Piano di lottizzazione approvato e convenzionato sia scaduto

Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 2 marzo 2020, n. 1485.

La massima estrapolata:

Nel caso in cui il piano di lottizzazione approvato e convenzionato sia scaduto per il decorso del termine di dieci anni, divengono inefficaci le sue previsioni che non abbiano avuto concreta attuazione, non essendo consentita la loro ulteriore esecuzione; non si possono più eseguire neppure gli espropri, preordinati alla realizzazione delle opere pubbliche e delle opere di urbanizzazione primaria. Ne consegue che anche la convenzione di lottizzazione, scaduta e rimasta inattuata in parte qua, non può vincolare i successivi strumenti urbanistici generali.

Sentenza 2 marzo 2020, n. 1485

Data udienza 3 dicembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8659 del 2009, proposto dal Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Ce. Ca., col quale elettivamente domicilia presso lo studio legale associato De Ve. in Roma, via (…);
contro
Ditta Pa. di Pa. Pa. & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, dagli avvocati Fr. Bu. e Lu. Co., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche Sezione Prima n. 457 del 3.6.2009, resa tra le parti, di accoglimento del ricorso n. r.g. 893/1995, recante impugnazione del provvedimento sindacale di diniego di concessione edilizia, prot. n. 2133 del 26.5.1995 e del presupposto parere della Commissione Edilizia n. 55 del 16.5.1995, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Ditta Pa. di Pa. Pa. & C.;
Vista l’ordinanza del 23 luglio 2019, n. 5195;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2019 il Cons. Francesco Guarracino e uditi l’avv. Va. Mo., su delega dell’avv. Ce. Ca., per la parte appellante e l’avv. Lu. Co. per la parte appellata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche la ditta P.A. di Pa. Pa. & C. chiedeva l’annullamento del provvedimento del Sindaco del Comune di (omissis), prot. n. 2133 del 26 maggio 1995, di diniego della concessione edilizia per la realizzazione di un fabbricato plurifamiliare in via (omissis), nell’ambito della lottizzazione (omissis), e del presupposto parere della Commissione Edilizia, n. 55 del 16 maggio 1995, motivato in relazione all’avvenuta scadenza dei termini previsti dalla relativa convenzione di lottizzazione.
Con sentenza n. 457 del 3 giugno 2009 il Tribunale adito accoglieva il ricorso e annullava il provvedimento sindacale per difetto di motivazione.
Con ricorso in appello il Comune di (omissis) ha impugnato la sentenza affinché, in sua riforma, sia respinto il ricorso di primo grado.
Ha resistito in giudizio la ditta appellata.
In vista dell’udienza del 2 luglio 2019 le parti hanno prodotto scritti difensivi.
Con ordinanza del 23 luglio 2019, n. 5195, sono stati disposti incombenti istruttori a carico del Comune, che in data 16 ottobre 2019 ha provveduto al deposito dei chiarimenti richiesti e della relativa documentazione.
A propria volta la ditta appellata ha prodotto documenti in data 21 ottobre 2019.
L’appellata ha depositato memoria di discussione e l’appellante memoria di replica.
Alla pubblica udienza del 3 dicembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. – Con il provvedimento impugnato in primo grado il Comune di (omissis) ha negato il rilascio della concessione edilizia chiesta in data 7 aprile 2005 per la realizzazione di un fabbricato plurifamiliare in via (omissis), nell’ambito della lottizzazione (omissis) di cui al piano di lottizzazione approvato con deliberazione consiliare n. 50 del 7 maggio 1982, sulla scorta del parere contrario della Commissione edilizia, adottato con la motivazione che “attualmente la lottizzazione risulta essere scaduta per cui l’intervento non può essere ammesso”.
2. – Con la sentenza appellata il T.A.R. ha annullato il diniego per difetto di motivazione, asserendo che “[è ] da condividere in effetti la tesi della ditta ricorrente circa il fatto che l’avvenuta scadenza di un piano di lottizzazione (equiparato per legge al piano particolareggiato di cui all’art. 17 della L. n. 1150/1942 – vedasi gli artt. 4 e 30 e ss. della L.R. n. 34/1992) non giustifica di per sé il diniego di rilascio della concessione edilizia, e ciò in quanto il decorso del termine decennale di efficacia del piano fa venire meno solo i vincoli finalizzati all’espropriazione e le altre limitazioni della proprietà privata imposti dallo strumento attuativo, ma non anche la disciplina urbanistico-edilizia da esso dettata, che continua a trovare applicazione fino all’approvazione di un nuovo piano attuativo o di un nuovo p.r.g. (in terminis, Cons. Stato, IV, n. 1089/1994; TAR Marche, n. 158/2004; TAR Brescia, n. 423/2007)”.
