Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 19 febbraio 2020, n. 1258.
La massima estrapolata:
L’annullamento del provvedimento di erogazione di un contributo pubblico o di qualsiasi altra erogazione di denaro pubblico costituisce un atto dovuto per l’Amministrazione concedente, che è tenuta a porre rimedio alle conseguenze sfavorevoli derivanti all’Erario per effetto di un’indebita erogazione di contributi pubblici quando è emerso che il beneficio era stato accordato in assenza dei presupposti di legge, escludendo la sussistenza per l’Amministrazione di uno specifico obbligo di motivazione, essendo l’interesse pubblico all’adozione dell’atto in re ipsa quando ricorra un indebito esborso di danaro pubblico con vantaggio ingiustificato per il privato.
Sentenza 19 febbraio 2020, n. 1258
Data udienza 14 gennaio 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9156 del 2012, proposto dal signor
-OMISSIS-quale titolare dell’Azienda Agricola “-OMISSIS-“, rappresentata e difesa dagli avvocati St. Sa., Vi. Ar., con domicilio eletto presso l’avv. St. Sa. in Roma, via (…);
contro
la Provincia di Grosseto, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati St. So. e Ch. Ca., con domicilio eletto presso la Segreteria sezionale del Consiglio in Roma, piazza (…);
e con l’intervento di
la Regione Toscana, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Ma. Le. Fe., con domicilio eletto in Roma presso l’avv. Ma. Ce. in Piazza (…)
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la TOSCANA, SEZIONE II n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente la impugnativa del provvedimento del -OMISSIS-di revoca dell’assegnazione del contributo
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia di Grosseto;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2020 il Cons. Cecilia Altavista e uditi per le parti gli avvocati St. Sa., Ch. Ca., Ma. Ce. su delega di Ma. Le. Fa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il signor -OMISSIS-ha presentato domanda per la partecipazione alla ripartizione dei fondi del Programma di sviluppo rurale approvato dalla Regione Toscana per la cd. misura 121 “ammodernamento aziende agricole ” di cui al bando per l’attuazione della misura per la fase 2 fondi 2009, approvato con decreto della Regione Toscana-Direzione generale sviluppo economico n. -OMISSIS-
Nel bando era previsto che la domanda dovesse essere compilata tramite la piattaforma informatica dell’ARTEA (Agenzia regionale Toscana per le erogazioni in agricoltura); che la prima graduatoria sarebbe stata predisposta in base alle dichiarazioni rese in sede di presentazione della domanda; che la relativa documentazione sarebbe stata solo successivamente verificata.
Al punto 6.2 del bando rubricato “condizioni di accesso relative ai beneficiari” era prevista altresì la condizione: “essere in regola con gli oneri previdenziali, assistenziali, assicurativi”. Il possesso dei requisiti indicati al punto 6.2 doveva essere attestato mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle disposizioni del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.
Al punto 133.1 del modello per la compilazione delle domande erano contenute le “dichiarazioni generali”, con la espressa previsione di dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli art. 46 e 47 del D.P.R. 445 del 2000; tra queste era indicata la dichiarazione relativa all'”essere in regola con gli oneri previdenziali, assistenziali, assicurativi”.
Il signor -OMISSIS-presentava la domanda di partecipazione tramite il sistema informativo ARTEA in data 12 marzo 2009; compilando la domanda di partecipazione indicava di “essere in regola con gli oneri previdenziali, assistenziali, assicurativi”.
Sulla base del progetto presentato gli è stato assegnato il punteggio di 20,5 punti con la collocazione al 40 posto, in base alla graduatoria predisposta dall’ARTEA il -OMISSIS-.
In base ai fondi originariamente disponibili erano soddisfatte, in primo luogo, le prime 27 posizioni.
Dopo una successiva assegnazione di fondi da parte della Regione si arrivava alla posizione 177, tra cui era compresa quella dell’odierno appellante, a cui con atto dell’8 marzo 2010 è stato assegnato un contributo di -OMISSIS-euro, di cui veniva erogato l’anticipo per -OMISSIS-.
Successivamente la Provincia procedeva all’istruttoria del progetto ai fini della definitiva quantificazione del contributo che è stato ridotto in euro106.174,52 come comunicato con nota del -OMISSIS-.
