Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 3 febbraio 2020, n. 842.
La massima estrapolata:
In materia urbanistica è ammissibile e rappresenta autentico e effettivo piano urbanistico una variante intesa alla salvaguardia di determinati contesti del territorio urbano, da non confondere in alcun modo con la c.d. efficacia di salvaguardia collegata all’adozione di uno strumento urbanistico generale, come disciplinata dall’articolo unico della legge 3 novembre 1952, n. 1902.
Sentenza 3 febbraio 2020, n. 842
Data udienza 11 aprile 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7353 del 2007, proposto da
Comune di Bologna, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti An. Cu. Ca., Gi. Ca. e Gi. St. Ri., e presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliato in Roma, alla via (…), per mandato in calce all’appello;
contro
Mi. Re. Es. S.r.l., con sede in Bologna, in persona del legale rappresentante pro-tempore, Ga. Gi., in proprio e quale procuratrice dei signori An. Le. ed altri, tutti rappresentati e difesi dall’avv. Fe. Gu., per mandato a margine della memoria di costituzione in giudizio, nonché dall’avv. Pa. Ur., per mandato in calce alla memoria difensiva e di nomina di difensore aggiuntivo depositata l’11 marzo 2019, e elettivamente domiciliati in Roma, alla via (…) presso lo studio Pl.;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per l’Emilia Romagna, Sede di Bologna, Sezione 2^, n. 1667 del 25 luglio 2007, resa tra le parti, con cui, in accoglimento del ricorso in primo grado n. r. 1235/2006, è stata annullata la deliberazione del Consiglio Comunale di Bologna n. 160 del 17 luglio 2006 (recante “P.R.G. 85- Variante grafica – su nuova base cartografica CTC – e Variante normativa, ai sensi dell’art. 15 della l.r. n. 47/78 e s.m. e i. e dell’art. 41, comma 2, lett. B) della 1. r. n. 20/00, per l’adeguamento della disciplina di tutela della zona collinare quale misura di salvaguardia nel percorso in atto di elaborazione della nuova pianificazione urbanistica (PSC, POC, RUE) -Adozione”, nonché la nota dirigenziale n. 240952 del 30 ottobre 2006 di avvio del procedimento di sospensione, ai sensi dell’art. 12 della L.R. n. 20/2000, dell’iter di approvazione di piano particolareggiato di esecuzione a iniziativa privata
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ga. Gi. e di Mi. Re. Es. S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 aprile 2019 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avv. Gi. St. Ri. per il Comune di Bologna appellante e gli avv.ti Fe. Gu. e Pa. Ur. per gli appellati;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.) La società Mi. Re. Es. S.r.l. e la signora Ga. Gi., quest’ultima in proprio e quale procuratrice dei signori An. Le. ed altri, titolari di un vasto compendio immobiliare sito in area collinare del Comune di Bologna, ricondotta dalla scheda del P.R.G. del 1985 a zona turistico ricreativa (omissis), assimilabile alla zona omogenea (omissis), hanno presentato in data 18 giugno 2006 un piano particolareggiato di esecuzione per l’utilizzazione edificatoria dei beni, e la realizzazione di 2.000 mq di superficie utile ad uso turistico ricreativo, in particolare a seguito dell’inserimento, tra gli usi consentiti nella zona, dell’uso U35 (relativo ad “Attrezzature ricettive” quali alberghi locande, pensioni, residence, ostelli e similari), con specifici parametri urbanistico-edilizi, intervenuto con variante normativa al P.R.G. nel 2002.
1.2) Con deliberazione del Consiglio Comunale di Bologna n. 160 del 17 luglio 2006 è stata adottata una variante al P.R.G., in parte grafica ed in parte normativa, ai sensi dell’art. 15 e 21 della legge regionale n. 47/1978 e dell’art. 41 comma 2 lett. b) della legge regionale 20/2000, che ha eliminato la zona (omissis), inserendo la relativa area all’interno delle zone di tutela paesaggistica (TP), in funzione della riconsiderazione della fascia territoriale alla luce delle prescrizioni generali di tutela della zona collinare e pedecollinare bolognese, contenute nel PTPR e nel PTPC, e in relazione all’avviato iter della nuova strumentazione urbanistica; in via consequenziale, con nota n. 240952 di prot. del 30 ottobre 2006, il dirigente responsabile competente ha comunicato agli interessati l’avvio del procedimento di sospensione dell’iter d’approvazione del piano particolareggiato di esecuzione ad iniziativa privata.
1.3) Con ricorso in primo grado n. r. 1235/2006, gli interessati hanno impugnato la deliberazione consiliare e la determinazione dirigenziale, deducendo, in sintesi, le seguenti censure:
1) Violazione, erronea interpretazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 41 comma 2 lettera b) della legge regionale n. 20/2000 e dell’art. 15 della legge regionale n. 47/1978
L’epigrafata disposizione della legge regionale n. 20/2000, nelle more dell’approvazione dei nuovi strumenti urbanistici (come articolati nel piano strutturale comunale PSC, Regolamento urbanistico e edilizio RUE e piano operativo comunale POC), consente solo l’adozione di c.d. varianti leggere di cui ai richiamati commi 4 e 7 dell’art. 15 della legge regionale n. 47/1978 -con espressa esclusione di quelle che riguardino zone sottoposte a tutela (comma 4 lettera c) n. 2)-, o che integrino rettifiche di errori materiali presenti nella cartografia di base e nella rappresentazione dello stato di fatto o modifiche necessarie per adeguamenti a previsioni localizzative immediatamente cogenti di strumenti regionali o provinciali di programmazione o pianificazione territoriali (comma 7).
Nel caso di specie “…non solo si tratta di provvedimento che incide significativamente sulle scelte (anche dimensionali) del Piano, ma soprattutto, si tratta di provvedimento che- senza alcun dubbio- riguarda zone di tutela ambientale”.
