della L. n. 69 del 2015 non integra il reato neanche a seguito della modifica dell’articolo 317 c.p., in quanto cio’ comporterebbe una violazione dei principi che regolano la successione delle leggi penali nel tempo (Sez. 6, Sentenza n. 4110 del 30/04/2019, P., Rv. 278110), potendo, ricorrendone i presupposti della minaccia di un danno ingiusto, finalizzato a farsi dare o promettere denaro o altra utilita’, ricondurre il fatto al reato di estorsione (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 26285 del 27/03/2013, ARPA, Rv. 255371).
3.1. In particolare, rileva il Collegio, non e’ stata individuata e ricostruita la tipologia di finanziamento che il (OMISSIS) aveva richiesto e, quindi, la correlativa disciplina pubblicistica o meno, del finanziamento e dalla quale deriva, eventualmente, sia il carattere pubblicistico dell’attivita’ svolta dall’istituto di credito che quello dei poteri che in concreto avrebbe dovuto esercitare l’imputato e che la sentenza impugnata ha ritagliato sulla rivendicazione dell’indebito pagamento da parte del (OMISSIS) e dalla indicazione di questi quale “unico referente” nella materia.

 

La qualifica di incaricato di pubblico servizio

Fermo restando il risalente contributo ai sensi della L. n. 488 del 1992 gia’ erogato al (OMISSIS) e poi bloccato, non e’ stata chiarita, con pertinenti riferimenti alla richiesta del (OMISSIS) e all’istruttoria eventualmente in corso, la tipologia e la natura della nuova richiesta proposta dal (OMISSIS), che, si dice, era pertinente a fondi PMI e relativa ad una richiesta avanzata attraverso la Comunita’ Montana Peligna, anche se collegata al risalente finanziamento gia’ ammesso a contributo e in gran parte erogato.
La L. 19 dicembre 1992, n. 488, aveva sostituito, nell’attuazione delle politiche di incentivo, le risalenti normative previste dalle leggi speciali per il Mezzogiorno d’Italia ed e’ divenuta operativa dal 1996, con l’emissione dei primi bandi con stanziamenti pubblici.
La prevista procedura per la erogazione dei fondi aveva delegato alle banche l’istruttoria dei progetti delle imprese, cc.dd. banche concessionarie o agenti, che, a fronte di una commissione, fornivano un servizio relativo allo svolgimento dell’attivita’ istruttoria fino alla relazione finale: nell’ambito di tale procedura la validazione finale del progetto ammesso a contributo spettava al Ministero dello Sviluppo Economico che inseriva il progetto nel Bando. In particolare, le banche concessionarie, i cui rapporti con il Ministero erano regolati da contratti specifici, svolgevano gli adempimenti istruttori propedeutici alla concessione delle agevolazioni ma anche i riscontri, gli accertamenti e le verifiche necessari all’erogazione delle agevolazioni stesse, sulla base di direttive del Ministero che erano tese, in primo luogo, ad evitare duplicazioni dell’attivita’ istruttoria, ad assicurare snellezza e rapidita’ procedurali ed uniformita’ di comportamento da parte delle banche medesime. Accertata la regolarita’ e la completezza del modulo di domanda e della documentazione prevista, la banca concessionaria procedeva alla istruttoria e redigeva una relazione attenendosi allo schema concordato con il Ministero e