Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 4 maggio 2020, n. 2797.
La massima estrapolata:
La l. n. 190 del 2012, nel dettare disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, individua nell’art. 1, comma 53, lett. b), il trasporto, anche transfrontaliero, e lo smaltimento di rifiuti per conto di terzi, tra quelle attività maggiormente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa. Questa legge nazionale risulta coerente con le norme regolamentari europee, le quali, da un lato, pongono l’obbligo in capo a tutti i privati, coinvolti nelle spedizioni, di operare nel rispetto dei principi di trasparenza e tracciabilità e nei rispetto della salubrità delle operazioni; dall’altro, prevedono l’impegno dei singoli Paesi membri della Comunità europea di adoperarsi per consentire la regolarità delle fasi e dei contenuti delle spedizioni (Reg. CE n. 1013 del 2006, artt. 35, 36, 37, e 49, relativo alle spedizioni di rifiuti). Vi sono, poi, disposizioni del Codice doganale comunitario, che riconoscono funzioni extratributarie alle Dogane e disciplinano i controlli in sede di esportazioni. Dalla disciplina richiamata emerge un sistema normativo che, nell’ambito dell’impegno dei singoli Paesi ad adoperarsi per garantire la regolarità delle spedizioni: – attribuisce all’autorità doganale uno specifico potere nel controllo dei trasporti per tutelare la Comunità dal commercio sleale e illegale e per tutelare l’ambiente, pur sostenendo, nel contempo, le attività commerciali legittime; – consente verifiche documentali e controlli sull’esattezza delle dichiarazioni, nonché prelievi di campioni; – subordina lo svincolo della merce alla verifica in tempi ragionevoli e consente lo svincolo se il tempo necessario non è ragionevole, solo se la presenza della merce non è più necessaria, mentre, se ai dubbi non possa essere data risposta se non al termine dei controlli che l’autorità ha intrapreso, le merci in causa non possono essere oggetto di svincolo In definitiva, in un sistema che ha come perno la ragionevolezza dei termini per il compimento del procedimento di verifica, la chiusura dello stesso registra la prevalenza delle finalità pubbliche di garanzia, consentendo il blocco della merce sino ad assicurare il rispetto degli interessi superiori tutelati.
Sentenza 4 maggio 2020, n. 2797
Data udienza 16 aprile 2020
Tag – parola chiave: Rifiuti – Trasporto transfrontaliero – Legge anticorruzione – Art. 1, c. 53, lett. b) l. n. 190/2012 – Principi di trasparenza, tracciabilità e salubrità – Poteri dell’autorità doganale – Ragionevolezza dei termini – Compatibilità con le finalità pubbliche di garanzia
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5008 del 2019, proposto dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli, Area dogane – direzione interregionale per la Campania e la Calabria, in persona del direttore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via (…);
contro
Consorzio Na. Pi. Ri. (CO.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Al. Fa., Pi. De. Po. Ro. e Fr. An., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Pi. De. Po. Ro. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Calabria – Sezione staccata di Reggio Calabria n. 86 del 2019, resa tra le parti, concernente la domanda di risarcimento del danno da ritardo nel procedimento di svincolo doganale di rifiuti da spedire in Cina.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Consorzio Na. Pi. Ri. (CO.);
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 84 del decreto legge n. 18 del 2020;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 16 aprile 2020, il Cons. Giuseppa Carluccio.
FATTO e DIRITTO
1. La presente controversia ha per oggetto l’appello proposto dalla Agenzia delle dogane e dei monopoli avverso la sentenza del T.a.r. per la Calabria – Sezione staccata di Reggio Calabria, n. 86 dell’11 febbraio 2019, la quale ha accolto il ricorso (r.g. n. 281 del 2015) del Consorzio Na. Pi. Ri. (CO.), condannando l’Amministrazione al risarcimento del danno da ritardo per un importo di circa euro 170.000,00, con l’aggiunta di rivalutazione monetaria e interessi legali.
2. Il ritardo preso in esame nella controversia concerne un procedimento avviato dal consorzio presso l’Ufficio delle dogane del porto di Gioia Tauro, finalizzato alla esportazione transfrontaliera in Cina di rifiuti a base di carta da macero, contenuti in 10 container, identificato con la bolletta doganale EX A n. 4768 N del 25 novembre 2014.
3. L’Amministrazione ha posto a base dell’appello due articolati motivi, preceduti da un’ampia esposizione della peculiarità della esportazione transfrontaliera di rifiuti oggetto della controversia; l’appellante ha concluso chiedendo l’accoglimento dell’impugnazione e, in subordine, ha censurato anche la quantificazione del risarcimento del danno ritenuto spettante dal primo giudice.
3.1. Il Consorzio si è costituito ed ha chiesto il rigetto del gravame.
3.2. Questo Consiglio, con l’ordinanza n. n. 3465 del 2019, ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata.
4. All’udienza pubblica del 16 aprile 2020, ai sensi dell’art. 84 del decreto legge n. 18 del 2020, la causa è stata trattenuta dal Collegio in decisione.
5. E’ opportuno premettere la successione degli atti attraverso i quali il procedimento si è sviluppato nel tempo, in ordine ai quali non vi è contestazione tra le parti.
5.1. Dal controllo diretto dei container, tramite ispezione, non sono emerse irregolarità .
5.1.1. L’inserimento della richiesta di spedizione nel circuito doganale telematico dell’Agenzia delle dogane ha evidenziato profili di rischio da controllare: – “settore 8 profilo 201 – controllare la eventuale presenza di prodotti altamente inquinanti”; – “settore 20 profilo 2570 – sospendere svincolo e contattare la Direzione Centrale Antifrode e Controlli. Riferire codice Envicrime”.
5.2. Il 27 novembre 2014, l’ufficio territoriale di Gioia Tauro ha comunicato al CO. che i container erano stati sottoposti ad accertamenti finalizzati alla verifica della regolarità della spedizione verso il Paese di destinazione.
5.3. Il 12 dicembre 2014, l’ufficio territoriale ha inviato tutta la documentazione presentata dall’istante alla direzione centrale antifrode e controlli di Roma, che, il successivo 15 dicembre, ha disposto il blocco della spedizione, richiedendo integrazioni documentali.
5.3.1. Sulla base di tali richieste, l’ufficio territoriale, con la nota del 22 dicembre 2014, ha chiesto al CO., ricorrente esportatore, la trasmissione della licenza rilasciata dalla General Administration of Quality Supervision, Inspection and Quarantine (c.d. AQSIQ) alla Ca. Ma. e Se. s.p.a., quale produttore del rifiuto.
5.3.2. Con la successiva nota del 30 dicembre 2014, lo stesso ufficio territoriale ha richiesto al ricorrente la copia dei documenti che lo stesso aveva presentato alle competenti autorità cinesi al fine del rilascio della propria certificazione AQSIQ n. A380090048.
5.3.3. Il CO. – che già aveva contestato le suddette richieste ed il ritardo, preannunciando l’azione risarcitoria – con la nota del 9 gennaio 2015 ha comunicato di non essere in possesso della copia dei documenti presentati alle autorità cinesi e, nel contempo, ha rappresentato la difficoltà di ottenerli dalle stesse. In esito alla risposta dell’ufficio territoriale che – con la nota del successivo 21 gennaio – ha insistito sul carattere necessario della documentazione, il CO. ha comunicato, con la nota del 27 gennaio, di essersi attivata presso le autorità cinesi.
5.3.4. A fronte di un sollecito (il 13 marzo 2015) della suddetta documentazione da parte dell’ufficio territoriale, il CO., in data 20 marzo 2015, ha comunicato che la società importatrice cinese aveva risolto i contratti di acquisto dei rifiuti ed ha chiesto il rientro dagli spazi doganali della merce.
5.4. Con determinazione del 3 aprile 2015 la bolletta doganale è stata annullata e vi è stato il rilascio dell’autorizzazione al “reingresso in città ” della merce.
6. La sentenza gravata dall’appello ha così, essenzialmente, argomentato l’accoglimento del ricorso:
A) sarebbe evidente la sussistenza del nesso eziologico tra il comportamento dell’autorità doganale ed il danno patito dalla società ricorrente, che risulterebbe provato con la documentazione versata in atti;
a1) non vi sarebbe alcun dubbio che la mancata partenza dei container, nei tempi previsti dal contratto di acquisto, sarebbe stata la causa del danno lamentato e che la partenza sarebbe stata impedita dai controlli doganali.
B) sussisterebbe l’elemento soggettivo di un illecito, perché :
b1) dalla documentazione in atti emerge che dal controllo diretto – tramite ispezione – sui container non sono emerse irregolarità ;
b2) il 12 dicembre 2014, tale esito è stato comunicato dall’Agenzia di Gioia Tauro alla direzione centrale antifrodi e controlli di Roma, che ha bloccato la spedizione ed ha richiesto le integrazioni documentali, delle quali l’ufficio territoriale “si è fatto portavoce”, dopo aver “giustamente e significativamente” chiesto che tali indicazioni dell’autorità centrale pervenissero in forma scritta;
b3) tali richieste di integrazioni documentali sarebbero “all’origine del danno” lamentato dal ricorrente;
b4) va considerato: – che la licenza AQSIQ qualifica, in Cina, l’operatore commerciale straniero che vuole esportare in quel Pese tutti i generi di merce, compresi, come nel caso che ci occupa, i rifiuti; – detta richiesta, per la sua natura, non poteva che riguardare l’esportatore ed odierno ricorrente e non, invece, la società Ca. Ma. e Se., quale produttore del rifiuto;
b4.1.) comunque, dalla documentazione in atti, prodotta dalla stessa difesa erariale, il produttore dei rifiuti suddetto risulta in possesso della licenza AQSIQ, già nella disponibilità dell’amministrazione quale esportatore di materie plastiche;
b4.2.) di contro, non è stato offerto alcun supporto normativo alla tesi dell’Ufficio intelligence, della direzione centrale antifrodi e controlli, che ha ritenuto necessaria una licenza AQSIQ per ogni tipologia di rifiuto;
b4.3) di conseguenza, la richiesta della licenza AQSIQ del soggetto produttore dei rifiuti apparirebbe un inutile aggravio del procedimento;
b5) ancor meno giustificabile sarebbe la richiesta, rivolta al ricorrente, di produrre la documentazione inviata alle autorità cinesi per ottenere la licenza;
b5.1) alla base di tale pretesa, non potrebbe “scorgersi alcun interesse pubblico degno di tutela”, ma solo la volontà di scrutinare la veridicità e la completezza della detta documentazione per scopi che, certamente rientrano nel novero delle attività proprie del nucleo centrale antifrode ma che, con altrettanta certezza, devono dirsi estranei al procedimento amministrativo finalizzato al riscontro della bolletta doganale di esportazione;
b5.2) il procedimento oggetto di causa avrebbe potuto ritenersi concluso con il positivo esito dell’ispezione diretta dei container condotta dai funzionari dell’ufficio territoriale;
b5.3.) di conseguenza, nessun concorso di colpa potrebbe essere individuato nel comportamento del consorzio ricorrente, in ordine alla mancata conservazione della documentazione trasmessa alle autorità cinesi per ottenere la ripetuta licenza AQSIQ, e non potrebbe operare l’art. 1227 c.c. ai fini della riduzione del danno risarcibile.
C) quanto al termine di conclusione del procedimento, in mancanza di indicazioni normative diverse, dovrebbe ritenersi applicabile anche alla vicenda per cui è causa l’art. 5, comma 2-bis, del d.l. n. 145 del 2013, convertito con modifiche nella legge n. 9 del 2014, alla luce del quale i provvedimenti di competenza dell’agenzia delle dogane devono trovare conclusione entro poche ore;
c1) la tesi secondo cui, in presenza di operazioni che presentano particolari criticità, non potrebbe mai essere garantito il rispetto della tempistica stabilita dalla norma citata, si risolverebbe infatti in un’inaccettabile interpretazione abrogatrice della norma, la cui applicabilità, in mancanza di diverse indicazioni normative, non potrebbe essere messa in discussione dagli uffici;
c2) anche a voler ipotizzare la non applicabilità della citata disposizione alle fattispecie di particolare complessità, comunque sarebbe stato palesemente violato il termine generale di conclusione dei procedimenti amministrativi di cui all’art. 2, comma 2, della legge n. 241 del 1990, richiamato dal successivo art. 29, comma 2-bis, perché il TAR ha ritenuto che le attività di controllo demandate all’autorità doganale non possano ritenersi svincolate dai principi dettati dalla legge in materia di procedimento amministrativo;
D) quanto al risarcimento del danno, il danneggiato avrebbe assolto all’onere probatorio, ai sensi dell’art. 2697 c.c.; infatti, i contratti si sono risolti per l’inadempimento della società ricorrente, che sarebbe stata la conseguenza del protrarsi delle operazioni doganali, e dai contratti risulta che il ritardo nella spedizione avrebbe legittimato il compratore alla risoluzione.