2) Violazione, erronea interpretazione e falsa applicazione degli artt. 41 comma 1 e 12 della legge regionale n. 20/2000. Sviamento di potere. Violazione dell’art. 21 quater della legge n. 241/1990 e dei principi generali dell’ordinamento in materia di efficacia e esecutività degli atti amministrativi
La deliberazione consiliare si risolve nell’adozione di una inammissibile e atipica misura di salvaguardia delle previsioni risultanti dal documento preliminare, in violazione delle epigrafate disposizioni (l’art. 12 non correla all’approvazione del documento preliminare alcun effetto di misura di salvaguardia; l’art. 41 comma 1 dispone che sino all’approvazione dei nuovi strumenti urbanistici i comuni attuano le previsioni degli strumenti urbanistici vigenti), e in contrasto con l’art. 21 quater circa la limitata, eccezionale e temporanea sospendibilità dell’efficacia dei provvedimenti amministrativi.
3) Violazione degli artt. 7 e 3 della legge n. 241/1990. Eccesso di potere per falso presupposto di fatto. Difetto di istruttoria. Violazione dei principi generali dell’ordinamento in materia di tutela dell’affidamento, proporzionalità e ragionevolezza (art. 1 della legge n. 241/1990). Eccesso di potere per ingiustizia grave e manifesta e disparità di trattamento
La incisività della variante sull’affidamento degli interessati in relazione alla disciplina urbanistica e relative qualificate aspettative di utilizzazione edilizia imponeva l’instaurazione di contraddittorio procedimentale e di specifica pregnante motivazione, tenuto conto dell’avvenuta presentazione del piano particolareggiato.
Con riferimento ad altri soggetti terzi, peraltro, sono stati sottoscritti accordi tesi a delocalizzare le potenzialità edificatorie soppresse.
1.4) Costituitosi in giudizio, il Comune di Bologna ha dedotto a sua volta l’infondatezza del ricorso.
1.5) L’ordinanza cautelare n. 60 del 25 gennaio 2007, di accoglimento dell’istanza di sospensione presentata dagli interessati, è stata riformata con ordinanza di questa Sezione n. 1842 del 13 aprile 2007, sul rilievo della natura esclusivamente patrimoniale del pregiudizio e del comparato preminente interesse pubblico alla conservazione dello stato determinato dalla deliberazione consiliare sotto il profilo urbanistico-edilizio.
2.) Con sentenza n. 1667 del 25 luglio 2007 il T.A.R. per l’Emilia Romagna, Sede di Bologna, in accoglimento del ricorso, ha annullato i provvedimenti impugnati.
2.1) Il giudice amministrativo bolognese ha anzitutto rigettato l’eccezione pregiudiziale del Comune di Bologna in ordine alla carenza d’interesse all’annullamento della deliberazione gravata, dedotta con la memoria difensiva conclusiva, imperniata sul rilievo che la destinazione a zona turistico ricreativa (omissis) sarebbe decaduta ai sensi dell’art. 7.3 delle N.T.A. del P.T.C.P. e degli artt. 19 comma 1 e 37 delle N.T.A. del P.T.P.R., come peraltro rilevato all’esito di conferenza di servizi indetta a seguito dell’ordinanza di sospensiva, poi riformata dal Consiglio di Stato, rilevando che:
“Tali argomentazioni, sulle quali non si è instaurato alcun contraddittorio, si presentano come una inammissibile integrazione postuma dei provvedimenti impugnati e, comunque, concernono un’asserita attività istruttoria ulteriore, non formalizzata in alcun provvedimento amministrativo finale e, quindi, estranea al presente giudizio impugnatorio”.
2.2) Nel merito, il T.A.R. ha osservato testualmente che la deliberazione consiliare impugnata:
“4….ancorché qualificata dalla difesa del Comune come variante al PRG del 1985 in realtà costituisce una misura di salvaguardia rispetto al nuovo piano strutturale comunale (PSC) in corso di elaborazione, emanata sulla base del solo documento preliminare e programmatico.
Ciò deriva in primo luogo dalla qualificazione formale del provvedimento stesso che più volte fa riferimento alla misura di salvaguardia. L’oggetto del provvedimento precisa che la scelta effettuata costituisce una “misura di salvaguardia nel percorso in atto di elaborazione della nuova pianificazione urbanistica” (PSC, POC, RUE) e la stessa statuizione del deliberato al punto 5 dà atto che “con il presente provvedimento viene assicurato il coordinamento e l’integrazione tecnica con le altre varianti urbanistiche in regime di salvaguardia”. Inoltre, la stessa qualificazione formale dell’atto quale misura di salvaguardia, è più volte contenuta nel testo della deliberazione stessa.
Ad analoghe conclusioni si giunge analizzando la funzione della deliberazione impugnata, contenuta nell’atto stesso che è quella di stabilire una normativa transitoria “tale da non pregiudicare la pianificazione in via di elaborazione”.
Il provvedimento comunale, infatti, precisa che alla nuova pianificazione urbanistica in corso di elaborazione è ovviamente demandato il compito di disciplinare le misure idonee al mantenimento, al recupero e alla valorizzazione delle peculiarità paesaggistiche ed ecologiche della zona collinare, nel rispetto dei valori paesaggistico-ambientali.
E’ evidente che nella specie non si è in presenza della fase iniziale relativa alla adozione di una variante diretta a dettare una disciplina potenzialmente stabile del territorio ma di una misura preventiva e provvisoria, come rilevato dalle stesse difese comunali, che non escludono una possibilità edificatoria al momento di adozione del PSC e degli altri strumenti attuativi con i quali saranno effettuate le nuove scelte urbanistiche comunali.
5. Così qualificata la deliberazione del Consiglio comunale Bologna n. 160/2006 è evidente che la misura di salvaguardia è illegittima in quanto intempestiva. La funzione della misura di salvaguardia, infatti, è quella di salvaguardare le nuove scelte urbanistiche recepite nei nuovi strumenti urbanistici già adottati dal Comune al fine di evitare che, nelle more della conclusione dell’iter di approvazione, l’attuazione del vecchio PRG non pregiudichi gli aspetti sostanziali delle nuove scelte. Nel caso in esame, invece, si tratta di una misura anticipatoria diretta a congelare l’esistente in attesa che si adottino i nuovi strumenti urbanistici nei tempi e modi propri della discrezionalità amministrativa in presenza di scelte complesse concernenti il territorio comunale.
