Consiglio di Stato, Sentenza|3 marzo 2021| n. 1814.
Ai fini della legittimazione a impugnare i provvedimenti di Valutazione dell’Impatto Ambientale e di Autorizzazione ambientale, la personale «vicinitas» a una discarica di rifiuti in costruzione, come nel caso dei residenti nelle vicinanze dell’impianto controverso, costituisce titolo autonomamente legittimante la proposizione dell’impugnativa, trattandosi di impianto avente potenzialità inquinante, anche tenendo conto dell’impatto odorigeno dell’attività e dei materiali trattati, con elevato tasso d’invasività sulla vita quotidiana. Gli interessi fatti valere dai ricorrenti, infatti, si collocano nel quadro della tutela dell’ambiente, caratterizzata da una particolare qualificazione e rilevanza generale del bene protetto, come correlato anche al diritto alla salute di cui all’articolo 32 Cost.
Sentenza|3 marzo 2021| n. 1814
Data udienza 3 dicembre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Rifiuti – Impianto di stoccaggio e smaltimento – Compatibilità ambientale del progetto definitivo di rinnovo dell’autorizzazione alla gestione di rifiuti – Atti amministrativi – Vicinitas a una discarica di rifiuti in costruzione – Legittimazione all’impugnativa
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA NON DEFINITIVA
sul ricorso in appello numero di registro generale 2024 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Al. Bo., ed altri, rappresentati e difesi dagli avvocati Gi. Co. e Ma. Se., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Se. in Roma, via (…);
contro
Provincia di Massa Carrara, ed altri non costituiti in giudizio;
Comando Provinciale Vigili del Fuoco Massa Carrara, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
Co. Ma. s.a.s. di Co. Ma., rappresentata e difesa dagli avvocati Da. An., Ga. Pa. e Sa. Ga., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ga. Pa. in Roma, viale (…);
Ga. s.p.a. – Servizi Idrici, ed altri, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana Sezione Seconda n. 01815/2014, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comando Provinciale Vigili del Fuoco Massa Carrara e della Co. Ma. s.a.s. di Co. Ma., nonché l’appello incidentale da questa proposto;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 3 dicembre 2020 il Cons. Alberto Urso e uditi per le parti, con modalità da remoto, gli avvocati Se. e Ga., nonché data la presenza dell’avvocato Gi. Co. ai sensi dell’art. 4, comma 1, penultimo periodo, d. l. n. 28 del 2020 e dall’art. 25 d. l. n. 137 del 2020;
Visto l’art. 36, comma 2, Cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La Co. Ma. s.a.s. di Co. Ma., titolare d’impianto di stoccaggio e smaltimento rifiuti sito nel Comune di (omissis) (MS) nei pressi del centro abitato di Albiano Magra, il 30 ottobre 2012 presentava alla Provincia di Massa Carrara istanza per l’avvio del procedimento di Valutazione d’impatto ambientale dell’impianto ai fini del rinnovo della relativa autorizzazione; l’istanza veniva presentata a seguito di un precedente provvedimento favorevole della Provincia annullato dal Tribunale amministrativo per la Toscana giusta sentenza n. 1388 del 2012 su ricorso proposto da alcuni cittadini residenti in loco.
2. La Provincia accoglieva parzialmente l’istanza della Co. giusta determina dirigenziale n. 4343 del 2013, con la quale affermava la compatibilità ambientale dell’impianto pur se con alcune prescrizioni e con esclusione di alcune categorie di rifiuti.
3. Avverso tale provvedimento proponeva un primo ricorso davanti al Tribunale amministrativo per la Toscana la Co. s.a.s., dolendosi delle limitazioni imposte all’attività (ricorso r.g. n. 99 del 2014).
Nell’ambito di tale giudizio – in cui si costituivano in resistenza la Provincia, il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, l’Autorità di Bacino del Fiume Magra, nonché intervenivano ad adiuvandum alcuni lavoratori della Co. e ad opponendum alcuni residenti nelle vicinanze dell’impianto – il Tribunale amministrativo, con ordinanza cautelare n. 80 del 2014, accoglieva l’istanza cautelare proposta dalla Co. e ordinava alla Provincia di rivalutare il provvedimento in relazione alla determinazione di parziale rigetto, non risultando adeguatamente accertate le affermate immissioni odorigene moleste richiamate a fondamento delle limitazioni imposte.
