Consiglio di Stato, Sentenza|26 marzo 2021| n. 2553.
Tra autorizzazione paesaggistica e permesso di costruire vi è un rapporto di presupposizione necessitato e strumentale. I due atti di assenso si esprimono entrambi sullo stesso oggetto, ma l’uno in termini di compatibilità paesaggistica dell’intervento edilizio proposto, l’altro in termini di sua conformità urbanistico-edilizia. Operando su piani diversi, il rilascio di uno dei due atti di assenso non comporta il necessario rilascio anche dell’altro e, di conseguenza, la mancanza del necessario titolo edilizio non consente la realizzazione di un’opera anche se per la stessa sia stato rilasciato l’atto di assenso a fini paesaggistici.
Sentenza|26 marzo 2021| n. 2553
Integrale
Tag – parola chiave: Autorizzazione paesaggistica – Permesso di costruire – Rapporto – Conseguenze – Dlgs 22 gennaio 2004, n. 42, articolo 14
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4082 del 2011, proposto dai sigg. Ma. Gi. e Ma. Ma., rappresentati e difesi dall’avv. Da. Ma. e dall’avv. prof. Ma. Pr. ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via (…);
contro
– Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
– G. S.r.l. Unipersonale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Gi. Am. e Gr. Dal Mo. ed elettivamente domiciliata presso lo studio del dott. Al. Pl. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano Sezione Seconda, n. 3 del 4 gennaio 2011, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della società G. S.r.l. Unipersonale;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’istanza di passaggio in decisione presentata dal difensore della parte appellante;
Relatore il Cons. Francesco Guarracino nell’udienza pubblica del giorno 24 novembre 2020, svoltasi con modalità telematica ai sensi del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con l. 24 aprile 2020, n. 27, e del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, e considerato presente, ai sensi dell’art. 4 del d.l. n. 28/2020, l’avv. Da. Ma. per la parte appellante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, notificato il 27 dicembre 2008, i sigg. Gi. e Ma. Ma. impugnavano, lamentando il pregiudizio che sarebbe loro derivato per la vicinanza delle loro abitazioni all’area interessata dall’intervento, il permesso di costruire rilasciato in data 8 settembre 2008 dal Comune di (omissis) alla società G. s.r.l. unipersonale per la realizzazione, in località (omissis), di un vasto terrapieno in fregio alla S.S. n. (omissis), la relativa autorizzazione paesaggistica, n. 16/08 dell’8 agosto 2008, e la deliberazione del consiglio comunale di riperimetrazione del centro edificato, nella parte concernente l’inclusione dell’area nel centro abitato.
Con sentenza del 4 gennaio 2011, n. 3, il T.A.R. respingeva il ricorso.
I ricorrenti hanno proposto appello avverso la decisione di primo grado.
La società G. s.r.l. unipersonale ha resistito al gravame.
Con ordinanza collegiale del 23 luglio 2020, n. 4717, è stata chiesta al Comune di (omissis), non costituitosi in giudizio, un’aggiornata relazione sulla vicenda e sugli atti e provvedimenti adottati nelle more in relazione all’assetto urbanistico-edilizio e al regime vincolistico dell’area di (omissis).
Le parti hanno prodotto memorie di discussione e repliche ed alla pubblica udienza del 24 novembre 2020, su istanza di parte appellante di passaggio in decisione senza discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. – E’ appellata la sentenza con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia ha respinto il ricorso presentato dai sigg. Ma. per l’annullamento del permesso di costruire rilasciato in data 8 settembre 2008 (pratica edilizia n. 16/08) alla società G. s.r.l. unipersonale per la realizzazione, in località (omissis) del Comune di (omissis), di un intervento in fregio alla S.S. n. (omissis), della relativa autorizzazione paesaggistica in data 8 agosto 2008 e della deliberazione del consiglio comunale in data 8 giugno 1995 con cui l’area d’intervento era stata inclusa nel centro abitato.
2. – Col permesso impugnato in primo grado era stata assentita la realizzazione di un primo lotto funzionale di un più ampio intervento di trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio, finalizzato alla realizzazione di un’area di servizio attrezzata in fregio alla S.S. (omissis) nel punto in cui, in prossimità della frazione (omissis), era stata prevista dall’AN. la realizzazione di una rotatoria destinata a servire da svincolo, come esposto nella relazione illustrativa alla domanda di permesso di costruire (prot. 2964/2008, doc. 9 della produzione di primo grado di parte ricorrente).
