Consiglio di Stato, Sentenza|12 febbraio 2021| n. 1291.
Per servizi di natura intellettuale si intendono quelli che richiedono lo svolgimento di prestazioni professionali, svolte in via eminentemente personale, costituenti ideazione di soluzioni o elaborazione di pareri, prevalenti nel contesto della prestazione erogata rispetto alle attività materiali e all’organizzazione di mezzi e risorse; mentre va esclusa la natura intellettuale del servizio avente ad oggetto l’esecuzione di attività ripetitive che non richiedono l’elaborazione di soluzioni personalizzate, diverse, caso per caso, per ciascun utente del servizio, ma l’esecuzione di meri compiti standardizzati
Sentenza|12 febbraio 2021| n. 1291
Data udienza 30 luglio 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Procedura di gara – Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa – Servizi di natura intellettuale – Esclusione – Eccesso di potere – Ingiustizia manifesta – Carenza di istruttoria – Falsa ed erronea rappresentazione dei fatti – Difetto di motivazione – Disparità di trattamento – Procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta – Art. 120, comma 2 bis, Cod. proc. amm – Art. 29 del Codice dei contratti pubblici – Termine di impugnazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8339 del 2019, proposto da
St. St. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ca. Pi., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. La Pa. in Roma, via (…);
contro
Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Vi. Fi., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Cr. Bo. in Roma, viale (…);
nei confronti
Ar. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Sa. e Al. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato An. Sa. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Quarta, n. 01919/2019, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti S.p.A. e di Ar. S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 luglio 2020, tenuta ai sensi dell’art. 84, comma 5, d.l. n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2020, con le modalità di cui al comma 6 dello stesso art. 84 come da verbale, il consigliere Angela Rotondano e dato per presente per Ar. S.p.A. l’avvocato Al. Ba., ai sensi dell’art. 4 co 1 ultimo periodo D.L. n. 28/2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L’Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti S.p.A. (A.R.I.A. S.p.A., già A.R.C.A. S.p.A.) bandiva, in qualità di centrale di committenza della Regione Lombardia, una procedura di gara, da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per la progettazione, realizzazione e gestione del servizio di posta elettronica certificata in SaaS (“software-as-a-service”) “a favore del personale dipendente degli Enti aderenti” (pag. 2 del Capitolato di gara).
2. La società St. St. S.r.l., che aveva partecipato alla gara risultando prima in graduatoria, impugnava dinanzi al Tribunale amministrativo per la Lombardia la propria esclusione dalla gara (comunicata con nota del R.U.P. del 3 luglio 2019) motivata sulla asserita omessa indicazione “all’atto della compilazione dell’offerta economica sulla piattaforma Sintel” dell’importo dei costi della sicurezza, come richiesto dal Disciplinare di gara e dall’art. 95, comma 10 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.
A sostegno dell’impugnativa deduceva:
a.1) Motivi di ricorso inerenti l’illegittimità degli atti successivi alla comunicazione di aggiudicazione in via principale: I) violazione di legge – erronea e/o falsa applicazione dell’art. 95, comma 10, e dell’art. 4.2.3 del disciplinare di gara; II) incompetenza – violazione di legge ed erronea e/o falsa applicazione dell’art. 31 del d.lgs. n. 50/2016 e dell’art. 5.2 delle Linee guida Anac n. 3 recanti “nomina, ruolo e compiti del responsabile unico del procedimento per l’affidamento di appalti e concessioni”;
a.2) Motivi di ricorso inerenti l’illegittimità degli atti successivi alla comunicazione di aggiudicazione in via subordinata e gradata: III) violazione di legge – art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50/2016 e art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50/2016; IV) eccesso di potere per carenza di istruttoria, erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto ed insufficiente e/o contradditoria motivazione; eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza; eccesso di potere per ingiustizia manifesta; V) violazione di legge – erronea e/o falsa applicazione dell’art. 83, comma 8, e dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016 s.m.i.;
b) motivo di ricorso inerente l’illegittimità parziale della lex specialis -in via di ulteriore subordine: VI) violazione di legge erronea e/o falsa applicazione dell’art. 83, comma 8, e dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016 s.m.i.
In sintesi la ricorrente sosteneva: a) di aver comunque indicato in offerta gli oneri di sicurezza interni, anche se pari a zero; b) che l’esclusione era stata disposta da un organo incompetente (la commissione di gara, in luogo del RUP); c) che l’esclusione non poteva essere disposta senza aver prima attivato il soccorso istruttorio; d) che non doveva applicarsi alla fattispecie l’art. 95, comma 10, D.Lgs. n. 50/2016, trattandosi di appalto avente ad oggetto prestazioni intellettuali; e) che la lex specialis era nulla nella parte in cui aveva previsto una causa di esclusione non codificata.
Proponeva anche domanda di accertamento del proprio diritto ad ottenere l’aggiudicazione della gara oltre che di risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente.
2.1. Con un primo ricorso per motivi aggiunti la predetta società St. St. chiedeva l’annullamento del provvedimento di conferma dell’esclusione che la stazione appaltante aveva adottato all’esito del sollecitato riesame (nel corso del quale la società ricorrente aveva fornito le richieste giustificazioni), sul rilievo che gli oneri aziendali pari a zero rendevano l’offerta insostenibile.
L’impugnativa era affidata alle seguenti censure:
a) motivi dedotti in via principale, con riferimento all’illegittimità del provvedimento confermativo dell’esclusione e del verbale del 14.9.2018: I) violazione di legge – erronea e/o falsa applicazione dell’art. 97, comma 1, 4 e 5, lett. c), e art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016; II) eccesso di potere per contraddittorietà e ingiustizia manifesta; eccesso di potere per carenza di istruttoria, erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto ed insufficiente e/o contradditoria motivazione; eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza;
b) motivi dedotti in subordine, con riferimento all’illegittimità del verbale del 14.9.2018: III) eccesso di potere per disparità di trattamento, contraddittorietà e ingiustizia manifesta; eccesso di potere per carenza di istruttoria, erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto ed insufficiente e/o contradditoria motivazione; eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza.
Venivano reiterate la domanda di accertamento del diritto ad ottenere l’aggiudicazione della gara e quella di risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente.
2.2. Con un secondo ricorso per motivi aggiunti la ricorrente domandava l’annullamento dell’aggiudicazione della gara (disposta con determinazione direttoriale n. 199 dell’8 marzo 2019) in favore di Ar. S.p.A., unica altra concorrente Ar. S.p.A. (oltre che del provvedimento confermativo dell’esclusione e di ogni altro atto connesso o consequenziale), deducendone la “illegittimità derivata in ragione delle censure già proposte nei confronti degli atti presupposti” e riproponendo sia i motivi di censura sollevati col ricorso principale e con il primo atto per motivi aggiunti, sia le domande di subentro e di risarcimento del danno.
2.3. Con un terzo ricorso per motivi aggiunti la società faceva valere (nuovi ed ulteriori, rispetto a quelli già sollevati) profili di illegittimità dell’aggiudicazione, denunciando: I). violazione di legge – erronea e/o falsa applicazione dell’art. 32, comma 7 del d.lgs. n. 50/2016, dell’art. 80, comma 5, lett. c) e lett. f-bis) del d.lgs. n. 50/2016 e degli artt. 71 e 75 del d.p.r. n. 445/2000; eccesso di potere violazione della lex specialis di gara (art. 4.2 del disciplinare di gara e patto di integrità in materia di contratti pubblici regionali); eccesso di potere per difetto di istruttoria e difetto di motivazione; II). violazione di legge – erronea e/o falsa applicazione dell’art. 32, comma 7, dell’art. 80, comma 5, lett. c) e dell’art. 85 del d.lgs. n. 50/2016, dell’art. 71 e 75 del d.p.r. n. 445/2000; eccesso di potere per violazione della lex specialis (controlli precedenti all’aggiudicazione ex art. 6.2 del disciplinare di gara); eccesso di potere per difetto di istruttoria e difetto di motivazione.
Venivano richiamati e riproposti i motivi sollevati col ricorso principale e con gli altri ricorsi per motivi aggiunti e le domande di accertamento del diritto ad ottenere l’aggiudicazione e di risarcimento del danno, in forma specifica o per equivalente.
3. L’adito tribunale, nella resistenza della stazione appaltante e di Ar. S.p.A., che instavano per il rigetto del ricorso, definitivamente pronunciando con la sentenza segnata in epigrafe sul ricorso principale e sui motivi aggiunti ha: a) dichiarato improcedibile il ricorso principale per sopravvenuta carenza di interesse (essendo intervenuto un nuovo provvedimento di esclusione, non meramente confermativo, all’esito di una nuova e rinnovata istruttoria, impugnato col primo ricorso per motivi aggiunti); respinto il primo ed il secondo ricorso per motivi aggiunti, ritenendo infondati i motivi di censura (negando che l’appalto de qua avesse ad oggetto servizi di natura intellettuale e che pertanto non fossero configurabili costi di sicurezza aziendale; escludendo che vi fosse stata una disparità di trattamento nella valutazione di congruità delle due offerte in gara e dichiarando manifestamente infondata la questione di costituzionalità sollevata dalla ricorrente dell’articolo 95, comma 10, del D. Lgs. n. 50 del 2016); c) dichiarato irricevibile il terzo ricorso per motivi aggiunti, i cui motivi, in quanto volti a contestare l’ammissione alla gara di Ar., all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi da questa posseduti, erano stati sollevati oltre il termine (di trenta giorni dalla pubblicazione del provvedimento sul profilo del committente) di cui all’art. 120, comma 2 bis, Cod. proc. amm., ratione temporis applicabile alla fattispecie (rilevando per altro come non potessero neppure invocarsi nella fattispecie i principi affermati dalla pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 14 febbraio 2019, nella causa C-54/19).
4. La società St. St. ha chiesto la riforma di tale sentenza, deducendone l’erroneità e l’ingiustizia per i seguenti motivi, con cui sono stati sostanzialmente riproposti tutti i motivi di censura sollevati in prime cure, malamente apprezzati, superficialmente esaminati ed ingiustamente respinti o addirittura dichiarati irricevibili:
“A. Con riferimento al primo ricorso per motivi aggiunti e al secondo ricorso per motivi aggiunti (impugnazione del provvedimento confermativo dell’esclusione e, per vizi derivati, del provvedimento di aggiudicazione):
I. Violazione di legge- erronea e/o falsa applicazione dell’art. 97, comma 1, 4 e 5, lett. c) e art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016;
II. Eccesso di potere per contraddittorietà e ingiustizia manifesta; eccesso di potere per carenza di istruttoria, erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto ed insufficiente e/o contraddittoria motivazione; eccesso di potere per illogicità ed irragionevolezza.
B. Con riferimento al terzo ricorso per motivi aggiunti (impugnazione del provvedimento di aggiudicazione ad Ar. per vizi autonomi)
III. Violazione e falsa applicazione dell’art. 120, comma 2-bis, del d.lgs. n. 104/2010, violazione e falsa applicazione dell’art. 1 e dell’art. 2- quater della Direttiva 89/665/CEE, violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 113 della Costituzione, violazione del principio comunitario di effettività della tutela, travisamento dei fatti;
IV. Violazione e falsa applicazione dell’art. 32, comma 7, del d.lgs. n. 50/2016, dell’art. 80, comma 5, lett. c) e lett. f-bis) del d.lgs. n. 50/2016 e degli artt. 71 e 75 del d.P.R. n. 445/2000; eccesso di potere per violazione della lex specialis di gara (art. 4.2. del disciplinare di gara e Patto di integrità in materia di contratti pubblici regionali); eccesso di potere per difetto di istruttoria e difetto di motivazione;
V. Violazione di legge- erronea e/o falsa applicazione dell’art. 32, comma 7, dell’art. 80, comma 5, lett. c) e dell’art. 85 del d.lgs. n. 50/2016, dell’art. 71 e 75 del d.P.R. n. 445/2000; eccesso di potere per violazione della lex specialis (controlli precedenti all’aggiudicazione ex art. 6.2. del disciplinare di gara); eccesso di potere per difetto di istruttoria e difetto di motivazione.
C. Con riferimento alla domanda di accertamento del diritto di St. St. all’aggiudicazione della gara;
D. Con riferimento alla tutela in forma specifica richiesta da St. St.;
E. Con riferimento al risarcimento del danno per equivalente;
F. Con riferimento al capo della sentenza inerente alle spese di lite del primo grado di giudizio.”
5. Hanno resistito al gravame A.R.I.A. S.p.A. e l’aggiudicataria Ar. S.r.l., chiedendone il rigetto.
6. L’appellante ha rinunciato alla domanda cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata: di tanto si è preso atto con ordinanza n. 5814 del 22 novembre 2019.
7. All’udienza del 30 luglio 2020, tenuta ai sensi e con le modalità dell’art. 84, commi 5 e 6, d.l. n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2020, la causa è stata trattenuta in decisione senza discussione, sulla base degli atti depositati.
DIRITTO
8. È oggetto di appello la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, segnata in epigrafe, che, definitivamente pronunciando sul ricorso principale e su tre ricorsi per motivi aggiunti proposti dalla società St. St. avverso la propria esclusione dalla gara bandita da A.R.C.A. S.p.A. (ora A.R.I.A. S.p.A.) per l’affidamento di una convenzione per l’erogazione dei servizi di posta elettronica certificata in modalità “software as a service” di diversi enti della Regione Lombardia, e avverso la successiva aggiudicazione della stessa ad Ar. S.p.A, ha dichiarato improcedibile il ricorso principale; respinto il primo ed il secondo ricorso per motivi aggiunti per l’infondatezza della relative censure; dichiarato irricevibile il terzo ricorso per morivi aggiunti.
9. I motivi di gravame, puntualmente indicati sub § 4), con cui la società appellante ha reiterato in sostanza le censure sollevate in primo grado con il ricorso principale ed i tre ricorsi per motivi aggiunti avverso i provvedimenti di esclusione dalla gara e di aggiudicazione della stessa ad Ar. S.p.A., possono essere così sintetizzati.
9.1. Con il primo articolato motivo l’appellante lamenta il rigetto della censura di erronea e/o falsa applicazione dell’art. 97, comma 1, 4 e 5 lett. c), e art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, sostenendo, per un verso, che l’appalto de quo avrebbe avuto natura “prevalentemente intellettuale”, con conseguente esclusione dei relativi obblighi dichiarativi in materia di oneri aziendali, e, per altro verso, che, anche a prescindere dalla natura dei servizi da affidarsi, essa appellante non avrebbe effettivamente sostenuto per l’esecuzione dell’appalto in questione oneri di sicurezza aziendali ulteriori rispetto a quelli già sostenuti per lo svolgimento ordinario della propria attività .
9.1.1. A conforto di tale prospettazione l’appellante ha sottolineato che l’appalto in questione concerneva in realtà l’affidamento di un complesso di servizi informatici specialistici, consistenti nello sviluppo e fornitura di software per la gestione del servizio di posta elettronica e in servizi connessi, costituiti da assistenza tecnica, migrazione, help desk e servizi di formazione, e che, come risultava dalla lex specialis (art. 2 del capitolato tecnico), agli offerenti era richiesta un’attività di sviluppo di soluzioni software ad hoc prive di caratteristiche ripetitive e standardizzate, richiedendo piuttosto il possesso di elevate competenze informatiche specialistiche: tali servizi sarebbero pertanto stati erogati dagli operatori [della società appellante] “da remoto” (senza recarsi presso i locali degli enti destinatari) con esclusione di rischi specifici o a pericoli materiali ulteriori rispetto a quelli derivanti dallo svolgimento ordinario delle proprie mansioni presso la sede aziendale.
Secondo l’appellante (che al riguardo ha invocato anche alcuni precedenti giurisprudenziali asseritamente applicabili al caso di specie, Cons. di Stato, sez. V, 11 dicembre 2015, n. 5651; sez. V, 16 marzo 2016, n. 1051; sez. V, 19 gennaio 2017, n. 223), avrebbe errato sia la stazione appaltante, prima, che il Tribunale poi a ravvisare la sussistenza di oneri di sicurezza (il cui importo non era stato indicato); ciò senza contare che la stessa stazione appaltante aveva escluso l’esistenza di oneri da interferenze a carico dell’appaltatore per l’esecuzione dei servizi oggetto di gara; di conseguenza non avrebbe potuto dubitarsi della congruità e sostenibilità della propria offerta.
9.1.2. L’appellante ha anche lamentato l’erroneità delle conclusioni della sentenza impugnata secondo cui l’assenza di oneri di sicurezza aziendali sarebbe ammissibile negli appalti di servizi soltanto a condizione che l’appaltatore utilizzi esclusivamente lavoratori autonomi, desumendo dall’utilizzo, dichiarato in offerta, dei propri dipendenti, l’incongruità ed insostenibilità della propria offerta.
9.1.3. Ha aggiunto l’appellante che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto non fornita la prova che le proprie specifiche condizioni tecniche ed organizzative le avrebbero consentito di erogare i servizi oggetto dell’appalto senza incidere in alcun modo sui costi della sicurezza aziendale, laddove essa appellante non sosteneva alcun costo per la gestione del server fisico (il c.d. data center), in quanto aveva acquisito lo spazio virtuale necessario secondo modalità software as a service, pagando ad un terzo – Am. AW. – un corrispettivo per la messa a disposizione di tale spazio all’interno del data center gestito dallo stesso soggetto terzo: in tal modo il costo della sicurezza sarebbe stato convertito in un costo contrattuale all’interno di un servizio acquistato on demand; circostanze queste che erano state tutte evidenziate nell’offerta e che evidenziavano l’erroneità della sentenza per non aver rilevato, sulla base della documentazione versata in atti, che il rapporto tra essa appellante e Am. AW. era ricostruibile in termini di contratto di collaborazione per la prestazione continuativa di servizio.
9.1.4. L’appellante ha anche riproposto la questione concernente la corretta interpretazione della norma di cui all’art. 95, comma 10, del Codice dei contratti pubblici: la ratio della norma, id est di verificare l’effettivo rispetto delle condizioni minime di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro anche nelle società che erogano servizi, non imporrebbe di ritenere necessariamente, come sostenuto dall’amministrazione e dal primo giudice, che anche nelle gare per l’affidamento di appalti di natura “prevalentemente” intellettuale gli appaltatori che, per l’esecuzione del contratto, non sostengano oneri di sicurezza ulteriori rispetto a quelli determinati dall’ordinaria operatività aziendale devono in ogni caso procedere ad un inutile e formalistico adempimento burocratico, consistente nella gravosa quantificazione dell’ipotetica quota parte dei costi di sicurezza aziendale annui teoricamente riferibile al singolo contratto, giacché quello stesso fine ben potrebbe essere assicurato in altro modo (ad esempio attraverso accertamenti ed ispezioni da parte degli organi preposti), e non già mediante mere operazioni matematiche, prive di concreta utilità . L’appellante ha quindi prospettato l’incostituzionalità della norma in questione per contrasto con l’art. 1, comma 1, lett. a) della legge delega n. 11/2016 che ha previsto il divieto di “gold plating”, ossia di introdurre nel decreto legislativo di recepimento delle direttive europee in materia di contratti “livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive, come definiti dall’articolo 14, commi 24-ter e 24-quater della legge 28 novembre 2005, n. 246”.
9.1.5. Sempre col primo motivo di gravame l’appellante ha lamentato l’erroneo rigetto delle censure di eccesso di potere per ingiustizia manifesta, carenza di istruttoria, falsa ed erronea rappresentazione dei fatti, difetto di motivazione, illogicità, irragionevolezza e disparità di trattamento appuntate nei confronti sia del provvedimento di esclusione che di quello successivo di conferma, non avendo il tribunale rilevato che nel proprio documento di offerta gli oneri di sicurezza aziendale erano effettivamente indicati e, dopo attenta ponderazione, quantificati come pari a zero: sulla base di tale lacunosa istruttoria, la commissione di gara, organo incompetente, aveva adottato il provvedimento di esclusione.
Peraltro solo successivamente e nel maldestro tentativo di rimediare al proprio macroscopico errore l’amministrazione appaltante aveva avviato il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, all’esito del quale, ritenute implausibili le giustificazioni prodotte, aveva ritenuto, con motivazione insufficiente (precipitato di un’istruttoria carente sotto plurimi aspetti) non congrua l’offerta e confermato, con tale diversa (e altrettanto erronea) motivazione, l’esclusione dalla gara. A tacer d’altro la stazione appaltante erroneamente non aveva rilevato che anche gli oneri aziendali indicati (senza ulteriori spiegazioni) dall’aggiudicataria (in Euro 2.5000,00, per l’intera esecuzione del contratto della durata complessiva pari a 5 anni, corrispondenti allo 0,09% dell’offerta economica presentata) erano pressoché inesistenti, sicché l’illogicità, irragionevolezza, intrinseca contraddittorietà e disparità di trattamento dell’istruttoria condotta nel procedimento di verifica dell’anomalia non poteva che riflettersi sui provvedimenti conclusivi della gara.
9.2.. Con il secondo pur esso articolato motivo di gravame l’appellante contesta la declaratoria di irricevibilità del terzo ricorso per motivi aggiunti, frutto, a suo avviso, di un grave travisamento dei fatti e palesemente violativa dei principi comunitari e costituzionali di effettività della tutela giurisdizionale in materia di contratti pubblici.
9.2.1. Secondo l’appellante la disposizione dell’art. 120, comma 2 bis, Cod. proc. amm., certamente applicabile ratione temporis alla procedura di cui trattasi, va interpretata in senso restrittivo, in ragione del carattere speciale e derogatorio della norma stessa ed anche le formalità pubblicitarie e i requisiti previsti dall’art. 29 del Codice dei contratti pubblici devono essere tassativamente presenti affinché possa iniziare a decorrere il termine di impugnazione nei confronti del provvedimento delle ammissioni e delle esclusioni; del resto in tal senso si è espressa anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Sennonché nel caso di specie il provvedimento di ammissione alla gara degli operatori economici pubblicato il 5 febbraio 2018 non conteneva tutte le informazioni previste dall’art. 29 citato ed inoltre le verifiche del possesso in capo all’aggiudicataria dei requisiti generali ex art. 80 si erano formalmente concluse soltanto con la proposta di aggiudicazione, comunicata unitamente all’aggiudicazione definitiva, solo in data 11 marzo 2019.
9.2.2. Pertanto, poiché soltanto all’esito dell’esperito accesso sarebbe stata acquisita la documentazione relativa alle predette verifiche, in relazioni alle quali erano stati formulati gli ulteriori motivi di censura formulati col terzo atto di motivi aggiunti, quest’ultimo era da ritenersi tempestivo.
9.3. Sono stati quindi riproposti i motivi non esaminati dalla sentenza per l’erronea declaratoria di tardività, lamentando la violazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice dei contratti pubblici, per non avere l’aggiudicataria dichiarato la condanna ricevuta per pratiche commerciali scorrette (in forza di un provvedimento emesso dall’AGCM il 30 maggio 2017), in quanto integrante “gravi illeciti professionali”, impedendo alla stazione appaltante la relativa valutazione ai fini dell’incidenza sull’affidabilità professionale; omissione dichiarativa dalla quale doveva conseguire l’esclusione dalla gara di Ar. anche ai sensi dell’art. 75 del d.P.R. n. 445/2000.
Tali circostanze, sempre secondo la società St. St., delineavano anche l’ulteriore violazione, da parte dell’aggiudicataria, dei principi generali previsti dal Patto di integrità in materia di contratti pubblici regionali della Lombardia, costituente parte integrante della lex specialis di gara, che imponeva “la reciproca e formale obbligazione tra le Amministrazioni aggiudicatrici e gli operatori economici individuati al comma 1, di improntare i propri comportamenti ai principi di lealtà, trasparenza e correttezza, nonché l’espresso impegno anticorruzione di non offrire, accettare o richiedere somme di denaro o qualsiasi altra ricompensa, vantaggio o beneficio”.
Ulteriore omissione dichiarativa da parte dell’aggiudicataria era ricollegabile alla mancata indicazione dei provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali riconducibili alla fattispecie dei gravi illeciti professionali (che non costituiscono un numero tassativo).
Sotto altro concorrente profilo la mancata considerazione da parte della stazione appaltante dei suindicati provvedimenti sanzionatori subiti dall’aggiudicataria implicavano anche la violazione di precisi obblighi di verifica sulle dichiarazioni fornite dai partecipanti alla gara, alla luce di quanto previsto dagli artt. 32, comma 7, e 85, comma 5, dello stesso Codice, nonché dalle previsioni della lex specialis di gara, in particolare di quelle di cui all’art. 6.2. del disciplinare di gara, dando luogo tra l’altro anche ad un’istruttoria gravemente carente e inadeguata.
10. I motivi di appello, che per la loro stretta connessione possono essere oggetto di trattazione unitaria, sono infondati e vanno respinti alla stregua delle osservazioni che seguono, potendo pertanto prescindersi dall’esame delle eccezioni di inammissibilità (per tardivo deposito di copia della sentenza impugnata entro il prescritto termine, in violazione dell’art. 94 Cod. proc. amm.) sollevate in via preliminare dalle parti appellate.
10.1. Non è innanzitutto meritevole di censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che i servizi oggetto dell’appalto in questione non avessero natura “esclusivamente” intellettuale.
10.1.1. Al riguardo va premesso che il Codice dei contratti pubblici non contiene una definizione di servizi di natura intellettuale.
La giurisprudenza ha avuto modo di evidenziare che “in coerenza alla ratio dell’art. 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici ciò che differenzia la natura intellettuale di un’attività è l’impossibilità di una sua standardizzazione e, dunque, l’impossibilità di calcolarne il costo orario” e che non può essere qualificato come appalto di servizi di natura intellettuale quello che “ricomprende anche e soprattutto attività prettamente manuali” o che “non richiedono un patrimonio di cognizioni specialistiche per la risoluzione di problematiche non standardizzate”(cfr. Cons. Stato, III, 19 marzo 2020, n. 1974).
Per servizi di natura intellettuale si intendono pertanto quelli che richiedono lo svolgimento di prestazioni professionali, svolte in via eminentemente personale, costituenti ideazione di soluzioni o elaborazione di pareri, prevalenti nel contesto della prestazione erogata rispetto alle attività materiali e all’organizzazione di mezzi e risorse; mentre va esclusa la natura intellettuale del servizio avente ad oggetto l’esecuzione di attività ripetitive che non richiedono l’elaborazione di soluzioni personalizzate, diverse, caso per caso, per ciascun utente del servizio, ma l’esecuzione di meri compiti standardizzati (Cons. di Stato, V, 28 luglio 2020, n. 4806).
Sono stati ricondotti, in particolare, alla categoria dei servizi di natura intellettuale: il servizio di consulenza assicurativa e brokeraggio (Cons. Stato, V, 16 marzo 2016, n. 1051; VI, 1 agosto 2017, n. 3857); l’attività di progettazione di opere pubbliche che non richieda sopralluoghi, misurazioni e rilievi che espongano a rischi specifici implicante l’adozione di misure di sicurezza a tutela dell’incolumità personale operante (su cui vedi invece Cons. di Stato, VI, 13 luglio 2016, n. 3139); il servizio di fornitura e manutenzione di un software gestionale (Cons. di Stato, VI, 8 maggio 2017, n. 2098); l’attività di intrepreti e traduttori di lingue straniere anche se prestata in scuole (Cons. Stato, V, 19 gennaio 2017, n. 223).
Sulla base di tali coordinate giurisprudenziali correttamente la sentenza appellata ha escluso la natura intellettuale dei servizi oggetto di affidamento, tenuto conto che gli stessi comprendono anche attività che non richiedono un patrimonio di cognizioni specialistiche per la risoluzione di problematiche non standardizzate: infatti, per un verso, la natura intellettuale della prestazione non si esaurisce nel suo carattere immateriale, occorrendo anche che essa sia prevalentemente caratterizzata dal profilo professionale, e dunque personale della prestazione resa, e, per altro verso, non costituisce a tal fine elemento dirimente il luogo in cui le prestazioni devono essere svolte.
10.1.2. Non trova pertanto fondamento la tesi dell’appellante secondo cui l’attività da svolgersi nel caso di specie si configurerebbe come ideazione di soluzioni senza comportare rischi per i lavoratori.
In primo luogo, esemplificativamente, l’appalto comprende – anche – il servizio di attivazione iniziale della posta elettronica, il servizio di migrazione per consentire agli utenti di utilizzare la posta elettronica in continuità con il precedente servizio, il servizio di “phase-out” strumentale alla migrazione delle caselle di posta elettronica, il servizio di help-desk per risolvere tutti i problemi relativi al servizio di posta elettronica, anche quelli meno complessi (v. art. 9 Capitolato tecnico): attività sostanzialmente semplici e ripetitive, che non richiedono l’elaborazione di soluzioni ad hoc, diverse caso per caso, per ciascun utente del servizio, ma piuttosto la mera esecuzione di compiti standardizzati.
Come non irragionevolmente ritenuto dalla stazione appaltante, nel caso di specie non ricorrono quelle determinate condizioni in presenza delle quali è possibile ritenere l’insussistenza degli oneri di sicurezza aziendale, non essendo l’appalto da aggiudicare un appalto (soltanto) di servizi intellettuali e intendendo la società appellante impiegare nell’esecuzione della prestazione il proprio personale (segnatamente, un team di 25 persone, di cui 22 adibite a funzioni tecniche, tutte assunte con contratto a tempo indeterminato, come risulta dall’offerta e dai giustificativi forniti).
10.1.3. D’altra parte non può sottacersi che, diversamente da quanto in modo suggestivo, ma apodittico, prospettato dall’appellante, anche la prestazione di attività di lavoro presso la propria sede è per l’imprenditore astratta fonte di oneri per la sicurezza dei propri dipendenti.
Se, infatti, è vero che il servizio oggetto di affidamento sarebbe stato erogato quasi esclusivamente “da remoto” e senza un presidio fisico presso l’ente utilizzatore, è anche vero, che in base al capitolato di gara, il fornitore avrebbe dovuto: realizzare e mantenere attivo un data center in “ambiente sicuro e protetto caratterizzato da un sistema di controllo degli accessi ad accesso singolo mediante smartcard personale o dispositivo alternativo… sorveglianza 24 ore al giorno tutti i giorni dell’anno” (capitolato 15.3); garantire che “tutti gli apparati necessari all’erogazione dei servizi del presente capitolato siano gestiti solo da personale univocamente indicato. Il Fornitore dovrà avere procedure per documentare gli accessi inerenti gli apparati di sicurezza, ad esempio: accesso fisico delle persone agli edifici in cui sono gli apparati; accesso fisico delle persone ai locali contenenti apparati; …ripristino dell’interruzione dell’erogazione di energia elettrica” (art. 15,5 del capitolato); realizzare un servizio di help desk “disponibile h24 per i problemi bloccanti di tipo alto. Mentre per le problematiche di livello medio e basso dovrà essere garantito dalle ore 8.00 alle ore 18.00 di ogni giorno lavorativo” (capitolato 9.4); tramite il proprio personale, realizzare servizi di “attivazione iniziale, migrazione, formazione al personale tecnico in fase di start up, phase out, help desk” (capitolato, 9) nonché formazione continua al personale degli enti (art. 13 capitolato); – fornire, se richiesto, un servizio di assistenza tecnica/professionale per la cui esecuzione “il personale del Fornitore potrà accedere agli uffici degli Enti aderenti nel rispetto di tutte le relative prescrizioni di accesso” (art. 14 capitolato).