La Provincia di Grosseto procedeva quindi alla verifica della regolarità contributiva rilevando, sulla base di una prima verifica effettuata, la regolarità contributiva, risultante da un documento di regolarità contributiva della sede INPS di Grosseto del 3 settembre 2010, che attestava la situazione alla data del 23 agosto 2010.
Al momento, dell’inserimento della domanda nel sistema ARTEA ai fini della liquidazione del saldo del contributo, il 6 ottobre 2010 la domanda è stata bloccata dal sistema risultando una irregolarità contributiva.
A questo punto la Provincia procedeva a nuove verifiche presso l’INPS da cui emergeva la mancanza di regolarità contributiva alla data di compilazione della domanda il 12 marzo 2009 (dichiarazione INPS del 12 novembre 2011).
Con nota del 1 dicembre 2010 sono stati dunque richiesti chiarimenti al signor -OMISSIS-che presentava osservazioni il 3 dicembre 2010 evidenziando che la irregolarità era stata comunque sanata.
Quindi con nota del 15 febbraio 2011 è stata data comunicazione di avvio del procedimento di revoca dell’assegnazione del contributo, nel corso del quale la parte presentava osservazioni deducendo che la irregolarità era relativa a precedente gestione dell’Azienda da parte del signor -OMISSIS-e non relativamente all’attuale in cui rivestiva la qualità di IAP (imprenditore agricolo professionale); e comunque la illegittimità della revoca in quanto le verifiche avrebbero dovuto essere effettuate prima della assegnazione del contributo, avendo lo stesso già assunto impegni economici dopo l’assegnazione del contributo.
Con atto del -OMISSIS-la Provincia ha disposto la revoca del contributo sulla base della mancanza del requisito della regolarità contributiva e della falsa dichiarazione resa al momento della domanda; con atto del 19 maggio 2011 l’ARTEA ha disposto il recupero di quanto già erogato.
Avverso tale provvedimento è stato proposto ricorso davanti al Tribunale amministrativo regionale della Toscana formulando i seguenti motivi:
-violazione e falsa applicazione dei punti 23.1.2 e 23.1.3. del Bando attuativo della misura 121; del programma di sviluppo rurale 2007-2013; eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità, ingiustizia manifesta, disparità di trattamento, con cui ha sostenuto che le verifiche sulle dichiarazioni avrebbero dovuto essere effettuate prima della erogazione del contributo;
-violazione degli artt. 21 quinquies e nonies della legge n. 241 del 1990; eccesso di potere per carenza dei presupposti per mancanza dei presupposti per l’autotutela;
-violazione dell’art. 97 della Costituzione; del principio di affidamento; deducendo di avere confidato nella erogazione del contributo assumendo già impegni economicamente rilevanti.
-violazione del D.M. del 24 ottobre 2007; del punto 6-2 del bando, sostenendo comunque la mancanza di colpa al momento della dichiarazione di regolarità contributiva resa nella domanda.
Ha proposto domanda di risarcimento danni.
Con ordinanza del 6 luglio 2011 è stata accolta la domanda cautelare.
Pertanto la ARTEA ha provveduto all’erogazione del contributo con determinazione dirigenziale del 14 luglio 2011.
Il giudice di primo grado ha respinto il ricorso sulla base della natura vincolata dell’atto di revoca del contributo essendo accertato il presupposto della mancanza di regolarità contributiva. Ha quindi respinto la domanda risarcitoria.
Avverso tale sentenza è stato proposto il presente atto di appello riproponendo i motivi del ricorso di primo grado, in particolare sostenendo che l’obbligo di verifica gravasse sull’Amministrazione prima della erogazione del contributo; che la parte non era a conoscenza della irregolarità contributiva e comunque non era tenuta a presentare il DURC, come invece sarebbe stato successivamente previsto dalle altre procedure di erogazione dei contributi; sono state contestate le affermazioni del giudice di primo grado circa la sussistenza della irregolarità contributiva, deducendo che le irregolarità risultanti alla data del 12 marzo 2009 (ovvero quelle relative al terzo e quarto trimestre 2008) sono state oggetto di un avviso di pagamento da parte di Eq. in data posteriore alla dichiarazione resa il 12 marzo 2009, notificato solo il 4 dicembre 2009 anche ad un indirizzo errato; comunque alla data di assegnazione del contributo l’8 marzo 2010, le irregolarità erano state sanate; inoltre erano relative ad un periodo precedente a quello in cui aveva assunto la qualità di Imprenditore agricolo professionale; è stata riproposta la questione dell’affidamento ingenerato nell’appellante, deducendo altresì che la Provincia di Grosseto non avrebbe neppure più interesse a resistere nel giudizio, avendo ormai erogato tutto il contributo a seguito della ordinanza del Tribunale amministrativo essendosi adeguata spontaneamente a tale ordinanza-secondo la ricostruzione difensiva- avendo la ARTEA provveduto a tale adempimento a luglio 2011 e poi al successivo svincolo della cauzione il 23 settembre 2011.
