Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 8 giugno 2020, n. 3632.
La massima estrapolata:
Le scelte urbanistiche effettuate dalle amministrazioni territoriali in sede di adozione/approvazione del piano regolatore generale costituiscono valutazioni discrezionali attinenti al merito amministrativo che, come tali, sono sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo in sede di giudizio impugnatorio, a meno che non risultino inficiate da errori di fatto o da vizi di grave illogicità.
Sentenza 8 giugno 2020, n. 3632
Data udienza 23 aprile 2020
Tag – parola chiave: Pianificazione urbanistica – Piano Urbanistico Comunale – Modifica – Previsione di zone per strutture turistiche – Mancata approvazione – Zona boschiva
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6397 del 2016, proposto da Pl. Ro., rappresentato e difeso dagli avvocati Pa. Le., Iv. Ts. e Di. Sc., con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via (…);
contro
la Provincia autonoma di Bolzano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mi. Co., Re. von Gu., Fa. Ca. e Ha. rg Si., con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via (…);
il Comune (omissis), non costituito in giudizio nel presente grado;
per la riforma
della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa – Sezione autonoma di Bolzano, n. 155/2016, resa tra le parti e concernente: mancata approvazione di una modifica al piano urbanistico comunale (omissis);
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia appellata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 23 aprile 2020 tenuta come da verbale, il consigliere Bernhard Lageder;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il TRGA – Sezione autonoma di Bolzano respingeva il ricorso n. 101 del 2015, proposto da Pl. Ro. – in qualità di proprietario della p.f. (omissis) in C.C. (omissis), sita in località (omissis) nel Comune (omissis), in area qualificata dal piano urbanistico comunale come zona boschiva, ad un’altitudine di 1.575 m s.l.m. – avverso i seguenti atti:
(i) la deliberazione della Giunta provinciale n. 1397 del 25 novembre 2014, pubblicata sul B.U.R. n. 7/I-II del 17 febbraio 2015, emanata in sede di approvazione di modifiche al p.u.c. (omissis), nella parte in cui non era stata approvata la previsione, contenuta nella deliberazione del consiglio comunale n. 25 del 22 agosto 2014, di una zona per impianti turistici ristorativi in località (omissis) sulla p.f. (omissis) del ricorrente, con correlativa integrazione dell’art. 18 delle norme di attuazione del p.u.c.;
(ii) il parere negativo della Commissione per la natura, il paesaggio e lo sviluppo del territorio, espresso ai sensi dell’art. 19, comma 6, l. n. 13/1997 (l. urb. prov.) nella seduta del 10 luglio 2014 e comunicato al Comune con nota del 16 luglio 2014.
1.1. Nel 2013, il ricorrente aveva chiesto la previsione di una zona per impianti turistici ristorativi (per la realizzazione di una c.d. stazione di ristoro – Jausenstation) su una superficie di 490 mq della p.f. (omissis).
L’istanza venne accolta dalla Giunta comunale con deliberazione n. 90/C del 22 aprile 2014, in quanto ritenuta conforme al programma generale per lo sviluppo turistico sul territorio comunale approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 13/C del 21 maggio 2012.
Intervenuto in data 10 luglio 2014 il parere negativo della Commissione provinciale per la natura, il paesaggio e lo sviluppo del territorio, il Comune con deliberazione consiliare n. 25/C del 22 agosto 2014 ha ridotto la zona alla superficie a 280 mq, adottando entro tali limiti la modifica al piano urbanistico comunale.
Tale modifica non è, tuttavia, stata approvata dalla Giunta provinciale con la deliberazione sub 1.(i), impugnata in primo grado unitamente al parere negativo dell’organo consultivo.
1.2. In particolare, il TRGA adì to provvedeva come segue:
(i) riteneva fondato il primo motivo proposto avverso la motivazione degli atti gravati, incentrata sulla mancanza dei presupposti stabiliti dall’art. 9, comma 5, del decreto del Presidente della Provincia 18 ottobre 2007, n. 55 (Regolamento sull’ampliamento di esercizi pubblici e sulla previsione di zone per strutture turistiche), per la previsione di zone turistiche ristorative;
(ii) respingeva invece il ricorso in ragione dell’infondatezza delle censure dedotte avverso il secondo argomento posto a fondamento della gravata deliberazione provinciale, incentrato sul testuale rilievo che “[l]a zona ricade in un contesto non edificato, all’interno di una zona boschiva, su di un’area priva di accesso pubblico e costituisce un evidente caso di dispersione edilizia” [v. così, testualmente la deliberazione sub 1.(i)], autonomamente sufficiente a sorreggerne la portata dispositiva, segnatamente ritenendo infondate le censure di violazione dell’art. 44-bis l. urb. prov., del d.P.P. n. 55/2007 e del programma generale per lo sviluppo turistico del Comune (omissis) approvato con deliberazione consiliare n. 13/C del 21 maggio 2012, nonché di eccesso di potere per difetto d’istruttoria e motivazione e di travisamento dei presupposti di fatto.
2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’originario ricorrente, limitatamente alla statuizione reiettiva sub 1.2.(ii), sostanzialmente riproponendo le correlative censure di primo grado, seppure adattate all’impianto motivazionale dell’appellata sentenza, e chiedendo, in sua riforma, l’accoglimento integrale del ricorso di primo grado.
3. Si costituiva in giudizio l’amministrazione provinciale, contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione, mentre ometteva di costituirsi il Comune (omissis).
4. Previo scambio di memorie difensive, la causa è passata in decisione il 23 aprile 2020 alla data fissata per la sua trattazione in udienza pubblica, ai sensi dell’art. 84, comma 5, d.-l. n. 18/2020.
5. Premesso che non risulta impugnata la statuizione di accoglimento del primo motivo di primo grado, di cui sopra sub 1.2.(i), con la conseguente formazione del giudicato interno e preclusione all’ingresso di ogni relativa questione nel presente grado, si osserva nel merito che i motivi dedotti avverso la statuizione reiettiva sub 1.2.(ii), ripropositivi delle correlative censure di primo grado, tra di loro connesse e da esaminare congiuntamente, sono infondati.
5.1. In via preliminare osserva il Collegio che si può soprassedere all”istanza formulata dall’appellante nella memoria di replica depositata il 30 marzo 2020 di espungere dal fascicolo processuale la memoria della Provincia del 18 settembre 2019 (depositata il 23 settembre 2019) – sotto il profilo che la stessa conterrebbe rappresentazioni grafiche di documenti, senza il rispetto dei termini per le produzioni documentali con riferimento all’udienza originariamente fissata al 24 ottobre 2019 (poi rinviata d’ufficio per motivi organizzativi, come da avviso di fissazione della nuova udienza al 23 aprile 2020, comunicato alle parti il 27 settembre 2019) -, trattandosi di documenti comunque irrilevanti ai fini della decisione.
5.2. Nel merito, le censure all’esame sono infondate.
Occorre premettere, in linea di diritto, che:
– secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio di Stato, in sede di pianificazione urbanistica le scelte relative alla destinazione di singole aree non necessitano di apposita motivazione, salvo che sussistano particolari situazioni che abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti, le cui posizioni appaiano meritevoli di specifica considerazione, nel caso di specie non ravvisabili, con conseguente inapplicabilità della disciplina della motivazione degli atti amministrativi di cui all’art. 7 l. prov. n. 17/1993 (corrispondente all’art. 3 l. n. 241/1990), essendone esentati gli atti a contenuto generale (e, dunque, anche quelli pianificatori generali);
– è rimessa alla valutazione discrezionale della pubblica amministrazione la modificazione, o meno, di una destinazione di zona prevista da uno strumento urbanistico in vigore, per cui non è configurabile un obbligo giuridico pregnante di provvedere sull’istanza del proprietario di un fondo a che il comune ne modifichi la destinazione urbanistica (v. sul punto, per tutte, Cons. Stato, V, 2 aprile 2002, 1810, con riguardo all’ordinamento urbanistico provinciale di Bolzano, nel quale la pianificazione ad iniziativa privata è relegata a fattispecie tassative e non ha modo di esplicarsi con riguardo all’adozione e/o modifica dei piani urbanistici comunali);
– l’iniziativa pianificatoria urbanistica generale è, infatti, rimessa al potere delle amministrazioni territoriali, mentre nessuna facoltà vincolante d’iniziativa spetta al privato cittadino, la cui istanza, nel caso di specie, è stata in parte fatta propria dall’amministrazione comunale, la quale si è determinata di trattarla e di recepirla nella propria deliberazione n. 25 del 22 agosto 2014 sottoposta al vaglio dell’amministrazione provinciale, dando luogo alla procedura di adozione/approvazione di una variante al p.u.c., ai sensi dell’art. 21 l. urb. prov. soggetta alla disciplina generale che presiede all’adozione/approvazione dello strumento urbanistico generale di cui ai precedenti artt. 19 e 20 (nella versione applicabile ratione temporis), sicché, anche nel caso di specie, lo stesso avvio del procedimento pianificatorio va ricondotto all’iniziativa ufficiosa dell’ente territoriale, rispetto al quale l’istanza dell’odierno appellante si poneva quale mero momento occasionale d’impulso esterno;
– le scelte urbanistiche effettuate dalle amministrazioni territoriali in sede di adozione/approvazione del piano regolatore generale costituiscono valutazioni discrezionali attinenti al merito amministrativo che, come tali, sono sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo in sede di giudizio impugnatorio, a meno che non risultino inficiate da errori di fatto o da vizi di grave illogicità, con la precisazione che le istanze e osservazioni proposte dai cittadini e/o proprietari in riferimento agli atti di pianificazione urbanistica non costituiscono veri e propri rimedi giuridici, ma semplici apporti collaborativi e, pertanto, non danno luogo a peculiari aspettative, sicché il loro rigetto o il loro accoglimento, di regola, non richiede una motivazione analitica, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e confrontate con gli interessi generali sottesi allo strumento pianificatorio;
– le evenienze che, invece, giustificherebbero una più incisiva e singolare motivazione nelle scelte pianificatorie degli strumenti urbanistici generali sono state ravvisate (v. sul punto, per tutte, Cons. Stato, Ad. Plen., 22 dicembre 1999, n. 24) nel superamento degli standard urbanistici ed edilizi, nella lesione dell’affidamento qualificato del privato basato su precedenti determinazioni dell’amministrazione o su provvedimenti giurisdizionali (ad es., derivante dall’avvenuta stipula di convenzioni di lottizzazione, da accordi di diritto privato intercorsi tra il Comune e i proprietari delle aree, da sentenze passate in giudicato di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio rifiuto su una domanda di concessione), oppure nella modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo: ipotesi tutte, che non ricorrono nel caso di specie.
Nella fattispecie dedotta in giudizio, la Giunta provinciale – investita, in sede di approvazione degli strumenti urbanistici generali dei Comuni (e relative varianti) dei poteri d’ufficio delineati art. 19, comma 8, l. urb. prov. (nella versione applicabile ratione temporis), in funzione, tra l’altro, della necessità di “assicurare: […] 3. la tutela del paesaggio, dei complessi storici, monumentali, ambientali, archeologici e dell’insieme” – con la gravata deliberazione ha respinto la richiesta di modifica del p..u.c. (omissis) sulla base del testuale rilievo che “[l]a zona ricade in un contesto non edificato, all’interno di una zona boschiva, su di un’area priva di accesso pubblico e costituisce un evidente caso di dispersione edilizia” (per quanto qui interessa, tenuto conto dei limiti del devolutum; v. sopra), richiamando il parere negativo espresso il 10 luglio 2014 dalla Commissione per la natura, il paesaggio e lo sviluppo del territorio ex art. 2 l. urb. prov. (di cui fa parte un rappresentante dell’Ufficio provinciale ecologia del paesaggio), nel quale sono confluite le valutazioni, di tenore negativo, dell’Ufficio ecologia del paesaggio trasmesse il 2 luglio 2014 (doc. 6 del fascicolo di primo grado della Provincia) dove, tra l’altro, è indicata quale sito alternativo l’area limitrofa all’esistente parcheggio.