Oltre a fornire ulteriore conferma che l’appalto de quo non aveva ad oggetto prestazioni meramente intellettuali le ricordate previsioni, in particolare proprio quella concernente la previsione della realizzazione e della gestione di un data center, nelle dimensioni previste dalla lex specialis, richiede ragionevolmente la presenza di personale in numero adeguato che provveda, tra l’altro, alla riattivazione delle linee elettriche in caso di interruzione e alla sorveglianza continua, attività che intuitivamente implicano la sussistenza di oneri di sicurezza interni.
In definitiva l’oggetto dell’appalto non è caratterizzato soltanto da attività relative alla progettazione o alla consulenza in materia di servizi informatici specialistici, che si esauriscano in se stesse, costituendo “l’oggetto essenziale e (per chi riconosca la categoria concettuale) il contenuto esclusivo del contratto, senza comportare in via complementare, strumentale ed accessoria l’esecuzione di prestazioni materiali che espongano il personale ad eventuali rischi e pericoli” (Cons. Stato, V, 16 marzo 2016, n. 1051), ma si configura come un servizio complesso e articolato che prevede, invece, anche prestazioni materiali.
10.1.4. Né l’insussistenza di oneri di sicurezza può trarsi, come pure prospettato dall’appellante, dalla mera acquisizione di uno spazio dati su un data center di un soggetto terzo.
A prescindere dalla contraddittorietà di tale tesi con quanto dichiarato in sede di gara circa l’effettivo inserimento nella propria offerta degli oneri di sicurezza, seppur senza indicazione separata, è intuitivo che la gestione di un notevole numero di caselle (pari a 35.000) di posta elettronica, come da capitolato speciale d’appalto, non può non comportare il sorgere di costi si sicurezza aziendali inerenti alla specifica commessa, ulteriori e aggiuntivi rispetto a quelle svolte nell’ordinaria attività dell’operatore economico.
È allora appena il caso al riguardo di ribadire che i servizi oggetto di gara non erano limitati alla realizzazione di un data center, ma prevedevano, come rilevato dalla sentenza, attività standardizzate da realizzarsi mediante una complessa organizzazione aziendale con dipendenti dell’offerente e con postazioni di lavoro predisposte dal datore di lavoro: la stessa appellante nella propria offerta ha dichiarato di realizzare il servizio di gestione di posta elettronica mediante proprio personale (25 dipendenti), in gran parte presso postazioni situate all’interno della sede sociale, così che non è dubitabile che il servizio oggetto di gara implicava una serie di attività materiali e ripetitive inserite in una complessa organizzazione aziendale, in cui difettava un apporto personale e professionale del singolo operatore.
La messa a disposizione dello spazio virtuale da parte di un soggetto terzo non esimeva perciò il concorrente dal sostenere, e quindi quantificare e dichiarare in sede di gara, i costi di sicurezza relativi al suo funzionamento.
10.1.5. Sotto altro profilo va poi evidenziato che l’appellante non ha neppure depositato alcun contratto avente ad oggetto l’acquisizione della effettiva disponibilità di un data center presso Amazon, né in sede di verifica di anomalia ha indicato il predetto costo, né, infine, ha messo a disposizione della stazione appaltante nel procedimento di verifica di anomalia la documentazione utile e necessaria al fine di consentire la valutazione della sostenibilità dell’offerta in relazione alla quale i costi di sicurezza interna erano stati quantificati in misura pari a zero.
La società St. St. si è infatti solo limitata a sostenere di non sopportare alcun costo per la gestione dello spazio virtuale necessario per l’erogazione dei servizi email ai propri clienti, avendo acquisito tale spazio virtuale secondo “modalità software-as-a-service (SaaS)”, affermando che il soggetto terzo, il quale mette a disposizione tale spazio virtuale, si sarebbe assunto tutti i costi, ivi compresi quelli del personale e quelli inerenti agli oneri di sicurezza aziendali e che, in particolare, il data center destinato alla commessa sarebbe stato in realtà acquisito in cloud dalla Amazon (AWS), mediante apposito contratto del quale, tuttavia, non è stato neppure prodotta una copia, né in sede di gara, né nel presente giudizio: sono state depositate solo alcune fatture intestate a soggetto diverso rispetto alla società St. St., dalle quali non è dato desumere alcun dato circa il contratto che sarebbe stato stipulato, né il prezzo applicato.
In tale prospettiva non merita censure la sentenza impugnata laddove ha rilevato che detto contratto non rispetterebbe nemmeno i requisiti formali e sostanziali fissati dall’articolo 105 D.Lgs. n. 50/2016, segnatamente quelli di un contratto di subappalto debitamente autorizzato, ovvero di un contratto continuativo di collaborazione antecedente all’indizione della gara.
Insomma è da ritenersi che l’appellante non ha consentito all’amministrazione di verificare se gli oneri di sicurezza sono stati considerati, ancor prima che dichiarati, nell’ambito dell’offerta presentata in sede di gara.
10.1.6. Va peraltro aggiunto che la valutazione di non congruità dell’offerta dell’appellata, fondata sulla circostanza che una dichiarazione di oneri di sicurezza pari a zero fosse insufficiente a garantire la copertura dei costi di sicurezza aziendali, espressamente richiesta dal Capitolato di gara, risulta adeguatamente motivata, logica, ragionevole e non contraddittoria.
La stazione appaltante ha congruamente esternato le ragioni di tale valutazione, avendo indicato le voci di costo che, a titolo esemplificativo e non esaustivo, la concorrente avrebbe dovuto sostenere e avendo escluso che le stesse potessero essere soddisfatte sulla base di una somma pari a zero, così come dichiarato in sede di offerta.