E) In conclusione, sulla base della documentazione in atti, il TAR ha disposto il risarcimento delle seguenti voci: – il danno emergente, determinato nella misura complessiva di euro 151.569,13; – il lucro cessante, determinato complessivamente in euro 17.929,85; – oltre rivalutazione ed interessi.
7. Con i due motivi di impugnazione strettamente connessi, dei quali costituisce parte integrante l’esposizione introduttiva dell’appello per l’individuazione della fattispecie concreta, l’Amministrazione – riproponendo, criticamente nei confronti della sentenza impugnata, le argomentazioni già formulate nel primo grado di giudizio – ha censurato la sentenza sulla base di scansioni argomentative che possono essere così sintetizzate:
a) l’esportazione transfrontaliera di rifiuti non può ascriversi nell’ambito della procedura ordinaria di controllo dell’esportazione, che normalmente si svolge presso gli uffici doganali, sicché non sono applicabili:
– l’art. 5, comma 2-bis, del d.l. n. 145 del 2013, convertito con modifiche nella l. n. 9 del 2014, secondo il quale i procedimenti amministrativi si svolgono contestualmente alla presentazione della merce ai fini dell’espletamento delle formalità doganali e sono conclusi nel termine massimo di un’ora per il controllo documentale e di cinque ore per la visita delle merci, e comunque, non possono superare i tre giorni, nel caso necessitino accertamenti di natura tecnica e sia necessario il prelevamento di campioni;
– il termine generale di conclusione dei procedimenti amministrativi, di cui all’art. 2, comma 2, della legge n. 241 del 1990, richiamato dal successivo art. 29, comma 2-bis;
b) quando, come nella fattispecie, si tratta di spedizioni transfrontaliere che rischiano di compromettere rilevanti interessi pubblici, quali la prevenzione e la repressione dei traffici illeciti di rifiuti, l’Agenzia delle dogane ha ulteriori poteri, riconosciuti anche a livello europeo, e li esercita in collegamento con le diverse autorità preposte;
c) in tale caso, sussistono i poteri di controllo, di richiesta, di verifica anche tecnica, delineati a livello della legislazione eurounitaria, i quali – quanto al tempo per il loro esercizio – individuano il parametro della “ragionevolezza” per procedere allo svincolo della merce e, comunque, prevedono il blocco dello svincolo sino al termine dei controlli;
d) in questo contesto di un potere di controllo in nome di preminenti interessi pubblici, dove la legislazione nazionale individua il trasporto, anche transfrontaliero, di rifiuti tra quelle attività maggiormente esposte al rischio di infiltrazioni ad opera di esponenti della criminalità organizzata, l’Amministrazione territoriale ha agito in stretto contatto con l’Ufficio intelligence della direzione centrale antifrode e controlli – e questa, a sua volta, con la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo (DNAA) e con le autorità consolari – investendola prontamente della domanda di spedizione in Cina ed adempiendo altrettanto prontamente alle richieste di approfondimento ritenute necessarie;
e) pertanto, non è ravvisabile alcun profilo di colpa nell’operato dell’Amministrazione territoriale e, men che mai, di colpa grave e, neanche la colpa discendente dalla mancata organizzazione tra uffici territoriali e centrali dell’Amministrazione.
8. Ritiene il Collegio che l’appello è fondato e va accolto.
8.1. Va premesso che la sentenza impugnata non ha adeguatamente tenuto conto delle argomentazioni difensive formulate in primo grado dall’Amministrazione, sull’ambito di applicazione delle disposizioni normative eurounitarie, rilevanti per la prevenzione e la repressione dei traffici illeciti di rifiuti transfrontalieri.
Il TAR, proprio per via della mancata considerazione delle norme applicabili nella fattispecie: – ha individuato nell’Ufficio territoriale un mero portavoce delle richieste provenienti dalla direzione centrale antifrode della Agenzia delle dogane; – non ha ravvisato un qualche interesse pubblico degno di tutela rispetto al procedimento amministrativo finalizzato al riscontro della bolletta doganale di esportazione, nelle richieste provenienti da tale ufficio centrale; – ha sindacato nel merito la legittimità e utilità delle suddette richieste integrative, in ordine alla licenza AQSIQ specifica per la tipologia del trasporto (carta da macero) in capo al produttore invece che del solo esportatore, ed in ordine alla produzione della documentazione inviata alle autorità cinesi per ottenere la stessa licenza.
8.1.1. In definitiva, la ratio decidendi della sentenza impugnata si è basata sulla decisiva considerazione secondo cui le attività di controllo di competenza della autorità doganale non si possano ritenere svincolate dai principi dettati dalla legge nazionale in materia dello specifico procedimento doganale e dalla disciplina generale sul termine di conclusione del procedimento, previsto dalla legge n. 241 del 1990, perché altrimenti si perverrebbe ad una loro sostanziale interpretazione abrogatrice.
8.2. Inoltre, sulla base di una tale parziale ricostruzione del quadro normativo, il TAR ha ravvisato la responsabilità dell’Amministrazione appellante, per via delle richieste della direzione centrale antifrode dell’Agenzia delle dogane, valutate come inutile aggravio del procedimento, mentre, all’esito della prima ispezione, l’autorità doganale locale avrebbe dovuto consentire lo sblocco della merce.
9. Invece, il Collegio condivide la ricostruzione del quadro normativo posto dall’Amministrazione a fondamento dell’appello, entro il quale si colloca il procedimento di esportazione transfrontaliera oggetto della controversia.
9.1. Sullo sfondo rileva la legge che, nel dettare disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, individua il trasporto, anche transfrontaliero, e lo smaltimento di rifiuti per conto di terzi, tra quelle attività maggiormente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa (art. 1, comma 53, lett. b), della l. n. 190 del 2012).
Questa legge nazionale risulta coerente con le norme regolamentari europee, le quali:
– da un lato, pongono l’obbligo in capo a tutti i privati, coinvolti nelle spedizioni, di operare nel rispetto dei principi di trasparenza e tracciabilità e nei rispetto della salubrità delle operazioni;
– dall’altro, prevedono l’impegno dei singoli Paesi membri della Comunità europea di adoperarsi per consentire la regolarità delle fasi e dei contenuti delle spedizioni (Reg. CE n. 1013 del 2006, artt. 35, 36, 37, e 49, relativo alle spedizioni di rifiuti).
9.2. Vi sono, poi, disposizioni del Codice doganale comunitario, che riconoscono funzioni extratributarie alle Dogane e disciplinano i controlli in sede di esportazioni.
9.2.1. Infatti, le autorità doganali hanno la responsabilità primaria della supervisione degli scambi internazionali della Comunità, in modo da contribuire al commercio leale e libero, all’attuazione degli aspetti esterni del mercato interno, della politica commerciale comune e delle altre politiche comunitarie comuni riguardanti il commercio e la sicurezza dell’intera catena logistica.
A tal fine, le autorità doganali mettono in atto misure intese a perseguire più obiettivi, tra i quali – per quanto di interesse – vi è quello di tutelare la Comunità dal commercio sleale e illegale sostenendo, nel contempo, le attività commerciali legittime e quello di tutelare l’ambiente (art. 2 del Reg. CE n. 450 del 2008).
9.2.2. In particolare, sulla base della normativa eurounitaria (Codice doganale comunitario Reg. CEE, n. 2913 del 1992 e successive modificazioni):
I) si intendono per controlli doganali, gli “atti specifici espletati dall’autorità doganale ai fini della corretta applicazione della legislazione doganale e delle altre legislazioni che disciplinano l’entrata, l’uscita, il transito, il trasferimento e l’utilizzazione finale di merci in circolazione tra il territorio doganale della Comunità e i paesi terzi…; ” “tali atti possono comprendere la verifica delle merci, il controllo della dichiarazione e l’esistenza e l’autenticità di documenti elettronici o cartacei, l’esame della contabilità delle imprese e di altre scritture, il controllo dei mezzi di trasporto,….l’esecuzione di inchieste amministrative o atti analoghi.” (art. 4 n. 14);
II) “Per controllare le dichiarazioni da essa accettate, l’autorità doganale può procedere: a) ad una verifica documentale riguardante… la dichiarazione e i documenti ad essa allegati.”…”può chiedere al dichiarante di presentarle altri documenti per controllare l’esattezza delle indicazioni figuranti nella dichiarazione; b) alla visita delle merci e, ove occorra, ad un prelievo di campioni per analisi o per un controllo approfondito” (art. 68);
III) “l’autorità doganale concede lo svincolo non appena le indicazioni contenute nella dichiarazione siano state verificate oppure accettate senza verifica. Lo stesso avviene quando la verifica non possa essere ultimata in termini ragionevoli e la presenza delle merci in vista di questa verifica non sia più necessaria” (art. 73).
