Quando decade un vincolo espropriativo per inutile decorso del tempo

Consiglio di Stato, Sentenza|21 maggio 2021| n. 3948.

Quando decade un vincolo espropriativo, per inutile decorso del tempo, non si verifica alcuna reviviscenza della pregressa destinazione, atteso che la natura espropriativa del vincolo, essendo esso preordinato all’esproprio, ne implica la sua temporaneità ; l’inutile decorso di un quinquennio, in difetto di una legittima reiterazione, ne comporta la decadenza ma tuttavia l’area già vincolata non riacquista automaticamente l’antecedente sua destinazione urbanistica, ma si configura come area non urbanisticamente disciplinata, ossia come c.d. zona bianca; rispetto a tali zone, allorché cessino gli effetti dei preesistenti vincoli, l’Amministrazione comunale deve esercitare la sua discrezionale propria potestà urbanistica, attribuendo agli stessi una congrua destinazione.

Sentenza|21 maggio 2021| n. 3948. Quando decade un vincolo espropriativo per inutile decorso del tempo

Data udienza 11 maggio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Interventi edilizi – Vincolo espropriativo – Decadenza – Reviviscenza della pregressa destinazione – Configurazione – Esclusione – Ragioni – Quando decade un vincolo espropriativo per inutile decorso del tempo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 753 del 2015, proposto da
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ni. De Ma., con domicilio eletto presso lo studio Sa. De Ma. in Roma, via (…);
contro
Gi. Sa. Pe., rappresentato e difeso dagli avvocati Na. Pi., Gi. Ru. Fr., con domicilio eletto presso lo studio Al. Pl. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA – BARI: SEZIONE III n. 01087/2014, resa tra le parti, concernente diniego permesso di costruire
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Gi. Sa. Pe.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza straordinaria del giorno 11 maggio 2021 il Cons. Davide Ponte e per le parti nessuno presente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con l’appello in esame il Comune odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 1087 del 2014 del Tar Puglia, di accoglimento dell’originario gravame; quest’ultimo era stato proposto dalla parte odierna appellata, al fine di ottenere l’annullamento del diniego definitivo del permesso di costruire per intervento di realizzazione di recinzione di delimitazione suolo in via (omissis) (Mapp. P.lla (omissis) foglio (omissis)), in zona omogenea “Zone destinate a viabilità ” del P.R.G.C.
All’esito del giudizio di prime cure il Tar accoglieva i vizi dedotti avverso la motivazione di diniego, sia per l’indimostrato trasferimento della particella al Comune, sia per la sopravvenuta decadenza del vincolo, per cui l’area in questione va considerata come zona bianca. Venivano invece respinti i motivi avverso il silenzio e la domanda di risarcimento danni.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, il Comune odierno appellante proponeva i seguenti vizi di appello, censurando le argomentazioni del Tar:
– improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse;
– violazione dell’art. 17 legge urbanistica, erroneità della motivazione, in quanto in caso di scadenza del piano particolareggiato si continuerebbero ad applicare le prescrizioni di zona, ostative nella zona alla programmata recinzione;
– violazione dell’art. 11 t.u. edilizia, difetto di istruttoria e di motivazione, violazione delle norme in tema di espropri, nella parte in cui il Tar ha reputato non dimostrata la mancanza di titolarità a richiedere il permesso di costruire.
La parte appellata si costituiva in giudizio chiedendo la declaratoria di inammissibilità il rigetto dell’appello. Veniva altresì proposto appello incidentale avverso i capi della sentenza di rigetto, in via subordinata rispetto all’eventuale accoglimento dell’appello del Comune, con la deduzione dei seguenti motivi:
– fondatezza del primo motivo di ricorso;
– riproposizione della domanda risarcitoria.
Con ordinanza n. 852 del 2015 veniva accolta la domanda cautelare di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata.
Alla pubblica udienza straordinaria dell’11 maggio 2021 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente, l’eccezione inammissibilità, proposta da parte appellata in relazione alla mancata contestazione della sentenza impugnata, è infondata.
1.1 Il Comune, pur avendo introdotto elementi motivazionali ulteriori (aventi peraltro una prioritaria valenza defensionale), ha compiutamente dedotto tre specifiche censure di appello, con cui ha contestato le argomentazioni svolte dal Tar, in termini quindi pienamente coerenti ai principi vigenti in materia.