Non è stato appellato il capo di sentenza relativo alla reiezione della domanda di risarcimento danni né è stata in alcun modo riproposta tale domanda.
E’ stato depositato in giudizio in allegato all’atto di appello anche l’estratto conto INPS del 6 dicembre 2010, da cui risulta la irregolarità contributiva alla data del 12 marzo 2009, in particolare il mancato pagamento di euro -OMISSIS-nonché ulteriori irregolarità per l’anno 2009 (secondo e terzo trimestre 2009, quindi successivamente alla data del 12 marzo 2009) e per il primo trimestre 2010.
Con ordinanza cautelare del 18 gennaio 2013 è stata disposta istruttoria sospendendo nelle more l’esecuzione della sentenza. La Provincia di Grosseto ha adempiuto all’ordinanza istruttoria depositando una relazione istruttoria indicando le modalità previste dal bando per la compilazione, per l’invio delle domande e per le successive e verifiche, nonché riepilogando i vari accertamenti effettuati presso l’INPS da cui era emersa comunque la irregolarità contributiva alla data della domanda e anche successivamente.
Con ordinanza del 24 maggio 2013 è stata accolta la domanda cautelare di sospensione della sentenza appellata.
Il 17 aprile 2015 la Provincia di Grosseto si è costituita in giudizio con atto di stile; successivamente il 24 aprile 2019 ha depositato memoria contestando la fondatezza dell’appello ed eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, essendo subentrata nelle materia di competenza della Provincia la Regione Toscana, ai sensi della legge n. 7 aprile 2014 n. 56 e della legge della Regione Toscana 3 marzo 2015, n. 22, su cui è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 110 del 30 maggio 2018, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale delle disposizioni regionali che mantenevano la gestione dei rapporti pregressi e del relativo contenzioso in capo alla Provincia.
Anche la parte appellante ha depositato memoria insistendo nelle proprie argomentazioni difensive.
Con ordinanza del 5 giugno 2019 è stato interrotto il giudizio ai fini di consentire la riassunzione nei confronti della Regione.
Con atto notificato il 3 settembre 2019 la parte appellante ha riassunto il giudizio.
Si è costituita la Regione Toscana contestando l’avvenuta interruzione del giudizio in quanto – secondo la sua ricostruzione- tra Provincia e Regione si sarebbe verificato un fenomeno di successione a titolo particolare e non universale, restando, quindi, legittimata al giudizio anche la Provincia; la difesa regionale ha, comunque, anche contestato nel merito la fondatezza dell’appello.
All’udienza pubblica del 14 gennaio 2020 l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
In via preliminare, con riferimento alla eccezione sollevata dalla Regione rispetto alla successione dei rapporti tra Provincia e Regione, ai sensi della legge 7 aprile 2014 n. 56 e della legge della Regione Toscana 3 marzo 2015, n. 22, ritiene il Collegio che l’interruzione del giudizio abbia consentito una maggior tutela della posizione regionale – che si è infatti successivamente costituita in giudizio- subentrata comunque nella gestione dei procedimenti relativi al contenzioso pendente, ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n. 110 del 2018, che ha dichiarato la illegittimità della legge regionale nella parte in cui lasciava ferma la competenza delle province per i procedimenti in corso e il relativo contenzioso.
In via, altresì, preliminare deve essere respinto il motivo d’appello formulato con riferimento al comportamento della Provincia successivo rispetto all’ordinanza cautelare del giudice di primo grado.
