Il procedimento di verifica dell’anomalia

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 11 dicembre 2019, n. 8415

La massima estrapolata:

Il procedimento di verifica dell’anomalia non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, ma è volto ad accertare se in concreto l’offerta, nel complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto, e che pertanto la valutazione di congruità deve essere globale e sintetica, senza concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo.

Sentenza 11 dicembre 2019, n. 8415

Data udienza 10 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 8211 del 2018, proposto da
Na. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e in qualità di capogruppo mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con Em. s.r.l., rappresentata e difesa dall’avvocato Pa. Ma. Mo., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Cassa De. e Pr. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati St. Gi. e St. As., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
nei confronti
Na.Ge.. – Gl. Se. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Da. Li., Fr. Sb. e Fa. Ba., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
Gruppo EC. s.p.a., Hi. En. Gr. s.p.a., non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, n. 9178/2018, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Cassa De. e Pr. s.p.a.;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Na.Ge.. – Gl. Se. s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 10 ottobre 2019 il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati Di Ie. per delega di Mo., As., Sb. e Ba.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

Cassa De. e Pr. s.p.a. con atto del 22 gennaio 2018, dopo la verifica della congruità dell’offerta, aggiudicava in via definitiva al costituendo raggruppamento temporaneo di imprese tra Na. Ge.. – Gl. Se. s.r.l., mandataria, e Gruppo EC. s.p.a. e Hi. En. Gr. s.p.a., mandanti, la gara per l’affidamento dell’appalto misto di servizi e lavori avente a oggetto l’attività di conduzione e manutenzione degli impianti e manutenzione edile di alcune sedi della Cassa.
Na. s.p.a., gestore uscente e seconda classificata, con un miglior punteggio per l’offerta tecnica rispetto a quello conseguito dall’aggiudicataria, impugnava l’aggiudicazione e gli atti presupposti con ricorso e motivi aggiunti proposti innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, deducendo, con il primo mezzo, l’anomalia e l’inattendibilità dell’offerta vincitrice quanto ad alcuni specifici costi (manutenzione e gestione degli impianti antincendio e UPS; costituzione dell’anagrafica; ore di presidio; lavoro per la manutenzione dell’impianto antincendio), con il secondo mezzo l’erronea attribuzione alla stessa del punteggio tecnico sotto vari profili (mancata motivazione dei singoli coefficienti e giudizi espressi dalla commissione; erronea applicazione della riparametrazione, non prevista dalla legge di gara; incomprensibilità dei calcoli della riparametrazione).
Con sentenza n. 9178/2018 l’adito Tribunale, nella resistenza di Cassa De. e Pr. e di Na. Ge. – Gl. Se., respingeva il ricorso e i motivi aggiunti. Condannava alle spese la parte ricorrente.
In particolare, la sentenza:
– riteneva infondate tutte le doglianze del primo motivo con le quali la ricorrente aveva sostenuto che l’offerta dell’aggiudicataria era inattendibile e non avrebbe potuto superare la verifica di anomalia;
– dava atto, quanto al secondo motivo, che la ricorrente “ha dichiarato a verbale di rinunciare alla censura per la parte relativa alla riparametrazione”;
– riteneva infondata la residua censura del secondo motivo, in quanto la documentazione versata in atti comprovava che ogni commissario avesse effettuato le proprie valutazioni su tutti i parametri per i quali la legge di gara aveva previsto l’attribuzione di punteggio.
Na. s.p.a. ha appellato la sentenza, deducendo: 1) Error in iudicando, violazione dell’art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016, inattendibilità dell’offerta, eccesso di potere sotto i profili di assoluto difetto di istruttoria, contraddittorietà manifesta, violazione della par condicio competitorum, irragionevolezza manifesta, sproporzione, illogicità ; 2) Error in iudicando, violazione, falsa applicazione dell’art. 97 del d.lgs. n. 50/2016, eccesso di potere sotto i profili di assoluto difetto di istruttoria e travisamento in punto di quantificazione del costo del lavoro dichiarato e giustificato dalla controinteressata, contraddittorietà manifesta, sviamento, irragionevolezza manifesta, sproporzione, illogicità, difetto di motivazione; 3) In via subordinata, error in iudicando ed error in procedendo per difetto/omessa motivazione con riferimento alle operazioni di riparametrazione del punteggio tecnico, per violazione dei criteri di valutazione del punteggio tecnico (paragrafo 19, pag. 34 e ss. del disciplinare di gara), per violazione dei principi di trasparenza, per violazione del principio di par condicio, concorrenza, logicità e ragionevolezza, eccesso di potere per sviamento, illogicità, irrazionalità, difetto di proporzionalità, difetto di motivazione, difetto istruttorio e inattendibilità della valutazione tecnica, perplessità, ingiustizia manifesta.
L’appellante ha concluso per la riforma della gravata sentenza e ha riproposto tutte le domande formulate in primo grado, finalizzate, in via principale, all’annullamento dell’aggiudicazione e all’esclusione dalla gara dell’aggiudicataria, con aggiudicazione della procedura in suo favore e contestuale dichiarazione di inefficacia del contratto stipulato medio tempore, in via subordinata all’annullamento di tutti gli atti della procedura, in via ulteriormente subordinata all’ottenimento del risarcimento del danno.
Cassa De. e Pr. si è costituita in resistenza, domandando la reiezione dell’appello.
Anche l’aggiudicataria si è costituita in resistenza, parimenti concludendo per la reiezione dell’appello e depositando il contratto stipulato con la Cassa dopo la reiezione del ricorso di primo grado.
Con decreto n. 5376/2018 è stata respinta la domanda di adozione di misure cautelari monocratiche formulata dall’appellante; con ordinanza n. 5758/2018 questa V Sezione ha dato atto della rinuncia della medesima all’istanza cautelare.
Tutte le parti hanno affidato a memorie e repliche lo sviluppo delle proprie argomentazioni difensive.
La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 10 ottobre 2019.

DIRITTO

1. L’odierno appello, proposto da Na. s.p.a., seconda classificata e gestore uscente, concerne l’aggiudicazione al raggruppamento temporaneo di imprese capeggiato da Na. Ge. – Gl. Se. s.r.l. della gara per l’affidamento dell’appalto misto di servizi e lavori avente a oggetto l’attività di conduzione e manutenzione degli impianti e manutenzione edile di alcune sedi della Cassa De. e Pr., che il primo giudice ha ritenuto legittima.
L’appello è infondato.
2. Con il primo motivo l’appellante sostiene l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha respinto le doglianze che censuravano l’esito positivo della verifica di congruità dell’offerta presentata dall’aggiudicataria, in realtà inattendibile e anomala.
2.1. Il tema su cui si incentra il motivo impone al Collegio di rammentare preliminarmente che, per consolidata giurisprudenza, richiamata anche da ultimo (Cons. Stato, V, 24 settembre 2019, n. 6419):
– il procedimento di verifica dell’anomalia non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, ma è volto ad accertare se in concreto l’offerta, nel complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto, e che pertanto la valutazione di congruità deve essere globale e sintetica, senza concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo (tra tante, Cons. Stato, III, 29 gennaio 2019, n. 726; V, 23 gennaio 2018, n. 430; 30 ottobre 2017, n. 4978);
– il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzato all’accertamento dell’attendibilità e della serietà della stessa e dell’effettiva possibilità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto alle condizioni proposte; la relativa valutazione della stazione appaltante ha natura globale e sintetica e costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (ex multis, Cons. Stato, V, 17 maggio 2018 n. 2953; 24 agosto 2018 n. 5047; III, 18 settembre 2018 n. 5444; V, 23 gennaio 2018, n. 230). Il relativo procedimento non ha carattere sanzionatorio e non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica: mira invece ad accertare se in concreto l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto. La verifica mira, quindi, in generale, “a garantire e tutelare l’interesse pubblico concretamente perseguito dall’amministrazione attraverso la procedura di gara per la effettiva scelta del miglior contraente possibile ai fini dell’esecuzione dell’appalto, così che l’esclusione dalla gara dell’offerente per l’anomalia della sua offerta è l’effetto della valutazione (operata dall’amministrazione appaltante) di complessiva inadeguatezza della stessa rispetto al fine da raggiungere” (Cons. Stato, V, n. 230 del 2018, cit.);
– il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della pubblica amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza e adeguatezza dell’istruttoria, senza poter tuttavia procedere ad un’autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, che rappresenterebbe un’inammissibile invasione nelle attribuzioni della pubblica amministrazione (ex multis, Cons. Stato, V, 22 dicembre 2014, n. 6231; 18 febbraio 2013, n. 974; 19 novembre 2012, n. 5846; 23 luglio 2012, n. 4206; 11 maggio 2012, n. 2732).