9.2.3. Con una ulteriore disposizione, si prevede che, “Quando l’autorità doganale nutra dei dubbi sull’applicabilità o meno di divieti o restrizioni e quando a questi dubbi non possa essere data risposta se non al termine dei controlli che la predetta autorità ha intrapreso, le merci in causa non possono essere oggetto di svincolo.” (Reg. CEE n. 2454 del 1993, art. 248, comma 3).
9.3. Dalla disciplina richiamata emerge un sistema normativo che, nell’ambito dell’impegno dei singoli Paesi ad adoperarsi per garantire la regolarità delle spedizioni:
– attribuisce all’autorità doganale uno specifico potere nel controllo dei trasporti per tutelare la Comunità dal commercio sleale e illegale e per tutelare l’ambiente, pur sostenendo, nel contempo, le attività commerciali legittime;
– consente verifiche documentali e controlli sull’esattezza delle dichiarazioni, nonché prelievi di campioni;
– subordina lo svincolo della merce alla verifica in tempi ragionevoli e consente lo svincolo se il tempo necessario non è ragionevole, solo se la presenza della merce non è più necessaria, mentre, se ai dubbi non possa essere data risposta se non al termine dei controlli che l’autorità ha intrapreso, le merci in causa non possono essere oggetto di svincolo
In definitiva, in un sistema che ha come perno la ragionevolezza dei termini per il compimento del procedimento di verifica, la chiusura dello stesso registra la prevalenza delle finalità pubbliche di garanzia, consentendo il blocco della merce sino ad assicurare il rispetto degli interessi superiori tutelati.
10. Nel quadro normativo delineato, vi sono state le legittime iniziative che le autorità italiane hanno intrapreso per garantire il rispetto degli obblighi comunitari e il modo con cui, nel rispetto delle suddette iniziative, l’autorità doganale territoriale ha concretamente condotto il procedimento di controllo.
10.1. Secondo quanto riferisce l’Amministrazione nell’ambito dell’ampio preambolo dell’appello:
a) Nell’ambito delle azioni intraprese per la prevenzione e repressione dei traffici illeciti di rifiuti, l’Agenzia delle Dogane ha sottoscritto, nel 2009, una Convenzione con la Direzione Nazionale Antimafia – DNA (divenuta nel 2015 Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo);
b) nel contesto della suddetta convenzione, l’Ufficio intelligence della direzione centrale antifrode e controlli interloquisce con la DNA per assicurare la raccolta di elementi informativi, di analisi dei flussi e di ogni altro elemento utile per la definizione delle prerogative istituzionali del Procuratore Nazionale Antimafia;
c) all’Ufficio Intelligence è attribuito un compito di prevenzione e contrasto dei traffici illeciti di rifiuti, in forza dell’art. 8 dello Statuto dell’Agenzia (Determinazione Direttoriale n. 23720 del 7 Agosto 2009);
c1) nel 2014, la DNA ha segnalato al suddetto Ufficio l’esigenza di controllare la spedizione di rifiuti destinati in Cina, in particolare plastici e cartacei non trattati, per via dell’utilizzo di dichiarazioni mendaci;
c2) questa segnalazione generale ha comportato che, nel momento dell’inserimento delle richieste di spedizione nel circuito doganale telematico dell’Agenzia, automaticamente venivano evidenziati i profili di rischio da controllare: nel caso si specie il codice operativo ENVICRIME;
c3) questo ha comportato il collegamento costante tra l’ufficio territoriale e l’ufficio intelligence; i controlli documentali approfonditi richiesti da quest’ultimo, anche in collegamento con le autorità cinesi per il tramite dell’addetto doganale presso l’Ambasciata italiana a Pechino, per via della sospetta non autenticità delle autorizzazioni rilasciate.