poteva richiedere all’interessato, oltre che la rettifica dei soli errori e irregolarita’ formali, anche precisazioni e chiarimenti ritenuti necessari per il completamento degli accertamenti istruttori che riguardavano principalmente la sussistenza di tutte le condizioni per l’ammissione alle agevolazioni e la loro conformita’ alla delibera di finanziamento ordinario o di ricorso al leasing finanziario. Inoltre erano di competenza delle banche i riscontri, gli accertamenti e le verifiche necessari all’erogazione delle agevolazioni stesse fino al saldo, nonche’ la gestione delle relative somme.
Come ben evidenziato nel ricorso dell’imputato, a partire dall’anno 2006 ed in seguito alle modifiche apportate dal Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35, articolo 8, convertito, con modificazioni, nella L. 14 maggio 2005, n. 80, il ruolo delle banche era stato profondamente modificato dal momento che le agevolazioni venivano concesse alle imprese richiedenti nella forma di contributo in conto capitale e di finanziamento agevolato, secondo i limiti e le condizioni stabilite dall’articolo 2 del decreto attuativo e prevedendo che il finanziamento bancario ordinario fosse condizione di ammissibilita’ alle agevolazioni. Tale finanziamento era, dunque, concesso dalle banche (individuate come soggetti finanziatori) che sottoscrivevano uno specifico accordo con Cassa depositi e prestiti S.p.A., attraverso un correlato mandato interbancario, sulla base delle disposizioni contenute nella convenzione stipulata ai sensi della delibera CIPE n. 76 del 15 luglio 2005.
Sostiene il ricorrente che, in tale mutato contesto di riferimento e in forza del Bando del 15 settembre 2010, alla (OMISSIS) erano stati concessi i fondi che avevano lo scopo di favorire l’accesso al credito delle piccole e medie imprese attraverso il rilascio di una garanzia pubblica sui finanziamenti erogati dal sistema bancario e che il finanziamento richiesto dal (OMISSIS) era riconducibile ad un rapporto di natura privatistica gestito dalla banca finanziatrice che si sarebbe giovata della garanzia pubblicistica nell’ipotesi in cui l’impresa ammessa non riuscisse a restituire la somma erogata dall’istituto medesimo.
Si tratta, all’evidenza, di uno schema di rapporto, al quale fa riferimento il primo motivo di ricorso dell’imputato e gia’ devoluto ai giudici di appello, che, tuttavia, non ne hanno approfondito la rilevanza con riferimento alla specifica richiesta di finanziamento avanzata dal (OMISSIS) nell’anno 2013 e, quindi, con riferimento alla titolarita’ di poteri pubblicistici della banca, che sono stati tout court ritagliati sui poteri istruttori disciplinati dalla L. n. 488 del 1992, inerenti al risalente finanziamento, gia’ erogato e in parte usufruito dal (OMISSIS), e, conseguentemente, al concreto esercizio di poteri pubblicistici da parte del (OMISSIS), genericamente indicato come “referente” dell’operazione economica che interessava al (OMISSIS), si dice, per sbloccare la erogazione del contributo gia’ concessogli ovvero per conseguire un nuovo finanziamento che gli consentisse di far fronte alla restituzione dell’indebito, senza gravare sui nuovi soci delle compagini a lui facenti capo.