2.2. Tanto ricordato, si osserva che il motivo in trattazione afferma che l’offerta dell’aggiudicataria era anomala e inattendibile per: a) omessa indicazione dei costi relativi alla manutenzione degli impianti antincendio e UPS; b) sottostima dei costi di costituzione dell’anagrafica; c) incongruità delle ore di presidio indicate.
Per nessuno di tali profili le critiche mosse dall’appellante alle valutazioni espresse dal primo giudice possono essere condivise.
2.2.1. Quanto alla censura sub a), l’appellante sostiene che il punto 5.6 del capitolato speciale abbia imposto all’appaltatore di avvalersi nella manutenzione degli impianti antincendio della Cassa, con oneri a suo carico, dell’ausilio di una ditta che detiene i relativi diritti di esclusiva per l’ambito territoriale considerato dal bando. A suo avviso, l’aggiudicataria nelle giustificazioni non ha previsto i relativi costi, e ciò nonostante essi, per la loro rilevanza, siccome attestata dai preventivi rilasciati sia all’appellante che alla stessa aggiudicataria dalla ditta di cui trattasi, sarebbero tali da generare perdite sulla commessa, in quanto i preventivi in parola espongono un costo di Euro 141.444,00 per il triennio, superiore all’utile dell’appalto dichiarato dall’aggiudicataria, che, assomma, sempre per il triennio a Euro 77.339,00.
L’appellante passa quindi a confutare le ragioni della sentenza che hanno escluso che le norme del capitolato speciale prevedessero una ditta esclusivista per la gestione e la manutenzione degli impianti antincendio in parola, “alla quale fosse obbligatorio rivolgersi e dal cui preventivo nessuna delle concorrenti avrebbe potuto discostarsi”.
Le confutazioni dell’appellante non risultano convincenti.
Va considerato che il punto 5.6 del capitolato di gara stabilisce che “per quanto attiene le attività di manutenzione di impianti che richiedano il ricorso esclusivo a società specificatamente qualificate o a tecnologie proprietarie (a titolo di esempio si citano la centrale antincendio e gli UPS), sarà obbligo dell’Appaltatore avvalersi di dette società con oneri integralmente a carico del medesimo nonché presiedere alle attività svolte”.
Va considerato, inoltre, che lo stesso capitolato non menziona affatto il soggetto titolare del diritto di esclusiva di cui trattasi.
Alla luce di tali elementi, deve convenirsi con la sentenza che afferma l’insanabile incompatibilità tra la tesi dell’appellante che la legge di gara imponesse all’offerente di considerare i costi stimati dalla ditta asseritamente esclusivista e la detta disposizione, che prevede espressamente che l’appaltatore possa rivolgersi sia alle ditte proprietarie della tecnologia in parola che ad altri soggetti specificamente qualificati.
A tanto non osta la considerazione che il bando di gara elenchi gli esatti modelli degli impianti antincendio presenti nelle sedi oggetto del servizio.
Si tratta infatti di una informativa che, ex se, come molte altre proprie dei bandi di gara, è rivolta a illustrare tutti gli elementi necessari ai fini della formulazione da parte degli operatori economici interessati di un’offerta che possa mostrarsi consapevole negli elementi qualificanti, perché strutturata in forza di un bando esaustivo dei vari aspetti di rilievo dell’oggetto dell’affidamento.
Pertanto l’informativa in parola non ridonda nella richiesta di predisporre nell’ambito del servizio offerto una sola e indefettibile tipologia di intervento quale quella ipotizzata dall’appellante, laddove manchino, come nella fattispecie, prescrizioni che sostanzino con la necessaria chiarezza il contenuto di una siffatta pretesa, che è ulteriore rispetto all’obiettivo dell’idonea manutenzione degli impianti, in quanto in tal caso il giudizio di idoneità si arricchisce anche dell’aspetto soggettivo corrispondente all’unicità della prestazione dell’esecutore di cui l’offerente è obbligato ad avvalersi.