1.2 Ciò non toglie che, in sede di riesercizio del potere, conseguente all’annullamento del diniego impugnato in prime cure, alcuni degli argomenti difensivi svolti nella presente sede giurisdizionale, posti al di là del mero ambito riassuntivo ed esplicativo dei motivi di diniego in contestazione, potranno essere svolti ed approfonditi. In tale ottica, invero, gran parte delle ulteriori considerazioni svolte dalle parti nelle memorie conclusive si pongono al di là dei limiti dell’oggetto contenzioso in esame, concernente la pronuncia del Tar in relazione alla ritenuta illegittimità in parte qua del diniego di permesso di costruire di cui alla narrativa in fatto.
2. Passando all’analisi del merito, l’appello principale è infondato.
3. In relazione al primo motivo di appello, con cui viene dedotta l’improcedibilità del ricorso di primo grado, per sopravvenuto difetto di interesse, in relazione all’inciso “fermo restando la destinazione ad uso pubblico”, contenuto in una deliberazione relativa ad altro procedimento amministrativo (riferito alla particella n. (omissis) di proprietà Pe.), l’infondatezza emerge sotto due profili: per un verso la stessa parte ha cautelativamente impugnato la delibera invocata dal Comune; per un altro verso la deliberazione stessa (n. 2 del 23 gennaio 2014), non risulta avere valenza provvedimentale. Inoltre, già con la formulazione delle osservazioni datate 3 ottobre 2013 la parte appellata Pe. si è opposta all’accorpamento al demanio stradale del suolo in questione, contestando espressamente la circostanza che il suolo abbia destinazione ad uso pubblico, in diretta coerenza con le argomentazioni poste a base dell’impugnativa giurisdizionale decisa dalla sentenza in esame.
4. In ordine al secondo motivo di appello, relativo alla persistente efficacia delle destinazioni di zona, alla censura resiste il rilevato difetto di motivazione del diniego, impugnato in prime cure, rispetto alla presunta incompatibilità con le previsioni stesse.
4.1 In proposito, va condivisa la conclusione raggiunta sul punto dai Giudici di prime cure, in quanto costituisce principio consolidato quello a mente del quale, ove decada un vincolo espropriativo, per inutile decorso del tempo, non si verifica alcuna reviviscenza della pregressa destinazione, atteso che la natura espropriativa del vincolo, essendo esso preordinato all’esproprio, ne implica la sua temporaneità ; l’inutile decorso di un quinquennio, in difetto di una legittima reiterazione, ne comporta la decadenza ma tuttavia l’area già vincolata non riacquista automaticamente l’antecedente sua destinazione urbanistica, ma si configura come area non urbanisticamente disciplinata, ossia come c.d. zona bianca; rispetto a tali zone, allorché cessino gli effetti dei preesistenti vincoli, l’Amministrazione comunale deve esercitare la sua discrezionale propria potestà urbanistica, attribuendo agli stessi una congrua destinazione (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. IV, 24 agosto 2016, n. 3684).
4.2 Se quindi il diniego originario sul punto appare carente di adeguata motivazione, in sede di riesercizio del potere, conseguente all’annullamento, il Comune dovrà approfondire gli elementi, ulteriori rispetto a quelli prospettati nell’originario atto di rigetto, paventati nella presente sede defensionale, nella naturale sede procedimentale.
5. Analoghe considerazioni vanno svolte rispetto al terzo ed ultimo motivo di appello, relativo alla legittimazione della parte istante.
5.1 Infatti, gli elementi posti a base del diniego, impugnato in prime cure, risultano smentiti da quanto evidenziato dal Tar; infatti, dall’esame della documentazione in atti emerge che, se la particella (omissis) (insieme con la particella 1692) è il risultato del frazionamento della particella 1168, solo quella recante il n. 1692 è menzionata nella transazione fra i lotti oggetto di espropriazione, per i quali, in base alla richiamata transazione, i privati proprietari abbandonavano i contenziosi in corso con il Comune, impegnandosi a cedere detti lotti a fronte del pagamento della indennità concordata.
5.2 Di conseguenza, se da un lato i privati risultavano ancora legittimati in base alla particella in questione, in sede di riesercizio del potere, conseguente all’annullamento del primo rigetto, il Comune dovrà approfondire anche tali aspetti, aggiornati rispetto agli elementi a suo tempo prospettati.
6. A fronte del rigetto dell’appello principale, non sussistono ragioni per esaminare l’appello incidentale, in quanto proposto unicamente in via subordinata all’accoglimento del primo (v. pag 29 del controricorso)
7. Infondata, infine, è la domanda risarcitoria riproposta: sia per la mancanza di specifiche contestazioni alle argomentazioni svolte dal Tar; sia in quanto i danni materiale lamentati, in quanto prospettati come vandalici, non appaiono riferibili in alcun modo, nei termini di nesso di causalità e di imputabilità, agli organi comunali.
8. Alla luce delle considerazioni che precedono, vanno respinti entrambi gli appelli, principale ed incidentale.
Sussistono giusti motivi, a fronte della soccombenza reciproca, per la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sugli appelli, principale ed incidentale, come in epigrafe proposti, li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *