Le scelte effettuate dall’Amministrazione nell’adozione degli strumenti urbanistici

Consiglio di Stato, sezione seconda, Sentenza 22 luglio 2019, n. 5157.

La massima estrapolata:

Le scelte effettuate dall’Amministrazione nell’adozione degli strumenti urbanistici costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità, sicché anche la destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico-discrezionale, seguiti nell’impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione al P.R.G., salvo che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni.

Sentenza 22 luglio 2019, n. 5157

Data udienza 16 luglio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3215 del 2010, proposto da
Id. Bl., rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Zu. e Ro. Gi. Al., con domicilio eletto presso lo studio Ro. G Al. in Roma, viale (…);
Pa. Ba. e Ad. Ca. Bl., rappresentati e difesi dagli avvocati Ro. Gi. Al. e Gi. Zu., con domicilio eletto presso lo studio Ro. G Al. in Roma, viale (…);
contro
Comune di Crotone, non costituito in giudizio;
nei confronti
Te. Bl. ed altri, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Prima n. 00114/2009, resa tra le parti, concernente l’approvazione del Piano Regolatore Generale di Crotone.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 luglio 2019 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti l’avvocato Fa. Vi., su delega di Ro. Gi. Al..

FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Catanzaro, Sez. I, con la sentenza 5 febbraio 2009, n. 114, ha respinto il ricorso proposto dall’attuale parte appellante per l’annullamento dell’atto di approvazione del Piano regolatore generale di Crotone, adottato con deliberazione del 14 marzo 2001, n. 4 del Consiglio Comunale.
Secondo il TAR, sinteticamente:
– il primo motivo di ricorso, con cui è dedotta l’illegittimità delle previsioni del Piano regolatore per violazione del principio di uguaglianza e salvaguardia del diritto di proprietà, è inammissibile per genericità, atteso che le argomentazioni si limitano al mero richiamo di detti principi;
– sono parimenti inammissibili molte delle censure formulate con motivi aggiunti, poiché formulate in modo del tutto generico, non andandosi molto al di là della mera osservazione secondo cui non sussistono motivi che giustifichino le nuove previsioni;
– è infondato, invece, il motivo con cui si deduce il difetto di motivazione, atteso il pacifico orientamento giurisprudenziale secondo il quale le scelte effettuate nella determinazione della destinazione delle singole aree, latamente discrezionali, non abbisognano di apposita motivazione, oltre quella che può ricavarsi dai criteri generali seguiti nell’impostazione del piano stesso, enunciati nella relazione di accompagnamento, nel quadro delle esigenze da soddisfare e degli obiettivi che si vogliono perseguire, salvo ricorrano situazioni particolari, tipizzate dalla giurisprudenza, nella specie non ricorrenti;
– i successivi due motivi, con cui si deduce, rispettivamente, eccesso di potere per disparità di trattamento ed eccesso di potere per contraddittorietà intrinseca e disparità di trattamento, lungi dall’evidenziare profili di illegittimità dell’atto impugnato, toccano il merito delle scelte discrezionali effettuate in sede di pianificazione e sono dunque inammissibili;
– il fatto che le scelte urbanistiche avvantaggino alcuni proprietari rispetto ad altri non può costituire di per sé un profilo di illegittimità delle scelte effettuate, giacché è inevitabile che, il relazione alle diverse parti del territorio, sussistano diverse possibilità edificatorie, che vengono dosate, non solo in relazione a situazioni di carattere obiettivo, ma anche in base a scelte latamente discrezionale.
La parte appellante contestava la sentenza del TAR deducendone l’erroneità e riproponendo, nella sostanza, le censure contenute nel ricorso di primo grado.
Con l’appello in esame chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado.
All’udienza pubblica del 16 luglio 2019 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Rileva il Collegio che gli attuali appellanti hanno impugnato il provvedimento di approvazione del Nuovo Piano regolatore generale di Crotone, pubblicato nel BUR del 22 gennaio 2003, adottato con delibera del 14 marzo 2001 dal Consiglio Comunale di Crotone.
Gli appellanti hanno dedotto che la prima formulazione del Piano Regolatore Generale, nel regolamentare la zona c.so (omissis) via (omissis), aveva dichiarato edificabili i terreni di proprietà Bl. (eredi di Vi. ed altri) ubicati sul retro di Vi. Bl. ed estesi per mq. 26230 inserendoli, però, in una sorta di consorzio con soggetti terzi (Lu. e Ca.) proprietari di terreni non proprio omogenei ed ubicati addirittura, in gran parte, lungo la statale 106 e cioè in un zona diversa e periferica.
Secondo gli appellanti, nella scheda originaria (omissis) era prevista una superficie di intervento complessivamente pari a mq 127.273 ulteriormente suddivisa.
In tale comparto, hanno aggiunto gli appellanti, l’edificazione era consentita, secondo la soluzione sub a) prevista nella scheda (omissis), nell’area compresa tra via (omissis) ed altri, interamente di proprietà dei ricorrenti con un indice di edificabilità dello 0,18.
Tali vizi erano stati dedotti con il ricorso di primo grado, sia con riferimento all’ipotesi in cui la nuova versione del PRG avesse confermato le prescrizioni dell’originaria scheda (omissis) che, di fatto, consentiva un consorzio tra zone disomogenee, sia con riferimento all’ipotesi in cui, in accoglimento delle osservazioni presentate dalla signora Te. Bl., l’edificabilità fosse concentrata soltanto sulla zona già occupata da magazzini prospicienti la via (omissis), indicata con il numero (omissis) della richiamata scheda (omissis) e già dichiarata edificabile dal precedente piano di recupero urbanistico fatto espressamente salvo dal piano regolatore.
Con il ricorso per motivi aggiunti di primo grado depositato in data 2.7.2003 gli appellanti deducevano che nella versione definitiva del PRG, in sostituzione dell’originaria scheda (omissis) erano state redatte due nuove schede grafiche relative, rispettivamente, ai terreni di proprietà Bl.- scheda (omissis)- ed ai terreni di Lu. e Ca.. – scheda n. (omissis).
Secondo gli appellanti, nella nuova scheda (omissis) i terreni Bl. erano stati resi quasi completamente zona a verde, essendo riconosciuto un indice di edificabilità di 0,21 pari ad una superficie lorda di pavimento di mq 5600.
Gli appellanti osservavano che la già inconsistente e ridotta edificabilità era poi ulteriormente penalizzata, se non sostanzialmente vanificata, in quanto, oltre alla prevista cessione di una cospicua porzione d’area per un pubblico progetto (ovvero per la riqualificazione della aree non edificate e la rilocalizzazione del mercato rionale prima situato in via (omissis)) per un verso nel comparto (omissis) erano stati inclusi anche i magazzini di proprietà Bl. insistenti su via (omissis) e già oggetto di Programma di Recupero Urbano e, per l’altro, la superficie edificabile, anziché sul fronte di Via (omissis), come previsto in precedenza, era stata concentrata sul solo fronte di Via (omissis) in corrispondenza di Via (omissis), ovvero nella zona in cui secondo le prescrizioni della Soprintendenza Archeologica vige il divieto di scavo.
Inoltre, si deduceva che l’indice di edificabilità riconosciuto alla nuova scheda (omissis) era diverso e notevolmente inferiore rispetto a quello riconosciuto sia in termini di media, sia fra tutte le altre aree comprese, unitamente ai terreni di proprietà Bl., nella zona omogenea denominata area centrale di Crotone (dalla scheda (omissis) alla scheda (omissis)).
2. Con il primo motivo di appello, si sottolinea l’ammissibilità del sindacato giurisdizionale invocato sulle scelte discrezionali del Comune di Crotone in tema di pianificazione tenuto conto che le prescrizioni urbanistiche introdotte con la cd. “reformatio in peius” della scheda (omissis) non risultano coerenti con i principi dell’architettura stabiliti nel PRG in relazione alla zona centrale di Crotone e, segnatamente, con la vocazione edilizia riconosciuta ai comparti facenti parte della predetta zona.
Secondo gli appellanti, il Comune, in primo luogo, decolora il dato della centrale collocazione dei fondi di pertinenza delle appellanti; in secondo luogo, include nella scheda (omissis) il blocco di magazzini di proprietà Bl. siti su Via (omissis), scorporandoli così da tutti gli altri edifici situati sempre sulla Via (omissis) aventi le medesime caratteristiche; questi ultimi inclusi, invece, in un apposito ed omogeneo piano di sistemazione, come si evince dalla lettura delle schede grafiche (omissis).
Il Collegio osserva che lo stesso appellante ritiene che quanto sopra confermi una scelta pianificatoria “distonica rispetto alla oggettiva collocazione e vocazione dell’area di pertinenza degli appellanti”.
Inoltre, osserva che l’appellante ritiene che sia “palese che l’indice di edificabilità riconosciuto è del tutto contraddittorio rispetto alla vocazione naturale dell’area medesima (in effetti solitaria area non edificata al centro di quartiere centrale ed in prossimità del centro storico ed economico della città )”.
3. Ritiene il Collegio, tuttavia, che tale distonia non assurga al rango di manifesta ed evidente irragionevolezza ed illogicità che costituisce il solo paradigma del sindacato di legittimità (insieme all’errore di fatto, nella specie non in rilievo) delle valutazioni altamente discrezionali che connotano le scelte pianificatorie urbanistiche.
Nessuna delle circostanze sopra riportate, infatti, è da ritenersi illogica e irragionevole in modo evidente, rientrando nell’ampia area di scelte consentite all’Amministratine per meglio regolare gli interessi pubblici, complessi ed essi stessi contraddittori, che convergono nella progettazione e realizzazione di un piano Regolatore Generale e che devono comunque assicurare un’equilibrata concretizzazione delle opposte esigenze di edificazione e di conservazione o recupero dell’esistente, per evitare che il Piano Regolatore sia soltanto un’occasione per alimentare il consumo dei terreni pubblici o privati che, come è noto, non costituisce più nemmeno una delle direttrici di sviluppo vistai con favore dall’ordinamento giuridico generale.
In tale coacervo di interessi la mediazione finale cui si è giunti con l’attuale Piano in contestazione, pur non essendo perfetta e certamente pur non essendo condivisibile da molti, non infrange il limite generale delle ragionevolezza e della logicità e, dunque, sotto questo profilo, non può ritenersi illegittima.
A prescindere, inoltre, dalla considerazione semantica che distonia non vuol, dire manifesta irragionevolezza e che, dunque, anche sotto tale profilo la deduzione non può assurgere a critica legittima alle scelte discrezionali della P.A, deve ulteriormente sottolinearsi che:
– non dovevano in alcun modo essere dedotti “elementi straordinari o eccezionali per discostarsi dalla tipizzazione assegnata all’area centrale di Crotone”, poiché non si ravvisa alcun intento e non è riconoscibile alcuna tipizzazione di tale area come deduce parte appellante;
– non sussistono, infatti, espressi o riconoscibili criteri generali o linee programmatiche inequivoche dalle quali dedurre una “tipizzazione dell’area centrale di Crotone”, su cui si fonda l’ipotesi accusatoria della parte appellante.
– l’aspettativa legittima di edificare è protetta dall’ordinamento soltanto attraverso l’interesse legittimo ad un ordinata pianificazione corrispondente a legge, ma non costituisce di per sé una posizione giuridica che possa costituire il parametro per verificare la legittimità delle scelte discrezionali della P.A. in campo urbanistico;
– dato atto di quanto sopra, non è per nulla irrazionale la scelta di pianificazione urbanistica che ha compresso (e non vanificato) le potenzialità edificatorie delle aree in contestazione, rimediando d una prima scelta provvisoria relativa alla scheda (omissis), che presentava altri problemi per quanto riguarda la configurazione del comparto e che pure era stata criticata sotto tale profilo; peraltro, l’iniziale potenzialità edificatoria era attribuita in consorzio con altri soggetti e, dunque, con riguardo alla specifica ed individuale posizione degli attuali appellanti non poteva neppure prima ritenersi “massicciamente consentita”.
4. Deve essere ribadito che, come ha chiarito da tempo la giurisprudenza di questo Consiglio, le scelte effettuate dall’Amministrazione nell’adozione degli strumenti urbanistici costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità, sicché anche la destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico- discrezionale, seguiti nell’impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione al PRG, salvo che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni.
In queste situazioni generatrici di aspettative giuridicamente tutelate non sono certo incluse le modificazioni che intervengano tra il primo progetto ed il progetto definitivo, come accade nel caso di specie con riguardo alla scheda n. 35 (cfr. le recenti sentenze di questo Consiglio, Sez. IV, nn. 3643-2016 e 874-2017).
Inoltre, si deve ricordare che la disparità di trattamento può assumere il ruolo di figura sintomatica di eccesso di potere soltanto nel caso in cui le fattispecie poste a confronto sono assolutamente identiche (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 4 febbraio 2014, n. 496).
Nel caso in esame, come ha ben messo in evidenza il TAR, “il fatto che le scelte urbanistiche avvantaggino alcuni proprietari rispetto ad altri non può costituire di per sé un profilo di illegittimità delle scelte effettuate, giacché è inevitabile che, il relazione alle diverse parti del territorio, sussistano diverse possibilità edificatorie, che vengono dosate, non solo in relazione a situazioni di carattere obiettivo, ma anche in base a scelte latamente discrezionale”.
Peraltro, parte appellante non deduce tale ipotetico vizio di legittimità in relazione a specifiche situazioni identiche, ma ad una generale violazione dei criteri generali del paino che, tuttavia, come si è già detto prima, non si ritiene sussistente.
Dunque, in assenza di un sicuro e identico tertium comparationis non è riscontrabile alcuna disparità di trattamento, così come viene dedotta dalla parte appellante.
5. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto, in quanto infondato.
Nulla per le spese di lite del presente grado di giudizio, in assenza di costituzione e della parta appellata, vittoriosa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda,
Definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe indicato, lo respinge.
Nulla per le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 luglio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Gabriele Carlotti – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere, Estensore
Giancarlo Luttazi – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere
Carla Ciuffetti – Consigliere

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