Tale non è, come visto, la prescrizione di cui al punto 5.6 del capitolato Questa, piuttosto che deporre a favore della tesi della appellante, ne rende manifesta l’infondatezza, nella misura in cui evoca una prestazione suscettibile di essere effettuata da più soggetti, attestandone, pertanto, la pari idoneità .
Privo di mende è inoltre il richiamo sella sentenza al punto 5.5.5 del capitolato, che, dopo aver previsto che il servizio fornito assicuri il monitoraggio degli impianti “da remoto”, in vista di un tempestivo intervento al verificarsi delle problematiche, ha imposto all’appaltatore di “svolgere le attività di formazione per il personale (CDP ed esterno, es. GdF) che sarà di volta in volta comunicato dal referente CDP sulle procedure di antincendio e di emergenza, sul terminale di gestione allarmi, sul sistema di diffusione sonora e sull’utilizzo base della centrale CS400”.
Tale norma conferma infatti l’esattezza delle conclusioni del primo giudice.
In particolare, il punto 5.5.5 del capitolato concorre a pieno titolo al rilievo, qui da evidenziarsi, che, anche ad ammettere che le attività di manutenzione dell’impianto antincendio effettuabili dal personale dell’appaltatore formato ai sensi della previsione siano quelle minimali illustrate dall’appellante, il capitolato della gara per cui è causa ha evocato, espressamente o implicitamente, tre diverse tipologie di attività manutentive, tutte indeterminate, ovvero:
– quelle previste dal punto 5.5.5, che l’appellante definisce “ordinarie” e che, per espressa previsione della legge di gara, possono essere effettuate dal personale dell’appaltatore dopo la formazione;
– quelle di cui al punto 5.6, che l’appellante definisce “programmatiche” o “evolutive”, e che impongono, come il disciplinare dà per scontato, tenuto conto, evidentemente della loro natura, il ricorso a “tecnologie proprietarie” o alle imprese specificamente qualificate, categorie entrambe espressamente richiamate ma non meglio specificate dal capitolato;
– quelle residuali, che non rientrano né tra le attività effettuabili dal personale dell’appaltatore di cui al punto 5.5.5 né tra le attività che richiedono il ricorso alle “tecnologie proprietarie” o alle imprese specificamente qualificate di cui al punto 5.6, e che sono ricavabili implicitamente dallo stesso punto 5.6., che, riferendosi solo alle non meglio definite “attività di manutenzione di impianti che richiedano il ricorso esclusivo a società specificatamente qualificate o a tecnologie proprietarie”, non può ritenersi esaustivo della platea delle attività manutentive “non ordinarie” degli impianti in parola.
Si tratta insomma di un contesto regolatorio che, sia nelle singole previsioni che nel suo insieme, non depone per l’obbligo dell’offerente di considerare nell’offerta i costi di manutenzione dell’impianto antincendio esclusivamente per come esposti dai preventivi della ditta considerata dall’appellante.
Neanche può dirsi ininfluente, come pure sostenuto dall’appellante, che tra tali prescrizioni non vi sia quella che ha individuato puntualmente l’impresa titolare di esclusiva, in quanto la dinamica dei rapporti contrattuali può rendere non consigliabile nell’ambito di una gara pubblica l’indicazione che “congeli” un determinato rapporto contrattuale soggetto per natura a scadenze sue proprie: quello che qui manca è, infatti, non solo e non tanto l’indicazione di una specifica ditta esclusivista, ma piuttosto, a monte, la manifestazione dell’intendimento della stazione appaltante di vincolare l’offerta dell’operatore economico ai costi praticati da un qualsiasi soggetto che detenga una tale posizione.
Non sono, poi, dirimenti le questioni con cui l’appellante lamenta che il primo giudice abbia conferito rilevanza al documento datato 20 giugno 2018, prodotto dall’aggiudicataria, con cui la società costruttrice dell’impianto antincendio della Cassa ha affermato di non essere legata da alcun vincolo di esclusiva né alla ditta che l’appellante ha indicato come esclusivista né ad altri fornitori di servizi, e di limitarsi a indicare ai clienti, laddove non in grado di assumere direttamente ulteriori impegni, i nominativi di fornitori con i quali ha avuto in precedenza esperienze positive di collaborazione.