Dalla lettura del provvedimento di liquidazione del contributo del 14 luglio risulta, infatti, evidente che l’avvenuto pagamento del contributo sia stato effettuato in esecuzione dell’ordinanza cautelare del Tribunale amministrativo della Toscana, che, con la sospensione della esecuzione dell’atto di revoca del contributo, aveva ripristinato l’ordinario corso del procedimento, con la successiva fase di liquidazione del saldo da parte dell’ARTEA.
L’appello è comunque infondato.
Il provvedimento impugnato in primo grado è basato sulla mancanza del requisito “essere in regola con gli oneri previdenziali, assistenziali, assicurativi” previsto dal punto 6.2 del bando tra le “condizioni di accesso relative ai beneficiari”, nonché dalla falsa dichiarazione relativa a tale requisito indicato nella domanda di partecipazione.
La mancanza del requisito della regolarità contributiva risulta ormai accertato nel corso del giudizio.
La indicazione contenuta al punto 6.2 del bando richiedeva chiaramente il rispetto di tale requisito; ciò del resto è conforme alla disciplina legislativa della legge n. 266 del 2005 art. 553 citata dallo stesso appellante, per cui “per accedere ai benefì ci ed alle sovvenzioni comunitarie per la realizzazione di investimenti, le imprese di tutti i settori sono tenute a presentare il documento unico di regolarità contributiva di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 266”.
La mancanza delle regolarità contributiva, dopo una prima incertezza – dovuta alla carenza dell’accertamento istruttorio effettuato della Provincia nel corso del procedimento con l’acquisizione del DURC del 3 settembre 2010 attestante la regolarità contributiva alla data del 23 agosto 2010, ma senza una verifica retroattiva- risulta ormai accertata, anche in base alla documentazione depositata in giudizio dalla stessa parte appellante.
In particolare, sia dalla dichiarazione dell’INPS del 12 novembre 2011 che dall’estratto conto INPS del 6 dicembre 2010, depositato con la documentazione allegata all’atto di appello, risulta che alla data della domanda l’appellante non fosse in possesso del requisito della regolarità contributiva, non avendo tempestivamente pagato i contributi relativi al terzo (euro 1473,95) e al quattro trimestre 2008 (euro 1854,13); inoltre le irregolarità contributive si erano verificate anche successivamente (secondo e terzo trimestre 2009 e per il primo trimestre 2010) prima dell’assegnazione del contributo.
Tali circostanze sono state confermate anche dalla relazione istruttoria depositata dalla Provincia nel presente giudizio.
La mancanza della regolarità contributiva alla data di compilazione della domanda e comunque della scadenza del termine di presentazione delle domande è, quindi, un presupposto del provvedimento impugnato orami neppure contestato in fatto nel giudizio di appello.
L’appellante contesta, infatti, di non essere stato a conoscenza della irregolarità contributiva, in quanto la relativa cartella sarebbe stata emessa successivamente (e anche erroneamente notificata), deducendo, altresì, che il bando non richiedeva la presentazione del documento unico di regolarità contributiva.
La mancata previsione nel bando della necessaria presentazione del Documento unico di regolarità contributiva (DURC), è stata evidentemente una modalità di semplificazione della procedura tesa a facilitare la partecipazione delle aziende, che non sono state per questo esentate dal rendere dichiarazioni aggiornate, eventualmente anche sulla base di accertamenti effettuati per proprio conto all’INPS, né tale modalità di semplificazione può essere considerata un limite posto al potere di verifica dell’Amministrazione prima della erogazione del contributo.
Quanto alla questione della effettiva conoscenza da parte dell’appellante del mancato regolare pagamento dei contributi, si può prescindere dall’esame di tale questione essendo sufficiente ed autonomo presupposto del provvedimento impugnato in primo grado la mancanza del requisito della regolarità contributiva comunque accertata.
Per costante giurisprudenza quando un provvedimento è basato su più ragioni giustificatrici tra loro autonome, logicamente indipendenti e non contraddittorie, solo l’accertata illegittimità di tutti i singoli profili su cui essi risultano incentrati può comportare l’illegittimità e il conseguente effetto annullatorio dei medesimi, con la conseguenza che è sufficiente che anche una sola di esse resista alle censure mosse in sede giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti esente dall’annullamento (Consiglio Stato, sez. VI, 29 marzo 2011, n. 1897-.Cons. St., IV, 5 febbraio 2013, n. 694).
