Sugli interventi abusivi risalenti nel tempo

Consiglio di Stato, Sentenza|17 marzo 2022| n. 1959.

Sugli interventi abusivi risalenti nel tempo, il mero decorso del tempo e la mancata precedente contestazione non possono da soli radicare un affidamento di carattere legittimo in capo al proprietario dell’abuso, non essendo concepibile l’idea di connettere al decorso del tempo e all’inerzia dell’amministrazione la sostanziale perdita del potere di contrastare il grave fenomeno dell’abusivismo edilizio.

Sentenza|17 marzo 2022| n. 1959. Sugli interventi abusivi risalenti nel tempo

Data udienza 3 marzo 2022

Integrale

Tag- parola chiave: Abusi edilizi – Risalenza nel tempo – Mero decorso del tempo e la mancata precedente contestazione – Affidamento legittimo – Non è configurabile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9288 del 2021, proposto da
An. Go., rappresentato e difeso dagli avvocati Lu. Ma. e Ma. Sc., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Lu. Ma. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Ma. e Al. Mu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio An. Ma. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. – Sezione Autonoma di Bolzano n. 00251/2021, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 marzo 2022 il Cons. Thomas Mathà ;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Sugli interventi abusivi risalenti nel tempo

FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto di questo contenzioso riguarda oramai essenzialmente la sanabilità di interventi edilizi difformi da una concessione rilasciata nel 1954 e che, secondo la prospettazione del ricorrente, andrebbero sanati in quanto realizzati in epoca anteriore all’obbligo di munirsi di titolo edificatorio.
2. Con la sentenza in epigrafe, il T.r.g.a. – Sezione autonoma di Bolzano respingeva il ricorso n. 197 del 2020, proposto da An. Go. avverso l’ordine di demolizione e rimessa in pristino di una serie di opere presso la baita “Hu.” (“H.”) sull’Alpe di Siusi (Comune di (omissis)), in zona di verde alpino e pascolo, adottato dal Comune di (omissis) il 24.8.2021 con ordinanza n. 75/2020. Precedentemente, in seguito ad una denuncia della stazione forestale di Castelrotto ed a un sopralluogo effettuato dall’ufficio tecnico del Comune di (omissis), l’ente locale con nota del 29.01.2019 aveva comunicato all’appellante l’avvio del procedimento ai sensi della legge urbanistica provinciale (L.P. n. 17/1993), per il ripristino dello stato originario relativo a diverse opere che l’appellante avrebbe eseguito in assenza di concessione edilizia al piano terra, al primo e secondo piano.
3. Tale provvedimento di demolizione si inserisce in una lunga e complessa vicenda, che ai fini della comprensione della vertenza potrà essere così sommariamente ripercorsa:
a) per il manufatto in questione veniva rilasciata il 18.6.1954, prot. 1250, a Jo. Go., padre dell’odierno appellante, dal Comune di (omissis) il relativo permesso di costruire, avente come oggetto la realizzazione di una baita composta da stalla, fienile, cucina e due camere, sopra la stalla ed i locali destinati ad abitazione era previsto un fienile;
b) nel 2014 An. Go., figlio di Jo. Go., volendo utilizzare la baita come agriturismo, presentava un progetto per la ristrutturazione dei tre vani abitativi (per realizzare una sala pranzo), mentre per gli altri vani – stalla e fienile – non era prevista alcuna modifica; il Comune autorizzò tale progetto, rilasciando la concessione edilizia n. 52/2014;
c) successivamente, il sig. Go. presentava un’ulteriore progetto per la realizzazione di una terrazza, che, inserendo la prescrizione dimensionale da parte dell’ufficio provinciale di tutela paesaggistica competente, ottenne la concessione edilizia n. 71/2015;

 

