Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 16 ottobre 2020, n. 6276.
Nell’adozione delle scelte urbanistiche l’Amministrazione compie valutazioni di merito caratterizzate da ampia discrezionalità, che, in quanto tali, risultano sottratte al sindacato giurisdizionale di legittimità, ad eccezione dell’ipotesi in cui esse risultino inficiate da errori di fatto, abnormi illogicità, violazioni procedurali.
Sentenza 16 ottobre 2020, n. 6276
Data udienza 9 luglio 2020
Tag – parola chiave: Urbanistica – Scelte urbanistiche – Adozione – Valutazioni di merito – Ampia discrezionalità – Sindacato – Limiti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7824 del 2018, proposto dai signori An. Sc. ed altri, rappresentati e difesi dagli avvocati En. Fo. e Il. Fo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Ma. Gr. in Roma, corso (…);
contro
la Regione Puglia, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Bu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la Delegazione romana della Regione Puglia in Roma, via (…);
il Comune di Foggia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Do. Dr. e An. Pu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Il signor Bi. St., in qualità di commissario ad acta, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari Sezione Terza, n. 1111/2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia e del Comune di Foggia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 luglio 2020 il Cons. Alessandro Verrico e uditi per le parti gli avvocati En. Fo. e An. Bu., i quali hanno chiesto il passaggio in decisione con tutti gli effetti di legge;
Visto l’art. 84 del decreto legge n. 18 del 2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Gli odierni appellanti sono proprietari pro quota di un’area sita nel territorio di Foggia, individuata catastalmente al foglio (omissis), p.lle nn. (omissis), per una superficie rispettivamente di mq. 6770 e mq. 880, classificata dal P.R.G. zona F “Area per attrezzature pubbliche di interesse generale” ed in piccola parte come strada, con previsione di adozione di piano particolareggiato.
Con istanza del 31 agosto 2012, rivolta al Comune di Foggia, i proprietari presentavano istanza di ritipizzazione urbanistica, ritenendo che la destinazione a servizi di interesse generale e a strada costituissero vincolo preordinato all’espropriazione e che, conseguentemente, esso dovesse essere ritenuto decaduto ai sensi dell’art. 2 della l. n. 1187/1968 (ovvero ai sensi del testo unico sugli espropri) a causa della mancata adozione del piano particolareggiato nel quinquennio decorrente dall’approvazione del P.R.G. con delibera G.R.P. n. 1005 del 20 luglio 2001, con conseguente classificazione dell’area come “zona bianca”.
2. Il Tar Puglia, Sede di Bari, Sez. III, con la sentenza n. 611 del 19 aprile 2013, accoglieva il ricorso proposto avverso il silenzio serbato dall’Amministrazione su tale istanza, dichiarando l’obbligo del Comune di pronunciarsi espressamente sull’istanza di ritipizzazione urbanistica entro 60 giorni e nominando, in caso di ulteriore inerzia, il dirigente dell’Ufficio urbanistico della Regione Puglia, o un funzionario da lui delegato, quale commissario ad acta.
2.1. Stante l’inerzia del Comune, il commissario ad acta adottava la delibera n. 145 del 4 marzo 2014, con la quale, quanto alla p.lla (omissis) di mq. 6770, reiterava la destinazione “zona F – Attrezzature pubbliche di interesse generale – Altre infrastrutture – Nuove” nell’ambito del comparto n. 28 del P.R.G., con indice 1,00 mq/mc, e, quanto alla p.lla (omissis) di mq. 880, prevedeva “la cessione gratuita” per destinazione a sede stradale pubblica “corrispondente alla sede stradale pubblica già realizzata di Via (omissis), in qualità di opera di urbanizzazione primaria”.
3. Il Tar Puglia, Sede di Bari, Sez. III, con la sentenza n. 1447/2014, accoglieva il reclamo proposto, ai sensi dell’art. 114, comma 6 c.p.a., dagli odierni appellanti avverso la delibera commissariale, annullandola e nominando, quale nuovo commissario ad acta in sostituzione del precedente, il dirigente dell’Ufficio assetto del territorio della Provincia di Foggia.
3.1. Il nuovo commissario ad acta adottava la delibera n. 171 del 4 settembre 2015, con cui ritipizzava l’area di cui alla p.lla (omissis) come zona B.2.2. – edilizia nuova, disciplinata all’art. 34.2.b delle Norme tecniche di esecuzione del P.R.G., con modalità di attuazione attraverso permesso di costruire convenzionato, e confermava l’obbligo degli appellanti di cedere gratuitamente la p.lla n. (omissis) per la parte corrispondente alla sede stradale pubblica, pari a mq. 855,9, come urbanizzazione primaria.
4. Il Tar Puglia, Bari, Sez. III, con la sentenza n. 1117/2017 resa su ricorso per chiarimenti e ottemperanza, riscontrata l’avvenuta esecuzione da parte del commissario ad acta, dichiarava che lo stesso aveva in tal modo concluso il proprio incarico, avendo proceduto, non solo, alla tipizzazione dell’area dei ricorrenti ai sensi dell’art. 16 della l.r. n. 56/1980, ma anche, ad espletare gli adempimenti consequenziali di competenza del Comune.
Il Tribunale, peraltro, riteneva inammissibili le pretese avanzate avverso la Regione, in tal modo non accogliendo l’istanza di chiarimenti con cui si chiedeva che il commissario ad acta dovesse approvare, in sostituzione della Regione, la variante adottata, disponendo le conseguenti modifiche delle planimetrie di piano, a spese del Comune.
Infine, non rinvenendosi la sussistenza dei presupposti circa l’impossibilità o comunque la mancata esecuzione del giudicato, veniva respinta la domanda risarcitoria avverso il Comune, mentre quella avverso la Regione veniva dichiarata inammissibile per le motivazioni sopra esposte.
5. Con ricorso dinanzi al T.a.r. Puglia, Sede di Bari (R.G. n. 110/2018), gli odierni appellanti impugnavano il provvedimento dirigenziale del 20 dicembre 2017, prot. n. 9213, con cui la Regione Puglia, in risposta all’atto – notificato in data 13 novembre 2017 – con cui gli appellanti invitavano e diffidavano la Regione ad approvare in via definitiva la delibera commissariale del Comune di Foggia n. 171/2015, riteneva che il Comune dovesse ancora completare la verifica di assoggettabilità a V.A.S. e acquisire il parere di compatibilità geomorfologica ex art. 89 d.P.R. n. 380/2001. La Regione, invero, considerava detti adempimenti pregiudiziali rispetto all’esame istruttorio di merito urbanistico e alla conclusione del procedimento ex art. 16 legge Regione Puglia n. 56/1980 della variante al P.R.G. in questione.
I ricorrenti, in particolare, agivano per l’ottemperanza della sentenza n. 1117 del 2 novembre 2017 ovvero, in subordine, per la dichiarazione di nullità o per l’annullamento del provvedimento regionale del 20 dicembre 2017.
5.1. Con ricorso per motivi aggiunti gli istanti agivano avverso la delibera della Giunta regionale della Regione Puglia n. 365 del 13 marzo 2018, con cui non veniva approvata la delibera del commissario n. 171/2015 e si rinviava al Comune di Foggia per gli adempimenti di legge della verifica di assoggettabilità a VAS e il parere di compatibilità geomorfologica (“aspetti ambientali e vincoli territoriali”) e per soddisfare lo standard aggiuntivo di aree ex art. 3 d.m. n. 1444/1968 di mq. 5.508 (18 mq/ab), da reperire nel suolo de quo, poiché era previsto l’insediamento di 306 abitanti (“aspetti urbanistici”).
5.2. Il T.a.r., con la sentenza n. 1111 del 30 luglio 2018, previa modifica del rito da quello speciale a quello ordinario, dichiarava improcedibile il ricorso introduttivo per sopravvenuto difetto di interesse e respingeva il ricorso per motivi aggiunti avverso l’atto (prima provvedimento dirigenziale, poi d.G.R., impugnata con motivi aggiunti) con cui la Regione, in risposta all’atto di invito e diffida ad approvare in via definitiva la delibera commissariale, aveva ritenuto che il Comune dovesse completare la verifica di assoggettabilità a VAS e acquisire parere di compatibilità geomorfologica.