Tale complessiva valutazione, anche ammesso che possa essere considerata opinabile, non è perciò solo sindacabile, potendo al riguardo richiamarsi il consolidato indirizzo giurisprudenziale in tema di valutazione di congruità dell’offerta, secondo cui il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzato all’accertamento dell’attendibilità e della serietà della stessa e dell’effettiva possibilità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto alle condizioni proposte e la relativa valutazione della stazione appaltante ha natura globale e sintetica e costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (ex multis, Cons. Stato, V, 17 maggio 2018 n. 2953; 24 agosto 2018 n. 5047; III, 18 settembre 2018 n. 5444; V, 23 gennaio 2018, n. 230), estremi che nel caso di specie non sussistono.
E’ stato anche più volte ribadito che la verifica di congruità di un’offerta sospetta di anomalia non può essere effettuata attraverso un giudizio comparativo che coinvolga altre offerte, perché va condotta con esclusivo riguardo agli elementi costitutivi dell’offerta analizzata ed alla capacità dell’impresa – tenuto conto della propria organizzazione aziendale e, se del caso, della comprovata esistenza di particolari condizioni favorevoli esterne – di eseguire le prestazioni contrattuali al prezzo proposto (Cons. Stato, V, n. 2540 del 2018, cit.; 13 febbraio 2017, n. 607; 20 luglio 2016, n. 3271; 7 settembre 2007 n. 4694; IV, 29 ottobre 2002, n. 5945).
Il che esclude, peraltro, la rilevanza e la fondatezza della censura di disparità di trattamento sollevata dall’appellante circa la valutazione di congruità dell’offerta di Ar. S.p.A., ciò anche a prescindere dal fatto che mentre l’appellante non aveva in alcun modo dichiarato, né considerato gli oneri di sicurezza da sostenere per l’esecuzione dell’appalto (provvedendo solo in sede di giudizio a depositare documentazione a sostegno dell’insussistenza di tali oneri), Ar. aveva invece reso la relativa dichiarazione in sede di offerta in conformità alla lex specialis.
10.1.7. Non meritano favorevole considerazione le argomentazioni dell’appellante sulla pretesa incostituzionalità dell’interpretazione dell’art. 95, comma 10, del Codice dei contratti pubblici.
Tale norma risulta correttamente interpretata e applicata secondo quanto disposto dall’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale, e, quindi, rilevando che l’obbligo per il concorrente di indicare gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro è escluso solo quando oggetto di gara sono, tra gli altri, i c.d. “servizi intellettuali”. Ciò significa che quando la gara richiede la fornitura di servizi anche solo in parte non intellettuali i suddetti oneri aziendali devono essere sempre indicati, senza eccezioni.
Trattandosi di norma derogatoria rispetto ad un obbligo avente portata generale (la quantificazione nell’offerta economica degli oneri di sicurezza aziendale), i casi eccezionali in cui siffatto obbligo non trova applicazione sono, infatti, di stretta interpretazione.
Peraltro, come rilevato dall’appellata Ar., la diversa esegesi della disciplina normativa prospettata dall’appellante risulterebbe irragionevole e renderebbe la stessa in concreto di difficile applicazione, in quanto imporrebbe di stabilire, in via interpretativa e in assenza di previsioni positive al riguardo, in caso di servizi solo in parte intellettuali la soglia a partire dal quale tale obbligo dovrebbe venir meno.
In ogni caso, in presenza di personale dipendente impiegato (così come ammesso dalla ricorrente in sede di subprocedimento di verifica dell’anomalia) vanno imputati al contratto di appalto di cui si discute la quota parte degli oneri di sicurezza interni che sono ineludibili, quali i corsi di formazione obbligatori e le visite del medico del lavoro.
Né può ritenersi che siffatto obbligo dichiarativo nel caso di specie integri un aggravio procedimentale che viola il cd. divieto di “gold plating”, ovverosia di introdurre livelli di regolazione superiori rispetto a quelli minimi richiesti dalla disciplina eurounitaria, contenuto nell’articolo articolo 1, comma1, lettera a), della legge di delega n. 11/2016.
Invero, come condivisibilmente osservato dalla sentenza, anche nel caso in cui – a seguire la tesi di parte appellante- l’appaltatore, nell’esecuzione di un contratto che implichi tanto prestazioni aventi natura intellettuale quanto prestazioni aventi natura intellettuale, non sostenga costi di sicurezza aziendale ulteriori rispetto a quelli determinati dall’ordinaria operatività aziendale, l’indicazione della quota parte di costi di sicurezza aziendale annuali teoricamente riferibile al singolo contratto non costituisce un ingiustificato aggravio procedimentale: la previsione normativa dell’obbligo dichiarativo in questione è, infatti, diretta a perseguire un interesse primario quale quello al rispetto della disciplina a tutela della sicurezza dei lavoratori (cfr., Cons. di Stato, Sez. V, 7 febbraio 2018, n. 815), così che lo scorporo della quota-parte degli oneri di sicurezza aziendali da imputare al contratto, in quanto diretta alla tutela del suddetto interesse di rango primario, non costituisce un aggravio ingiustificato.
10.2. E’ infondato anche il secondo motivo di censura con cui l’appellante ha lamentato l’erroneità della declaratoria di irricevibilità del terzo ricorso per motivi aggiunti: con questi era stata lamentata sotto vari profili la violazione dell’articolo 80, comma 5, D.Lgs. n. 50/2016 per non avere Ar. S.p.A. dichiarato sanzioni comminate dall’Autorità per la concorrenza e il mercato e dal Garante dei dati personali e per non averne la stazione appaltante appurato la sussistenza in sede di verifica in capo alla concorrente dei requisiti generali di partecipazione.
10.2.1. Al riguardo va ricordato che i provvedimenti di ammissione di un’impresa alla gara, adottati all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, devono essere impugnati entro trenta giorni dalla pubblicazione del provvedimento sul profilo del committente, pena l’impossibilità di farne valere l’illegittimità derivata degli atti successivi, stante l’espressa previsione dell’articolo 120, comma 2 bis, Cod. proc. amm. (disposizione certamente applicabile ratione temporis alla presente controversia).
Dagli atti prodotti in giudizio risulta che il provvedimento di ammissione delle concorrenti alla gara era stato assunto in data 5 febbraio 2018 e pubblicato in pari data; così come risulta che i verbali delle sedute di gara (ivi compreso quello di verifica dei requisiti di partecipazione in capo alla controinteressata) erano stati trasmessi all’appellante in data 31 luglio 2018; copia di detti verbali risulta altresì depositata dalla stessa amministrazione resistente nel giudizio di primo grado in data 9 ottobre 2018.