La relazione prospettava due soluzioni progettuali alternative per l’accesso all’area di servizio, a seconda della tempistica di realizzazione dell’intervento viario da parte dell’ente preposto (una basata sulla viabilità attuale: Tav. 4 progetto; l’altra per il caso in cui la rotatoria fosse realizzata prima od in contemporanea con l’area di servizio: Tav. 5 progetto).
Il primo lotto funzionale, per il quale era stato chiesto il rilascio del titolo edilizio, consisteva, secondo quanto si legge nella relazione, “nella realizzazione del rilevato al fine di adeguare le quote dell’area di intervento al piano stradale esistente”; il progetto prevedeva di realizzare “un muro di contenimento delle terre all’interno della fascia di rispetto stradale” e “di innalzare la quota dei terreni per un’altezza media di ml. 4,00 su una superficie di mq 11.750”.
Il permesso di costruire era stato, quindi, rilasciato per l’esecuzione di “un I° Lotto Funzionale per esecuzione di riporto di materiale di riempimento, realizzazione muri di contenimento e formazione accesso carraio dalla S.S. (omissis) dello (omissis)” ed era condizionato alle prescrizioni imposte dall’autorizzazione paesaggistica concessa per la realizzazione dell’area di servizio (n. 16/08 dell’8 agosto 2008).
3. – Nell’autorizzazione paesaggistica il parere favorevole alla realizzazione dell’area di servizio, ubicata in zona soggetta a vincolo ambientale-paesistico, era subordinato all’adozione di alcune “misure di mitigazione”, tra le quali, per quanto maggiormente interessa in questa sede, la realizzazione di terrazzamenti “adeguatamente distanziati tra loro per limitare l’impatto dei grossi muraglioni a progetto che raggiungerebbero quote fino a 4.50 m. dal piano di campagna” (sul presupposto che i muri di contenimento del nuovo terrapieno non potessero superare l’altezza massima di due metri prevista dal Piano delle Regole del P.G.T., all’articolo 50.3) e la predisposizione di un’adeguata piantumazione delle aree a verde ed in particolare dei terrazzamenti.
4. – Il T.A.R. ha respinto nel merito i tre motivi di ricorso, in sintesi ritenendo che (nell’ordine di esame delle questioni proposte):
– non fosse stata dimostrata l’esistenza della servitù di passo carrabile in titolarità dei ricorrenti che il progetto assentito sarebbe venuto a violare;
– il previsto impianto di distribuzione del carburante sarebbe stato compatibile con la destinazione di zona, essendone prevista l’ubicazione in un’area inserita all’interno del perimetro del centro abitato (con delibera di Giunta comunale dell’8 giugno 1995) e del centro edificato (con delibere di Consiglio comunale n. 13/2007 e n. 2/2008), nel quale l’art. 29 delle NTA del Piano delle Regole consentiva di realizzare attrezzature a servizio dell’infrastruttura, quali distributori di carburante con annessi servizi, purché entro la fascia di rispetto delle strade (e l’opera in questione sarebbe stata interamente collocata in zona di rispetto stradale), nonché impianti tecnologici, in genere, di utilità ;
– fosse da escludersi la lamentata violazione della disposizione sull’altezza massima dei muri di sostegno, poiché l’opera doveva rispettare l’apposita prescrizione dettata al riguardo dall’autorizzazione paesaggistica;
– la delibera di inclusione dell’area nell’ambito del centro abitato fosse immune dalle censure proposte, essendo stata la scelta di perimetrazione ampiamente giustificata (ispirata al principio dell’inclusione nel centro abitato anche dei reliquati e delle aree di completamento e specificamente motivata col richiamo alle trasformazioni degli anni più recenti, con la realizzazione di numerosi insediamenti nell’area del (omissis) e la creazione di una sorta di continuità del distretto produttivo verso nord, fino al limite naturale del fiume Ad.);
– la relazione geologica allegata al progetto non fosse ostativa al rilascio del permesso di costruire, non avendo escluso l’intervento, ma semplicemente segnalato gli aspetti problematici, fatti oggetto di approfondimento attraverso relazioni aggiuntive;
– contrariamente a quanto dedotto da parte ricorrente, l’amministrazione avrebbe valutato compiutamente gli aspetti paesaggistici, oggetto di un duplice vincolo (uno ex lege Galasso e uno specifico apposto con decreto regionale), avendo acquisito, per un verso, un parere d’incidenza positiva (con condizioni, recepite nell’autorizzazione paesaggistica) dall’ente di gestione della finitima riserva naturale Pi. di Sp. lago di Me. e, per altro verso, il parere di compatibilità ambientale della Commissione paesaggistica;
– non vi fosse stata violazione della disciplina settoriale che vietava di collocare gli impianti di carburante in zone vincolate, in quanto l’area di servizio era stata prevista in zona di rispetto stradale, estranea a quella inclusa nella riserva e nel vincolo sopra menzionati.