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d) nel 2018, dopo una segnalazione della polizia forestale, il Comune di (omissis) accertava alcune difformità alla concessione edilizia n. 52/2014: la trasformazione della stalla in magazzini ed in un laboratorio per prodotti agricoli con celle frigorifere; un bancone da bar per la somministrazione di bevande; sostituendo le stalle, la realizzazione di un nuovo fabbricato sulla parte posteriore del manufatto; le dimensioni della terrazza senza le prescrizioni dimensionali e quindi in difformità alla concessione n. 71/2015; in luogo del fienile la costruzione di due ulteriori piani di abitazione;
e) a gennaio del 2019 seguiva l’avvio del procedimento per sanzionare tali difformità, contestate dal destinatario del provvedimento, che però a giungo 2019 presentava un progetto in sanatoria per tali opere;
f) in seguito ad una richiesta di parere all’ufficio amministrativo provinciale per il paesaggio e lo sviluppo del territorio (riscontrato con nota del 4.10.2019) e successivo esame da parte della commissione edilizia comunale, il Comune comunicava i motivi ostativi all’accoglimento della domanda di sanatoria; il sig. Go. decise in seguito di ritirare tale domanda;
g) seguiva nel 2020 una seconda istanza in sanatoria, che prevedeva la rimozione di una parte delle opere abusivamente realizzate, ma senza il ripristino del fienile (trasformato medio tempore in appartamenti);
h) anche tale domanda non veniva accolta dal Comune, sempre in seguito ad un parere del predetto ufficio provinciale ed esame della Commissione edilizia comunale, comunicando al richiedente i motivi ostativi all’accoglimento della seconda domanda, ed infine respingendolo con provvedimento del 9.6.2020;
i) seguiva infine l’ordinanza di demolizione n. 75 del 24.8.2020, ordinando al sig. Go. di rimuovere le parti dell’edificio abusivamente realizzate e di ricostituire lo stato dei luoghi in conformità alle concessioni edilizie del 1954, 2014 e 2015, prescrivendo il ripristino della stalla al pianoterra e del fienile sovrastante;

 

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j) nelle more della definizione dei provvedimenti repressori comunali, l’odierno appellante presentava il 7.8.2020 un terzo progetto di sanatoria, dettagliato in due istanze: a) per la demolizione delle opere abusivamente eseguite (magazzini, fabbricati aggiuntivi, terrazza) ed il ripristino della stalla; b) per quanto riguarda i due appartamenti realizzati al posto del fienile, il richiedente riproponeva il precedente progetto in sanatoria, già respinto in precedenza dal Comune, chiedendo l’applicazione dell’art. 103, co. 8, della L.P. 9/2018, che consente di adeguare le planimetrie depositate presso il Comune qualora lo stato di fatto nelle stesse rappresentato non sia conforme allo stato di fatto esistente;
k) il Comune esaminava le istanze e, limitatamente al progetto in sanatoria per il pianterreno (ripristino della stalla, demolizione dei manufatti aggiuntivi e rimozione delle parti della terrazza) rilasciava la concessione in sanatoria n. 7/2021, ma respingeva la seconda istanza con provvedimento del 21.1.2021; quest’ultimo provvedimento veniva impugnato con ricorso dinanzi al T.r.g.a. di Bolzano con ricorso sub r.g. 27/2021, che lo respingeva con sentenza n. 251/2021;
4. L’adito T.r.g.a., in particolare, accoglieva l’eccezione del Comune di sopravenuto difetto di interesse per (la parte del provvedimento concernente) gli interventi al pianoterra, nel frattempo rimossi dal signor Go., mentre in merito agli appartamenti abusivamente realizzati al primo piano, rigettava le censure dell’odierno appellante, confermando l’ordinanza di demolizione e rispristino, sul rilievo che:
– la baita era stata modificata in difformità alla concessione edilizia n. 1250/1954;
– risultando quindi l’intervento illegittimo e trovandosi in area sottoposto a tutela paesaggistica, il volume abitativo non poteva essere sanato;
– rigettava inoltre le deduzioni del ricorrente che argomentava che nel caso di specie non sarebbe stato necessario alcun titolo edilizio, perché le opere abusive sarebbero state eseguite prima dell’introduzione della legge provinciale n. 8/1960; il giudice di prime cure riteneva che non fossero state fornite prove idonee a dimostrare che detti interventi (soprattutto i due piani superiori con le abitazioni) fossero stati effettivamente realizzati prima di tale data.
5. Avverso tale sentenza interpone appello il ricorrente soccombente, deducendo i motivi come di seguito rubricati:
a) “error in iudicando, difetto di motivazione e travisamento con riferimento al primo motivo di primo grado; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 88, 95 e 103, comma 8, l.p. 9/2018 e dei principi di efficacia, economicità, speditezza, leale collaborazione, correttezza e buona fede di cui all’art. 1, comma 1 e 1/bis, l.p. 17/1993 e dei principi di buona amministrazione di cui all’art. 97, Cost.; eccesso di potere per travisamento, difetto istruttorio, illogicità e irragionevolezza manifesta”;
b) “error in iudicando, travisamento e omessa e comunque contraddittoria motivazione con riferimento al secondo motivo di primo grado; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 15/bis, comma 2, lett. b), l.p. 17/1993; eccesso di potere per travisamento, difetto istruttorio e omessa o comunque insufficiente motivazione, dedotto anche quale violazione dell’art. 7, l.p. 17/1993.”;