Infatti, anche in disparte la questione sollevata dall’appellante di quale sia il corretto arco temporale cui riferire tali affermazioni nell’ambito del rapporto che si assume come precedentemente sussistente tra la società costruttrice dell’impianto antincendio della Cassa e la ditta in parola, resta fermo il fatto, come sopra accertato, che il capitolato non ha conferito a tale rapporto la rilevanza pretesa nell’appello.
In definitiva, contrariamente a quanto ritenuto dall’appellante, i preventivi della ditta in parola non sono idonei a comprovare l’azzeramento dell’utile dichiarato dall’aggiudicataria, e, indi l’inattendibilità o l’incongruità della sua offerta, dovendosi ulteriormente rammentare sul punto il principio, ripetuto in giurisprudenza, che al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico (tra tante, Cons. Stato, V, 17 gennaio 2018, n. 270).
2.2.2. Vanno respinte anche le censure svolte dall’appellante quanto alla mancata considerazione da parte dell’offerta dell’aggiudicataria dei costi dei sistemi UPS, indicati dall’appellante nella misura fissa di Euro 28.434,00, in quanto improntate agli stessi passaggi argomentativi di cui si è appena sopra esclusa la fondatezza.
2.3. Quanto alla censura sub b), ovvero alla sottostima dei costi di costituzione dell’anagrafica, il primo giudice ha escluso la correttezza della doglianza rilevando che l’appellante partiva dal presupposto che il rilievo CAD/BIM avrebbe dovuto riguardare una superficie di circa 25.000 mq, per il quale l’offerta dell’aggiudicataria aveva previsto solo 160 ore di rilievi sul campo, per restituirli in CAD e, successivamente, in BIM, secondo modalità compatibili con il suo software informatico, mentre “dalla documentazione versata agli atti emerge che parte del lavoro relativo all’anagrafica è già stato eseguito da Cassa De. e Pr. con conseguente possibilità per l’aggiudicatario di avvalersene, come del resto espressamente dichiarato dalla stessa controinteressata; inoltre si evince che, a differenza di quanto sostenuto da parte ricorrente, le ore dichiarate sono 736 e non 160 in quanto occorre sommare le 160 ore per Cad Designer, alle 480 per Data Entry e alle 96 del Responsabile dell’aggiornamento dell’anagrafica. Peraltro, merita di essere evidenziato come tale voce di costo, che per tutte le considerazioni esposte non può ritenersi sottostimata, non sarebbe comunque idonea ad azzerare l’utile dell’aggiudicataria e a far considerare la sua offerta in perdita”.
Tale conclusione va confermata.
Infatti, la prima parte della censura in esame – con cui l’appellante, riferita la preminente rilevanza delle attività in parola nell’ambito di quelle oggetto di affidamento, sostiene la sottostima dei relativi costi da parte dell’offerta dell’aggiudicataria (Euro 30.674.75), cui ritiene debbano essere aggiunti almeno ulteriori Euro 25.000,00 – continua a sostenere che l’aggiudicataria abbia previsto per l’attività di rilievi sul campo solo 160 ore di lavoro, presupposto che è stato sconfessato dal primo giudice con motivazioni rimaste incontestate.
Quanto poi all’ulteriore affermazione che l’aggiudicataria non potrebbe giovarsi dell’attività già al riguardo effettuata a favore della Cassa, si osserva che essa è affidata a scarne e generiche considerazioni, che si rivelano sfornite di un qualche principio di prova, se non addirittura contraddittorie, come quando l’appellante, che ha realizzato tali attività quale gestore uscente, espone prima (nell’atto di appello) che esse consisterebbero nella mera ricognizione degli impianti in formato Autocad, ovvero bidimensionale, e sarebbero utilizzabili solo in una misura pressoché irrilevante, per poi giungere addirittura ad affermare seccamente (nella memoria depositata il 24 settembre 2019) che il prodotto in questione non sarebbe neanche nella disponibilità della Cassa, asserzione che, per come espressa e tenuto conto del pregresso rapporto contrattuale intercorrente tra l’appellante e la Cassa, si rivela anche priva di un sostrato giuridico.
2.4. Con la doglianza sub c) l’appellante afferma l’incongruità delle ore di presidio indicate dall’aggiudicataria, per difetto di 303 ore annue, corrispondenti all’importo annuo di Euro 5.646,39 e all’importo per il triennio di Euro 16.939,17.