Ha soggiunto il Giudice di primo grado che il diniego non sarebbe stato giustificabile neppure sulla base delle argomentazioni rassegnate dalla difesa del Comune, sia perché non avrebbero potuto costituire integrazione postuma della motivazione, sia perché, comunque, non sarebbe stato provato che il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente adottato (in particolare, per sostenere la necessità della previa adozione di un piano attuativo il Comune avrebbe dovuto dar conto del livello di urbanizzazione esistente nella maglia in cui ricade il lotto interessato dall’intervento edilizio, il che, tuttavia, non sarebbe in alcun modo avvenuto).
3. – Il Comune censura la sentenza di prime cure con due motivi di appello.
3.1 – Col primo motivo contesta che la scadenza del piano di lottizzazione non giustificherebbe il diniego di rilascio della concessione edilizia, sostenendo che il principio applicato nella decisione di primo grado – secondo cui la disciplina urbanistico-edilizia dettata dal piano di lottizzazione continua ad applicarsi anche dopo la scadenza del termine di efficacia decennale del piano stesso – presuppone l’avvenuta integrale realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria previste nella convenzione di lottizzazione, mentre nel caso di specie, al momento della presentazione dell’istanza di concessione edilizia, le opere di urbanizzazione previsti dalla convenzione di lottizzazione (strada, parcheggi, fognature, rete idrica) non risultavano realizzate dalla società istante nei modi e nei termini pattuiti, in particolare all’art. 4 della convenzione medesima (per il quale le opere di urbanizzazione relative all’intera lottizzazione avrebbero dovuto essere completate e giudicate idonee dal Comune di (omissis) prima che venisse richiesta la concessione edilizia relativa al fabbricato da costruirsi per ultimo fra quelli previsti dal piano di lottizzazione).
3.2 – Col secondo, connesso, motivo di appello deduce, per gli effetti di cui all’art. 21 octies della l. 241/90, che, in ragione di ciò, non si sarebbe potuto assumere una decisione diversa dal diniego.
4. – Nelle proprie difese la ditta appellata sostiene, di converso, che il provvedimento è motivato esclusivamente con riferimento al mero evento della scadenza della lottizzazione, senza trarre sostanziale giustificazione dal carente stato di urbanizzazione, poiché soltanto a seguito della notifica del ricorso sarebbe stato conferito l’incarico all’Ufficio tecnico comunale di accertare lo stato delle opere di urbanizzazione primaria, il quale vi avrebbe provveduto unilateralmente e senza preavviso, pervenendo a conclusioni contrastanti con l’effettiva situazione di fatto, quale illustrata negli scritti difensivi e nella documentazione di parte appellata.
5. – Con ordinanza del 23 luglio 2019, n. 5195, la Sezione ha disposto che il Comune depositasse in giudizio “(i) copia dell’istanza di concessione edilizia presentata dalla ditta in data 7.4.1995, coi relativi allegati; (ii) copia delle deliberazioni consiliari n. 50 del 1982 e n. 72 del 1982 e della relativa convenzione stipulata tra le parti; (iii) una relazione sui fatti di causa, che chiarisca se la nuova richiesta di titolo edilizio fosse stata presentata in attuazione dell’originario piano di lottizzazione, quale siano stati gli eventuali sviluppi della vicenda nel tempo trascorso dalla sentenza di primo grado e quale sia lo stato attuale di edificazione del lotto di terreno interessato”.
6. – In esecuzione dell’ordine istruttorio, il Comune ha fatto tenere una relazione del responsabile dell’Area Tecnica dell’amministrazione comunale, datata 15 ottobre 2019.
In essa si chiarisce, allegandone copia, che la richiesta di titolo edilizio presentata dalla società PA. s.a.s. di Pa. Pa. il 7 aprile 1995, prot. n. 1328, era stata formulata come rinnovo delle concessioni relative ai fabbricati C e D (vi si dice: “si invia qui allegata la documentazione tendente ad ottenere il rinnovo delle concessioni relative fabbricati C e D della lottizzazione sita in Codesto Comune – Via (omissis))”), le quali, tuttavia, non sarebbero mai state rilasciate.