Con gli ulteriori motivi di appello sono state sostanzialmente riproposte le censure del ricorso di primo grado relative alla violazione del bando e alle carenza istruttorie, sostenendo che le verifiche sulle dichiarazioni avrebbero dovuto essere effettuate prima della erogazione del contributo; ne sarebbe derivata, quindi, la violazione dell’affidamento ingenerato con l’assegnazione del contributo nonché la mancanza dei presupposti dell’attualità dell’interesse pubblico per procedere all’annullamento d’ufficio.
Anche tali motivi sono infondati.
Dalla disciplina del bando, in primo luogo, risulta evidente che la procedura è improntata alla maggiore semplificazione per le aziende al momento della compilazione della domanda.
Quanto alla circostanza che la verifica documentale sia stata disposta prima della liquidazione del saldo e non prima dell’assegnazione del contributo, si deve considerare che le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 – come quella di specie per espressa disposizione contenuta nel modulo compilato al momento della presentazione della domanda al punto 133.1 dichiarazioni generali- possono essere sempre verificate successivamente.
Ai sensi dell’art. 71, del detto D.P.R., infatti, “le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione, e in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi, sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47”. In base al comma 2 i controlli riguardanti dichiarazioni sostitutive di certificazione sono effettuati dall’amministrazione procedente consultando direttamente gli archivi dell’amministrazione certificante ovvero richiedendo alla medesima, anche attraverso strumenti informatici o telematici, conferma scritta della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei registri da questa custoditi.
Sostiene l’appellante che le verifiche previste ai sensi del D.P.R. 445 del 2000 sarebbero verifiche a campione mentre il bando avrebbe previsto verifiche documentali prima dell’assegnazione e non dopo, come sarebbe avvenuto nel caso di specie, in cui la Provincia ha proceduto alle verifiche sulle dichiarazioni rese nella domanda prima della liquidazione del saldo.
Anche tale argomentazione non può essere condivisa, in quanto la verifica a campione non esclude una verifica di carattere generale, anche tenuto conto che, nel caso di specie, non era richiesta la presentazione del DURC.
In ogni caso, al momento delle verifiche istruttorie compiute dalla Provincia il procedimento non era neppure definitivamente concluso, restando non solo ancora da erogare il saldo del contributo, ma essendo stata la quantificazione finale del contributo anche rideterminata nel corso della istruttoria, successiva all’atto di assegnazione, essendo stato ridotto il contributo ad euro106.174,52, come comunicato con nota del -OMISSIS-.
Dalla avvenuta erogazione dell’anticipo del contributo non poteva, quindi, ingenerarsi alcun affidamento nella parte appellante la quale doveva essere ben consapevole che le proprie dichiarazioni avrebbero dovuto essere concretamente verificate così come è stato prima della liquidazione del saldo.
La circostanza che i bandi successivi hanno previsto la previsa acquisizione del DURC non può rilevare in questa sede, in cui la disciplina del bando è quella del decreto regionale dell’11 novembre 2008; in ogni caso se tale successiva modifica è stata maggiormente rispettosa del principio del buon andamento dell’Amministrazione ciò soprattutto deve dirsi in funzione dell’interesse dell’Amministrazione a non erogare neppure l’anticipo del contributo prima delle complete verifiche delle dichiarazioni, mentre, nel caso di specie, ha invece erogato l’anticipo del contributo in carenza dei presupposti richiesti dal bando.
Peraltro la mancata richiesta del DURC non esimeva la parte, in base ad un ordinario onere di diligenza, di verificare la propria regolarità contributiva, consultando presso l’INPS la propria posizione relativa alla regolarità prima di procedere alla compilazione della domanda.
Infondati sono anche i motivi relativi alla violazione dell’art. 21 quinquies e dell’art. 21 nonies della legge 7 agosto 1990 n. 241, proposti in relazione alla insussistenza dei presupposti per l’autotutela.
In primo luogo, deve precisarsi che, nel caso di specie, la norma applicabile è quella dell’art. 21 nonies relativa all’annullamento d’ufficio, in quanto il provvedimento di assegnazione era illegittimo ab origine per la carenza dei requisiti previsti dal bando in capo all’azienda richiedente il contributo.