Il Tribunale, in particolare:
a) dichiarava improcedibile il ricorso introduttivo per sopravvenuto difetto di interesse, essendo stata emessa la delibera di G.R. n. 365/2018; ad ogni modo, con riferimento alla censurata nota regionale del 20 dicembre 2017, rilevato il carattere meramente interlocutorio e non provvedimentale, accertava ad abundantiam l’infondatezza del ricorso, atteso che la sentenza n. 1117/2017 non conteneva alcuna statuizione di condanna nei confronti della Regione Puglia (sebbene fosse stata parte del relativo giudizio), non essendo pertanto configurabile in capo ad essa alcuna “violazione o inosservanza successiva”, né “ritardo nell’esecuzione del giudicato”;
b) quanto al ricorso per motivi aggiunti, ribadiva che la Regione Puglia non era mai stata soccombente in giudizio, in quanto la sentenza n. 611/2013 aveva effetto vincolante di giudicato ex art. 2909 c.c. esclusivamente nei confronti dello stesso Comune parte di quel giudizio, e che le sentenze pronunciate sulla vicenda non avevano mai riguardato atti, attività o fasi procedimentali di competenza regionale, le quali, peraltro, non erano neppure cominciate (e comunque non concluse) nel momento in cui intervenivano le decisioni giurisdizionali;
c) riteneva peraltro il ricorso non meritevole di accoglimento anche per ciò che riguarda la domanda di annullamento, atteso che:
c.1) al compimento dell’attività regionale non può provvedervi direttamente il giudice, in quanto “l’approvazione regionale di una variante al PRG ex art. 16 legge Regione Puglia n. 56/1980, sia pure per ambito puntuale, costituisce l’esito di un’attività compiuta nell’esercizio di una funzione, quale quella pianificatoria, connotata dalla più ampia discrezionalità “;
c.2) le valutazioni e determinazioni regionali, caratterizzate da ampia discrezionalità venendo in rilievo una scelta urbanistica di tipo pianificatorio e non inficiate da vizi macroscopici che le renderebbe sindacabili in sede giurisdizionale, sono “legittime, corrette, adeguatamente e congruamente motivate”, in quanto:
– con riferimento ai cennati “aspetti ambientali e vincoli territoriali”, essendo l’oggetto della delibera commissariale n. 171/2015 e del conseguenziale procedimento ex art. 16 l.r. Puglia n. 56/1980 l’attribuzione di una nuova destinazione urbanistica ad un suolo divenuto “area bianca” (perché rimasto privo di disciplina per caducazione del vincolo preordinato all’esproprio previsto nel P.R.G.), è corretta la valutazione regionale, secondo cui trattasi nella specie “di un procedimento di pianificazione urbanistica a livello di strumentazione generale, la cui definizione tecnico amministrativa è pregiudiziale rispetto all’attuazione dell’ipotizzato intervento costruttivo sull’area”; peraltro, occorre considerare la circostanza che con la riclassificazione in Zona B2.2 – Edilizia nuova si determina un nuovo ed aggiuntivo carico insediativo di mc 30.600, pari a 306 abitanti;
– con riferimento agli “aspetti urbanistici”, sulla base degli esiti degli aggiornati monitoraggi quantitativi delle aree, è stata riproposta la catalogazione della maglia citata con il n. 1091 quale zona “F” e, per l’effetto, sono state ritenute non condivisibili le motivazioni che hanno indotto il commissario ad acta a proporre con la delibera n. 171/2015 per il suolo in questione una destinazione edificatoria.
3. Gli originari ricorrenti hanno proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente accoglimento integrale del ricorso di primo grado. In particolare, la parte appellante ha sostenuto le seguenti censure in tal modo rubricate:
i) “Violazione dell’art. 2909 c.c. e degli artt. 21 e 112 e ss. c.p.a. Contraddittorietà della motivazione e contrasto con i giudicati delle sentenze del Tar n. 1447/2014 e n. 1117/2017. A) Rilievi di insieme. B) Violazione del dictum del giudice in relazione alla richiesta di valutazione di assoggettabilità a v.a.s. e di parere ai sensi dell’art. 89 d.p.r. n. 380/2001. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria. C) Violazione del dictum del giudice in relazione agli aspetti urbanistici. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria”;
ii) “A) Violazione art. 16 l.r.p. n. 56/1980; B) Violazione art. 3 l.r.p. n. 44/2018; C) Violazione art. 89 d.p.r. n. 380/2001; D) Violazione dei principi sugli standard urbanistici e del d.m. n. 1444/1968; E) Sindacabilità dei rilievi della delibera regionale”.