4. La medesima determina provinciale n. 4343 del 2013, in relazione all’accoglimento dell’istanza della Co., veniva impugnata anche da alcuni cittadini residenti nelle vicinanze dell’impianto – fra i quali gli odierni appellanti – che avanzavano altresì domanda di risarcimento del danno (ricorso r.g. n. 234 del 2014); si costituivano in resistenza l’amministrazione provinciale di Massa Carrara e la Co. Ma. s.a.s.
5. Con successivo provvedimento dirigenziale prot. n. 10813 del 2014 adottato all’esito del remand cautelare di cui all’ordinanza n. 80 del 2014, la Provincia confermava la propria valutazione.
Il provvedimento veniva impugnato dalla Co. con motivi aggiunti nell’ambito del giudizio r.g. n. 99 del 2014.
6. Con la sentenza segnata in epigrafe il Tribunale amministrativo adì to, riuniti i ricorsi, dichiarava improcedibile il ricorso n. 99 del 2014, giacché il provvedimento adottato dalla Provincia a seguito del remand cautelare configurava una conferma in senso proprio, tale da superare l’originario provvedimento impugnato; accoglieva invece i motivi aggiunti proposti dalla Co., stante la genericità con cui la Provincia aveva motivato il parziale rigetto dell’istanza, limitandosi a considerazioni generali sull’impatto sociale delle immissioni odorigene e affermando la (non motivata) insufficienza all’uopo del biofiltro.
Il Tar annullava dunque la determina n. 10813 del 2014, prescrivendo all’amministrazione la rivalutazione dell’istanza, alla luce anche di alcune indicazioni conformative fornite dalla stessa sentenza; dichiarava inoltre il difetto d’interesse sulle censure formulate dalla Co. in relazione alla compatibilità urbanistica dell’impianto, attesa l’ammissione comunque dello stesso da parte dell’amministrazione, mentre le residue censure relative, in particolare, al parere dei Vigili del Fuoco e a quello della Ga. s.p.a. sullo sbocco nel fiume Rio Sotto, avrebbero potuto essere vagliate in sede di riesercizio della valutazione amministrativa e relativa conferenza di servizi.
La sentenza dichiarava infine improcedibile per difetto d’interesse il ricorso n. 234 del 2014, atteso che i ricorrenti non avevano impugnato la successiva determina n. 10813 del 2014 novativa – seppure di conferma – adottata dall’amministrazione.
7. Avverso la sentenza hanno interposto gravame gli appellanti indicati in epigrafe, già ricorrenti nel ricorso n. 234 del 2014, deducendo l’errata declaratoria d’improcedibilità di tale ricorso, del quale hanno integralmente riproposto i motivi, non esaminati dal giudice di primo grado; l’appello è stato successivamente integrato con motivi aggiunti.
8. Si sono costituiti in resistenza il Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Massa Carrara, nonché la Co. s.a.s., mentre, nonostante regolare intimazione, non s’è costituita in giudizio la Provincia di Massa Carrara.
9. La Co. s.a.s. ha a sua volta interposto appello incidentale avverso la sentenza formulando i seguenti motivi di doglianza:
I) erroneità della sentenza appellata per genericità, travisamento dei fatti, arbitrarietà in relazione all’argomentazione sul rifiuto codice CER 170601;
II) erroneità della sentenza appellata per travisamento dei fatti, genericità, arbitrarietà, illogicità, violazione e/o falsa applicazione del d.lgs. n. 209 del 2003 in relazione all’argomentazione sul rifiuto codice CER 160106.
10. Sulla discussione delle parti, con modalità da remoto, all’udienza del 3 dicembre 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
0. Può prescindersi dall’esame dell’eccezione d’inammissibilità delle note d’udienza degli appellanti sollevata in discussione dalla difesa della Co. sulla base del rilievo che esse conterrebbero (inammissibilmente) una replica alla precedente memoria della stessa Co., atteso che dette note non sono in sé rilevanti ai fini del decidere, riguardando profili e questioni in parte già trattate dalle parti e rimesse all’autonomo apprezzamento e valutazione del Collegio, in parte prive di rilievo in relazione ai contenuti della presente decisione.
1. La complessa fattispecie sottoposta al Collegio rende necessario muovere dall’esame delle questioni di ordine processuale, e segnatamente dalle eccezioni preliminari d’improcedibilità e inammissibilità dell’appello formulate dalla Co., nonché dallo scrutinio dell’unico motivo dell’appello principale, che solleva questioni in parte connesse a quelle preliminari, rispetto alle quali può dunque svolgersi una trattazione parzialmente congiunta.
1.1. Sotto un primo profilo, la Co. deduce la sopraggiunta improcedibilità dell’appello principale a fronte delle evoluzioni della vicenda amministrativa a seguito della sentenza.
Espone, al riguardo, che successivamente della decisione di primo grado – con la quale il Tribunale amministrativo demandava all’amministrazione una nuova valutazione ai fini della Via – venivano adottate, rispettivamente, in data 8 novembre 2017 la determina provinciale n. 2112 che esprimeva esito favorevole sulla valutazione d’impatto ambientale, seppure con alcune prescrizioni e limitazioni; e in data 24 luglio 2019, l’autorizzazione integrata ambientale rilasciata dalla Regione Toscana giusta decreto n. 12433.
In difetto d’impugnazione della Via, nonché a fronte del rigetto del ricorso proposto avverso l’Aia (giusta sentenza n. 692 del 2020 del Tribunale amministrativo per la Toscana), più nessun interesse all’azione nutrirebbero gli odierni appellanti, stante l’evoluzione della vicenda amministrativa in un nuovo assetto provvedimentale novativo e sostitutivo del precedente.
1.2. L’eccezione non è condivisibile.
1.2.1. A tal fine, vale riepilogare i termini e i vari passaggi – provvedimentali e giudiziali – della vicenda, da cui emerge come allo stato non sussistano impedimenti alla procedibilità dell’impugnazione proposta dagli odierni appellanti principali.
Come anticipato in narrativa, l’originaria determina provinciale n. 4343 del 2013 affermava la compatibilità ambientale del progetto definitivo di rinnovo dell’autorizzazione alla gestione di rifiuti per l’impianto della Co. stabilendo nondimeno alcune prescrizioni ed escludendo la compatibilità della gestione di alcune categorie di rifiuti, dunque sostanzialmente accogliendo solo in parte la richiesta dell’interessata.
L’ordinanza cautelare n. 80 del 2014 del Tribunale amministrativo per la Toscana resa nel ricorso r.g. n. 99 del 2014 proposto dalla Co., accogliendo l’istanza cautelare, ordinava all’amministrazione di procedere al riesame della richiesta della società ricorrente “per la parte che non è stata oggetto di accoglimento in quanto non risulta che siano stati compiuti accertamenti persuasivi ed univoci sulla produzione di emissioni odorigene moleste”; in conseguenza, l’ordinanza sospendeva l’efficacia della determina n. 4343 del 2013 “limitatamente alla parte in cui non autorizza[va] la lavorazione di alcuni codici di rifiuto”.
In conseguenza di tale remand cautelare veniva adottato dalla Provincia il successivo provvedimento n. 10813 del 2014, che confermava le restrizioni già previste con la precedente determina n. 4343 del 2013.
In relazione a tali (confermate) restrizioni la Co. proponeva motivi aggiunti nell’ambito del ricorso n. 99 del 2014; e dall’accoglimento di tali motivi aggiunti giusta la sentenza qui impugnata discendeva l’annullamento del provvedimento prot. n. 10813 del 2014, con statuizione che “l’intera valutazione delle tipologie di rifiuti (in particolare, quelle di cui ai codici CER 200301, 190501, 200203, 191212, 19053, 020106, 190801 e 160306) non ammesse al trattamento per effetto della natura odorigena dovrà essere rinnovata, sulla base di una corretta istruttoria, condotta con criteri scientifici riferiti alla fattispecie concreta e non sulla base di considerazioni generiche; analogamente, la valutazione finale dovrà essere rispecchiata da una motivazione che evidenzi concretamente le (eventuali) insufficienze dello studio presentato dalla ricorrente, le metodologie seguite (come, ad es., la norma europea EROM EN 13725) e l’eventuale possibilità di adottare ulteriori sistemi di mitigazione (tenuto conto anche delle linee-guida di cui al d.m. Ambiente 29 gennaio 2007), oltre quelli prospettati dalla proponente”; ulteriori indicazioni “ai fini dell’effetto conformativo della sentenza sulle successive valutazioni dell’Amministrazione” riguardavano poi alcune singole categorie di rifiuti, mentre i profili inerenti al parere dei Vigili del Fuoco in relazione alla prevenzione incendi, e a quello della Ga. s.p.a. e alle correlate problematiche del corso e dello sbocco del Rio di Sotto venivano rimesse alla rinnovazione delle operazioni di valutazione.
1.2.2. In chiara attuazione delle suddette statuizioni della sentenza la Provincia ha adottato la nuova determinazione di Via n. 2112 dell’8 novembre 2017, avente a oggetto proprio il “riesame, a seguito della sentenza del TAR Toscana sez. II n. 1815 del 6/11/2014, degli esiti del procedimento di V.I.A. conclusosi con D.D. 4343 e successivo provvedimento prot. 10813 del 17/04/2014”.
La natura e l’oggetto di tale procedimento emergono chiaramente anzitutto dalla nota del 23 settembre 2016 di convocazione della conferenza di servizi, che richiama espressamente il “provvedimento n. 234 del 27/01/2015 con cui è stato determinato di conformarsi alla sentenza R.P.C. n° 1815 del 06/11/2014 del TAR Toscana – sezione seconda e, conseguentemente, di procedere al riesame degli esiti del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale nei limiti indicati in motivazione e, quindi, con riferimento specifico alle tipologie di rifiuti (in particolare quelle di cui ai codici CER 200301, 190501, 200203, 191212, 190503, 020106, 190801, 160306) non ammesse al trattamento per effetto della natura odorigena mediante convocazione di apposita Conferenza dei Servizi anche in risposta alla necessità di acquisire, nell’ambito della stessa, il parere di Ga. s.p.a. e di acquisire la nota del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Massa del 16/01/2014 prot. 429 successiva alla DD n° 4343/2013 al fine di conformare il suddetto procedimento alla sentenza R.P.C. n° 1815 del 06/11/2014 del TAR Toscana – sezione seconda”.
Affiora chiaramente, da tale nota di convocazione, la volontà dell’amministrazione di limitare e indirizzare la propria azione a “conformarsi alla sentenza” – la quale non aveva in alcun modo inciso sulle parti dell’originario provvedimento favorevoli all’impresa – circoscrivendo anche l’oggetto dell’indagine “con riferimento specifico alle tipologie di rifiuti […] non ammesse al trattamento per effetto della natura odorigena”, nonché alla “acquisi[zione del] parere di Ga. s.p.a. e di […] nota del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco […] al fine di conformare il […] procedimento alla sentenza”.
In tale contesto, effettivamente la suddetta determinazione n. 2112 del 2017 ha a oggetto e si sofferma proprio sugli elementi rimessi dal Tar all’amministrazione per effetto dell’annullamento in parte qua del precedente provvedimento, dando così luogo a un restringimento e una specificazione dell’azione amministrativa all’esito del pronunciamento giudiziale, in relazione ai profili colpiti dalle statuizioni d’illegittimità e caducatorie – oltreché conformative – rese dalla sentenza.
Alla luce di ciò, da un lato il provvedimento è adottato in attuazione della sentenza di primo grado, dall’altro ha un oggetto che si concentra essenzialmente sui profili interessati dalle statuizioni di siffatta sentenza, come emerge chiaramente dalle tipologie dei rifiuti considerati (i.e., codici CER 200301, 200203, 020106, 190801, 160306, 160106-veicoli fuori uso, 170601*-materiale isolante contenente amianto, 19503, 191212) e dalle altre previsioni correlate al remand e alle indicazioni conformative disposte dal Tribunale amministrativo.
Per tali ragioni, la determinazione n. 2112 del 2017 si integra in parte qua con le precedenti, e in particolare con la determina n. 4343 del 2013 che, rimanendo ferma nella parte favorevole all’impresa (v. al riguardo anche infra, sub § 2 ss.), vale a legittimare l’impianto, salve le ulteriori valutazioni di compatibilità, prescrizioni o le mantenute restrizioni promananti dalla detta determinazione n. 2112 del 2017.
Quanto suindicato sulla natura e i contenuti della sopraggiunta determinazione di Via si ricava chiaramente, d’altra parte, dal testo di questa, che rende manifesto l’oggetto dell’intervento amministrativo, consistente nel provvedere “in merito alla richiesta del TAR di ‘valutare in definitiva le tipologie di rifiuti […] non ammesse al trattamento per effetto della natura odorigena […]'”, nonché nel considerare le altre indicazioni conformative fornite dalla sentenza (in particolare, in relazione alla valutazione di Ga. s.p.a. sugli scarichi idrici e a quella dei Vigili del Fuoco).
Anche sul piano contenutistico, è palese come le determinazioni assunte con la Via del 2017 si integrino con quelle precedenti, atteso che il parere favorevole è espresso “anche” per altre “tipologie di rifiuti”, e cioè in aggiunta a quelle già in precedenza ammesse; e in sede conclusiva viene specificamente manifestata la compatibilità ambientale riguardo proprio “agli aspetti oggetto del Riesame, a seguito della sentenza del TAR”, salve le prescrizioni formulate (cfr. anche il dispositivo provvedimentale, in cui si dà atto dell’esito favorevole del procedimento di “Riesame a seguito della sentenza del TAR” che si innesta nel “procedimento di V.I.A. conclusosi con D.D. 4343 del 10/12/2013 e successivo prot. 10813 del 17/04/2014”).
Nessun dubbio sussiste dunque in ordine alla natura (i.e., riesame della precedente Via) e all’oggetto (i.e., precedenti statuizioni sfavorevoli per l’impresa o lacunose, da riesaminare per effetto della sentenza) della Via n. 2112 del 2017.
In tale univoco senso depongono del resto anche l’allegato tecnico alla determina, che pure dà conto di come il procedimento sia stato attivato a seguito della determinazione n. 234 del 2015 “al fine di ‘conformarsi alla sentenza R.P.C. n° 1815 del 06/11/2014 del TAR Toscana – sezione secondà e riesaminare gli esiti del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale secondo quanto disposto nella specifica Sentenza”, e i verbali della conferenza di servizi, in cui parimenti si pone in risalto come il procedimento sia stato promosso “allo scopo di conformarsi alla sentenza del TAR […] e sulla base della documentazione prodotta nell’ambito del procedimento di valutazione di impatto ambientale conclusosi con D.D. n. 4343 del 10/12/2013” (verbale dell’8 giugno 2017), tanto che l’istruttoria si concentra proprio sulle indicazioni conformative provenienti dalla sentenza (cfr., in particolare, i verbali della seduta dell’8 giugno 2017 e di quella decisoria del 22 settembre 2017, in cui vengono presi ad esame, pedissequamente, i vari rilievi formulati dalla sentenza), ritenendo per converso “non […] attinenti alla conferenza” quelli relativi ad altre tematiche (cfr. le dichiarazioni in tal senso del presidente della conferenza nel verbale dell’8 giugno 2017, in relazione alle osservazioni critiche del Comune in ordine alla conformità urbanistica e agibilità ).
1.2.3. L’esatta ricostruzione nei suesposti termini dei vari passaggi, amministrativi e giudiziali, della vicenda consente di trarre alcuni precisi corollari, sia sull’eccezione d’improcedibilità dell’appello sollevata dalla Co., sia sul motivo di gravame proposto dagli appellanti principali (su cui v. infra, sub § 2 ss.)
In particolare, dal corretto inquadramento della natura e dell’oggetto della determinazione n. 2112 del 2017 consegue il rigetto dell’eccezione d’improcedibilità del gravame sollevata dalla Co..
Gli odierni appellanti principali si dolgono infatti della dichiarata improcedibilità del loro ricorso in primo grado, di cui ripropongono i motivi (v. anche infra, sub § 2 ss.).
Ciò non ha diretta attinenza con le determinazioni provvedimentali che, in attuazione della sentenza, riesaminano i profili sfavorevoli alla Co. dei precedenti provvedimenti: rispetto alla statuizione di compatibilità contenuta nella determina n. 4343 del 2013, la Via da ultimo adottata non presenta infatti un effetto novativo, né emergono dai rilievi della Co. altri profili d’improcedibilità a ciò connessi.
In tale prospettiva, la lesione per gli interessi degli odierni appellanti rimonta all’originaria determinazione del 2013, la quale s’è espressa in termini di compatibilità ambientale dell’impianto (successivamente estesa con la determina del 2017) da cui discende il pregiudizio per l’interesse evocato dai cittadini abitanti nelle vicinanze dell’impianto stesso.
Per tali ragioni, la mera sopravvenienza del provvedimento di Via n. 2112 del 2017, non impugnato, non vale a rendere ex se improcedibile l’intero appello principale, il cui interesse non può dirsi integralmente e automaticamente spirato a fronte del suddetto provvedimento; resta semmai salva la valutazione – da compiere in sede di merito – sull’eventuale superamento di alcune specifiche doglianze per effetto della nuova Via, ferma la procedibilità del mezzo di gravame in sé considerato.
1.2.4. In relazione alla successiva Aia adottata dalla Regione, è sufficiente osservare invece che, allo stato, essa è stata impugnata – così come dato conto dalla stessa Co. – e la relativa sentenza di primo grado n. 692 del 9 giugno 2020 di reiezione del ricorso non risultava passata in giudicato al momento, qui rilevante, in cui la presente causa è stata trattenuta in decisione, sicché allo stato non emergono senz’altro profili d’improcedibilità correlati all’adozione di tale provvedimento, salve le ulteriori valutazioni che all’uopo si rendessero successivamente necessarie.
1.3. Sotto distinto profilo, la Co. eccepisce l’inammissibilità dell’appello e dei motivi aggiunti a fronte dell’assenza di prova di un interesse oppositivo degli odierni appellanti principali rispetto ai provvedimenti gravati, non essendo sufficiente all’uopo dar conto d’una mera vicinitas all’impianto, ma occorrendo piuttosto fornire dimostrazione del pregiudizio effettivamente subito in conseguenza delle attività autorizzate.
1.4. Neanche tale eccezione è condivisibile.
1.4.1. Va premesso che gli odierni appellanti agiscono in qualità di residenti nel comune di (omissis), frazione di Albiano Magra, e/o dimoranti nelle vicinanze dell’impianto controverso: tale circostanza di fatto non è stata specificamente contestata dalla Co. (che si è limitata a lamentarne l’omessa comprova, senza denegarla in modo puntuale), e peraltro la stessa sentenza – non censurata sul punto – ne dà espressamente conto in narrativa, qualificando i ricorrenti come “cittadini abitanti nelle vicinanze dell’impianto”.
Al riguardo, occorre tener conto che gli interessi fatti valere dai ricorrenti si collocano nel quadro della tutela dell’ambiente, caratterizzata da una particolare qualificazione e rilevanza generale del bene protetto (cfr., ad es., il regime speciale in materia d’accesso, ex art. 3-sexies d.lgs. n. 152 del 2006, introdotto ben prima della disciplina generalizzata di cui al decreto legislativo n. 33 del 2013), come correlato anche al diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost.
In tale contesto, la condivisibile giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha affermato, in proposito, che la personale vicinitas a una discarica di rifiuti in costruzione costituisce “titolo autonomamente legittimante la proposizione dell’impugnativa”, trattandosi di impianto avente potenzialità inquinante (Cons. Stato, V, 22 gennaio 2015, n. 263; cfr. anche Id., IV, 13 marzo 2014, n. 1217; V, 16 aprile 2013, n. 2108).
D’altra parte, nel caso di specie, al di là del fatto che la stessa determinazione n. 4343 del 2013 impugnata dai ricorrenti dà conto dell’impatto odorigeno dell’attività, in ogni caso gli interessati deducono come un tale impatto sussista anche in relazione ad alcune delle categorie di rifiuti (sin dall’origine) autorizzate, così come vi sarebbe presenza d’amianto in alcune altre delle categorie autorizzate (i.e., materiali da costruzione e pastiglie per freni contenenti amianto): il che, al di là della fondatezza nel merito delle doglianze correlate a tali deduzioni, vale a ravvisare un interesse idoneo a sorreggere l’azione proposta, stante il prospettato portato nocivo – con elevato tasso d’invasività – delle attività svolte e dei materiali trattati.
Di qui l’infondatezza dell’eccezione.
1.5. Quanto alle residue eccezioni formulate dall’appellata, esse possono essere esaminate unitamente al merito, cui più direttamente pertengono, e dunque nel prosieguo della trattazione come da dispositivo.
2. Quanto all’appello principale, con unico motivo di doglianza gli appellanti censurano la dichiarazione d’improcedibilità del ricorso di primo grado pronunciata dal Tribunale amministrativo sul presupposto del venir meno dell’interesse dei ricorrenti a fronte del provvedimento prot. n. 10813 del 2014 adottato dall’amministrazione e non impugnato dagli stessi.
Deducono al riguardo gli odierni appellanti che siffatto provvedimento configurava in realtà un atto esecutivo del remand cautelare di cui all’ordinanza n. 80 del 2014, e dunque risultava privo di effetto novativo rispetto ai capi dell’originaria determina n. 4343 del 2013 lesivi per gli stessi appellanti; in ogni caso, si trattava di atto meramente confermativo, come tale non rimesso a onere d’impugnazione.
2.1. Il motivo è fondato, nei termini e per le ragioni che seguono.
2.1.1. Dalla ricostruzione della sequenza degli atti e statuizioni giudiziali sopra ricordata emerge chiaramente come il provvedimento dirigenziale n. 10813 del 2014 costituisse riesame dell’originaria determina n. 4343 del 2013 “nella parte in cui ritiene non ambientalmente compatibile la gestione di alcuni codici di rifiuti” (cfr. determina prot. n. 10813 del 2014, pag. 2).
Esso venivo adottato dunque in attuazione dell’ordinanza cautelare n. 80 del 2014 che, accogliendo l’istanza della Co., aveva ordinato il riesame della richiesta della società ricorrente “per la parte che non è stata oggetto di accoglimento”, sospendendo conseguentemente l’efficacia del provvedimento “limitatamente alla parte in cui non autorizza la lavorazione di alcuni codici di rifiuto”.
Alla luce di ciò, il provvedimento n. 10813 – confermativo peraltro, nel merito, delle statuizioni di cui alla precedente determina n. 4343 del 2013 – non conteneva alcun riesame della restante parte dell’originario provvedimento di valutazione di compatibilità ambientale, e cioè rispetto alle determinazioni ammissive dell’impianto e delle categorie di rifiuti non precluse, in relazione alle quali i ricorrenti avevano formulato le loro censure; né il riesame ha investito di per sé la cd. “opzione zero”, soffermandosi cioè sulle istanze dei ricorrenti volte a impedire tout court l’attività di gestione di rifiuti della Co..
Al contrario, rimanendo nei limiti del remand deferitogli, il provvedimento s’è limitato a riconsiderare le limitazioni apposte all’attività della Co., senza ritornare – né era tenuto ragionevolmente a farlo, alla luce di quanto demandato dall’ordinanza – sulle statuizioni amministrative favorevoli alla Co., avverso le quali si rivolgevano le doglianze dei ricorrenti.
Il che emerge chiaramente anzitutto dal dispositivo del provvedimento, che “conferma […] la non compatibilità ambientale della gestione dei codici CER, così come meglio definiti nella DD/4343/2013”. Lo stesso si ricava poi dalle premesse dell’atto, che muovono proprio dal disposto dell’ordinanza n. 80 del 2014 e danno conto di come l’amministrazione abbia “provveduto a riesaminare l’espressione di compatibilità ambientale di cui alla DD/4343/2013 sospesa nella parte in cui ritiene non ambientalmente compatibile la gestione di alcuni codici di rifiuti”; coerenti con tale prospettiva di appalesano anche l’istruttoria e la motivazione, incentrate sui soli profili di compatibilità ambientale della gestione delle categorie di rifiuti già escluse.
In tale contesto, nessun riesame né tanto meno modifica con effetto novativo è dato ravvisare in relazione ai contenuti di affermata compatibilità ambientale (i.e., favorevoli alla Co. e non oggetto di sospensiva da parte del Tar) dell’originaria determina n. 4343 del 2013, rimasta immutata in parte qua.
Alla luce di ciò, al di là della qualificazione dell’atto prot. n. 10813 del 2014 in sé quale conferma in senso proprio o atto meramente confermativo, va senz’altro riformata la sentenza laddove qualifica tale atto come conferma in senso proprio – soggetta a onere d’impugnazione – in relazione all’intero provvedimento originario, e in specie alla parte diversa da quella (per la quale era stata disposta la sospensione cautelare e ordinato il corrispondente remand) che limitava l’attività di gestione di rifiuti della Co..
Per converso, gli effetti e la lesione promananti dall’originaria determina n. 4343 del 2013 a carico dei ricorrenti non risultano venuti meno in conseguenza del nuovo provvedimento prot. n. 10813 del 2014 (oltreché della successiva determina n. 2112 del 2017), privo di effetto novativo in parte qua rispetto alla determina dagli stessi impugnata, nonché di effetto lesivo per gli stessi odierni appellanti.
La stessa sentenza impugnata, del resto, afferma l’irrilevanza per la Co. delle censure relative all’ubicazione dell’impianto e alla disciplina urbanistica sulla base della circostanza “che la valutazione di impatto ambientale ha sostanzialmente rinunciato all’opzione zero (e questo appare evidente a tutti), riconoscendo la sussistenza e l’ammissibilità dell’impianto e procedendo ad una verifica in concreto della sostenibilità di determinate lavorazioni con riferimento alla particolare situazione dell’area (caratterizzata dalla presenza di abitazioni)”: tale “rinuncia all’opzione zero” discende proprio dall’originaria determina n. 4343 del 2013, da cui pure promana la lesione per gli odierni appellanti anziché dal provvedimento n. 10813 del 2014, che ha un diverso e più circoscritto oggetto coincidente con la (confermata) esclusione di alcune tipologie di rifiuti dall'(ammesso) impianto.
Di qui l’erronea dichiarazione d’improcedibilità del ricorso da parte della sentenza di primo grado.
3. Quanto all’appello incidentale interposto dalla Co., la stessa appellante ha dichiarato espressamente in memoria di non avervi più interesse, non avendo in specie interesse a trattare le categorie di rifiuti cui le censure incidentali si riferivano.
Per questo, detto appello va dichiarato improcedibile per sopraggiunta carenza d’interesse.
4. Stante la complessità della vicenda, in rito e in merito, si rende dunque opportuno pronunciare allo stato sui profili rituali suesposti e, in specie, respinte le eccezioni preliminari d’improcedibilità e inammissibilità dell’appello principale nei limiti e termini suindicati, detto appello va parzialmente accolto nei termini suindicati, con conseguente riforma della sentenza nella parte in cui ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso di primo grado proposto dagli odierni appellanti principali; va invece dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse l’appello incidentale.
4.1. I motivi del ricorso riproposti dagli appellanti principali, i motivi aggiunti e le speculari eccezioni e difese della Co. saranno esaminati – riservata qui ogni valutazione – nel prosieguo della trattazione, per la quale viene fissata l’udienza pubblica come in dispositivo, in vista della quale le parti potranno concentrare le loro difese sulle residue questioni da trattare.
4.2. Le spese di lite verranno regolate in sede di sentenza definitiva.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, non definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, provvede come segue:
– accoglie parzialmente l’appello principale, nei sensi di cui in motivazione, e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiara procedibile il ricorso di primo grado, come in motivazione;
– dichiara improcedibile l’appello incidentale;
– fissa per il prosieguo della trattazione l’udienza pubblica del 23 settembre 2021;
– spese al definitivo.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2020, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Fabio Franconiero – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Alberto Urso – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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