L’art. 21 quinquies, invece, si riferisce alla revoca per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, fattispecie estranea alla presente vicenda.
Ai sensi dell’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990, nel testo vigente al momento di adozione dell’atto impugnato in primo grado, “il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21-octies può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato”.
Rispetto a tale disposizione, la giurisprudenza di questo Consiglio ritiene che l’interesse pubblico sia in re ipsa in caso di mancanza dei requisiti per la percezione dei contributi pubblici.
L’annullamento del provvedimento di erogazione di un contributo pubblico o di qualsiasi altra erogazione di denaro pubblico costituisce un atto dovuto per l’Amministrazione concedente, che è tenuta a porre rimedio alle conseguenze sfavorevoli derivanti all’Erario per effetto di un’indebita erogazione di contributi pubblici quando è emerso che il beneficio era stato accordato in assenza dei presupposti di legge, escludendo la sussistenza per l’Amministrazione di uno specifico obbligo di motivazione, essendo l’interesse pubblico all’adozione dell’atto in re ipsa quando ricorra un indebito esborso di danaro pubblico con vantaggio ingiustificato per il privato (cfr. Cons. Stato, V, 22 giugno 2012 n. 3688; Sez, III, 13 maggio 2015, n. 2381).
Applicando tali orientamenti giurisprudenziali, da cui il Collegio non ritiene sussistano elementi per discostarsi nel caso di specie, l’Amministrazione non doveva dare alcuna ulteriore motivazione oltre a quella costituita dalla sussistenza della irregolarità contributiva.
Né può ritenersi irragionevole il termine nel quale è stato disposto l’annullamento considerato che il contributo è stato rideterminato ad aprile 2010; che le verifiche sulla regolarità contributiva sono state effettuate tra settembre e ottobre 2010 e che il 1 dicembre 2010 sono stati richiesti i primi chiarimenti al titolare dell’azienda agricola, mentre il 15 febbraio 2011 è stata data comunicazione di avvio del procedimento di revoca.
La giurisprudenza di questo Consiglio ha affermato che per le fattispecie disciplinate dal testo dell’art. 21 nonies previgente rispetto a quello introdotto con il d.l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, dalla legge 7 agosto 2015, n. 124 – che ha previsto il termine di 18 mesi per l’annullamento d’ufficio -la indicazione del periodo di 18 mesi costituisca, comunque, “un parametro di riferimento” per valutare la “ragionevolezza del termine” dell’intervento di autotutela (cfr. Consiglio di Stato Sez. III, 2 novembre 2019, n. 7476; sez. V, 29 maggio 2019, n. 3583; sez. IV, 18 luglio 2018, n. 4374; Sez. VI, 19 gennaio 2017, n. 250).
Il termine “ragionevole” decorre poi soltanto dal momento della scoperta, da parte dell’amministrazione, dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell’atto di ritiro (Cons. Stato, Ad. Plen., 17 ottobre 2017, n. 8).
Ne deriva che, nel caso di specie, l’annullamento deve ritenersi intervenuto in un termine assolutamente ragionevole, anche in relazione al detto parametro di 18 mesi, considerati i tempi ristretti intercorsi tra l’attività amministrativa svolta ai fini della effettiva conclusione del procedimento di liquidazione del contributo (rideterminazione del contributo il -OMISSIS-, verifiche istruttorie svolte comunque prima della liquidazione del saldo) e della richiesta di chiarimenti già in data 1 dicembre 2010.
Quanto alla deduzione relativa alla circostanza che la situazione di irregolarità contributiva sarebbe relativa ad una pregressa gestione dell’azienda, ritiene il Collegio che tale questione sia stata riproposta in appello in maniera del tutto generica; inoltre, il riferimento all’incontro del gruppo di coordinamento del 15 dicembre 2009 non può avere alcuna rilevanza trattandosi di atto privo di rilevanza esterna o provvedimentale.
In conclusione l’appello è infondato e deve essere respinto.
In considerazione della particolarità della questione sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del presente grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Taormina – Presidente
Fulvio Rocco – Consigliere
Giancarlo Luttazi – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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