5. – L’appello è affidato a tre motivi, coi quali la parte lamenta che il giudice di primo grado avrebbe deciso in maniera erronea e, comunque, solo parziale le censure che erano state rivolte al titolo edilizio per denunciarne, rispettivamente, il contrasto con la normativa in materia urbanistico-edilizia, l’inosservanza delle norme e delle regole generali dell’azione amministrativa in materia idrogeologica e, infine, l’illegittimità derivata dall’autorizzazione paesaggistica, anch’essa impugnata in primo grado.
6. – L’esame dell’appello non trova ostacolo nella circostanza che il Comune di (omissis) non abbia eseguito l’ordinanza collegiale del 23 luglio 2020, n. 4717, poiché questa era finalizzata ad acquisire elementi aggiornati sulla situazione controversa ai fini della valutazione dell’attualità dell’interesse alla decisione, considerata l’inattività processuale delle parti protrattasi per quasi un quinquennio, fino all’udienza del 16 giugno 2020 inclusa.
In seguito, infatti, le parti private hanno prodotto memorie e repliche, confermando l’interesse alla definizione del giudizio.
7. – L’eccezione d’inammissibilità dell’appello nel suo complesso, formulata dalla società appellata per mancanza di specificità dei relativi motivi, è infondata.
Gli appellanti non hanno genericamente riproposto i motivi di ricorso disattesi dal giudice di primo grado, ma hanno specificamente lamentato l’omesso esame di taluni dei profili di illegittimità sollevati in quella sede e dedotto l’erroneità di specifici passaggi della decisione impugnata.
8. – Nel merito, col primo motivo parte appellante torna criticamente sulla questione della legittimità urbanistico-edilizia dell’intervento assentito.
Le critiche mosse alla sentenza appellata sono cinque (la numerazione segue i punti in cui è articolato il motivo di appello, pagg. 9-18):
(i) la sentenza di primo grado non si è pronunciata sul primo profilo di illegittimità sollevato col ricorso introduttivo, dov’era stata dedotta la necessità che l’intervento assentito (la realizzazione del terrapieno e delle relative opere murarie) fosse valutato in via autonoma e non in connessione ad un più ampio progetto la cui approvazione, sotto l’aspetto urbanistico-edilizio, era ancora eventuale, a nulla rilevando il fatto che l’intervento fosse stato qualificato come “primo lotto funzionale”, posto che, di per sé, le opere autorizzate non manifestavano alcuna funzione d’uso; in mancanza della contestuale richiesta del permesso di costruire per la realizzazione della stazione di servizio, l’intervento assentito, che per le sue caratteristiche dimensionali concretava una trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio, non avrebbe potuto essere autorizzato in zona agricola e, tanto meno, nella fascia di rispetto stradale disciplinata dall’art. 29 delle NTA del Piano delle Regole;
(ii) per la parte esterna alla fascia di rispetto stradale l’intervento assentito avrebbe gravato in zona agricola per circa 9.000 mq, malgrado la società G. non possedesse i requisiti, soggettivi e oggettivi, richiesti dalla legislazione regionale per l’edificazione in zona agricola; a questo riguardo, il T.A.R. avrebbe errato nel ritenere l’intervento legittimato dall’inclusione dell’area d’intervento all’interno nel centro urbano, quale area di completamento, e della perimetrazione del centro abitato, trattandosi di delimitazioni rilevanti non ai fini della possibilità di trasformazione urbanistica ed edilizia del suolo, ma per altre finalità (per l’applicazione del codice della strada; per l’applicazione delle norme di tutela del Piano per l’assetto idrogeologico);
