Le scelte di pianificazione operate dal PTCP

Consiglio di Stato, Sentenza|22 giugno 2021| n. 4791.

Le scelte di pianificazione operate dal PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale) sono caratterizzate da ampia discrezionalità e costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità (articolo 117 Costituzione; legge n. 1150/1942). In occasione della formazione di uno strumento urbanistico generale, le decisioni dell’amministrazione riguardo alla destinazione di singole aree non necessitano di apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali di ordine tecnico discrezionale seguiti nell’impostazione del piano stesso. In riferimento all’interesse del privato correlato ad una precedente previsione urbanistica che consenta un utilizzo dell’area in modo più proficuo opera il principio generale della non necessità di motivazione ulteriore rispetto a quelle che si possono evincere dai criteri di ordine tecnico-urbanistico, seguiti per la redazione del progetto di strumento.

Sentenza|22 giugno 2021| n. 4791. Le scelte di pianificazione operate dal PTCP

Data udienza 13 maggio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Convenzione di Piano attuativo – Diritti edificatori – Permesso di costruire – Parere del Settore Politiche del Territorio – Diniego – Artt. 2 e 15L. R. Lombardia n. 12/2005

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7458 del 2020, proposto da Tintoria Fr. Bo. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Ta., El. Ta. e Gi. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gi. Co. in Roma, via (…);
contro
– il Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
– la Provincia di Monza e della Brianza, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato El. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione seconda n. 841/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia di Monza e della Brianza;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 13 maggio 2021, il Cons. Giuseppe Rotondo e uditi nessuno presente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Le scelte di pianificazione operate dal PTCP

FATTO

1. Con l’appello n. 7458/2020, la società Tintoria Fr. Bo. S.p.a. impugna la sentenza 28 aprile 2020, n. 841/2020, pubblicata il 18 maggio 2020, con la quale il TAR per la Lombardia ha respinto il ricorso proposto dalla odierna appellante per l’annullamento dei seguenti atti:
– provvedimento dirigenziale del Comune di (omissis) 12 giugno 2019, n. 14237, di diniego del permesso di costruire domandato in esercizio dei diritti edificatori disciplinati dalla Convenzione di Piano attuativo denominato “PL viale Italia”, sottoscritta il 15 aprile 2010;
– nota dirigenziale 26 aprile 2019, n. 10199 ex art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 e correlato parere del Settore Politiche del Territorio in data 24 aprile 2019;
– “proposta motivata del responsabile del procedimento redatta ai sensi dell’art. 20 del DPR 6 giugno 2001 n. 380” in data 12 giugno 2019;
– delibere di adozione e approvazione del P.G.T. del Comune di (omissis) nel testo vigente alla data di emanazione del provvedimento opposto, nelle parti in cui dovessero, per disposizione autonoma o per prescrizione derivata dalle N.T.A. del P.T.C.P. della Provincia di Monza e della Brianza, comportare il divieto di edificazione a completamento di quanto pattuito con la Convenzione del 15 aprile 2010;
– in quanto occorra, delle deliberazioni di adozione e approvazione del P.T.C.P. di Monza e della Brianza, nel testo vigente alla data dell’adozione del provvedimento opposto, nella sola parte in cui, secondo l’interpretazione propugnata dal Comune nel disporre riguardo la disciplina edificatoria degli “Ambiti vallivi”, il detto Piano sovraordinato avrebbe interdetto ogni nuova edificazione anche nel tessuto edificato del Comune di (omissis), secondo la regola definita dall’art. 11.4, lett. a), delle N.T.A. e come risultante dalla Tavola All. 9 a) di detto strumento pianificatorio.
2. La vicenda fattuale origina dalla convenzione che la società appellante stipulava, in data 15 aprile 2010, con il Comune di (omissis) per la realizzazione di un Piano attuativo relativo ad un compendio situato nel centro abitato, in prossimità del Torrente Se., finalizzato alla demolizione di un fabbricato industriale dismesso e alla costruzione, sull’area di risulta, di fabbricati residenziali e relative urbanizzazioni.
2.1. Successivamente alla stipula della convenzione, la Provincia di Monza e della Brianza adottava il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP), ai sensi della L.R. 11 marzo 2005, n. 12, approvato con deliberazione del Consiglio Provinciale n. 16 del 10 luglio 2013; quindi, con deliberazione del Consiglio Provinciale n. 15 del 31 maggio 2017 veniva adottata la variante alle norme del suddetto Piano, approvata con deliberazione del Consiglio Provinciale n. 31 del 12 novembre 2018.