10.2.2. Da tanto deriva la correttezza della pronuncia di irricevibilità del terzo ricorso per motivi aggiunti notificato solo il 14 maggio 2019, ovverosia oltre un anno dall’adozione del provvedimento di ammissione contestato: l’appellante ha infatti acquisito piena conoscenza dell’ammissione alla gara di Ar. S.p.A. fin dal 5 febbraio 2018.
Considerate le concrete peculiarità della fattispecie, non può nemmeno invocarsi la pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 14 febbraio 2019, nella causa C-54/18, che ha ritenuto compatibile il rito di cui all’allora vigente articolo 120, comma 2 bis, Cod. proc. amm., con il diritto dell’Unione, purché il provvedimento di ammissione sia accompagnato da una relazione sui motivi dell’ammissione, per consentire agli interessati di venire a conoscenza dei vizi del provvedimento.
Va, infatti, considerato che, pur avendo avuto notizia dell’ammissione in data 5 febbraio 2018, la società St. St. ha presentato istanza di accesso agli atti di gara, concernenti la dichiarazione e la verifica del possesso da parte di Ar. S.p.A. dei requisiti di partecipazione, solamente in data 19 marzo 2019, così che non ricorrono neppure le condizioni (quali, ad esempio, la trasmissione di una documentazione incompleta da parte della Stazione appaltante) che possono in ipotesi giustificare un differimento del termine di impugnazione del provvedimento per il principio di effettività della tutela giurisdizionale.
Se è vero infatti che per l’impugnazione dei provvedimenti di ammissione può essere necessario conoscere i contenuti della documentazione presentata da altro operatore economico (domanda di partecipazione ovvero contenuto dell’offerta tecnica ed economica) attraverso l’accesso agli atti previsto dall’art. 53 d.lgs. n. 50/2016, va anche ribadito che in tal caso, in assenza di una previsione derogatoria, soccorrono i principi generali e, precisamente, la regola per la quale la necessità di procedere all’accesso ai documenti per poter avere piena conoscenza della motivazione del provvedimento e degli atti endo-procedimentali che l’hanno preceduto o perché l’operatore economico ritenga indispensabile acquisire atti della procedura non comporta il differimento del termine ordinario di impugnazione (ex multis, Cons. Stato, IV, 21 marzo 2016, n. 1135; V, 15 gennaio 2013, n. 170; V, 5 novembre 2012, n. 5588; III, 13 maggio 2012, n. 2993; IV, 2 settembre 2011, n. 4973; V, 25 luglio 2011, n. 4454).
Né il termine decadenziale di impugnazione dell’ammissione ex art. 120 comma 2 bis può essere aggirato facendo riferimento alle ulteriori fasi di verifica previste nel disciplinare di gara o dalla legge.
Le contestazioni sollevate dalla ricorrente di primo grado riguardavano infatti tutte il DGUE presentato dall’aggiudicataria in sede di domanda di partecipazione alla gara, a disposizione della ricorrente ai fini dell’accesso sin dal febbraio 2018.
10.3. Per mera completezza si osserva che in ogni caso le censure sollevate con il terzo ricorso per motivi aggiunti erano e sono anche infondate nel merito.
Secondo consolidata giurisprudenza l’obbligo di dichiarare vicende rilevanti ai fini della partecipazione alle procedure di affidamento riguarda solo le notizie ed informazioni risultanti comunque dal Casellario informatico ANAC (cfr. punto 4.6 delle Linee guida ANAC n. 6/16, relative al citato art. 80).
Peraltro quanto al provvedimento sanzionatorio adottato dalla AGCM Ar. non era tenuta a dichiararlo: a) perché il provvedimento sanzionatorio era oggetto di impugnazione dinanzi al Tribunale amministrativo del Lazio; b) perché relativo ad una fattispecie priva di qualunque effetto sulla contrattualistica pubblica e inerente al rapporto tra impresa e consumatori, essendo stata Ar. sanzionata per asserite violazioni del codice di consumo, consistenti nel non aver adeguatamente informato i consumatori circa le modalità di recesso dal contratto e sulle modalità di acquisto di alcune funzionalità ; c) perché la condotta sanzionata (non dichiarata dall’appellante) non aveva alcuna attinenza con il mercato di riferimento e non era stata posta in essere “nel medesimo mercato oggetto della presente procedura”, essendo ontologicamente differente la gara pubblica di cui si verte dal mercato nell’ambito del quale Ar. avrebbe posto in essere le contestate violazioni, concernenti i testi delle condizioni generali di contratto relative a servizi di hosting per clienti privati.
Quanto invece al provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali, né la legge, né la lex specialis lo include tra quelli, sanzionatori, che devono essere dichiarati nella domanda di partecipazione.
Gli obblighi dichiarativi cui il concorrente è soggetto, come ribadito dalla Corte di Giustizia nella causa 2 giugno 2016, C.- 27/15, devono essere chiari e preventivamente conoscibili non potendo il concorrente essere obbligato a “dedurre” quali ulteriori dichiarazioni potrebbero astrattamente interessare alla Stazione appaltante.
A ciò si aggiunga che va pure considerato, nel caso di specie, il tempo trascorso dalla notifica dei provvedimenti indicati dal ricorrente: il provvedimento di accertamento delle violazioni è stato notificato a marzo 2013, oltre quattro anni prima della pubblicazione del bando avvenuta a novembre 2017, laddove l’art. 80, comma 10, D.Lgs. 50/2016 fissa in tre anni dall’accertamento definitivo della violazione il termine della incapacità di contrarre con la Pubblica amministrazione nei casi di cui ai commi 4 e 5 ove non sia intervenuta sentenza di condanna.
11. In conclusione, per le su esposte ragioni, l’appello va respinto, rimanendo così assorbite le domande di risarcimento in forma specifica o per equivalente.
12. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante St. St. S.r.l. alla rifusione delle spese di giudizio a favore dell’Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti S.p.A. e di Ar. S.p.A. che liquida forfettariamente in complessivi Euro 4.000,00 (quattromila/00) per ciascuna parte, oltre oneri accessori se per legge dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 30 luglio 2020, tenuta con collegamento da remoto ai sensi dell’art. 84, comma 5, d.l. n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2020, con le modalità di cui al comma 6 dello stesso art. 84, con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Valerio Perotti – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere, Estensore
Stefano Fantini – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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