(iii) il giudice di primo grado avrebbe errato nel ritenere che il progetto insediativo fosse conforme alla disciplina dettata dall’art. 29 delle NTA del Piano delle Regole, non avendo valutato che il progetto, “futuribile”, descritto nella relazione illustrativa, per l’importanza dimensionale e la multifunzionalità degli interventi previsti, non era meramente accessorio e funzionale all’impianto di distribuzione di carburante, che la deroga prevista dall’art. 29 cit. valeva solo per la fascia di rispetto stradale e solo per le fasce di rispetto dei percorsi stradali esistenti (non di quelli soltanto pianificati) e che la superficie coperta edificabile doveva essere calcolata applicando l’indice sulla porzione di suolo ricadente nella fascia di rispetto stradale e non sull’intera superficie di proprietà ;
(iv) in relazione all’altezza di progetto del terrapieno e dei suoi muri di sostegno, il permesso di costruire sarebbe in contrasto con gli articoli 50.2 e 50.3 delle NTA, che rispettivamente consentivano l’innalzamento del piano di campagna nella misura massima di 1,5 metri ed imponevano per i muri di sostegno l’altezza massima di 2 metri, senza che ciò potesse trovare rimedio, come, invece, ritenuto dal T.A.R., nel fatto che il rispetto di quei limiti era stato espressamente imposto dall’autorizzazione paesaggistica;
(v) contrariamente a quanto affermato in sentenza, l’esistenza della servitù di passo carrabile doveva ritenersi dimostrata: si sarebbe trattato, infatti, di servitù apparente cpmprovata dalla documentazione fotografica prodotta nel giudizio di primo grado, esercitata sin dagli anni ’60 del secolo scorso, allorché il padre degli appellanti aveva conseguito dall’AN. formale autorizzazione per l’accesso diretto sulla S.S. n. (omissis).
9. – Il motivo è fondato.
E’ incontestato che il progetto per la realizzazione dell’area di servizio attrezzata in fregio alla S.S. (omissis) non sia stato mai approvato, pur avendo ricevuto l’autorizzazione paesaggistica.
Per l’art. 146, comma 4, del D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, “l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio”.
Per consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, ciò si sostanzia in un rapporto di presupposizione necessitato e strumentale tra valutazioni paesistiche e valutazioni urbanistiche (ex aliis, C.d.S., sez. I, 18 gennaio 2019, n. 232; C.d.S., sez. VI, 16 giugno 2016, n. 2568; C.d.S., sez. IV, 9 febbraio 2016, n. 521).
I due atti di assenso si esprimono entrambi sullo stesso oggetto, ma l’uno in termini di compatibilità paesaggistica dell’intervento edilizio proposto, l’altro in termini di sua conformità urbanistico-edilizia (C.d.S., sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8260): essi, dunque, operano su piani diversi, essendo posti a tutela di interessi pubblici che sono solo parzialmente coincidenti (C.d.S., sez. VI, n. 2568/16).
Pertanto, il rilascio di uno dei due atti di assenso non comporta il necessario rilascio anche dell’altro e, di conseguenza, la mancanza del necessario titolo edilizio non consente la realizzazione di un’opera anche se per la stessa è stato rilasciato l’atto di assenso a fini paesaggistici (C.d.S., sez. VI, n. 2568/16).
Nel caso in esame, il progetto di realizzazione dell’area di servizio comprensiva di impianti tecnologici e di pubblica utilità (servizio di autolavaggio; officina, elettrauto, gommista; servizi igienici di uso pubblico; area attrezzata per camper; impianto di distribuzione di carburante; edificio per la somministrazione di alimenti e bevande e ristorazione; aree a parcheggio pubblico; area destinata a parco giochi – giardino di sosta; opere varie di sistemazione e compensazione ambientale), di cui alle tavole progettuali prodotte agli atti del giudizio (doc. 14 della produzione di primo grado di parte ricorrente), pur assentito per il profilo paesaggistico, non era stato approvato sotto quello urbanistico-edilizio.
Pertanto, alla base della richiesta di permesso di costruire per la “realizzazione del rilevato al fine di adeguare le quote dell’area di intervento al piano stradale esistente”, mediante l’innalzamento del terreno per un’altezza media di ml. 4,00 su una superficie di mq 11.750 e la costruzione di un muro di contenimento delle terre all’interno della fascia di rispetto stradale, difettava, sotto il profilo urbanistico-edilizio, l’approvazione del progetto finale, senza il quale la trasformazione dello stato dei luoghi, con la mera creazione di un terrapieno privo di uno scopo autonomo, non rispondeva ad alcuna funzione, se non futura e sperata, e non poteva certamente giovarsi delle previsioni specifiche dettate per la costruzione di impianti di distribuzione di carburante, ragion per cui, già solo per questo motivo, si palesava illegittimo.
Si tratta di un motivo di censura su cui, in effetti, il giudice di primo grado ha omesso di pronunciarsi e che possiede portata assorbente di tutte le altre censure relative alla impugnazione del titolo edilizio per vizi propri: dunque, anche degli ulteriori profili fatti valere in questa sede sia col primo motivo di appello (supra, § 8) che col secondo motivo di appello (nel quale, come poc’anzi detto al § 5, parte appellante critica la decisione di primo grado per non aver accolto le censure di inosservanza delle norme e delle regole generali dell’azione amministrativa in materia idrogeologica).
10. – Col terzo complesso motivo di appello, poiché il giudice di primo grado aveva escluso che l’autorizzazione paesaggistica fosse illegittima in relazione alla presenza del vincolo ambientale osservando che “il progetto è stato sottoposto all’esame della Commissione paesaggistica, che ha espresso un parere di compatibilità , dopo una serie di incontri con i progettisti, ponendo poi delle prescrizioni specifiche a tutela del verde e dell’ambiente circostante”, parte appellante deduce l’erroneità di questa conclusione insistendo che la collocazione dell’impianto di distribuzione di carburante in un’area soggetta ad un vincolo specifico, istituito con apposito provvedimento, sarebbe stata preclusa dal D.lgs. 11 febbraio 1998, n. 32, e dalla l.r. 5 ottobre 2004, n. 24, senza margine alcuno di apprezzamento discrezionale (come già denunciato a pag. 21 s. del ricorso di primo grado).
In via subordinata, argomenta che, quand’anche si ravvisasse una potestà valutativa discrezionale dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, sussisterebbe comunque un’insanabile situazione di inconciliabilità con le ragioni di preservazione sottese all’imposizione del vincolo e con i valori dallo stesso tutelati, quali rinvenibili dalle motivazioni d’interesse pubblico contenute nel provvedimento di sua istituzione.
11. – Parte appellante ha documentato l’istituzione del vincolo specifico producendo, nel giudizio di primo grado (doc. 6), il decreto del Presidente della Giunta regionale del 15 dicembre 1981 di dichiarazione di notevole interesse pubblico, tratto dal Sistema informativo territoriale ambientale paesaggistico del Mi.B.A.C.
Sostiene al riguardo che l’art. 2, comma 1 bis, del D.lgs. n. 32/1998, e l’art. 6, comma 3, della l.r. n. 24/2004, allora vigente, avrebbero stabilito un’esplicita preclusione alla collocazione degli impianti di distribuzione di carburanti su aree sottoposte a vincolo di tutela paesaggistica.
L’art. 2, comma 1 bis, del D.lgs. n. 32/1998 prevede che “la localizzazione degli impianti di carburante costituisce un mero adeguamento degli strumenti urbanistici in tutte le zone e sottozone del piano regolatore generale non sottoposte a particolari vincoli paesaggistici, ambientali ovvero monumentali e non comprese nelle zone territoriali omogenee A”.
A propria volta, l’art. 6, comma 3, della l.r. n. 24/2004 disponeva, analogamente, che “la localizzazione degli impianti di carburanti costituisce un adeguamento degli strumenti di pianificazione comunale in tutte le zone e sottozone del piano regolatore generale (PRG) o del piano di governo del territorio (PGT) non sottoposte a vincoli paesaggistici, ambientali ovvero monumentali e non comprese nelle zone territoriali omogenee A e nei centri storici”.