6. Ciò, tuttavia, non è previsto dalla legislazione nazionale e regionale le quali consentono l’adozione di misure di salvaguardia, che pregiudicano le legittime aspettative del privato all’attuazione degli strumenti urbanistici vigenti soltanto in presenza di un iter di approvazione delle nuove scelte urbanistiche caratterizzate quantomeno dalla formale adozione degli strumenti urbanistici stessi.
7. Nel caso della legislazione dell’Emilia Romagna, poi, la Legge regionale E.R. n. 20/2000 ha previsto un ventaglio pianificatorio articolato in tre momenti ossia il Psc il Poc ed il Rue e, pertanto, l’ambito pianificatorio strumento urbanistico generale (PRG), risulta ora integralmente “coperto”, in Emilia-Romagna, solo dalla contemporanea presenza/interazione dell’insieme dei tre nuovi strumenti pianificatori (PSC, RUE, POC), innanzi menzionati.
Reciprocamente, nessuno di questi tre nuovi strumenti è, isolatamente preso, in grado di (ri)assumere in sé la stessa capacità di incidenza del “vecchio” PRG; nessuno, neppure il PSC che costituisce il momento privilegiato di conoscenza e analisi del territorio, attraverso la c.d. “descrizione fondativa”, sulla base della quale ogni Comune, considerate le proprie caratteristiche e vocazioni, può compiere “le scelte strategiche di assetto e sviluppo” (cfr. art. 28, comma 1, L.R. n. 20/2000).
Coerentemente con detta impostazione il Capo I del titolo IV della legge regionale (Capo, per l’appunto, dedicato alle norme transitorie) contempla una sorta di “ultrattività ” delle previsioni contenute nei piani regolatori generali vigenti, “fino all’approvazione del PSC, del RUE e del POC” come precisato dall’articolo art. 41, comma 1. Soltanto una volta esaurita la fase di transizione dal “vecchio” al “nuovo” sistema viene meno qualsiasi ultrattività della disciplina previgente e l’adozione, a regime, dei singoli (nuovi) strumenti di pianificazione territoriale comporta la peculiare tutela costituita dall’adozione delle soprassessorie misure di salvaguardia.
8. Nel caso in esame invece, il Comune pretende di adottare una misura di salvaguardia addirittura in una fase antecedente pianificazione costituito dal PSC, in corso di elaborazione, laddove la citata normativa regionale non lo consentirebbe neppure se il PSC fosse adottato richiedendosi, come sopra precisato, l’adozione di tutti e tre i nuovi strumenti pianificatori (PSC, RUE, POC).
9. Sotto altro profilo non appaiono condivisibili le argomentazioni difensive dell’Amministrazione intimata che tenta di ricondurre deliberazione del Consiglio comunale di Bologna n. 160/2006 nell”ambito delle varianti di cui all’articolo 15, lettera e) della legge regionale n. 47 del 1978 e 41, comma secondo della legge regionale n. 20/2000, in quanto necessaria per ‘adeguamento alle prescrizioni, che comportino vincoli di carattere generale, contenute negli strumenti regionali o provinciali di programmazione e pianificazione territoriale.
Tale tesi difensiva non può essere condivisa in quanto non trova riscontro nella deliberazione del Consiglio comunale di Bologna n. 160/2006 che, per quanto sopra osservato, è diretta a dettare una misura di salvaguardia di natura temporanea.
10. Né il punto 7.3 del PTCP pone un vincolo assoluto di inedificabilità nelle zone di particolare interesse paesaggistico-ambientale che richiede un recepimento passivo da parte del Comune tramite una specifica variante, bensì individua delle finalità e degli indirizzi d’uso tra cui, ad esempio, la possibilità di prevedere “attrezzature culturali, ricreative e di servizio alle attività del tempo libero” come del resto sostenuto dal Comune stesso nelle controdeduzioni presentate in relazione ad un altro Piano particolareggiato di iniziativa privata, soggetto alle stesse norme del PTCP.
11. Del resto la natura di misura di salvaguardia della deliberazione del Consiglio comunale di Bologna n. 160/2006 impugnata, (ancorché sia denominata anche variante urbanistica oltreché misura di salvaguardia) è sostanzialmente confermata anche dalla stessa Provincia che ne valorizza l’obiettivo di introdurre, in attesa della disciplina di tutela che sarà sviluppata con la nuova strumentazione urbanistica prevista dalla legge regionale n. 20/2000, la salvaguardia dell’area collinare, evidenziando nella stessa la generica funzione di adeguamento alle finalità ed ai contenuti del PTCP (e non a vincoli di carattere generale contrastanti con la disciplina del PRG comunale vigente) che, invece, dovrà avvenire -con la nuova strumentazione urbanistica.
12. L’illegittimità della deliberazione del Consiglio comunale di Bologna n. 160/2006 determina l’illegittimità derivata del provvedimento 240952 del 30/10/2006 del Dirigente responsabile dell’U.I. Urbanistica di sospensione dell’iter di approvazione del piano particolareggiato di iniziativa privata presentato dai ricorrenti”.
3.) Con l’appello in epigrafe, ritualmente notificato e depositato, il Comune di Bologna ha impugnato la predetta sentenza, deducendone, in modo oltremodo diffuso e esteso (il mezzo di gravame conta circa cento pagine…) l’erroneità e ingiustizia.
3.1) In via introduttiva, è stato evidenziato come la delibera consiliare, come ivi testualmente indicato, “…risponde “all’obiettivo di determinare uno stato di fatto attuale della zona collinare da un lato coerente con gli obiettivi di tutela dei valori paesaggistico-ambientali e con gli indirizzi del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) e dall’altro tale da non pregiudicare la pianificazione in via di elaborazione con l’attuazione intempestiva di interventi di trasformazione del territorio che potrebbero comprometterne la visione strategica e strutturale conseguente agli obiettivi del PSC”…(tenuto conto che)… la L.R. n. 20/2000 (cfr., in particolare, artt. A-16 e A-21) demanda alla nuova pianificazione urbanistica comunale in corso di elaborazione “il compito di disciplinare le misure idonee al mantenimento, al recupero e alla valorizzazione delle peculiarità paesaggistiche ed ecologiche della zona collinare, nel rispetto dei valori paesaggistico-ambientali; di disciplinare – in un quadro strutturale e organico – le funzioni con essi compatibili, ivi compreso lo sviluppo delle attività economiche sostenibili, e le misure atte a garantire il rispetto delle caratteristiche morfologiche, tipologiche, formali e costruttive dell’edificato” conformandosi alle prescrizioni e ai vincoli e dando attuazione agli indirizzi e alle direttive contenuti nei piani territoriali sovraordinati”.