3.1. Si è costituito in giudizio il Comune di Foggia, opponendosi all’appello e chiedendone l’integrale rigetto.
3.2. Si è altresì costituita in resistenza la Regione Puglia, la quale, depositando memoria difensiva, si è opposta all’appello e ne ha chiesto l’integrale rigetto. Per il caso in cui si dovesse ritenere che dalle sentenze emesse in precedenza derivi un qualche effetto conformativo dell’attività regionale, l’ente, proponendo appello incidentale, ha a sua volta impugnato la sentenza n. 1111/2018, “per violazione degli artt. 2907, 2908 e 2909 c.c., degli artt. 30, 31, 34, 38, 39 e 112 c.p.a., e degli artt. 99, 100, 101, 112 e 324 c.p.c., nonché dell’art. 24 Cost., in relazione alla delimitazione del contenuto e dei limiti oggettivi e soggettivi e degli effetti del giudicato”.
3.3. Con successive memorie difensive le parti hanno replicato alle avverse deduzioni, insistendo nelle censure dedotte. In particolare, gli appellanti, in ordine all’appello incidentale, hanno eccepito l’inammissibilità per genericità, nonché l’infondatezza.
3.4. A causa del decesso di una degli appellanti (risultante dal certificato di morte prodotto in data 29 ottobre 2019), è stato interrotto il giudizio. In seguito l’appello è stato riassunto dai suoi eredi.
4. All’udienza del 9 luglio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
5. Preliminarmente, il Collegio dispone il mutamento del rito in ordinario, evidenziando, ai sensi dell’art. 32, comma 2, c.p.a., che l’appello principale debba essere correttamente qualificato come appello di merito e non come appello su sentenza di ottemperanza (come erroneamente denominato dall’appellante), atteso che gli impugnati atti regionali, come si dirà innanzi, non sono stati emessi in violazione o elusione del giudicato.
6. L’appello principale è infondato e deve pertanto essere respinto.
7. Con il primo motivo, la parte appellante deduce che la Regione, avendo partecipato ai precedenti giudizi e non essendo mai stato dichiarato il suo difetto di legittimazione passiva, non aveva mai opposto nulla all’operato del commissario ad acta. Pertanto, preso atto che, dopo l’adozione della delibera commissariale di ritipizzazione, la Regione dovesse e potesse provvedere, essa non lo avrebbe potuto fare in aperta contraddizione con quanto stabilito dal giudice con le due sentenze n. 1447/2014 e n. 1117/2017, ma avrebbe potuto esclusivamente “apportare al P.R.G. le sole modifiche conseguenti all’accoglimento delle osservazioni di cui al precedente quarto comma e quelle necessarie per coordinare le scelte del P.R.G. con quelle operate da altri piani territoriali e con le prescrizioni della presente legge” (comma 10, art. 16, l.R.P. n. 56/1980 e ss. mm. ed ii.).
Invero, il T.a.r., con la sentenza n. 1117/2017, nel ritenere “concluso l’incarico conferito al commissario ad acta”, avrebbe ritenuto legittimo il suo operato, anche laddove dichiarava non necessaria né l’assoggettabilità a V.A.S., né il parere di compatibilità geomorfologica.
Parimenti, quanto agli aspetti urbanistici, il T.a.r.:
a) con la sentenza n. 1447/2014, avrebbe escluso chiaramente che l’area di cui alla p.lla (omissis) potesse essere destinata a servizi perché la disciplina generale del territorio comunale avrebbe dovuto indurre a rendere il suolo edificabile;
b) con la sentenza n. 1117/2017, accertando che il commissario ad acta aveva concluso l’incarico, avrebbe affermato che la tipizzazione dell’area sarebbe stata da questo effettuata “legittimamente e correttamente”.
7.1. Con riferimento al primo motivo la Regione, in via preliminare, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per ottemperanza avverso la stessa. Peraltro, a suo avviso, le sentenze n. 1447/2014 e n. 1117/2017, riferendosi all’inerzia del solo Comune di Foggia ed alla fase procedimentale (adozione della variante per riqualificazione urbanistica) rimessa alla competenza dello stesso Comune, non avrebbero potuto conformare l’esercizio di un potere discrezionale da parte della Regione, ancora non esercitato. Inoltre, il T.a.r., nell’accertare la conclusione dell’incarico da parte del commissario ad acta, non avrebbe né escluso la necessità che la variante fosse assoggettata alle disposizioni della normativa ambientale o della normativa anti-sismica, né dichiarato legittimo l’operato del commissario, né tanto meno precluso alla Regione Puglia di svolgere le opportune e doverose indagini istruttorie propedeutiche alla definitiva approvazione della variante.