Tali maggiori ore corrispondono, per l’appellante, all’obbligo di presenza costante e uniforme degli addetti al presidio sia nei giorni feriali che in quelli festivi, mentre l’aggiudicataria ha scomputato dal totale dei giorni annui le festività indicate dal calendario dell’ABI.
La sentenza ha rilevato che capitolato di gara ha stabilito espressamente: che la fascia oraria lavorativa della Cassa è quella relativa ai giorni dal lunedì al venerdì non festivi dalle ore 07.45 alle ore 18.15, e che sono considerati festività “i giorni di festività e semifestività delle Banche operanti in Italia (fonte ABI – Associazione Bancaria Italiana)”; che “per le figure professionali/personale aggiuntivo saranno utilizzati i valori previsti alle voci “manodopera” dei prezziari DEI e nel listino Assoverde. La Committente si riserva in ogni caso la facoltà di richiedere una quantificazione a CORPO di tali figure/personale aggiuntivo e per attività da effettuare fuori orario di lavoro, in orario notturno o festivo”. Dall’insieme di tali previsioni ha dedotto la non condivisibilità della censura e, per converso, la sostanziale correttezza del giudizio di congruità reso sul monte ore ordinario di presidio indicato dall’aggiudicataria nel corso della verifica dell’anomalia, perché non affetto da macroscopiche illegittimità, evidenti errori o abnormità .
L’appellante sottopone a critica tale conclusione, sostenendo che una cosa sono i giorni per cui è obbligatoriamente prevista la prestazione ordinaria del presidio, che sono quelli indicati dal punto 5.2 del capitolato (dal lunedì al venerdì ), altra cosa è il punto 2 del capitolato, che, riguardando la mera definizione dei termini del capitolato stesso, non avrebbe potuto essere interpretato in combinato disposto con la prima previsione.
Per respingere la censura, priva di qualsiasi pregio sotto il profilo logico, ancor prima che sotto quello giuridico, non occorrono molte parole.
Infatti, se, come riconosciuto dalla stessa appellante, il capitolato ha reso in premessa una definizione dei propri termini, non si vede come possa prescindersi da tali definizioni nella individuazione del significato delle successive previsioni che recano i termini in tal modo definiti.
2.5. In definitiva, il primo motivo di appello deve essere respinto.
2. Con il secondo motivo si afferma che il costo per la manutenzione degli impianti antincendio indicato dall’aggiudicataria per il monte ore (2.164) di servizi da eseguirsi da parte di specialisti è incongruo, perché calcolato sul costo orario pari a Euro 28,24, anziché all’importo pari a Euro 92,50, previsto dalle tabelle della Federazione delle Associazioni nazionali dell’industria meccanica varia e affine, con conseguente aumento esponenziale della somma indicata dall’aggiudicataria per Euro 61.104,00.
La sentenza, rilevato che l’aggiudicataria ha indicato tale costo in rapporto al preventivo della ditta che l’odierna appellante aveva indicato come titolare di esclusiva, e segnatamente a quello rinveniente dal ribasso ivi contenuto del 15%, ha respinto la tesi dell’appellante che esponeva l’inapplicabilità di tale ribasso perché praticato dalla ditta in parola solo a favore dei concorrenti che avrebbero sottoscritto un contratto di manutenzione, nella specie insussistente.
2.1. Anche in questa sede la censura deve essere respinta.
Infatti, non essendo configurabile, per le ragioni già esposte, una esclusiva da parte della ditta di cui sopra nella gestione e manutenzione dell’impianto antincendio della Cassa, l’aggiudicataria ben poteva considerare, a titolo indicativo, il miglior costo orario da essa preventivato, senza dover necessariamente sottoscrivere il contratto di manutenzione cui si riferisce l’appellante.
Inoltre, come pure rilevato dal primo giudice, la congruità di tale costo orario è stata espressamente riconosciuta nel corso della procedura sulla base della tabella ministeriale provinciale del costo del lavoro per operatori di III e di IV livello, e l’appellante non ha dimostrato né l’erroneità dell’applicazione di tale parametro nè la necessità di applicare il diverso parametro indicato nella censura.
Infine, poiché tale costo orario è stato considerato nella sopra citata valutazione di congruità, deve ritenersi che esso sia quello indicato dall’aggiudicataria: il Collegio non può pertanto tener conto dei dubbi al riguardo avanzati dall’appellante, che si rivelano mere illazioni, frontalmente contrastanti con gli atti di gara.