 

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Orbene, la società appellante – sul duplice, ritenuto presupposto che (a) pur essendo stati assolti interamente gli obblighi urbanizzativi (sia in denaro che in opere), la realizzazione del Piano non risultasse ancora completata, visto che su una volumetria complessiva di 17.100,00 mc, risultavano da realizzare ancora 10.234,68 mc.; (b) che Il PL fosse stato espressamente fatto salvo dal sopravvenuto PGT (approvato nel giugno 2013) e ad esso l’impresa avesse posto mano onorando ogni proprio obbligo nei confronti dell’Amministrazione e solo parzialmente sfruttando la capacità edificatoria – presentava al Comune, in data 25 ottobre 2018, richiesta di permesso a costruire in esercizio dei diritti edificatori disciplinati dalla convenzione di piano attuativo denominato “PL viale Italia”, sottoscritta il 15 aprile 2010, per la costruzione della seconda palazzina residenziale edificio residenziale plurifamiliare, composto da 4 piani fuori terra, oltre l’interrato, e da complessive 13 unità immobiliari.
2.2. Il Comune di (omissis) opponeva il diniego in ragione del disposto di cui all’art. 11.4 delle NTA del PTCP ai sensi del quale “non sono ammesse nuove edificazioni nelle aree incluse negli ambiti vallivi dei corsi d’acqua”.
3. La società Tintoria Fr. Bo. S.p.a. proponeva ricorso al TAR per la Lombardia avverso il disposto diniego, ritenendo erronea l’interpretazione e l’applicazione alla fattispecie dell’art. 11.4 delle N.T.A. citato, la cui norma, a dire dell’istante, non comporterebbe “affatto divieto di riedificazione nel contesto del tessuto edificato, ancorché compreso fra le linee parallele che nell’elaborato grafico unito al Piano Provinciale (tav. 9, doc, 12) delimitano il cosiddetto ‘ambito vallivò ; che non vi sarebbe disposizione precettiva del PTCP che osti al rilascio del permesso di costruire per il pieno esercizio dei diritti edificatori di cui alla convenzione urbanistica; che ove mai diversamente fosse, le pertinenti norme di PTCP sarebbero illegittime e andrebbero caducate”.
3.1. L’immobile, infatti, ricadrebbe nelle immediate adiacenze del torrente Se., in un’area il cui intorno di intervento risulterebbe “totalmente urbanizzato e intensamente edificato”, inserita “nel contesto del Tessuto Urbano Consolidato di (omissis) che, al pari di numerosi altri Comuni della Brianza, si è originariamente sviluppato sulle sponde di un corso d’acqua”.

 