7.2. Le censure della parte appellante non sono fondate.
7.3. Al riguardo, il Collegio rileva che – dall’esame delle sentenze del T.a.r. Puglia n. 1447/2014 e n. 1117/2017 – emerge che le stesse avevano ad oggetto esclusivamente l’inerzia del Comune di Foggia e la fase procedimentale relativa all’adozione della variante per riqualificazione urbanistica, anch’essa rimessa alla competenza del medesimo Comune. Tali pronunce, pertanto, non avrebbero in alcun modo potuto conformare l’esercizio del potere, di natura discrezionale, attribuito alla Regione.
Invero, come già anticipato nella ricostruzione fattuale:
a) con la sentenza n. 611/2013, veniva accolta l’azione avverso il silenzio – inadempimento del Comune di Foggia formatosi sull’istanza dei ricorrenti inerente la riqualificazione urbanistica dell’area di loro proprietà, con dichiarazione dell’obbligo dell’ente stesso di pronunciarsi espressamente;
b) con la sentenza n. 1447/2014, in accoglimento del reclamo avverso la iniziale deliberazione commissariale, veniva nominato un nuovo commissario ad acta, per provvedere sull’istanza di ritipizzazione delle aree “in luogo e vece dell’Amministrazione municipale inadempiente”.
In questo senso, particolarmente esplicative sul punto sono le seguenti statuizioni presenti in quest’ultima pronuncia: “il giudicato formatosi non può essere fonte di obblighi conformativi per la Regione, la quale, peraltro, nel giudizio concluso con la sentenza n. 611/2013 non è stata neanche parte. Dall’assenza di obblighi conformativi per la Regione deriva che il procedimento di competenza di tale amministrazione non può essere oggetto di valutazione in questo giudizio, né il commissario ad acta può essere investito di adempimenti che esulano da quelli volti all’esecuzione del giudicato sopra richiamato. L’eventuale illegittimità di atti adottati dalla Regione o di atteggiamenti dilatori ritenuti pregiudizievoli, anche per evitare l’elusione del doppio grado di giudizio, debbono essere fatti valere attraverso l’instaurazione di autonomi giudizi” (T.a.r. Puglia, Sede di Bari, Sez. III, con la sentenza n. 1117/2017);
In conclusione sul punto, con le menzionate pronunce il T.a.r., senza incidere sul futuro svolgimento delle restanti fasi procedimentali, si limitava ad esaminare l’operato del commissario ad acta al fine di valutare l’esatto adempimento dell’obbligo dell’amministrazione di conformarsi al giudicato e, laddove se ne rilevava la correttezza, non venivano espresse considerazioni di merito sulla legittimità delle scelte compiute.
Pertanto, con la trasmissione ex art. 16 l.r. n. 56/1980 della variante di cui alla delibera n. 171/2015 alla Regione, può ritenersi che il commissario ad acta avesse concluso la fase di competenza del comune, con la conseguenza che poteva essere dato avvio alla successiva fase di competenza regionale.
8. Con il secondo motivo la parte appellante, nel caso in cui si ritenesse inammissibile l’ottemperanza e non si ravvisi contrasto e violazione dei giudicati, deduce l’illegittimità della delibera di G.R. n. 365/2018, in quanto:
a) ai sensi del comma 10 dell’art. 16 l.r. n. 56/1980, non essendovi osservazioni, né necessità di coordinamento con altri piani, la Regione non avrebbe potuto stravolgere le scelte del Comune, essendo nell’esercizio di attività vincolata;
b) non sarebbe necessaria la verifica di assoggettabilità a V.A.S., essendo in presenza, piuttosto che di “variante ordinaria al P.R.G.”, di un intervento puntuale e specifico consistente nell’edificazione di un fabbricato di 30.600 mc corrispondente a 306 abitanti privo di impatto significativo sull’ambiente e sul patrimonio culturale;
c) vi sarebbe stata la violazione dell’art. 89 d.P.R. n. 380/2001, poiché il parere di compatibilità geomorfologica riguarda, oltre agli strumenti urbanistici generali e particolareggiati, anche le loro varianti, mentre in questo caso non si avrebbe una variante generale, ma una mera modifica di destinazione d’uso da zona F a zona B.2.2 per un’area di limitata estensione e il parere sarebbe stato già acquisito in sede di pianificazione urbanistica generale;
d) sarebbero stati violati i principi sugli standard urbanistici di cui al d.m. n. 1444/1968, poiché per le zone territoriali omogenee B il d.m. non obbliga al reperimento delle aree a standard all’interno dell’area, ma consente, detratti i fabbisogni già soddisfatti, di raggiungere la quantità di standard reperendoli entro i limiti delle disponibilità esistenti nelle adiacenze immediate, ovvero su aree accessibili (art. 4.2 d.m. 2.4.1968 n. 1444).