2.2. Deve ancora darsi atto che con la memoria depositata il 24 settembre 2019 l’appellante, sempre in ordine al tema della manutenzione degli impianti antincendio, afferma che, in ogni caso, il costo oggetto della censura in esame non potrebbe mai essere parametrato, come fatto dall’aggiudicataria, sul proprio personale, in quanto quest’ultimo non potrebbe eseguire le manutenzioni che la stessa appellante nella censura trattata al precedente capo 2.2.1. ha definito “programmatiche” o “evolutive”, e che richiederebbero sempre il ricorso a un servizio esterno in possesso delle caratteristiche richieste dal capitolato di gara.
Il rilievo è inammissibile perché concretizza una nuova censura proposta per la prima volta in sede di appello, mentre nel giudizio di appello amministrativo il thema decidendum è circoscritto dalle censure ritualmente sollevate in primo grado, non potendosi dare ingresso, per la prima volta, a nuove doglianze in violazione del divieto dei nova sancito dall’art. 345 Cod. proc. civ., siano dette doglianze in fatto o in diritto (di recente, Cons. Stato, V, 23 agosto 2019, n. 5827).
Non è dato dubitare della novità dell’argomentazione in parola: essa attiene infatti, del tutto innovativamente, alle modalità con cui l’aggiudicataria ha offerto di espletare il servizio di manutenzione degli impianti antincendio, tema estraneo alle doglianze di primo grado definite dalle parti della sentenza appellata sia con il motivo di appello di cui al citato capo 2.2.1. che con il motivo di appello in trattazione, che hanno riguardato esclusivamente l’asserita inattendibilità e incongruità del costo del servizio.
3. A questo punto deve rammentarsi che, come già riferito in fatto, l’appellante, nell’instaurare il giudizio di primo grado, ha contestato con un unico motivo l’erronea attribuzione all’aggiudicataria del punteggio tecnico sotto tre distinti profili (mancata motivazione dei singoli coefficienti e giudizi espressi dalla commissione; erronea applicazione della riparametrazione, non prevista dalla legge di gara; incomprensibilità dei calcoli della riparametrazione).
La sentenza appellata ha dato atto che la ricorrente aveva dichiarato a verbale “di rinunciare alla censura per la parte relativa alla riparametrazione”, e ha esaminato, respingendola, solo la prima doglianza del motivo in parola.
Ciò posto, si rileva che l’appellante ha affermato con il terzo motivo di appello, proposto in via subordinata, che la verbalizzazione della predetta rinunzia è frutto di un errore materiale, in quanto l’unico profilo di doglianza oggetto di rinunzia sarebbe il secondo, sicchè la sentenza appellata sarebbe affetta da vizio di motivazione per aver omesso di pronunziare in ordine al terzo profilo, riguardante un punto decisivo della controversia.
L’appellante ha dato anche atto di aver proposto istanza per la correzione del verbale di udienza nei sensi sopra indicati, ai sensi dell’art. 86 Cod. proc. amm..
Confidando in tale correzione, l’appellante ha indi riproposto con lo stesso terzo motivo sia la censura respinta che quella a suo dire ritenuta indebitamente rinunziata dal primo giudice.
Il motivo non può trovare accoglimento in alcuna delle sue parti.
3.1. In particolare, il motivo è inammissibile nella parte in cui ripropone la censura di carente motivazione del punteggio tecnico conseguito dall’aggiudicataria per mancata esposizione dei singoli coefficienti e giudizi espressi dalla commissione, rappresentati solo dalla loro media.
Il primo giudice si è pronunziato sulla doglianza rilevando che: “Dalla documentazione versata agli atti emerge che ciascun commissario ha eseguito le proprie singole valutazioni su tutti i parametri per i quali la legge prevedeva l’attribuzione di punteggi, né il fatto che nel verbale allegato da parte ricorrente non siano riportati i giudizi singolarmente attribuiti dai commissari, ma la media degli stessi vale ad inficiare l’attività effettivamente svolta. E’, infatti, evidente che l’indicazione della media sia una modalità di semplificazione che non vale ad elidere la circostanza che i singoli giudizi su ciascun criterio/sub criterio siano stati espressi dai commissari, come è stato dimostrato mediante il deposito delle tabelle”.
In altre parole, il primo giudice ha accertato che la censura si basava esclusivamente sul verbale riportante la media dei giudizi dei commissari, che era invece da leggersi in uno alle tabelle sottostanti, riportanti i singoli giudizi resi su ciascun criterio e sub criterio, versate agli atti del fascicolo di primo grado.
Pertanto, per poter radicare sulla questione un nuovo scrutinio di merito da parte del giudice appello, l’appellante aveva l’onere di allegare che tali tabelle o non erano state depositate in giudizio o non contenevano i giudizi singoli considerati dal primo giudice.
Infatti, il ricorso in appello, ai sensi dell’art. 101 Cod. proc. amm., deve necessariamente contenere “le specifiche censure contro i capi della sentenza gravata”, e in questo senso è la consolidata giurisprudenza, secondo cui “nel giudizio amministrativo costituisce specifico onere dell’appellante formulare una critica puntuale della motivazione della sentenza impugnata, atteso che l’appello al Consiglio di Stato non si può limitare a una generica riproposizione dei motivi di ricorso disattesi dal giudice di primo grado, ma deve contenere una critica obiettiva ai capi di sentenza appellati” (di recente, Cons. Stato, IV, 10 settembre 2018, n. 5294; III, 26 gennaio 2018, n. 570).
Tale onere non è stato invece assolto dall’appellante, in quanto il motivo in esame si esaurisce nella pedissequa riedizione della originaria censura di carenza di motivazione rivolta al precitato verbale, senza alcuna critica delle ragioni che la sentenza impugnata ha posto a base della reiezione della censura.
3.2. Il motivo è inammissibile anche laddove ripropone la doglianza che il primo giudice ha ritenuto rinunziata.
L’appellante afferma che l’accertamento di tale rinunzia è viziato dall’erronea verbalizzazione della dichiarazione resa dal difensore della ricorrente nel corso della pubblica udienza nella quale la causa è stata trattenuta in decisione in primo grado, avverso cui la medesima ha proposto il rimedio di cui all’art. 86 Cod. proc. amm.
L’argomentazione non può condurre ai fini sperati.
Infatti il primo giudice, con ordinanza n. 11443/2018, ha respinto l’istanza di correzione del verbale di udienza di cui trattasi.
Sicché non può ora prescindersi da quanto emergente dal predetto verbale, che, come correttamente rilevato anche dal primo giudice, è atto pubblico che fa fede fino a querela di falso (Cons. Stato, II, 15 aprile 2019, n. 2451; IV, 23 giugno 2015, n. 3162; 7 febbraio 2011, n. 815; Cass. civ., II, 12 gennaio 2009, n. 440), rimedio che nel caso di specie non risulta azionato.
In particolare, è ius receptum che per superare il carattere fidefacente degli atti pubblici la querela di falso è necessaria anche qualora si ritenga che l’immutazione del vero non sia ascrivibile a dolo ma soltanto a imperizia, leggerezza o a negligenza del pubblico ufficiale, con la sola eccezione del caso in cui dal contesto dell’atto risulti in modo evidente l’esistenza di un mero errore materiale compiuto da questi nella redazione del documento (Cons. Stato, II, 15 aprile 2019, n. 2451; Cass. civ., II, 22 aprile 2005, n. 8500).
Quest’ultima ipotesi non ricorre nel caso di specie, nel quale il primo giudice, nell’ordinanza appena citata, ha condivisibilmente escluso che l’istanza proposta dall’odierna appellante, in quanto mirante a “modificare quanto riportato nella decisione, quale conseguenza della richiesta integrazione del verbale di udienza con l’aggiunta di una dicitura che non risulta riportata nello stesso”, possa concernere un’inesattezza o una svista accidentale, afferente alla documentazione o ad altro dato esposto in sentenza.
La censura in parola deve, conclusivamente, ritenersi rinunziata anche in questa sede.
4. Per tutto quanto precede, assorbita ogni altra questione, anche di carattere preliminare, sollevata dalle parti resistenti, l’appello in esame deve essere respinto.
Le spese di giudizio del grado, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello di cui in epigrafe, lo respinge.
Condanna la parte appellante alla refusione in favore delle parti resistenti delle spese di giudizio del grado, che liquida per ciascuna di esse nell’importo pari a Euro 5.000,00 (euro cinquemila/00) oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Stefano Fantini – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere
Anna Bottiglieri – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *