Consiglio di Stato, Sentenza|27 aprile 2021| n. 3389.
L’ordine di demolizione di un manufatto abusivo è un provvedimento vincolato, come tutti gli atti sanzionatori in materia edilizia, tale da non richiedere una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, tantomeno una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione.
Sentenza|27 aprile 2021| n. 3389
Data udienza 11 marzo 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Interventi edilizi – Abusi edilizi – Ordine di demolizione – Nozione – Motivazione – Contenuto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8220 del 2019, proposto da
Gr. Pe., rappresentata e difesa dagli avvocati Ro. Ba., Ma. Ra. e Gi. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gi. Co. in Roma, via (…);
contro
Comune di Perugia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Lu. Ze., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio St. Pa. in Roma, piazza (…);
nei confronti
S.G.. Società ge. al. pe. um. di Am. & C. s.a.s., rappresentata e difesa dagli avvocati Al. Bi. e Fr. Tr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Al. Bi. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria 27 maggio 2019 n. 284, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 marzo 2021 il Cons. Diego Sabatino e rilevato che l’udienza si svolge ai sensi degli artt. 25 del Decreto Legge 137 del 28 ottobre 2020 e 4 comma 1, Decreto Legge 28 del 30 aprile 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 8220 del 2019, Gr. Pe. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria 27 maggio 2019 n. 284, con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Comune di Perugia con l’intervento ad opponendum di S.G.. Società ge. al. pe. um. di Am. & C. s.a.s. per l’annullamento
– per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
a) dell’ordinanza n. 32 del 18 ottobre 2017, notificata il 20 ottobre 2017, con la quale il dirigente dell’U.O. Edilizia Privata del Comune di Perugia, individuando asserite difformità dalla concessione edilizia n. 1349 del 2 giugno 1989 in merito alla copertura di un vano posto sulla sommità dell’edificio sito in Corso Vannucci n. 81, ha intimato alla ricorrente di “rimuovere entro 90 giorni dalla data di notifica del presente atto, le difformità realizzate descritte in premessa e la realizzazione di quelle necessarie al ripristino dello stato dei luoghi come da progetto assentito con concessione edilizia n. 1349/89”, prevedendo altresì che in caso di inottemperanza “i lavori verranno eseguito d’ufficio dal Comune con rivalsa delle spese sulla stessa”;
b) degli atti che integrerebbero gli “accertamenti compiuti dai competenti uffici comunali”, non allegati all’ordinanza di cui sub a), né altrimenti posti a conoscenza della ricorrente;
c) di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto e/o connesso e/o conseguente;
– per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati dalla ricorrente il 19 marzo 2018:
a) della nota prot. n. 0267080 del 22 dicembre 2017, comunicata con racc. a/r ricevuta in da parte dell’interessata in data 15 gennaio 2018, con la quale il dirigente dell’U.O. Edilizia Privata del Comune di Perugia, ha inteso “integrare” l’ordinanza comunale n. 32 del 18 ottobre 2017 già impugnata con il ricorso introduttivo;
b) di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto e/o connesso e/o conseguente, con ogni e più ampia riserva di motivi aggiunti.
Il giudice di primo grado ha così riassunto i fatti di causa:
“1. Con atto di ricorso notifica in data 19 dicembre 2017 la sig.ra Gr. Pe. ha impugnato innanzi all’intestato Tribunale l’ordinanza del Comune di Perugia n. 32 del 18 ottobre 2017 che ha intimato la rimozione, ex art. 143 della legge regionale n. 1/2015, di alcune opere edilizie realizzate in difformità dalla concessione edilizia n. 1349 del 2 giugno 1989, al tempo assentita all’odierna ricorrente per il rifacimento della copertura e della sottostante struttura portante di un annesso insistente sul lastrico solare di un edificio posto in Corso Vannucci n. 81, in area classificata dal vigente strumento urbanistico zona “A” – centro storico ed assoggettata a vincolo paesaggistico ambientale.
2. L’impugnativa è stata affidata ai seguenti motivi:
I. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 e ss., della legge n. 241/1990 e dell’art. 141 della legge regionale n. 1/2015.
Lamenta la ricorrente che l’impugnata ordinanza di rimessione in pristino non è stata preceduta da alcuna comunicazione di avvio del procedimento, come invece richiesto tassativamente, sia dalla legge generale sul procedimento amministrativo, sia dalla legge regionale che disciplina specificamente il procedimenti sanzionatori in materia edilizia.
II. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 143 della legge regionale n. 1/2015, in relazione al d.m. Min. Infrastrutture 14 gennaio 2008. Eccesso di potere per carenza dei presupposti, travisamento della fattispecie. Violazione dell’art. 3, comma 3, della legge n. 241/1990, difetto di istruttoria.
Sostiene la ricorrente che la maggiore altezza contestata è riconducibile all’inserimento del cd. cordolo sommitale, funzionale all’adeguamento sismico della costruzione, e quindi ininfluente ai sensi del succitato decreto ministeriale. Per quanto concerne, invece, la diversa natura dei materiali utilizzati si tratterebbe di difformità insignificante dal punto di vista edilizio, giacché destinata a non essere visibile esternamente essendo inglobata all’interno della struttura stessa (mentre all’esterno rimane visibile la copertura in coppi, come da progetto originario) e, soprattutto, ad essere ininfluente dal punto di vista della resistenza statica, così come rilevato dalla Regione Umbria, investita della questione attinente la conformità, a fini strutturali e sismici, tra quanto realizzato e quanto risultante dal progetto a suo tempo depositato presso la Provincia di Perugia.
III. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 145 della legge regionale n. 1/2015. Eccesso di potere per travisamento della fattispecie ed erroneità dei presupposti.
Lamenta la ricorrente che il contestato incremento di altezza che si vorrebbe ricondurre alla realizzazione del cordolo strutturale non assurgerebbe neppure a difformità parziale non eccedendo il 2% delle misure progettuali così come previsto dall’art. 145, comma 7, della legge regionale n. 1/2015.
3. Con successivo atto per motivi aggiunti notificato il 12 marzo 2018, la sig.ra Gr. Pe. ha impugnato la nota integrativa dell’ordinanza comunale 32/2017 prot. 267080 del 22 dicembre 2017 che ha intimato la rimessione in pristino stato anche ai sensi dell’art. 167 del d.lgs. n. 42/2004, in ragione del fatto che “l’area interessata dalle opere in parola è sottoposta vincolo paesaggistico (…) comportando dette opere una alterazione dello stato dei luoghi ed dell’aspetto esteriore dell’edificio, ne risulta che l’intervento risulta altresì privo della necessaria autorizzazione paesaggistica”.
4. L’impugnativa è stata affidata ai mezzi di gravame di cui al ricorso originario, nonché al seguente, ulteriore, motivo:
I. Violazione e/o falsa applicazione del d.m. 31/2017. Eccesso di potere per travisamento della fattispecie ed erroneità dei presupposti.
Sostiene la ricorrente che l’intervento asseritamente abusivo rientra nelle previsioni dell’allegato A) del d.m. n. 31/2017 e, in particolare, nelle fattispecie delineate ai punti A.2, A.3 e A.31., che svincolano dalla necessità di un’autorizzazione paesaggistica le “opere ed interventi edilizi eseguiti in variante a progetti autorizzati ai fini paesaggistici che non eccedano il due per cento delle misure progettuali quanto ad altezza, distacchi, cubatura, superficie coperta o traslazioni dell’area di sedime”, con l’effetto che, al ricorrere di simili condizioni, la presenza del vincolo paesaggistico non può integrare valido motivo (da solo o in aggiunta alla violazione della normativa edilizia/urbanistica) per disporre la rimessione in pristino.
5. Conclude la ricorrente per la legittimità delle opere contestate dall’amministrazione comunale e dunque per l’accoglimento della domanda di annullamento delle ordinanze gravate.
6. Il Comune di Perugia si è costituito in giudizio contestando le censure ex adverso svolte e concludendo per il loro rigetto.
7. Si è altresì costituita in giudizio, con atto di intervento ad opponendum al ricorso introduttivo ed ai motivi aggiunti, la società S.G.. – Società ge. al. pe. um. di Am. & C. s.a.s. (unitamente agli amministratori della stessa) in qualità di proprietaria di un immobile (cielo – terra, con annesso terrazzo al quarto piano di copertura) sito in Perugia al Corso (omissis) adibito ad attività alberghiera (Lo. della Po.), deducendo che l’attività edilizia posta in essere dalla ricorrente Petrini avrebbe leso detta attività ricettiva, caratterizzata da una condizione di qualificata vicinitas rispetto agli abusi in contestazione, trattandosi di opere che hanno immutato lo stato dei luoghi (modifica di sagoma e prospetti, creazione di volumi, mutamento di destinazione e di superfici) e come tali non suscettibili di sanatoria ex post ai sensi dell’art. 167 d.lgs. n. 42/2004.
8. Alla pubblica udienza del giorno 30 aprile 2019, uditi i difensori, la causa è passata in decisione.”
Il ricorso veniva dunque deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, sottolineando la correttezza dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione alla incompatibilità edilizia dell’intervento realizzato.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo come motivi di appello le proprie originarie censure, come meglio descritte in parte motiva.
Nel giudizio di appello, si sono costituiti il Comune di Perugia e S.G.. Società ge. al. pe. um. di Am. & C. s.a.s., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
Alla pubblica udienza del giorno 11 marzo 2021, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.
DIRITTO
1. – L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
2. – Con il primo motivo di diritto (punto 1.1.) si lamenta la mancata considerazione della censura con cui l’originaria ricorrente ha denunziato la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 143, L.R. Umbria n. 1/2015, in relazione al d.m. Min. Infrastrutture 14 gennaio 2008, nonché eccesso di potere per: carenza dei presupposti, travisamento della fattispecie, violazione dell’art. 3, comma 3, L. n. 241/1990 e difetto di istruttoria.
In concreto, si rimarca che la maggior altezza che sarebbe stata riscontrata dal Comune è in realtà ascrivibile alla realizzazione del cd. “cordolo sommitale” preordinato all’adeguamento della costruzione alla normativa antisismica e, come tale, poteva giovarsi del disposto di cui al punto 8.4.1 del d.m. 14/1/2008 che stabilisce che “una variazione dell’altezza dell’edificio, per la realizzazione di cordoli sommitali, sempre che resti immutato il numero di piani, non è considerata sopraelevazione o ampliamento, ai sensi dei punti a) e b)…” (ai sensi cioè delle definizioni di “sopraelevazione” delle costruzioni e di “ampliamento” parimenti riportate dalla disposizione).
2.1. – La censura non può essere accolta.
Come evidenziato nella descrizione in fatto, il provvedimento impugnato, ossia l’ordinanza del Comune di Perugia n. 32 del 18 ottobre 2017, ha evidenziato l’esistenza di alcune opere edilizie realizzate in difformità dalla concessione edilizia n. 1349 del 2 giugno 1989, al tempo assentita all’odierna ricorrente per il rifacimento della copertura e della sottostante struttura portante di un annesso insistente sul lastrico solare di un edificio posto in Corso Vannucci n. 81, in area classificata dal vigente strumento urbanistico zona “A” – centro storico ed assoggettata a vincolo paesaggistico ambientale.
Per maggiore precisione, va anche notato che con la concessione n. 1349/89 era stata licenziata un intervento, inquadrabile nella categoria della manutenzione straordinaria, nel quale si procedeva alla copertura del volume posto sul lastrico solare dell’immobile, senza alcuna modifica delle quote originarie.
Sulla scorta di tale evenienza, il primo giudice ha effettivamente individuato il detto scostamento tra le opere assentite e quelle realizzate sulla base del raffronto tra gli elementi utilizzabili a raffronto, ossia la relazione tecnica relativa al progetto e i dati istruttori prodotti dal Comune. Non può quindi negarsi che effettivamente la sopraelevazione realizzata si ponga in contrasto con quanto richiesto in sede di procedura abilitativa, visto che, come notato nella sentenza gravata, la relazione evidenzia che “si inserirà un cordolo perimetrale lungo tutte le armature portanti” e che “le quote di gronda resteranno invariate”, evidenziando cioè come nell’istanza non vi era traccia della poi avvenuta sopraelevazione.
Pertanto, l’indagine ulteriore, che secondo l’appellante sarebbe spettata al T.A.R., ossia la valutazione della funzione antisismica della detta sopraelevazione, appare del tutto ultronea ai fini del giudizio, poiché la sussumibilità in tale categoria di quanto realizzato è compito dell’amministrazione (in sede di rilascio del titolo edilizio, se evidenziato tempestivamente, oppure di sanatoria, se invece ciò avviene successivamente). Infatti, sulla detta natura il Comune non è stato mai chiamato a pronunciarsi e, conseguentemente, non avrebbe potuto farlo il T.A.R., stante il disposto dell’art. 34 comma 2 c.p.a..
La censura va quindi respinta.
3. – Con il secondo motivo (punto 2.1), si lamenta anche l’erronea considerazione del motivo riguardante l’ipotizzata modifica dei materiali utilizzati, rispetto a quando previsto dalla concessione edilizia n. 1349/1989. Precisamente, rispetto alla ricostruzione operata dal Comune, andrebbe invece affermato che quella che viene raffigurata come “orditura principale e secondaria, in legno e pianelle”, altro non è che il rivestimento, con finalità puramente estetiche, di una struttura interna in travi di acciaio, tavelloni e soletta in calcestruzzo.
3.1. – La censura va respinta.
La supposta indifferenza dal punto di vista edilizio non può essere condivisa. È ben vero che le modifiche (che la parte descrive come mera sostituzione delle previste travi in cemento armato della struttura portante con analoghe travi in acciaio) restano inglobate all’interno della struttura stessa e non sono visibili dall’esterno, dove rimane la copertura in coppi originariamente prevista; tuttavia, si tratta sempre di difformità attinenti alle modalità costruttive della soprelevazione in sé contestata, le quali danno luogo ad modifica del preesistente stato dei luoghi in ambito vincolato.
Infatti, in conseguenza di detto profilo, le difformità accertate sono poi state successivamente sanzionate anche ai sensi dell’art. 167 d.lgs. n. 42/04 con un provvedimento di integrazione dell’originaria ordinanza di demolizione, dato con prot. 0267080 del 22 dicembre 2017 (esaminato con il quarto motivo di appello).
La censura va quindi respinta.
4. – Con il terzo motivo di diritto (punto 3.1), viene censurata la mancata considerazione della doglianza in tema di violazione e/o falsa applicazione dell’art. 145, L.R. Umbria n. 1/2015, nonché di vizio di eccesso di potere per travisamento della fattispecie ed erroneità dei presupposti, evidenziando come “L’incremento di altezza determinato dalla realizzazione del cordolo strutturale non è, infatti, nemmeno suscettibile di determinare la fattispecie della “parziale difformità ” dal titolo abilitativo di cui all’art. 145, L.R. Umbria n. 1/2015.”
4.1. – La censura va respinta.
Anche in questo caso, va condiviso pienamente l’operato del primo giudice che ha ritenuta infondata la doglianza, in quanto la detta sopraelevazione è intervenuta in ambito vincolato nel quale ogni difformità rispetto al titolo abilitativo deve ritenersi essenziale ai sensi dell’art. 32, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001.
Anche la successiva insistenza della parte sulla natura non di sopraelevazione ma di mero accorgimento tecnico del ritenuto cordolo, va respinta, trattandosi di reiterazione del primo motivo di appello, già sopra ritenuto infondato.
5. – Con la quarta doglianza (punto 4.1), si lamenta della mancata considerazione dei motivi proposti contro la nota comunale di integrazione prot. n. 0267080 del 22/12/2017, della quale si è censurata la violazione e/o falsa applicazione del DPR. 31/2017 nonché l’eccesso di potere per travisamento della fattispecie ed erroneità dei presupposti.
In concreto, si evidenzia che, in base alle previsioni dell’Allegato A) del DPR n. 31/2017, non è più richiesta alcuna autorizzazione paesaggistica per determinate categorie di opere ed interventi che concernano edifici esistenti e che, nel caso di specie, l’intervento asseritamente abusivo rientrerebbe sicuramente nelle ipotesi contemplate dal ridetto Allegato A) e, in particolare, nelle fattispecie delineate ai punti A.2, A.3 e A.31.
5.1. – La censura va respinta.
Stante la tipologia di intervento realizzato, nessuna delle tre categorie di opere escluse dall’autorizzazione paesaggistica può ricomprendere quella effettivamente realizzata: non quella di cui al punto A.2., dove si parla di meri “interventi sui prospetti o sulle coperture degli edifici”, mentre nel caso in esame è stata ampliata la volumetria; nemmeno quella di cui al punto A.3., atteso che l’intervento autorizzato non aveva “finalità di consolidamento statico degli edifici”; e neppure quella di cui al punto A.31., in quanto riferibile solo ad opere ed interventi edilizi “eseguiti in variante a progetti autorizzati”, mentre nel caso in esame mancava qualsiasi autorizzazione alla modifica poi effettivamente attuata.
La censura pertanto è inconferente.
6. – Infine, con il quinto motivo (punto 5.1) si lamenta la mancata considerazione della censura proposta avverso l’ordinanza di rimessione in pristino per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 e ss., L. n. 241/1990 e dell’art. 141, L.R. Umbria n. 1/2015, in quanto il detto provvedimento non è stato preceduto da alcuna comunicazione di avvio del procedimento, come invece richiesto tassativamente, sia dalla legge generale sul procedimento amministrativo, sia dalla legge regionale che disciplina specificamente i procedimenti sanzionatori in materia edilizia.
6.1. – La censura non può essere condivisa.
In tema di motivazione del provvedimento vincolato di demolizione, la giurisprudenza ha già sottolineato come la doverosità dell’adempimento si riverberi sulle garanzie procedimentali, che divengono attenuate stante l’impossibilità di un contributo conoscitivo idoneo a mutare l’assetto degli interessi stabilito dalla normativa primaria.
Infatti, il lungo tempo trascorso dalla realizzazione dell’opera abusiva non è idoneo a radicare in capo al privato interessato alcun legittimo affidamento in ordine alla conservazione di una situazione di fatto illecita, per cui l’ordine di demolizione assume carattere doveroso e vincolato e la sua emanazione non richiede alcuna motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso (giurisprudenza del tutto pacifica dopo Cons. Stato, Ad. Plen., 17 ottobre 2017 n. 9; da ultimo, Cons. Stato, V, 26 febbraio 2021, n. 1637).
Per altro verso, l’ordine di demolizione di un manufatto abusivo è un provvedimento vincolato, come tutti gli atti sanzionatori in materia edilizia, tale da non richiedere una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, tantomeno una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione (oltre alla giurisprudenza già citata, sempre da ultimo Cons. Stato, VI, 17 novembre 2020, n. 7132).
Per tale ragione, nell’ambito di un procedimento amministrativo, l’omessa emanazione dell’avviso di avvio del procedimento non è tale da rendere annullabile un provvedimento di demolizione di un’immobile abusivo atteso che trattasi di atto a contenuto vincolato (Cons. Stato, II, 15 gennaio 2021, n. 469).
Anche l’ultima doglianza va quindi rigettata.
7. – L’appello va quindi respinto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Respinge l’appello n. 8220 del 2019;
2. Condanna Gr. Pe. a rifondere al Comune di Perugia e a S.G.. Società ge. al. pe. um. di Am. & C. s.a.s. le spese del presente grado di giudizio, che liquida, in favore di ognuna delle parti resistenti e controinteressate costituite, in Euro. 2.000,00 (euro duemila) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, se dovuti.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2021 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere, Estensore
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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