8.1. In merito al secondo motivo, la Regione ha dedotto che il procedimento è di pianificazione urbanistica a livello di strumentazione generale, poiché consiste nell’attribuzione di una nuova destinazione urbanistica ad un suolo divenuto “area bianca”, perché rimasto privo di disciplina per caducazione del vincolo preordinato all’esproprio previsto nel P.R.G. Pertanto non rientra nella fattispecie delle “modifiche” di piani o programmi di pianificazione territoriale, rivenienti da “provvedimenti di autorizzazione di singole opere” che per legge hanno effetto di variante, le quali sono escluse dalla VAS ai sensi dell’art. 3, comma 7, della l.r. n. 44/2012. L’ente ha infine dato atto delle ragioni attinenti alla situazione di fatto che lo hanno indotto a non approvare la delibera commissariale.
8.2. Le censure non sono fondate.
8.3. Il Collegio deve premettere che le censurate attività regionali si ascrivono nell’ambito di un procedimento di pianificazione urbanistica a livello di strumentazione generale attivato ai sensi dell’art. 16 della l.r. n. 56/1980, finalizzato all’adozione di variante al P.R.G. consistente nell’attribuzione di una nuova destinazione urbanistica ad un terreno divenuto “non pianificato” per sopravvenuta decadenza del vincolo preordinato all’esproprio previsto nel P.R.G. stesso.
Invero, il verificarsi della decadenza derivante dall’inutile decorso del termine previsto dal procedimento ablatorio, secondo la giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 24 agosto 2016, n. 3684), non determina alcuna reviviscenza della pregressa destinazione urbanistica.
Si applica infatti l’art. 9, comma 3, del testo unico sugli espropri, per il quale “Se non è tempestivamente dichiarata la pubblica utilità dell’opera, il vincolo preordinato all’esproprio decade e trova applicazione la disciplina dettata dall’articolo 9 del testo unico in materia edilizia approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380”, con le relative disposizioni di salvaguardia, applicabili sino a quando vi sia una ripianificazione delle aree.
Ne consegue che l’Amministrazione comunale, configurandosi l’area come non urbanisticamente disciplinata, deve esercitare la sua discrezionale potestà urbanistica, attribuendo alla stessa una congrua destinazione.
Al riguardo, è costante la giurisprudenza amministrativa nell’affermare che nell’adozione delle scelte urbanistiche l’Amministrazione compie valutazioni di merito caratterizzate da ampia discrezionalità, che, in quanto tali, risultano sottratte al sindacato giurisdizionale di legittimità, ad eccezione dell’ipotesi in cui esse risultino inficiate da errori di fatto, abnormi illogicità, violazioni procedurali (da ultimo, cfr. Cons. Stato, sez. II, 24 giugno 2020, n. 4040; sez. IV, 30 gennaio 2020, n. 751; id., 2 settembre 2019, n. 6050).
8.4. Svolte tali premesse di ordine generale, e considerati i limiti del sindacato giurisdizionale nei confronti dell’esercizio della funzione pianificatoria, il Collegio rileva l’assenza di profili di illegittimità nei rilievi avanzati dalla Regione in merito agli “aspetti ambientali e vincoli territoriali” ed agli “aspetti urbanistici”.