11. La tesi sostenuta dall’Amministrazione, sulla applicabilità di tali regole in base al principio di specialità, è condivisa dal Collegio.
Non risulta invece fondata la deduzione della società appellata, secondo la quale la disciplina applicabile al procedimento di controllo doganale rilevante nella fattispecie sarebbe quella specificamente prevista per i procedimenti di controllo doganale dall’art. 5, comma 2-bis, cit. o, al più, quella generale sul procedimento amministrativo del 1990.
11.1. La società appellata ha dedotto, come presupposto logico dell’interpretazione sostenuta, che la disciplina nazionale svolga una funzione integratrice della normativa di rango europeo, secondo uno schema ordinariamente applicato, che consente al legislatore nazionale di emanare disposizioni di dettaglio, anche più restrittive di quelle comunitarie, quando non vi siano precisi divieti in tal senso.
11.2. Ritiene il Collegio che questa ottica interpretativa non è applicabile alla fattispecie.
In tal senso milita l’assorbente considerazione che la normativa europea – per sua natura prevalente nella gerarchia delle fonti – va ad integrare ed a sostituirsi a quella nazionale quando entra in conflitto, nel senso che la normativa europea si applica senz’altro, quando vi siano superiori interessi da salvaguardare, come sopra descritti.
12. All’esito di quanto esposto in ordine alle norme applicabili e richiamando la scansione degli eventi come sopra sintetizzata (cfr. § 5. e sottopartizioni), risulta inoltre evidente l’esclusione di ogni profilo di negligenza o di rimproverabilità – e con esso – di ogni profilo di responsabilità (per la asserita lesione cagionata agli interessi coinvolti), non solo dell’amministrazione territoriale, ma anche dell’amministrazione nazionale.
D’altra parte, come il TAR stesso ha osservato, l’Ufficio doganale del porto di Gioia Tauro ha agito seguendo le direttive e le specifiche richieste dell’Ufficio intelligence nazionale; a sua volta, tale Ufficio ha agito in stretto collegamento con le direttive generali provenienti dalla DNA nel tracciamento di spedizioni sospette di rifiuti verso la Cina.
12.1. Non è nella specie configurabile neppure un profilo di colpa lieve, né la mancata organizzazione nell’interlocuzione tra i vari uffici dell’amministrazione, posto che non è mancata neanche l’interlocuzione con gli uffici consolari dello Stato estero.
13. Il Collegio ritiene inoltre di osservare che:
– nella specie il ritardo nello “svincolo” delle merci è stato l’inevitabile conseguenza delle previsioni della normazione eurounitaria e del necessario coinvolgimento di autorità ed uffici diversi;
– tali previsioni hanno articolato il procedimento attribuendo alle autorità doganali anche il compito di contribuire al commercio leale e libero, nonché quello di perseguire contemporaneamente l’obiettivo della tutela della Comunità dal commercio sleale e illegale e l’obiettivo del sostegno delle attività commerciali legittime;
– non è questa la sede per formulare valutazioni sulla qualità della normativa di settore, in relazione ai profili del rispetto delle esigenze della convenienza dell’attività imprenditoriale, ma non può che auspicarsi che siano introdotte regole che scandiscano più puntualmente il procedimento di svincolo quando siano necessari approfondimenti ed indagini sulla tipologia della merce spedita, se del caso differenziando le tipologie di procedimenti sulla base della concretezza del rischio dei traffici illeciti;
– comunque, le stesse autorità preposte, in assenza di interventi normativi, ben possono autodisciplinare la procedura anche solo mediante convenzioni con la DNA, scandendone le fasi e i tempi a seconda del grado di rischio cui siano esposti gli interessi pubblici rilevanti, quali la prevenzione e la repressione dei traffici illeciti di rifiuti.
14. In conclusione, l’appello va accolto e, in riforma della sentenza gravata, va rigettato il ricorso proposto dinanzi al T.a.r.
15. In ragione della specificità e novità della questione di diritto affrontata nella controversia, sussistono giusti motivi per la integrale compensazione delle spese processuali del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 5008 del 2019, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, in riforma della sentenza appellata, rigetta il ricorso proposto dinanzi al T.a.r.
Le spese processuali del primo grado e dell’appello sono integralmente compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dal Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2020, ai sensi dell’art. 84 del decreto legge n. 18 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Giuseppa Carluccio – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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