In tale contesto “…la Variante impugnata -dopo aver evidenziato la necessità di procedere ad una ridefinizione grafica del perimetro del territorio urbanizzato secondo la definizione data dal PTCP al fine di individuare, allo stato di fatto attuale, “le zone pedecollinari la cui disciplina debba essere confermata quale “zona di rispetto ambientale”” (dato che l’art. 57 delle N.d.A. del P.R.G. vigente include tale zona nell’ambito del territorio urbanizzato)- detta: A) “La disciplina delle zone di rispetto ambientale nel territorio urbanizzato pedecollinare”; B) “La disciplina dell’edificato nel territorio collinare non urbanizzato” e, infine, C) “Le previsioni edificatorie nel territorio collinare di tutela paesaggististica”.
Con specifico riguardo alle previsioni di cui alla lettera C) -che sono quelle attinenti alla fattispecie- “…la Variante impugnata -dopo aver rilevato che tali possibilità edificatorie nel territorio collinare riconosciute, in via derogatoria, dai precedenti strumenti urbanistici potrebbero “compromettere la visione strategica e strutturale della nuova pianificazione del PSC in corso di elaborazione”- dispone di eliminare “tali previsioni derogatorie della disciplina generale delle zone di tutela paesistica TP e demanda al PSC ed ai futuri strumenti urbanistici-edilizi il verificare e stabilire, nell’ambito del nuovo assetto strutturale, quali potranno essere gli eventuali interventi finalizzati agli obiettivi perseguiti, sia in tema di fruizione pubblica del patrimonio collinare sia in tema di condizioni e limiti degli interventi ammissibili secondo gli obiettivi dati” eliminando, altresì, “le possibilità presenti nel P.R.G. vigente relative alla realizzazione di attività private di servizio, o di ampliamenti di situazioni esistenti, o le destinazioni pubbliche non attuate e della collegata edificabilità relative ad aree di proprietà privata”…Pertanto, all’art. 41 delle N.d.A. del P.R.G. vigente (che – come si è visto – disciplina la “Zona di tutela paesistica TP”), sono stati sostituiti i primi tre commi; sono state eliminate le schede TP da 1 a 9 e modificata quella TP10… mentre, all’art. 43 delle Norme medesime, sono state eliminate le previsioni specifiche di cui alle Schede (omissis) e (omissis) disciplinando le relative aree quali zone di tutela paesistica TP”.
3.2) Dopo tale premessa, si deducono le censure di seguito così doverosamente sintetizzate:
1) Violazione dei principi in materia di processo amministrativo e diritto di difesa – Errata e carente motivazione
Si ripropone l’eccezione pregiudiziale di carenza d’interesse all’annullamento della deliberazione impugnata, ribadendo che la previsione di nuova edificazione della zona di particolare interesse paesaggistico-ambientale di cui all’art. 43 – scheda (omissis) delle N.T.A. del P.R.G., deve considerarsi comunque decaduta, ai sensi dell’art. 7.3 comma 5 lett. g) delle N.T.A. del P.T.C.P., e del combinato disposto degli art. 19 comma 1 ed art. 37 del P.T.P.R.
Si contesta che possa individuarsi alcuna preclusione temporale alla proposizione dell’eccezione, nella sua deduzione con la memoria finale, tenuto conto dei termini processuali di deposito (come stabiliti dall’art. 23 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034), con conseguente erroneità di ogni rilievo concernente la violazione del contraddittorio.
Si evidenzia che, in ogni caso, si tratta di eccezione rilevabile ex officio.
Si sottolinea che il rilievo della sopravvenuta decadenza delle previsioni di cui all’art. 43 – scheda (omissis) delle N.T.A. del P.R.G. è emersa nel corso della conferenza di servizi indetta ai fini dell’esame del piano particolareggiato presentato dagli interessati, in esecuzione dell’ordinanza cautelare n. 60 del 25 gennaio 2007, e all’esito del parere formulato dalla Provincia di Bologna con nota P.G. n. 111813 del 2 aprile 2007, laddove non si è poi provveduto a dare ulteriore corso con provvedimento formale negativo in relazione all’intervenuta all’ordinanza della Sezione IV del Consiglio di Stato n. 1842 del 13 aprile 2007 che, in riforma dell’ordinanza cautelare n. 60/2007 ha rigettato l’istanza cautelare.
2) Violazione e errata applicazione delle norme e principi dell’attività urbanistica con errata qualificazione della deliberazione impugnata – Violazione degli artt. 12 e 41 della legge regionale n. 20/2000 in merito all’applicazione delle misure di salvaguardia
Si deduce che il giudice amministrativo bolognese abbia travisato contenuto e effetti della deliberazione consiliare n. 160/2006, confondendo tra misure di salvaguardia -di cui all’articolo unico della legge 3 novembre 1952, n. 1902 e all’art. 12 della legge regionale 24 marzo 2000, n. 20- e variante di salvaguardia, che costituisce strumento di pianificazione urbanistica noto e riconosciuto dalla prassi amministrativa e dalla giurisprudenza amministrativa (si richiamano Cons. Stato, Sez. IV, n. 5091/2001 e n. 8146/2003, relative alla variante di salvaguardia del P.R.G. del Comune di Roma; nonché Sez. VI, 5 aprile 2013, n. 1882, relativa alla stessa deliberazione consiliare bolognese n. 160/2006), inteso ad assegnare destinazioni “transitorie” in vista della riconsiderazione dell’area collinare e pedecollinare bolognese, coerentemente con le prescrizioni generali di tutela per essa previste nel P.T.P.R. e nel P.T.P.C.
Si sottolinea, infatti, che l’ulteriore edificazione del territorio, posta in essere sulla base di un P.R.G. antecedente al P.T.C.P., avrebbe potuto compromettere l’adeguamento del nuovo strumento urbanistico (PSC, POC, RUE) alle suddette prescrizioni.