 

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c) “error in iudicando e in procedendo, omessa pronuncia con riferimento al terzo motivo di primo grado; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 86 ss e 88, lptp, dell’art. 31, legge n. 1150/1942, dell’art. 24, l.p. 8/1960, del D.P.G.P. n. 54/1959 e dell’art. 4 del Piano paesaggistico “Alpe di Siusi” in vigore, approvato con D.P.G.P. 10 febbraio 1992, n. 269/V/81; eccesso di potere per travisamento, difetto istruttorio, e omessa o comunque insufficiente motivazione dedotto anche quale violazione dell’art. 7, l.p. 17/1993″.
Il sig. Go. ha chiesto la riunione con l’appello alla sentenza del T.r.g.a. n. 252/2021, con il quale il giudice di Bolzano aveva respinto l’azione di annullamento avverso il diniego della domanda di sanatoria.
L’appellante insisteva infine, in riforma dell’appellata sentenza, sull’accoglimento del ricorso di primo grado.
6. Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis), contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione.
7. Con ordinanza n. 6470/2021, la Sezione ha accolto la domanda cautelare di sospensione della sentenza gravata, accertando il pregiudizio grave e irreparabile derivante dall’ordinanza di demolizione e dichiarando, nell’ambito di un bilanciamento degli interessi contrapposti, la prevalenza della necessità di conservare la res adhuc integra.
8. All’udienza pubblica del 3 marzo 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
9. Preliminarmente, il Collegio deve valutare la richiesta di riunione con l’appello r.g. 9298/2021 ex art. 70 c.p.a. Nel caso di specie le due vertenze riguardano provvedimenti diversi e un esame congiunto non risulta opportuno, in funzione dell’economicità e della speditezza del presente giudizio; pertanto l’istanza è da respingere, essendo l’opportunità della trattazione congiunta di più cause connesse tra di loro rimessa alla discrezionalità del giudice innanzi al quale le cause pendono (ex multis Cons. Stato, sez. VI, n. 4647/2018).
10. Ritiene la Sezione che i motivi d’appello sono infondati nel merito.
11. L’appellante sostiene che la sentenza sia errata in quanto ha rigettato il primo motivo del ricorso di primo grado, contestando l’ordinanza per essere stata adottata prima che il Comune di (omissis) si pronunciasse sulla domanda ai sensi dell’art. 103, co. 8, della L.P. 9/2018 (tesa a far riconoscere, mediante rilascio di apposito permesso di costruire, la regolarità degli alloggi al primo e secondo piano del fabbricato e ad adeguare le planimetrie depositate presso il Comune di (omissis) allo stato di fatto), sulla base della giurisprudenza che ha definito l’attività “repressiva” dei Comuni come azione vincolata e sfornita di discrezionalità . La decisione del primo giudice sarebbe: i) in contrasto con il consolidato orientamento della giurisprudenza; ii) avrebbe errato a definire la domanda ex art. 103 co. 8 L.P. n. 8/2019 non compatibile con la natura vincolata; iii) erroneamente avrebbe definito che l’ordine di demolizione non pregiudicherebbe la facoltà del privato a domandare l’accertamento; iv) sarebbe errata nella ricostruzione dei fatti, non essendo vero che l’amministrazione avesse esaminato due volte la sanatoria del richiedente.