8.4.1. In particolare, con riferimento ai primi, relativi al mancato assolvimento della verifica di assoggettabilità a V.A.S. ed all’acquisizione del parere di compatibilità geomorfologica, non risulta irrazionale la decisione della Giunta regionale di non accogliere le motivazioni del commissario ad acta, il quale, al fine di ritenere non necessari tali adempimenti, descriveva l’intervento come puntuale, perché consistente nella realizzazione di una singola opera, soggetta a permesso di costruire, inserita in un’area interamente urbanizzata, delimitata da strade e fornita di infrastrutture pubbliche.
Invero, la necessità – espressa dalla Regione – di apportare tali valutazioni preliminari si fonda sulla valutazione di incontrovertibili elementi. In particolare, rileva a tal fine la considerazione che la riclassificazione dell’area, operata dalla delibera n. 171/2015, dalla preesistente “Zona F – Attrezzature pubbliche di interesse generale” alla destinazione residenziale di cui alla neoistituita “Zona B2.2- Edilizia nuova”, ha determinato la previsione di un indice fondiario pari a 4,00 mc/mq su 7.650 mq di superficie interessata, con conseguente aumento del carico insediativo per una misura di mc 30.600, pari a 306 abitanti.
La nuova tipizzazione, recando un maggiore impatto sull’ambiente e sulla geomorfologia dei luoghi, rende pertanto ragionevole la richiesta applicazione della normativa in materia di VAS (d.lgs. n. 152/2006, l.r. n. 44/2012; l.r. n. 4/2014; r.r. n. 18/2013) ed in materia di rischio sismico (art. 89 d.P.R. n. 380/2001).
8.4.2. In secondo luogo, in merito ai citati “aspetti urbanistici”, si rileva che la Regione ha, in maniera ragionevole e congruamente motivata, ritenuto non condivisibili le argomentazioni del commissario ad acta, con cui lo stesso ha sostenuto che la tipizzazione edificatoria non avrebbe comportato un rilevante incremento di previsione residenziale, al punto che il carico insediativo proposto sarebbe ricompreso nell’ambito del fabbisogno ipotizzato negli studi di approfondimento già effettuati in sede comunale.
Invero, le valutazioni del commissario risultano non aver correttamente considerato la necessità di apportare una attualizzazione della ricognizione dell’attività edilizia e pianificatoria nell’ambito comunale e di valutare se il nuovo insediamento residenziale, non previsto dal vigente P.R.G., richieda o meno un fabbisogno aggiuntivo di aree a standard, ai sensi dell’art. 3 d.m. n. 1444/1968.
È ragionevole infatti considerare che il previgente P.R.G. ai fini del dimensionamento degli standard non ha tenuto conto della destinazione dell’area all’edificazione e che, pertanto, il nuovo intervento, per un verso, determini una sottrazione di superficie alla pregressa destinazione ad attrezzature pubbliche, per altro verso, necessiti l’indefettibile reperimento delle aree necessarie al corrispondente fabbisogno aggiuntivo di standard, le quali, del resto, non possono andare a detrimento di altre zone edificatorie.
Così come, per le medesime ragioni risulta del tutto condivisibile la richiesta della Giunta regionale di acquisire un aggiornato monitoraggio del soddisfacimento degli standard, alla luce dell’attività edilizia medio tempore espletata nel territorio urbano, non potendo essere ritenuto più idoneo quello risalente al 2013, riferito all’anno 2011.
9. In ragione delle sopra esposte considerazioni, l’appello incidentale proposto dalla Regione deve essere dichiarato improcedibile, in quanto, come dalla stessa precisato, condizionato ad una interpretazione delle citate sentenze del T.a.r. nel senso che le stesse presentino un effetto conformativo dell’esercizio del potere discrezionale da parte della Regione: la relativa tesi dell’appellante – come visto – risulta infondata.
10. In conclusione, in ragione di quanto esposto, l’appello principale deve essere respinto e l’appello incidentale deve essere dichiarato improcedibile.
11. Le spese del secondo grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello principale R.G. n. 7824/2018, come in epigrafe proposto, lo respinge e dichiara improcedibile l’appello incidentale.
Condanna gli appellanti in solido al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio, nella misura di euro 3.000,00 (tremila/00) in favore della Regione Puglia e di euro 3.000,00 (tremila/00) in favore del Comune di Foggia.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2020 svoltasi ai sensi degli artt. 84 del d.l. n. 18/2020 e 4 del d.l. n. 28/2020, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere, Estensore
Nicola D’Angelo – Consigliere
Michele Conforti – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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