Nel processo amministrativo l’errore scusabile

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 12 novembre 2019, n. 7765.

La massima estrapolata:

Nel processo amministrativo l’errore scusabile, disciplinato dall’art. 37 c.p.a., è istituto di carattere eccezionale che può trovare applicazione solo qualora nel singolo caso sia apprezzabile una qualche giustificata impugnazione dello scioglimento dell’organo consiliaresugli strumenti di tutela utilizzabili da parte del destinatario dell’atto poiché, opinando diversamente, tale inadempimento formale si risolverebbe in un’assoluzione indiscriminata dal termine di decadenza, con gravi riflessi sulla stabilità dei rapporti giuridici di diritto pubblico.

Sentenza 12 novembre 2019, n. 7765

Data udienza 29 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8536 del 2016, proposto da
Lu. De Lu., rappresentato e difeso da se medesimo e dall’avvocato Lu. Na., con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via (…);
contro
Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato Gh. Ma., con domicilio eletto presso lo studio Le. Sa., in Roma, via (…);
nei confronti
Pa. Lo. e Mi. Ca., rappresentati e difesi dall’avvocato Or. Ab., con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via (…);
Fa. Co., rappresentata e difesa dall’avvocato Ir. Co., con domicilio eletto presso lo studio El. So., in Roma, via (…);
Ga. Au. ed altri, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione Seconda n. 02226/2016, resa tra le parti, concernente la graduatoria di un concorso pubblico.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope” e dei sig.ri Pa. Lo., Mi. Ca. e Fa. Co.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2019 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Lu. Na., Gh. Ma., Ra. Ma., in dichiarata sostituzione di Or. Ab. e Ir. Co.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