La variante in questione deve invece qualificarsi a ogni effetto come provvedimento di pianificazione, adottato con l’obiettivo di adeguare la programmazione dello sviluppo territoriale alle prescrizioni generali degli strumenti regionali e provinciali, così come disposto dall’art. 15 comma 4 lett. e) della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, e con le procedure semplificate di cui al successivo art. 21, senza che possa annettersi rilievo alcuno, ai fini della qualificazione giuridica della deliberazione, senza che possa assumere rilievo l’indicazione nel testo della nozione di “misura di salvaguardia”.
Peraltro il T.A.R., in modo ultroneo e estraneo al thema decidendum, si è spinto a sostenere che la variante, erroneamente da esso intesa come “misura di salvaguardia”, sarebbe risultata illegittima anche qualora fosse stato già formalmente adottato il PSC, laddove solo con l’adozione consentanea di PSC, POC e RUE sarebbero integrate le funzioni conformative tipiche del P.R.G., per giunta in contrasto con orientamenti giurisprudenziali che al contrario sostengono che il POC possiede autonoma e immediata efficacia conformativa (si invoca l’ordinanza cautelare della Sez. IV, n. 5763/2006, relativa al PSC del Comune di Ravenna in ordine “…alla non denegabile efficacia conformativa del PSC, di cui alla legge regionale n. 20 del 2000”).
3) Violazione e errata interpretazione dell’art. 15 comma 4 della legge regionale n. 47/1978 e dell’art. 41 comma 2 della legge regionale n. 20/2000
L’erronea qualificazione giuridica del contenuto e degli effetti della deliberazione consiliare n. 160/2006 si riverbera altresì sulla rilevata violazione degli artt. 15 comma 4 e 21 della l.r. n. 47/1978 e 41 della l.r. n. 20/2000.
Quest’ultimo consente, infatti, sino all’approvazione del PSC, POC e RUE, l’adozione delle varianti al P.R.G. di cui ai commi 4 e 7 dell’art. 15 della l.r. 47/71978 mediante la procedura semplificata di cui all’art. 21
L’art. 15 comma 4 lettera e) ammette tra tali varianti quelle tese all’adeguamento del P.R.G. “…con riguardo alle prescrizioni che comportino vincoli generali contenute negli strumenti regionali o provinciali”.
In funzione delle finalità di tutela caratteristiche paesaggistiche ed ambientali della zona collinare, e dell’esigenza di “preservare lo stato di fatto attuale dell’edificato in tale zona, per renderlo compatibile con le prescrizioni del PTCP e non pregiudicare la pianificazione in via di elaborazione”, non può revocarsi in dubbio la piena legittimità contenutistica e procedimentale della variante adottata.
4) Violazione e errata interpretazione dell’art. 7.3 del piano territoriale di coordinamento provinciale
Il Tribunale ha altresì interpretato in modo erroneo l’art. 7.3 delle N.T.A. del P.T.C.P. che prescrive precettivamente in via generale l’inammissibilità di interventi di nuova costruzione nelle unità di paesaggio della collina bolognese (e imolana) con specifiche eccezioni per le aree urbanizzate, o per gli interventi già assentiti alla data di adozione delle N.T.A. del P.T.C.P., o per quelli che costituiscano attuazione di previsioni di P.R.G. vigenti, sempre che le stesse non siano decadute ai sensi del comma 5 lett. g) della disposizione.
Tra tali eccezioni, però, non può rientrare ratione temporis il piano particolareggiato presentato dagli interessati.
5) Sull’infondatezza delle censure dedotte in primo grado dagli interessati
In sede di controdeduzioni alle censure del ricorso di primo assorbite, si rileva che proprio la natura di strumento urbanistico generale della variante -ancorché riferita solo all’area collinare e pedecollinare del territorio comunale- esclude la configurabilità dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento non meno che l’onere di più specifica motivazione, diversa da quella concernente le finalità di tutela ambientale e paesistica.
Si contesta, infine, la dedotta disparità di trattamento rispetto all’adozione e approvazione di altri piani particolareggiati ad iniziativa privata o accordi di delocalizzazione della potenzialità edificatoria prevista dal P.R.G., in funzione della sostanziale differenza delle situazioni oggettive sottostanti.
3.3) Costituitisi in giudizio, gli appellati hanno dedotto, a loro volta, l’infondatezza dell’appello, evidenziando in particolare:
– la differenza tra la questione decisa con la sentenza n. 1882/2013 (relativa a manufatti realizzati abusivamente in zona agricola (omissis)) e fattispecie in esame (concernente area già tipizzata originariamente, con apposita scheda normativa come “zona (omissis)” per attrezzature turistico ricettive, assimilabile a zona (omissis), con usi ammessi U4, U9 e U36 (attrezzature rispettivamente per lo spettacolo, lo sport ed il campeggio), e quindi dal 2002 con uso ammesso U35 (attrezzature ricettive quali alberghi, pensioni e residence, sia pure con ridotto indice di edificabilità, pari allo 0,25% dell’intera superficie di mq. 652.796 mq. e quindi ad appena 1.730 mq. di SU);
– l’intervenuto azzeramento, ad opera della variante, e per effetto dell’inserimento dell’area nelle zone di tutela paesaggistica (TP), della sia pur ridotta vocazione edilizia, in violazione della lettera c) dell’art. 15 quarto comma della legge regionale n. 47/1978 -che escludeva varianti per le zone sottoposte a tutela), e in assenza di prescrizioni vincolanti dei piani urbanistici sovraordinati riconducibili alla previsione di cui alla lettera e) del predetto art. 15 comma quarto;
– la disparità di trattamento rispetto ad altra area in zona (omissis), nella quale è stato approvato piano particolareggiato che ha ammessa la realizzazione di campo-scuola per la pratica del golf e la realizzazione mq. 570 di nuova edificazione per funzioni e servizi di supporto all’attività sportiva;
– l’inammissibilità della variante di salvaguardia, in quanto intesa alla sospensione delle suddette previsioni del P.R.G. in relazione alla semplice approvazione del documento programmatico preliminare;
– la fondatezza delle censure assorbite relative all’omissione delle formalità partecipative specifiche in relazione al contenuto “specifico” e al destinatario “determinato” della variante, siccome rivolta a “…modificare (azzerandole) specifiche “schede” di PRG”.
3.4) Dopo il deposito di ulteriori memorie difensive e di replica, l’appello, all’udienza dell’11 luglio 2019, è stato discusso e riservato per la decisione.
4.) Il Collegio deve esaminare, in limine, l’eccezione pregiudiziale d’inammissibilità del ricorso in primo grado relazione alla dedotta carenza d’interesse all’annullamento della deliberazione gravata, come riproposta con il primo motivo di appello.
4.1) Secondo quando anticipato nella narrativa in fatto, essa si fonda sul rilievo che la destinazione a “zona turistico ricreativa (omissis)” sarebbe decaduta ai sensi dell’art. 7.3 delle N.T.A. del P.T.C.P. e degli artt. 19 comma 1 e 37 delle N.T.A. del P.T.P.R., come rilevato con il parere formulato dalla Provincia di Bologna con nota P.G. n. 111813 del 2 aprile 2007, reso nell’ambito della conferenza di servizi indetta a seguito dell’ordinanza di sospensiva, poi riformata dal Consiglio di Stato.
L’assunto si fonda sul rilievo che per l’area in oggetto, non ricadendo nelle previsioni derogatorie di cui all’art. 19 comma 1 delle N.T.A. del P.T.P.R. (piano territoriale paesistico regionale) della Regione Emilia Romagna, né in quelle di cui all’art. 7.3 punto 5 del P.T.C.P., sia decaduta la destinazione urbanistica con relativa normativa, per effetto del disposto della lettera g) del successivo punto 5.
Tale eccezione è priva di fondamento giuridico poiché il suddetto parere individua un atto endoprocedimentale e non risulta essere stato recepito in una determinazione finale negativa di rigetto del piano particolareggiato.
Poiché non è stata emanato alcun atto formale di diniego di adozione del piano particolareggiato di iniziativa privata, che possa costituire autonoma fattispecie provvedimentale incidente sulla posizione giuridica degli interessati, non può negarsi la persistenza degli effetti sospensivi della nota provvedimentale impugnata, e quindi dell’interesse al suo annullamento, quale atto di esecuzione, e, a monte, della variante al P.R.G. nella parte in cui, modificando la destinazione urbanistico-edilizia della zona (omissis), e imprimendole quella di TP (tutela paesaggistica), ha sacrificato ogni vocazione edificatoria, sia pur ridotta, della medesima.
Peraltro l’interesse all’impugnativa persiste nonostante l’intervenuta approvazione della variante, di cui alla deliberazione del Consiglio Comunale di Bologna n. 125 del 30 giugno, poiché l’area è stata espressamente stralciata in ragione e sino alla definizione del presente contenzioso pendente (come si legge nella deliberazione essa “…viene necessariamente stralciata dal presente provvedimento in attesa del pronunciamento in merito da parte del Consiglio di Stato – la disciplina della “Zona turistico ricreativa – scheda (omissis) – di cui all’art. 43 delle Norme di Attuazione del vigente PRG, con riserva di procedere con separato provvedimento nel caso di esito favorevole del giudizio in sede di gravame”).
4.2) Nel merito, l’appello in epigrafe è invece fondato e deve essere accolto, onde in riforma della sentenza gravata, deve rigettarsi il ricorso proposto in primo grado.
4.2.1) In linea generale deve rammentarsi che è ammissibile e rappresenta autentico e effettivo piano urbanistico una variante intesa alla salvaguardia di determinati contesti del territorio urbano, da non confondere in alcun modo con la c.d. efficacia di salvaguardia collegata all’adozione di uno strumento urbanistico generale, come disciplinata dall’articolo unico della legge 3 novembre 1952, n. 1902 e, in modo specifico e speculare dall’art. 12 della legge regionale 24 marzo 2000, n. 20.
Sono noti gli arresti giurisprudenziali di questa Sezione, con riferimento, ad esempio, alla variante di salvaguardia del P.R.G. di Roma (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 25 settembre 2002, n. 4907; 6 giugno 2001, n. 3043; 22 marzo 2001, n. 1686; 20 marzo 2001, n. 1679; 16 marzo 2001, n. 1567; 8 maggio 2000, n. 2639; 25 maggio 1998, n. 869; 8 settembre 1997, n. 966; 27 settembre 1994, n. 746), tutti fondati sul rilievo che rientra nel potere di pianificazione urbanistica una disciplina più restrittiva e conservativa intesa ad uno “…sviluppo razionale ed eco-compatibile della politica urbanistica, informando le scelte contenute nella variante a svariati parametri generali” e “…per scopi di tutela dell’assetto ambientale, paesistico e di salvaguardia del territorio ancora non sfruttato a fini di edificazione”.
4.2.2) Anche con riferimento alla variante di salvaguardia adottata con la deliberazione consiliare bolognese n. 160 del 17 luglio 2006, e sia pure con riferimento a fattispecie relativa ad altra area già tipizzata come agricola (secondo quanto rilevato dagli appellati), è stata, in generale osservato che “…essa configura una variante specifica, normativa e grafica, al PRG del 1985, finalizzata a tutelare le caratteristiche paesaggistiche ed ambientali della sola zona collinare (quale individuata cartograficamente nelle tavole del PRG), al dichiarato scopo di salvaguardare lo stato di fatto attuale dell’edificato nella zona in questione, sia per renderlo coerente con gli obiettivi di tutela dei valori paesaggistico-ambientali e con gli indirizzi del PTCP, sia per non pregiudicare la pianificazione in via di elaborazione con l’attuazione con l’attuazione di interventi di trasformazione del territorio che avrebbero potuto comprometterne la visione strategica e strutturale conseguenti agli obiettivi dell’adottando PSC…correttamente ricondotta nell’alveo applicativo del combinato disposto degli artt. 41, comma 2 lett. 13), 1. reg. n. 20 del 2000… e 15, comma 4 lett. e), 1. reg. n. 47 del 1978 e succ. mod…”, riconoscendosi “…l’indubbia legittimità del procedimento seguito dall’amministrazione nell’adozione ed approvazione della variante di salvaguardia in esame, ponendo gli artt. 7.1 (che recepisce e integra l’art. 9 del PTPR) e 7.2 del PTCP (entrato in vigore il 14 aprile 2004) come obiettivo prioritario la tutela della zona collinare, con previsioni vincolanti per il PSC…” (così Cons. Stato, Sez. VI, 5 aprile 2013, n. 1882; nello stesso senso, vedi anche Sez. II, 13 aprile 2010, n. 1530 su ricorso straordinario n. 257/07 e Sez. III, 19 maggio 2010, n. 2291 su ricorso straordinario).
4.3) Gli appellati evidenziano, tuttavia, che la destinazione urbanistico-edilizia, con specifica scheda normativa (omissis), già contenuta nel P.R.G. approvato nel 1985 (con usi ammessi U4 – attrezzature per lo spettacolo e culturali, U9 – attrezzature per lo sport, U11 – attrezzature per il verde, U36 – attrezzature per il campeggio), è stata conservata dalla variante normativa del 1° marzo 1998, non meno che dalla variante normativa del 12 giugno 2002, che ribadendo i precedenti usi ammessi vi ha inserito anche quello U35 – attrezzature ricettive, comprensive di alberghi, pensioni, locande, hotel, ostelli, residence e similari, con previsione di superficie utile edificabile pari a mq. 2000.
In altri termini, pur dopo l’approvazione del P.T.P.R., avvenuta nel 1993, lo strumento urbanistico generale aveva confermato la destinazione urbanistica, ampliando anzi le modalità di uso ammesse.
Sotto altro profilo si contesta:
a) che ai sensi dell’art. 41 comma 2 lettera b) della legge regionale 24 marzo 2000, n. 20 potesse essere adottata variante al P.R.G., che rinvia alle varianti (ammesse) di cui ai commi 4 e 7 dell’art. 15 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, laddove il comma 4 lettera c) n. 2 ammette le varianti a condizione che “…non riguardino zone sottoposte a tutela, ai sensi dell’art. 33 della presente legge”, ossia delle zone di tutela come definite dalla disposizione da ultimo citata;
b) che le prescrizioni dello strumento urbanistico regionale con specifica considerazione dei valori paesaggistico-ambientali, non meno che il sottordinato strumento urbanistico provinciale, approvato con deliberazione del Consiglio Provinciale n. 19 del 30 marzo 2004, abbiano introdotto vincoli specifici.
4.3.1) Quanto al primo aspetto di cui alla lettera a), su un piano generale risulta evidente che le varianti vietate sono quelle, e solo quelle, in grado di incidere in senso deteriore e negativo -ad esempio introducendo previsioni edificatorie- sulle zone sottoposte a tutela, e non anche quelle che siano, all’opposto, orientate appunto ad una più incisiva tutela dei valori paesistico-ambientali; peraltro le zone sottoposte a tutela dall’art. 33 sono ivi specificamente enumerate e tra di esse non rientra il sistema collinare bolognese.
4.3.2) In relazione al secondo profilo, poi, deve rammentarsi che l’art. 41 comma 2 lettera e) consente “…le varianti specifiche di recepimento delle previsioni dei piani sovraordinati”, laddove nell’ambito dell’ampia nozione di previsioni dei piani sovraordinati rientrano non soltanto le prescrizioni, ossia norme vincolanti, sebbene anche gli indirizzi (ossia norme di orientamento per l’attività di pianificazione e programmazione della Regione, delle Province, dei Comuni) e le direttive (vale a dire le norme operative che debbono essere osservate nell’attività di pianificazione e di
programmazione regionale o subregionale): cfr. art. 4 commi da 1, 2 e 3 delle N.T.A. del P.T.P.R. e l’art. 1.6 lettere a, b, c delle N.T.A. del P.T.C.P.
Di ciò non può dubitarsi considerato che l’art. 11 della legge regionale n. 20/2000, espressamente stabilisce che “Ai fini della presente legge, le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica si distinguono in indirizzi, direttive e prescrizioni”.
4.3.3) Orbene, non è revocabile in dubbio che il P.T.P.R. rechi previsioni di tutela del “Sistema dei crinali e sistema collinare” (art. 9 delle relative N.T.A.) e che il P.T.C.P. qualifichi e consideri quale unità di paesaggio di rango provinciale il sistema collinare, e nell’ambito del medesimo la “collina bolognese” (art. 3.1. punto 4 n. 7), individuando specifici indirizzi e obiettivi (art. 3.2 punto 12 in generale e in particolare punto 14 per la collina bolognese).
In specifica attuazione dell’art. 9 delle N.T.A. del P.T.P.R., poi, sono dettate le finalità e indirizzi d’uso di cui al successivo punto 7.1 delle N.T.A. del P.T.P.C., mentre il successivo art. 7.3 disciplina le “zone di particolare interesse paesaggistico-ambientale”.
4.4) Orbene, alla luce del richiamato quadro normativo, legislativo e pianificatorio, non può revocarsi in dubbio che la variante in questione sia riconducibile all’ambito delle varianti ammesse dall’art. 41 comma 2 della legge regionale n. 20/2000 e ciò :
a) sia se ricondotta a quelle di cui alla lettera b), ossia varianti al PRG di cui ai commi 4 e 7 dell’art. 15 della legge regionale n. 47/1978, e segnatamente alla lettera c) del comma 4 del ridetto art. 15;
b) sia se riferita a quelle di cui alla lettera e) dell’art. 41, e quindi alle le varianti specifiche di recepimento delle previsioni dei piani sovraordinati (nella specie il P.T.P.R. e il P.T.C.P.).
4.5) La peculiarità della variante consiste, in effetti, nella riqualificazione quali zone di tutela paesaggistica di alcune parti del territorio bolognese e nell’eliminazione di previgenti classificazioni di zona (quale la zona (omissis)) ritenute contrastanti con gli indirizzi e gli obiettivi di tutela dell’area collinare e pedecollinare bolognese contenute nel P.T.P.R. e nel P.T.P.C, fatta salva la riconsiderazione da parte del nuovo strumento urbanistico, nelle sue tre articolazioni PSC, POC, RE.