 

La qualifica di incaricato di pubblico servizio

E’, dunque, con riferimento alla tipologia in concreto del finanziamento richiesto e rispondendo alle specifiche deduzioni gia’ svolte con i motivi di appello oltre che con l’odierno ricorso, che vanno ricostruiti e verificati sia i concreti poteri pubblicistici dell’istituto di credito, per effetto della normativa primaria e di quella che ne regola l’attivita’ giuridica, fra cui l’accordo e la convenzione, e, soprattutto, i poteri di tipo pubblicistico effettivamente delegati o comunque esercitati o esercitabili dall’imputato nel quadro delle funzioni e delle mansioni svolte nell’ambito dell’istituto di credito poiche’, secondo la tesi difensiva, il ricorrente svolgeva un ruolo meramente preparatorio, funzionale, cioe’ alla sola istruttoria della pratica, dal momento che i poteri certificativi, autoritativi e in generale amministrativi erano svolti da altri soggetti.
Si tratta di snodi essenziali ai fini della ricostruzione della condotta materiale del reato sulla quale, come anticipato, si registra una confusione e sovrapposizione a stregua delle valutazioni compiute nella sentenza di primo grado e quella di appello al confronto con le deduzioni difensive a partire dalla qualifica dell’istituto di credito, come soggetto concessionario o soggetto finanziatore.
E’, infatti, solo con riferimento alle funzioni svolte dalla banca cd. concessionaria e in relazione alle attivita’ istruttorie tecniche e amministrative funzionali all’ammissione alla concessione del finanziamento che la giurisprudenza di questa Corte – richiamata nella sentenza impugnata e dal pubblico ministero nell’odierna requisitoria – ha ricostruito, sulla base delle apposite convenzioni con il Ministero delle attivita’ produttive, l’esercizio di funzioni pubblicistiche in capo alle banche concessionarie o agenti. In particolare, la giurisprudenza di legittimita’ (Sez. 6 n. 3882 del 17/01/1997, Sbrocca, Rv. 208875) ha affermato che l’attivita’ degli istituti di credito, normalmente esulante dall’ambito pubblicistico, vi e’ invece sottoposta per quelle funzioni collaterali svolte in campo monetario, valutario, fiscale e finanziario, in sostituzione di enti non economici nella veste di banche agenti o delegate, con la spettanza della qualifica di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio ai relativi operatori e, in tempi piu’ recenti ha precisato che riveste la qualita’ di incaricato di pubblico servizio il legale rappresentante di una societa’ privata operante nel settore bancario in relazione all’attivita’ di gestione di fondi finanziari erogati da un ente pubblico per il perseguimento di un interesse pubblicistico (Sez. 6, Sentenza n. 39350 del 03/07/2017, Marano, Rv. 270943).
Tali affermazioni, tuttavia, non possono essere generalizzate, in assenza di precise coordinate, di rango legislativo o amministrativo, che assegnino al soggetto operante nel settore dei finanziamenti, l’esercizio, anche delegato, delle funzioni pubblicistiche e di nozioni, in particolare quella dell’incaricato di pubblico servizio, che, nel rispetto della concezione oggettiva delle qualifiche pubblicistiche, devono essere attualizzate – rispetto alle piu’ risalenti affermazioni di questa Corte- attraverso la precisa individuazione dei caratteri qualificanti dell’attivita’ pubblicistica in concreto svolta dai soggetti agenti, che non e’ frutto di mero automatismo rispetto a quella dell’ente di appartenenza poiche’ si richiede il concreto esercizio, in capo all’agente, delle funzioni pubblicistiche stesse dalle quali, come noto, esula lo svolgimento di attivita’ meramente materiali.
E’ alla stregua di tali coordinate che, nel descritto piu’ ampio quadro ricostruttivo, vanno dunque accertati i necessari caratteri pubblicistici delle mansioni in concreto svolte dall’imputato che, secondo la prospettazione svolta nel ricorso, consistevano in mere attivita’ istruttorie e preparatorie nelle quali non era direttamente ravvisabile l’esercizio di un potere pubblicistico, rimesso ad un funzionario e ad organi diversi dell’istituto.
Ne’ rileva, a questo fine, la risalente giurisprudenza di questa Corte che enucleava la qualifica soggettiva in capo ai soggetti chiamati a svolgere compiti aventi carattere accessorio o sussidiario ai fini istituzionali degli enti pubblici, sul presupposto che, anche questo caso, si realizzasse una partecipazione, sia pure in misura ridotta, alla formazione della volonta’ della pubblica amministrazione e che, pertanto, era riconosciuta come attivita’ di carattere pubblicistico anche quando non si trattava di attivita’ di rilevanza esterna giacche’ – si affermava – ogni atto preparatorio, propedeutico ed accessorio, che esaurisca nell’ambito del procedimento amministrativo i suoi effetti certificativi, valutativi o autoritativi (seppure destinato a produrre effetti interni alla pubblica amministrazione), comporta, in ogni caso, l’attuazione dei fini dell’ente pubblico e non puo’ essere isolato dal contesto delle funzioni pubbliche (Sez. 6, n. 21088 del 10/02/2004, Micheletti, Rv. 228871). Si tratta, infatti, di affermazioni che rimandano ad un inquadramento “istituzionale” dell’esercizio dei poteri pubblici, che privilegiava il rapporto di dipendenza dallo Stato o da altro ente pubblico, non piu’ compatibile, nella descritta prospettiva funzionale-oggettiva, con la nozione di incaricato di pubblico servizio di cui all’articolo 358 c.p. incentrata sulla disciplina pubblicistica dell’attivita’ svolta e del suo contenuto che, conseguentemente, va individuato e ricostruito in relazione all’attivita’ direttamente svolta dall’agente.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma.

 

La qualifica di incaricato di pubblico servizio

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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