L’avv. Lu. De Lu., ha partecipato al concorso pubblico per esami, bandito dall’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, per la copertura di n. 2 posti di categoria EP, posizione economica EP 1, Area amministrativa – Gestionale.
All’esito della procedura concorsuale il Direttore Generale dell’ateneo ha adottato il decreto 22/12/2015, n. 112 col quale sono stati dichiarati vincitori i primi due classificati.
Con successivo decreto 7/1/2016 n. 1, tenuto conto che in precedenza era stato autorizzato lo scorrimento della graduatoria con l’assunzione di altri quattro candidati, è stata approvata la graduatoria definitiva, nella quale l’avv. De Lu. figura collocato all’undicesimo posto.
Il decreto n. 1/2016 è stato poi rettificato con decreto n. 10 dell’11/1/2016 allo scopo di inserire al 18° posto una candidata precedentemente non considerata.
Ritenendo la graduatoria definitiva illegittima l’avv. De Lu. l’ha impugnata con ricorso al T.A.R. Campania – Napoli, il quale, con sentenza 4/5/2016, n. 2226, lo ha dichiarato irricevibile.
Avverso la sentenza ha proposto appello l’avv. De Lu..
Per resistere al ricorso si sono costituiti in giudizio l’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, e i sig.ri Pa. Lo., Mi. Ca. e Fa. Co..
Con successive memorie l’appellante, l’Università e la sig.ra Lo. hanno meglio illustrato le rispettive tesi difensive.
Alla pubblica udienza del 29/10/2019 la causa è passata in decisone.
Col primo motivo si denuncia l’errore asseritamente commesso dal Tribunale nel dichiarare irricevibile il ricorso.
E invero, il giudice di prime cure ha fatto decorrere il termine d’impugnazione dalla data (19/1/2016) dell’istanza di accesso agli atti della procedura concorsuale presentata dall’avv. De Lu., ritenendo che questa dimostrasse la sua conoscenza sia della graduatoria impugnata, sia del posto in essa occupato.
Da qui la conclusione che il ricorso, notificato in data 30/3/2016, fosse tardivo.
Sennonché la conoscenza derivante dalla detta istanza di accesso risulterebbe nella specie irrilevante, in quanto l’art. 9 del bando di concorso, conformemente a quanto disposto dall’art. 15 del D.P.R. 9/5/1994, n. 487, prevedeva espressamente che la graduatoria sarebbe stata pubblicata sul sito internet dell’amministrazione e che l’avviso della detta pubblicazione sarebbe stato pubblicato con valore legale sulla Gazzetta Ufficiale, stabilendo, altresì, che dalla data di quest’ultima pubblicazione sarebbero decorsi i termini per eventuali impugnative.
Per effetto di tali norme il termine d’impugnazione si sarebbe dovuto far decorrere dalla data di pubblicazione in gazzetta (nello specifico avvenuta in data 5/4/2016) del citato avviso, dovendo il termine in parola essere uguale per tutti al fine di garantire par conditio tra i concorrenti e determinare, a priori, il limite temporale per tutte le contestazioni.
La conclusione troverebbe conferma anche nell’art. 41, comma 2, c.p.a. che, infatti, nelle ipotesi in cui è prevista la pubblicazione, escluderebbe la rilevanza della piena conoscenza antecedente.
Col secondo motivo l’appellante deduce che il giudice di prime cure avrebbe errato a non concedere l’errore scusabile sussistendo nella fattispecie i presupposti per concedere il beneficio stante l’incertezza sul termine d’impugnazione, ingenerata, peraltro, anche dal comportamento dell’amministrazione.
In ogni caso l’istanza di accesso formulata dell’avv. De Lu. non sarebbe idonea a dimostrare che egli avesse acquisito piena conoscenza del provvedimento impugnato, atteso che in essa si fa riferimento al solo decreto n. 1 del 7/1/2016 di approvazione della graduatoria, ma tale decreto è stato annullato e sostituito dal successivo decreto 11/1/2016, n. 10 (contro cui si è poi rivolta l’impugnazione) e nella specie non sussisterebbe alcuna prova che l’avv. l’avv. De Lu. avesse acquisto piena conoscenza di tale ultimo provvedimento.
I due motivi, che si prestano a una trattazione congiunta, non meritano accoglimento.
Ai sensi dell’art. 41, comma 2, del c.p.a. “Qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza… entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge”.
La trascritta norma, per pacifica giurisprudenza, va intesa nel senso che dal momento della piena conoscenza dell’atto lesivo comunque acquisita, sorge per l’interessato l’onere di immediata impugnazione, restando irrilevanti, ai fini dell’individuazione del dies a quo per proporre ricorso, la comunicazione o la pubblicazione (a seconda che sia richiesta o meno la notificazione individuale) successivamente intervenute (Cons. Stato, Sez. V, 5/10/1987, n. 598).
E invero, notificazione, comunicazione e pubblicazione costituiscono strumenti funzionali a notiziare gli interessati dell’esistenza dell’atto, esigenza questa che diviene evidentemente superflua nell’ipotesi in cui la conoscenza (piena) risulti già acquisita aliunde.
Nessun argomento contrario può trarsi dalle disposizioni del bando e del D.P.R. n. 487/1994 invocate dall’appellante. Queste infatti son da interpretare coerentemente con la citata norma processuale, alla quale, comunque, in virtù della gerarchia delle fonti, non potrebbero derogare.
Quanto al requisito della “piena conoscenza”, dalla cui acquisizione muove il termine decadenziale per ricorrere, è consolidato l’orientamento secondo cui essa deve ritenersi integrata dalla cognizione del provvedimento nei suoi elementi essenziali, nel suo contenuto dispositivo e nella sua lesività per l’interessato, senza che per contro sia necessaria la completa acquisizione di tutti gli atti del procedimento e del contenuto integrale della determinazione conclusiva (ex multis, Cons. Stato, sez. Sez. IV, 7/12/2017, n. 5754; Sez. III, 16/6/2015, n. 3025; Sez. V, 7/82015, n. 3881, 16/2/2015, n. 777; Sez. VI, 3/10/2007, n. 5116).
Nel caso di specie l’appellante ha dimostrato di aver acquisito piena conoscenza del provvedimento lesivo – ovvero la graduatoria definitiva del concorso col decreto che l’aveva approvata e il posto (non utile per l’assunzione) in cui nella medesima egli risultava collocato – quantomeno dal 19/1/2016, come emerge dell’istanza di accesso agli atti in pari data, dal medesimo inviata all’amministrazione appellata.
Al riguardo è appena il caso di osservare che ai fini di causa è del tutto irrilevante che nell’istanza di accesso si facesse riferimento al decreto n. 1/2016 e non invece al successivo decreto n. 10/2016, atteso che con quest’ultimo l’amministrazione appellata si è limitata a correggere un errore materiale presente nella precedente determinazione, inserendo al 18° posto della graduatoria una candidata precedentemente non considerata.
Alla luce di quanto sopra esposto, dal 19/1/2016 decorreva il termine per impugnare, con la conseguenza che il ricorso, consegnato per la notifica il 30/3/2016, risultava irricevibile come correttamente ritenuto dal Tribunale.
Né poteva concedersi al ricorrente il beneficio dell’errore scusabile.
Difatti, nel processo amministrativo l’errore scusabile, disciplinato dall’art. 37 c.p.a., è istituto di carattere eccezionale che può trovare applicazione solo qualora nel singolo caso sia apprezzabile una qualche giustificata incertezza sugli strumenti di tutela utilizzabili da parte del destinatario dell’atto poiché, opinando diversamente, tale inadempimento formale si risolverebbe in un’assoluzione indiscriminata dal termine di decadenza, con gravi riflessi sulla stabilità dei rapporti giuridici di diritto pubblico (Consiglio di Stato, sez. VI, 03/01/2019, n. 81)
Per consolidata giurisprudenza l’incertezza che giustifica la concessione dell’errore scusabile può riscontrarsi unicamente laddove dipenda: dall’oscurità del quadro normativo, dalle oscillazioni della giurisprudenza, da comportamenti ambigui della Pubblica amministrazione, dall’ordine del Giudice di compiere un determinato adempimento processuale in violazione dei termini effettivamente previsti dalla legge, dal caso fortuito e dalla forza maggiore (ex plurimis Cons. Stato, Sez. III, 10/8/2017, n. 3992).
Nel caso concreto non sono ravvisabili le condizioni per la concessione dell’invocato beneficio non essendo la fattispecie caratterizzata da alcuna incertezza in ordine ai termini di impugnazione.
In particolare non erano idonee a creare alcuna scusabile incertezza, vieppiù in considerazione della qualifica di avvocato posseduta dal odierno appellante, le disposizioni del bando (art. 9) e del D.P.R. n. 487/1994 (art. 15), secondo cui il termine per eventuali impugnative sarebbe iniziato a decorrere dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’avviso di pubblicazione della graduatoria sul sito dell’amministrazione, dovendo queste essere interpretate, come più sopra precisato, in coerenza col significato attribuito dalla pacifica giurisprudenza all’art. 41, comma 2, del c.p.a.
La reiezione dei primi due motivi di gravame, con la conseguente conferma della sentenza impugnata, consente di non esaminare gli ulteriori motivi d’appello con cui sono state riproposte le censure non affrontate dal giudice di primo grado.
L’appello va, in definitiva, respinto.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Spese e onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio in favore delle parti appellate costituite in giudizio, liquidandole forfettariamente negli importi sotto indicati ciascuno maggiorato di oneri accessori come per legge:
a) Euro 2.000/00 (duemila) quanto all’Università ;
b) Euro 1.000/00 (mille) quanto ad ognuna delle parti private (sig.ri Lo., Ca. e Co.).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere, Estensore
Francesco Mele – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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