Il significato della norma, come già chiarito con riferimento ad altri casi in cui norme regionali hanno ripreso il dettato della legislazione nazionale, è quello di stabilire che la localizzazione degli impianti di carburante in zone e sottozone gravate da vincoli paesaggistici non costituisce mero adeguamento degli strumenti di pianificazione, per cui, in tali casi, la loro localizzazione richiede l’adeguamento dello strumento urbanistico (cfr. C.d.S., sez. VI, 2 luglio 2018, n. 4002; C.d.S., sez. IV, 26 novembre 2019, n. 8072).
Né essa esclude, a priori, una valutazione di compatibilità paesaggistica dell’opera.
Il motivo d’appello svolto in via principale, pertanto, è infondato.
12. – Venendo al motivo svolto in via subordinata, la denuncia dell’eccesso di potere per sviamento ed illogicità manifesta nel quale sarebbe incorso il provvedimento – siccome in preteso conflitto con le puntuali ragioni istitutive del vincolo di tutela paesistico-ambientale e con le prescrizioni regionali (DGR n. 8/2121 del 2006) che, dettando criteri per l’esercizio delle funzioni amministrative subdelegate in materia paesistico-ambientale, prevedevano che l’autorizzazione paesistica potesse negarsi nei casi in cui risultasse prioritaria l’intangibilità di elementi costitutivi del paesaggio e del relativo ambito – deborda, in realtà , dai limiti in cui è consentito contestare il giudizio tecnico-valutativo di compatibilità paesaggistica, che, per la sua intrinseca opinabilità , è censurabile esclusivamente sotto il profilo della logicità , della coerenza e della completezza della valutazione, finendosi, in caso contrario, a sovrapporre il proprio convincimento a quello espresso dall’organo tecnico competente.
L’argomento per cui questo avrebbe sovvertito l’ordine di importanza degli interessi pubblici e privati in conflitto ponendo in posizione recessiva il bene paesaggistico rispetto all’esigenza imprenditoriale non ha un riscontro oggettivo e non risponde al vero che sia mancata qualsivoglia valutazione dell’impatto paesistico dell’intervento, con motivazione seriale, essendo piuttosto una mera opinione della parte appellante quella per cui, per dimensione e funzioni, sarebbe stato incompatibile col vincolo.
La motivazione del provvedimento deve, infatti, intendersi integrata per relationem dal richiamato parere della commissione integrata per il paesaggio del 6 agosto 2008, nel quale, come già sinteticamente rilevato dal T.A.R., si dà conto dei numerosi incontri preliminari nei quali, segnalando le numerose problematiche del progetto, relative, in primo luogo, alle dimensioni dell’opera, alla modifica della sagoma del terreno, all’impatto sull’ambiente circostante, era stato chiesto ai progettisti e al committente di limitare l’impatto visivo dell’intervento, abbassando la quota del terreno o modificando le altezze degli edifici in progetto.
Il parere favorevole è, per l’appunto, giustificato col fatto che “con le modifiche apportate viene garantito il rispetto dei caratteri strutturali del paesaggio interessato e l’assonanza comn le peculiarità morfologiche dei luoghi e in considerazione che nella progettazione è stata inoltre posta particolare attenzione alle caratteristiche costruttive ed alle tipologie dei manufatti che risultano coerenti con i caratteri e i valori del contesto e della loro percezione visuale” e, dunque, esprime un motivato giudizio di compatibilità , pur condizionato alle “misure di mitigazione” che si sono innanzi già viste.
Da ciò l’infondatezza del motivo di appello anche sotto questo secondo profilo.
13. – Per queste ragioni, in conclusione, l’appello deve essere accolto nei limiti sopra precisati.
Per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, il ricorso di primo grado va accolto limitatamente all’impugnazione del permesso di costruire dell’8 settembre 2008, che va conseguentemente annullato.
14. – L’esito del giudizio giustifica la compensazione delle spese del doppio grado, per reciproca soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, accoglie in parte il ricorso di primo grado ed annulla il permesso di costruire dell’8 settembre 2008.
Compensa le spese del doppio grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2020, svoltasi in videoconferenza con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Giulio Castriota Scanderbeg – Presidente
Giovanni Sabbato – Consigliere
Francesco Frigida – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere
Francesco Guarracino – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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