La convenzione della richiamata lottizzazione, il cui progetto era stato adottato in via provvisoria dal Consiglio comunale con delibera n. 50 del 1982 ed in via definitiva con delibera n. 72 del 1982, integrata con delibera n. 115 del 1983 in relazione all’approvazione di una tavola integrativa del progetto (n. 3/bis), prevedeva che i lottizzanti assumessero l’obbligo di realizzare, a proprie cure e spese ed entro dieci anni dalla stipula della convenzione medesima (art. 3), avvenuta in forma pubblica amministrativa il 21 novembre 1982 (rep. 388), le opere di urbanizzazione primaria concernenti le strade di urbanizzazione, gli spazi di sosta e parcheggio e le fognature, dei quali dettagliava le caratteristiche tecniche richieste (art. 2), stabilendo in proposito che “[q]uelle opere di cui all’articolo precedente relative all’intera lottizzazione, dovranno… essere completate e giudicate idone[e] dal Comune di (omissis) prima che sia richiesta la concessione edilizia relativa al fabbricato che sarà costruito per ultimo fra quelli previsti dal piano di lottizzazione” (art. 4).
Nella relazione sui fatti di causa il responsabile dell’Area Tecnica conferma che nell’arco di durata decennale della convenzione la ditta PA. ha realizzato due dei cinque fabbricati previsti e non ha neppure provveduto a realizzare le opere di urbanizzazione primaria relative alla zona interessata in conformità a quanto previsto nella convenzione.
Adduce, a dimostrazione, la relazione dell’Ufficio tecnico comunale del 4 agosto 1995, prot. 3198, sulla mancata realizzazione della strada di lottizzazione con le caratteristiche richieste dalla convenzione (art. 2, punto A: “… la massicciata dovrà essere realizzata con sottofondo in ghiaia mista di cava dello spessore di cm. 30 e sovrastante strato di pietrisco calcareo, rullato con successiva bitunatura”), l’assenza del previsto spazio di sosta e parcheggio, la realizzazione della rete di distribuzione idrica soltanto fino ai due fabbricati ultimati, la mancanza delle condutture necessarie per separare le acque chiare dalle acque nere nel sistema di fognatura.
Illustra, infine, la sopravvenuta disciplina urbanistica che ha azzerato potenzialità edificatorie del lotto in questione, incluso in zona C di protezione dal Piano del Parco del Sasso Simone e Simoncello, approvato con delibera del Consiglio regionale delle Marche n. 61 nel 2007 e sottratto dalla destinazione edificatoria nel P.R.G., adottato ed approvato con decreti del commissario ad acta, rispettivamente, n. 3 del 2009 e n. 6 del 2011.
7. – Nella memoria di discussione, in replica alla relazione testé richiamata, la ditta PA. oppone che il cambio di destinazione da edificabile, conseguente alla lottizzazione convenzionata, a verde agricolo è intervenuto dopo ben 15 anni dalla richiesta della realizzazione del terzo e quarto edificio (C-D), e che, se non ci fosse stato il comportamento ostativo del Comune, avrebbe potuto portare a completamento la lottizzazione con la costruzione dell’ultimo edificio ben prima dell’adozione del nuovo PRG.
8. – L’appello è fondato.
9. – Il piano di lottizzazione era stato approvato con deliberazione consiliare n. 50 del 7 maggio 1982 e la relativa convenzione stipulata con l’amministrazione in data 21 novembre 1982 dalla ditta FI. di Fi. Gi. & C. S.a.s., dante causa della odierna appellata.
La richiesta di concessione edilizia della ditta PA. per gli edifici C e D è stata presentata il 7 aprile 1995, vale a dire tredici anni dopo l’approvazione del piano e la stipula della convenzione.
I piani di lottizzazione hanno una scadenza di dieci anni ed ai sensi dell’art. 17 della L. 17 agosto 1942, n. 1150, la scadenza dei termini di efficacia dei piani attuativi e degli strumenti urbanistici che ne condividono la natura (quali i piani di lottizzazione ed i piani di zona per l’edilizia economica e popolare), benché non comporti la decadenza di ogni disciplina urbanistica dell’area – rimanendo espressamente ferme, a tempo indeterminato, le prescrizioni di zona e quelle relative agli allineamenti -, rende tuttavia inattuabili le previsioni del piano medesimo che non abbiano avuto concreta attuazione.
In tal senso è la condivisa giurisprudenza di questo Consiglio (C.d.S., sez. V, 1° febbraio 2019, n. 809: “Per la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, nel caso in cui il piano di lottizzazione approvato e convenzionato sia scaduto per il decorso del termine di dieci anni, divengono inefficaci le sue previsioni che non abbiano avuto concreta attuazione, non essendo consentita la loro ulteriore esecuzione; non si possono più eseguire neppure gli espropri, preordinati alla realizzazione delle opere pubbliche e delle opere di urbanizzazione primaria.
Ne consegue che anche la convenzione di lottizzazione, scaduta e rimasta inattuata in parte qua, non può vincolare i successivi strumenti urbanistici generali (cfr., fra le tante, Cons. Stato, V, 31 agosto 2017, n. 4144; VI, 26 agosto 2014, n. 4278; IV, 28 dicembre 2012, n. 6703)”).
Allorché, dunque, col provvedimento sindacale impugnato in primo grado, prot. n. 2133 del 26 maggio 1995, il rilascio del titolo edilizio è stato negato in ragione del fatto che la lottizzazione risultava essere scaduta, la motivazione, per quanto sintetica, rispecchiava la situazione di diritto, nella quale il completamento del piano e delle presupposte opere di urbanizzazione primaria previste e regolate dalla convenzione era precluso dalla sopravvenuta inefficacia dello strumento attuativo a suo tempo approvato.
La risposta era coerente con la domanda di concessione, relativa al “rinnovo” delle concessioni edilizie (che il Comune ha negato fossero state mai rilasciate, senza trovare contestazione sul punto), “per decorrenza dei termini di validità ” (cfr. la relazione tecnica allegata all’istanza), per la realizzazione di due fabbricati dei cinque previsti dal piano di lottizzazione (di cui soltanto due realizzati fino a quel momento), in attuazione del piano medesimo (l’istanza era finalizzata ad ottenere il “rinnovo delle concessioni relative ai fabbricati C e D della lottizzazione”; la relazione tecnica faceva ampio rinvio alla documentazione presentata in origine; le stesse tavole di progetto facevano riferimento alla lottizzazione originaria).
L’argomento sostenuto in giudizio dall’appellata (cfr. memoria di costituzione in appello, pag. 9 ss.) secondo cui sarebbe stato possibile assentire, comunque, la realizzazione dei due fabbricati sulla scorta di un supposto stato di sufficiente di urbanizzazione dell’area che, in tesi, sarebbe dimostrato dalle certificazioni di abitabilità degli edifici già realizzati si scontra col fatto che l’istanza di concessione edilizia respinta dall’amministrazione riguardava, come ora visto, l’ulteriore esecuzione dell’intervento a suo tempo convenzionato, non ultimato nei termini, e non l’autonomo rilascio di titoli edilizi per un’edificazione svincolata da quel piano, al di fuori della convenzione.
Si aggiunga che la condizione per il rilascio del certificato di abitabilità posta nella convenzione di lottizzazione era, semplicemente, che le opere di urbanizzazione risultassero “completate, per la parte attinente a ciascun fabbricato, prima che sia richiesto il certificato di abitabilità per il fabbricato stesso o prima che esso venga abitato parzialmente” (art. 4, co. 1, convenzione), sicché i certificati di abitabilità rilasciati per i fabbricati A e B nulla provano sullo stato di urbanizzazione complessiva del lotto, mentre costituisce un’evidente petizione di principio l’affermazione della ditta appellata (ivi, pag. 10) secondo la quale, poiché la strada di lottizzazione realizzata già servirebbe validamente le due palazzine già edificate, essa servirebbe allo stesso modo anche quelle edificande: affermazione, peraltro, smentita dal fatto che la tavola di progetto allegata all’istanza (cfr. la documentazione depositata in esecuzione dell’ordinanza istruttoria) prevede non una, ma due strade che, diramandosi da via (omissis), avrebbero dovuto essere a servizio delle palazzine, di cui una costeggiante un’area destinata a parcheggio pubblico (restando così smentito anche l’ulteriore assunto dell’appellata riguardo al fatto che non sarebbe stato previsto dal progetto di lottizzazione il parcheggio pubblico che invece, secondo le richiamate relazioni dell’amministrazione, avrebbe dovuto essere realizzato e ceduto al Comune secondo quanto previsto dall’art. 2, lett. B della convenzione).
Tanto esime dal soffermarsi oltre sulla questione dello stato di fatto della lottizzazione, come illustrato nella relazione dell’Ufficio tecnico comunale del 4 agosto 1995, prot. 3198, anche con documentazione fotografica dello stato dei luoghi e, in particolare, della strada di lottizzazione ricoperta di semplice breccione (doc. 4 della produzione di primo grado del Comune, depositata presso la Segreteria del T.A.R. il 10 aprile 2009), cui l’appellante non ha opposto alcuna diversa evidenza.
10. – Per queste ragioni, il primo motivo di appello risulta fondato e pertanto, assorbito il secondo motivo, l’appello deve essere accolto. Per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, il ricorso di primo grado deve essere respinto.
11. – Le spese del doppio grado del giudizio seguono la soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Condanna la Ditta Pa. di Pa. Pa. & C. al pagamento in favore del Comune di (omissis) delle spese del doppio grado del giudizio, che liquida nella somma complessiva di Euro 3000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge e con rimborso del contributo unificato nella misura dovuta e versata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Taormina – Presidente
Giovanni Sabbato – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere
Giovanni Orsini – Consigliere
Francesco Guarracino – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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