 

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12. Le censure non convincono.
12.1 L’ente locale ha esaminato i due progetti in sanatoria (cfr. punto 3), concernenti le opere abusive al pianterreno e gli appartamenti in sostituzione del fienile; la prima domanda era stata ritirata dal richiedente, la seconda invece respinta (ed è rimasta inoppugnata). Risulta quindi che l’ordinanza di demolizione sia stata adottata dopo l’esame delle istanze in sanatoria. La presentazione dell’istanza di accertamento di conformità o di sanatoria determina, secondo un primo più risalente indirizzo, l’inefficacia della misura demolitoria facendo sorgere, in capo all’Amministrazione, l’obbligo di rivalutare l’abuso pervenendo ad una nuova pronunzia, con conseguente improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse dell’originaria impugnazione. Si sostiene più di recente e oramai in maniera prevalente che la pendenza dell’istanza determini invece una situazione di inefficacia della misura impugnata solo temporanea, destinata a cessare una volta definito il procedimento di sanatoria (Cons. Stato, sez. II, n. 1260/2020). L’orientamento più recente, al quale il Collegio ritiene di aderire, è conforme alla posizione da ultimo richiamata che riconosce all’istanza di sanatoria il solo effetto di impedire temporaneamente che la misura repressiva venga portata ad esecuzione. La definizione del procedimento in senso sfavorevole, determinerà la “riespansione” dell’originario ordine di demolizione che riacquisterà efficacia senza necessità di ricorrere all’adozione di ulteriori provvedimenti. Tale posizione è da ritenersi maggiormente coerente con il principio di certezza delle situazioni giuridiche che, come già affermato dalla Sezione, subirebbe un vulnus qualora si riconoscesse al privato sanzionato la possibilità, mediante la semplice reiterazione di istanze di sanatoria, di precludere il dispiegamento degli effetti propri della misura impugnata innescando “un procedimento ricorsivo senza fine perché il soggetto sanzionato potrebbe rinnovare (senza limitazioni di alcun genere) la domanda a seguito della riadozione di quel provvedimento” (Cons. Stato, sez. VI, n. 1432/2021).
12.2 Né si può seguire l’appellante che in riferimento ai piani superiori ed alle abitazioni al posto del fienile sostiene che si tratterebbe di domande sostanzialmente diverse, essendo invece identiche ai due progetti precedentemente presentati (doc. 27/31/36 parte appellante); ne è ulteriore conferma la natura della domanda, che tende all’accertamento dell’attualità, considerandole legittime e chiedendo di poterli mantenere nella loro attuale consistenza (adeguamento delle planimetrie depositate presso il Comune allo stato legittimo). Trattandosi dell’identica situazione di diritto e di fatto (essendo la progettualità la medesima), viene a mancare in capo all’amministrazione il dovere di riesame dell’istanza, avendola già respinta. L’effettivo coinvolgimento dell’appellante nel procedimento, che è documentato dall’avvio di procedimento e della considerazione delle controdeduzioni, smentisce la dedotta violazione degli obblighi di leale collaborazione e correttezza, come già correttamente rilevato dal primo giudice.
12.3 Infondata risulta anche la doglianza per cui la domanda ai sensi dell’art. 103, co. 8 della L.P. 9/2018 non corrisponderebbe an una istanza di sanatoria. La norma di cui al comma 8 dell’articolo 103 (norme transitorie), recita: “(8) Qualora lo stato di fatto di un immobile esistente risulti non conforme alle planimetrie depositate presso il Comune oppure non risulti chiaramente dalle predette planimetrie, l’interessato/l’interessata può chiedere l’adeguamento delle planimetrie allo stato di fatto, se dimostra con mezzi idonei che la non conformità risale a una data in cui non era illegittima. L’adeguamento è effettuato tramite permesso di costruire, comunque con esonero dal contributo di intervento.” Nel caso di specie, l’accertamento della difformità “planimetrica” risulta riferita ad un titolo edilizio espresso chiaramente diverso, il che avvicina questa domanda sostanzialmente agli effetti di una domanda di sanatoria.

 

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12.4 Non si può neanche apprezzare la censura in merito al mancante esame dei primi due progetti di sanatoria, che oltre ad essere stato solamente proposto in questa sede d’appello, e quindi inammissibile per il divieto dei nova, è infondata nel merito. Risulta invece che le due domande di sanatoria consistevano in un unico progetto che includeva l’intero edificio (sia il pianoterra che i due piani rialzati); solo con la terza domanda, dopo l’entrata in vigore della L.P. 9/2018 (avvenuto il 1.7.2020), il privato ha chiesto l’adeguamento delle planimetrie allo stato di fatto, non esistendo prima tale possibilità . Questo è ulteriormente confermato dai rispettivi pareri che il Comune ha chiesto all’ufficio provinciale amministrativo per il territorio ed il paesaggio, che invece ha valutato il progetto in riferimento alla cubatura abitativa realizzata in difformità alla concessione edilizia del 1954, arrivando alla conclusione che non possono sanarsi, essendo l’area vincolata. Di tenore identico era anche il secondo parere (“Si deve premettere, che ai sensi dell’art. 2 del piano paesaggistico alpe di Susi – D.P.P. n. 269 del 10.02.1992 nell’area sottoposto a tutela di principio vige un divieto di edificazione. (…) Secondo la relazione tecnica le parti non corrispondenti al progetto del 1954 sono state realizzate prima del 1960 e, quindi, prima dell’entrata in vigore della legge provinciale n. 8/1960 e prima dell’approvazione del primo strumento di tutela paesaggistica dell’alpe di Siusi. Per dimostrare un tanto vengono allegate foto storiche. La prova relativa al periodo di costruzione, ovvero sulla preesistenza dell’attuale stato di fatto al 1960 grava sull’istante, vedasi a riguardo la sentenza del TRGA di Bolzano n. 134/2013 (…) Ai seni della documentazione agli atti, l’istante non ha prodotto prove sufficienti, per dimostrare l’esenzione dall’obbligo di munirsi di concessione edilizia prima del 1960”). La ricostruzione fattuale del primo giudice risulta corretta ed immune di errori.
13. Con il secondo motivo di appello il ricorrente ripropone la medesima censura di primo grado riguardante la falsa applicazione della legge urbanistica, la motivazione insufficiente ed il difetto istruttorio, lamentandosi che il Comune non avrebbe considerato le articolate osservazioni formulate nell’ambito del procedimento amministrativo. Si controverte principalmente sulla preesistenza del manufatto all’introduzione dell’obbligo di munirsi di concessione edilizia, circostanza che l’odierno appellante avrebbe potuto provare tramite fotografie e testimonianze, non sufficientemente valutata dall’amministrazione prima e dal T.r.g.a. successivamente. Inoltre, non avendo l’amministrazione mai contestato l’intervento, asseritamente ben noto alla collettività, il proprietario sarebbe stato leso nell’affidamento sulla legittimità del suo operato.
14. Anche questo motivo di censura non convince il Collegio.
14.1 In base alla giurisprudenza dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio sugli interventi abusivi risalenti nel tempo, il mero decorso del tempo e la mancata precedente contestazione non possono da soli radicare un affidamento di carattere legittimo in capo al proprietario dell’abuso, non essendo concepibile l’idea di connettere al decorso del tempo e all’inerzia dell’amministrazione la sostanziale perdita del potere di contrastare il grave fenomeno dell’abusivismo edilizio (Cons. Stato, A.P., n. 9/2017). Risulta inoltre non corrispondente al vero che l’amministrazione non avrebbe considerato le osservazioni ed allegazioni dell’appellante. Già il parere provinciale non si è limitato a rimandare l’esame al Comune, ma ha espressamente confutato le allegazioni di parte privata, ritenendole insufficienti, come si ricava anche dal preavviso di rigetto della prima domanda da parte del Comune. Risulta inoltre che le fotografie sono state considerate e ritenute vetuste, mancando precisi riferimenti temporali (doc. 6 parte appellante). Rileva il Collegio che dall’insieme dei documenti prodotti, le osservazioni del sig. Go. sono state valutate dalla P.A. concludendo per la loro infondatezza (cfr. provvedimento del Comune del 9.6.2020), dando anche atto che l’ordinanza di demolizione ha espressamente richiamato i diversi atti dei procedimenti di sanatoria, il che dimostra la presenza di una motivazione per relationem.
15. Con l’ultima doglianza l’appellante ha censurato la sentenza del T.r.g.a. in merito al rigetto del motivo con cui si deduceva l’omessa considerazione delle osservazioni presentate dall’appellante ai sensi dell’art. 15-bis della L.P. 17/1993 ed in quanto non aveva considerato che l’alloggio de quo costituiva una preesistenza legittima per essere stato realizzato, come comprovato dalla documentazione prodotta dall’appellante, in epoca anteriore al 1960 e quindi in un momento storico in cui non era ancora soggetto ad autorizzazione edilizia. Al momento della realizzazione del manufatto l’Alpe di Siusi non sarebbe ancora stata soggetta a tutela paesaggistica (introdotta con D.P.G.P. 15.11.1959, n. 54 entrato in vigore il 4.2.1960), per cui non serviva neanche l’autorizzazione paesaggistica. La sentenza sarebbe inoltre errata nella parte in cui ha accertato che il Comune di (omissis) non sarebbe incorso in errore nel considerare gli elementi di prova forniti dall’appellante, inidonei a comprovare che l’alloggio era stato realizzato in epoca anteriore al 1960. Il T.r.g.a. non avrebbe fatto buon governo dei principi elaborati dalla giurisprudenza relativa all’onere della prova (concernente la data di realizzazione dell’opera edilizia). Infine la sentenza viene censurata anche per aver omesso di esaminare le istanze istruttorie, riproposte in questo grado di appello.
16. Le censure non hanno pregio.

 

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16.1 Non giova all’appellante richiamare l’asserita risalenza nel tempo del manufatto ad un periodo nel quale non vigeva ancora alcun obbligo a munirsi di un titolo edilizio, avendo il suo dante causa chiesto ed ottenuto nel 1954 il permesso di costruire n. 1250/1954, che non includeva gli alloggi (cfr. punto 3). La domanda è stata approvata sulla base di un progetto e di planimetrie specifiche, che contenevano solo una stalla e due camere più cucina al pianoterra, ma sopra tali locali non prevedevano un piano rialzato, bensì un fienile. Sicché, in forza del principio nemo venire contra factum proprium, il ricorrente non può dedurre alcun effetto viziante scaturente dalla insufficiente valutazione di elementi di prova, di cui peraltro non si specificano date certe, avendo il suo dante causa elaborato un specifico progetto ed ottenuto una concessione edilizia coerente con tale progetto. Irrilevante si profila in tal senso la deduzione dell’appellante secondo cui la concessione edilizia sarebbe stata richiesta solo per fini contributivi, tra l’altro senza allegare nessuna prova concreta in questo senso.
16.2 A questo si deve aggiungere che manca l’indicazione temporale delle fotografie, non essendovi prova certa che siano state riprese effettivamente prima dell’introduzione della legge n. 8/1960, potendo risalire ad un periodo successivo. Il piano paesaggistico dell’Alpe di Siusi del 1959 prevedeva un generale divieto di costruzione in assenza di specifica autorizzazione, per cui l’esecuzione dei lavori, ove avvenuta nella prima parte del 1960, sarebbe stata comunque abusiva. In più le citate fotografie dimesse mostrano solamente l’esterno della costruzione, nulla si evince dalla situazione all’interno, rendendo inidonea la capacità probatoria del mezzo. A nessun miglior esito giunge la possibile valutazione delle dichiarazioni di testimoni, essendo queste non allineate tra di loro ed in più caratterizzate da una certa superficialità, non arrivando tramite elementi precisi ad una concreta datazione, dovendosi quindi respingere la rinnovata richiesta di istruttoria, che in ogni modo non potrebbe portare ad un esito diverso, sulla base delle argomentazioni sub 16.1.
16.3 Priva di sostanza si rileva infine anche la censura secondo cui l’ordinanza di demolizione violerebbe l’art. 4 del piano paesaggistico dell’Alpe di Siusi del 1992; questa violazione riguarda gli interventi illegittimi al pianoterra, eseguiti in seguito alla concessione del 2014 (doc. 16 e 20 di primo grado). Non risulta al Collegio che questa sia stata proposta durante il giudizio di primo grado, dovendola quindi considerare come inammissibile.
17. Per le esposte ragioni l’interposto appello deve essere disatteso, con assorbimento di ogni altra questione, ormai irrilevante ai fini decisori. Il Collegio riserva all’amministrazione la possibilità di valutare strumenti sanzionatori alternativi e concernenti il pagamento di una sanzione pecuniaria, in luogo della demolizione. Come più volte affermato dalla Sezione, la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria va valutata dalla P.A. nella fase esecutiva della demolizione, successiva ed autonoma rispetto all’ordine di demolizione in sé .
18. La particolarità della vertenza giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma l’appellata sentenza. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 marzo 2022 con l’intervento dei magistrati:
Hadrian Simonetti – Presidente FF
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Stefano Toschei – Consigliere
Thomas Mathà – Consigliere, Estensore

 

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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