In tal senso la funzione della variante è chiaramente enunciata, con motivazione esauriente e insindacabile, in quanto non inficiata da profili di travisamento o illogicità, nell’esigenza “di salvaguardare lo stato di fatto attuale dell’edificato nella zona in questione, sia per renderlo coerente con gli obiettivi di tutela dei valori paesaggistico ambientali e con gli indirizzi del PTCP, sia per non pregiudicare la pianificazione in via di elaborazione con l’attuazione di interventi di trasformazione del territorio che avrebbero potuto comprometterne la visione strategica e strutturale conseguenti agli obiettivi dell’adottando PSC”.
In definitiva tramite la variante in questione ed il mutamento della destinazione della zona da TR a TP, il Comune ha espresso una chiara decisione di programmazione urbanistica, volta a massimizzare il livello qualitativo di salvaguardia del valore paesaggistico della zona collinare, ponendo provvisoriamente freno alle possibilità edificatorie precedentemente ammesse per essa, e mantenendo così inalterato il suo stato attuale, in attesa di un più articolato sviluppo delle previsioni sovraordinate da parte dei successivi strumenti del PSC, POC, e RUE.
4.6) La variante in questione rappresenta, dunque, un vero e proprio provvedimento di pianificazione, costituendo a tutti gli effetti una modalità legittima di programmazione dello sviluppo del territorio, motivata sui rilievi dell’insorgenza, medio tempore, di problematiche di carattere generale dell’assetto urbanistico nella zona collinare di Bologna (costante incremento, negli ultimi tempi, dell’edilizia sparsa nelle zone rurali; finalità di recupero del paesaggio e dell’ambiente; garanzia della fruizione, compatibile e naturale, del territorio collinare come bene collettivo della città ), e rispondendo perciò ad esigenze effettive, concrete ed attuali di programmazione del territorio.
La riconducibilità della variante alla sfera di cui all’art. 15 comma 4 della l.r. n. 47/1978 sostiene altresì la piena legittimità dell’applicazione della procedura semplificata di cui al successivo art. 21, ivi espressamente contemplata.
4.7) Trattandosi di variante normativa, e dovendo trovare applicazione le specifiche modalità partecipative proprie degli strumenti urbanistici risultano infondate le residuali censure del ricorso in primo grado, assorbite dal giudice amministrativo bolognese, posto che ai sensi dell’art. 13 della legge 7 agosto 1990, n. 241 sono escluse le formalità al precedente art. 7.
Si aggiunga che, peraltro, non risulta che siano state presentate dagli interessati osservazioni pur nell’ambito del procedimento semplificato di cui all’art. 21 della l.r. n. 47/1978.
4.8) In ordine alla sufficienza della motivazione relativa all’adozione della variante si rinvia ai rilievi svolti sub 4.5) e 4.6).
4.9) Da ultimo è infondata anche la residuale censura di disparità di trattamento, invocata con riferimento all’approvazione di un altro piano particolareggiato ad iniziativa privata, in attuazione di una variante al P.R.G. adottata (proprio con il procedimento di cui all’art. 15 co. 4 l.r. 47/1978) il 3 maggio 2001 ed approvata il 13 maggio 2003, riguardante la realizzazione di un campo-pratica per il golf, presso Via (omissis), una zona di tutela paesistica (TP), parimenti soggetta alle prescrizioni del P.T.C.P in questione.
Presupposto imprescindibile per la valutazione della sussistenza di un’eventuale disparità di trattamento è l’identità oggettiva delle situazioni di fatto e diritto considerate.
Nella specie, i presupposti che hanno portato l’Amministrazione ad approvare tale piano particolareggiato, sono decisamente differenti.
Infatti, per l’adozione della variante relativa all’area in questione l’amministrazione comunale ha attivato la procedura derogatoria prevista dall’art. 19 comma 11 delle N.T.A. P.T.P.R., a tenore del quale “nelle zone di cui al presente articolo possono essere individuate, previo parere favorevole dell’Ente infraregionale competente, da parte degli strumenti di pianificazione comunali od intercomunali, ulteriori aree a destinazione d’uso extragricola diverse da quelle di cui al settimo comma, oltre alle aree di cui al primo comma, solamente ove si dimostri l’esistenza e/o il permanere di quote di fabbisogno non altrimenti soddisfacibili, nonché la compatibilità delle predette individuazioni con la tutela delle caratteristiche paesaggistiche generali dei siti interessati”.
A seguito della richiesta da parte del Comune, la Provincia con deliberazione n. 390 del 13 novembre 2002 si è espressa favorevolmente, seppur con alcune osservazioni volte ad evitare l’insediamento di spazi non indispensabili per la funzionalità della pratica sportiva, ed anche sulla base di ciò è stato successivamente presentato ed approvato il piano particolareggiato.
Appare chiara la peculiarità di tale situazione di fatto, concernente una zona interessata dalla specifica deroga di cui all’art. 19 comma 11, la quale, si deve notare, è stata anche interamente riprodotta dall’art. 7.3 punto 6 (D) delle N.T.A. del P.T.C.P., con la specificazione che tale deroga possa riguardare solo le aree poste “in sostanziale contiguità con il territorio urbanizzato”.
Tale specificazione non fa che suffragare la correttezza della valutazione amministrativa di approvazione del piano, essendo la Via Siepelunga sita proprio a ridosso del territorio urbanizzato.
L’evidente difformità delle situazioni di fatto e dei presupposti giuridici posti alla base delle valutazioni riguardanti i piani ad iniziativa privata, impedisce di riscontrare un’illegittima disparità di trattamento da parte dell’Amministrazione.
5.) In conclusione, in accoglimento dell’appello in epigrafe, e in riforma della sentenza gravata, deve rigettarsi il ricorso proposto in primo grado.
6.) La peculiarità e complessità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione tra le parti del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello nr. 7353 del 2007, come in epigrafe proposto, così provvede:
1) accoglie l’appello, e per l’effetto, in riforma della sentenza del T.A.R. per l’Emilia Romagna, Sede di Bologna, Sezione 2^, n. 1667 del 25 luglio 2007, rigetta il ricorso proposto in primo grado;
2) dichiara compensate per intero tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 aprile 2019 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere, Estensore
Nicola D’Angelo – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere
Luca Monteferrante – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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