Va, al riguardo, rimarcato che la p.f. (omissis) è inserita in zona boschiva ed è, pertanto, assoggettata a vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 1/bis l. prov. 25 luglio 1970, n. 16 (Tutela del paesaggio), la cui disciplina è espressamente fatta salva dall’art. 1, comma 4, l. urb. prov. e la cui tutela, pur nel contemperamento con altri interessi pubblici e privati confliggenti, assume carattere prevalente, essendo la tutela del paesaggio iscritto tra i principi fondamentali della Costituzione (art. 9, comma 2, Cost.); tutela di rilievo costituzionale, che attribuisce rilevanza di pregio paesistico ad ogni porzione di territorio oggetto di vincolo paesaggistico, non assorbibile dagli strumenti di pianificazione urbanistica e programmazione economica (a tale ultimo riguardo, nel caso di specie viene in rilievo il programma generale per lo sviluppo turistico del Comune (omissis) approvato con deliberazione consiliare n. 13/C del 21 maggio 2012, comunque di valenza subordinata – sia sotto il profilo formale che sotto quello sostanziale – alla disciplina di tutela del paesaggio e alla pianificazione urbanistica) e non degradabile a una variabile da ponderare con altre su un piano di equivalenza di tutela.
Ebbene, alla luce delle superiori premesse in diritto, la sopra riportata motivazione addotta dalla Giunta provinciale a giustificazione della mancata approvazione della proposta di modifica del p.u.c. – da leggere in combinazione con il parere negativo della Commissione provinciale per la natura, il paesaggio e lo sviluppo del territorio (richiamato per relationem) e dell’ivi confluita valutazione negativa dell’Ufficio ecologia del paesaggio – deve ritenersi coerente con la gerarchia dei valori ed interessi da contemperare sulla base del vigente assetto normativo e sorretta da adeguata istruttoria, nonché scevra dal paventato travisamento dei presupposti di fatto. Devono, segnatamente, ritenersi dirimenti e assorbenti i richiami alla natura paesaggisticamente vincolata (zona boschiva) dell’area in questione e al pericolo di dispersione edilizia; in particolare, a quest’ultimo rilievo – a fronte del concetto di paesaggio da assumere come parametro di giudizio (a norma dell’art. 131, comma 1, d.lgs. n. 42/2004 da intendere come “territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni”, riassumibile nel concetto di “Kulturlandschaft”) – deve attribuirsi il significato di una specifica notazione paesaggistica, con la precisazione che nelle osservazioni dell’Ufficio ecologia del paesaggio viene, altresì, indicata una soluzione alternativa, senz’altro compatibile con le esigenze sia di pianificazione paesaggistica e urbanistica che di programmazione dello sviluppo dell’attività turistica enucleabili dagli strumenti di pianificazione e programmazione adottati dal Comune (omissis) e invocati dall’odierno appellante quali parametri valutativi.
Conclusivamente, in assenza dei dedotti vizi di eccesso di potere per difetto d’istruttoria, carenza di motivazione e travisamento di fatto, nonché di contrasto con gli strumenti pianificatori e programmatori del Comune (omissis), ogni altra valutazione impinge nel merito della motivazione posta dalla Giunta provinciale a fondamento della mancata approvazione della modifica al p.u.c. e, in quanto tale, non può fungere da parametro di sindacato giudiziale in sede di giurisdizione di legittimità .
5.3. Per le considerazioni tutte sopra svolte, di natura assorbente, s’impone la reiezione dell’appello, con conseguente conferma della gravata sentenza.
6. Tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 6397 del 2016), lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza nei sensi di cui in motivazione; dichiara le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2020, tenuta ai sensi dell’art. 84, comma 6, d.-l. n. 18/2020 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Bernhard Lageder – Consigliere, Estensore
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Giovanni Orsini – Consigliere
Francesco De Luca – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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