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3.2. La ricorrente deduceva: violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 10 della legge n. 241 del 1990; violazione e falsa applicazione dell’art. 11.4, lett. a), del P.T.C.P., anche in relazione all’art. 3 del D.P.R. n. 380 del 2001, nonché al documento “Obiettivi” del P.G.T.; eccesso di potere per carenza assoluta, difetto e falsità dei presupposti, illogicità, falsità della motivazione, contraddittorietà, travisamento; violazione, sviamento; falsa applicazione dell’art. 11 delle N.T.A. del P.T.C.P., anche in relazione all’art. 2 della legge regionale n. 12 del 2005 e all’art. 12 delle preleggi; falsa applicazione di principi generali dell’ordinamento amministrativo in materia urbanistica; violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 15 della legge regionale n. 12 del 2005; violazione del principio di proporzionalità .
4. Si costituivano in giudizio il Comune di (omissis) e la Provincia di Monza e della Brianza chiedendo il rigetto del ricorso. La difesa della Provincia eccepiva, altresì, l’inammissibilità, per tardività nonché genericità, delle censure di cui al punto 6 del ricorso medesimo.
5. Il TAR, esaminate nel merito le singole censure, le respingeva.
5.1. Il TAR osservava, in sintesi, che:
a) l’intervento denegato dal Comune realizza una nuova edificazione da un punto di vista edilizio, trattandosi della realizzazione di un organismo del tutto difforme dal precedente per volume, per sedime occupato e per destinazione d’uso;
b) avuto riguardo agli specifici obiettivi di tutela perseguiti dall’art. 11 delle N.T.A. del P.T.C.P., l’intervento edilizio prospettato dalla ricorrente rientra certamente tra le nuove edificazioni che la disposizione di cui al comma 4, lett. a), ha ritenuto di precludere, visto l’obiettivo di impedire l’installazione di nuovi manufatti nell’ambito vallivo che deve essere mantenuto, nei limiti del possibile, libero da edificazioni, al fine di consentire il regolare deflusso delle acque e prevenire i danni legati alle esondazioni;
c) le N.T.A. del P.T.C.P. all’art. 11, comma 4 (rubricato Previsioni prescrittive e prevalenti), lett. a), stabiliscono che “non sono ammesse nuove edificazioni nelle aree incluse negli ambiti vallivi dei corsi d’acqua”, al fine di favorire “il naturale scorrimento delle acque fluviali, l’evoluzione delle relative dinamiche geomorfiche ed ecosistemiche e la permeabilità dei terreni” (comma 3, a1). La prescrizione risulta chiara nel suo contenuto dispositivo e pertanto non può essere qualificata alla stregua di una norma di indirizzo, non avente efficacia cogente. Nemmeno sono necessarie ulteriori specificazioni e puntualizzazioni per mezzo dello strumento pianificatorio comunale, poiché la tavola 9 del P.T.C.P. (all. 12 al ricorso), cui rinvia l’art. 11 delle N.T.A. – poi riprodotta nella tavola 9a del P.G.T. del Comune di Lentate (all. 15 al ricorso) – contiene un livello di dettaglio tale che a livello comunale non poteva che richiamarsene il contenuto in maniera fedele, stante la natura prescrittiva e prevalente delle relative indicazioni;
c.1) le previsioni riguardanti la tutela del paesaggio provinciale possiedono una efficacia prescrittiva e prevalente in quanto appaiono meramente riconducibili al novero delle “previsioni in materia di tutela dei beni ambientali e paesaggistici in attuazione dell’articolo 77”, di cui alla lett. a) dell’art. 18, comma 2, della legge regionale n. 12 del 2005;
c.2) anche in relazione alla difesa del territorio, e in particolare per gli aspetti relativi alla componente idrogeologica, è riconosciuta efficacia prevalente alle linee di intervento, nonché alle opere prioritarie di sistemazione e consolidamento stabilite attraverso il P.T.C.P. (art. 56, comma 1, lett. d), della legge regionale n. 12 del 2005, che richiama il precedente art. 18, comma 2, lett. d);
d. gli strumenti di pianificazione territoriale approvati dalla Regione e dalle Province (P.T.R. e P.T.C.P.) coinvolgono e compongono interessi sovracomunali e si sovrappongono agli interessi di carattere urbanistico la cui tutela è principalmente affidata ai Comuni;
e) con riguardo alle prescrizioni relative agli ambiti vallivi, si è sottolineato che “la tutela e la valorizzazione dei terrazzi, cordoni morenici e solchi vallivi è funzionale al mantenimento del paesaggio provinciale e all’identità dei luoghi, oltre che a contribuire alla stabilità dei terreni e alla prevenzione di fenomeni di dissesto” (Relazione di Piano del P.T.C.P., pag. 143);
f) la presenza di un Piano attuativo ancora in vigore non è di ostacolo all’immediata applicabilità delle previsioni prescrittive e prevalenti di cui al citato art. 11 delle N.T.A., visto che nessuna specifica salvaguardia è stata stabilita in senso contrario;
g) il provvedimento impugnato non ha natura soprassessoria;
h) l’obiettivo perseguito dallo strumento di pianificazione provinciale è quello di garantire, nell’ambito delle proprie competenze riconosciute dalla legge regionale e con previsioni di natura prescrittiva e prevalente, la difesa del suolo e, in particolare, la prevenzione del dissesto idrogeologico e la salvaguardia dell’incolumità della popolazione che è insediata negli ambiti vallivi afferenti ai corsi d’acqua, per cui non è irrazionale il divieto di nuove edificazioni nell’ambito de quo (divieto che la ricorrente riteneva al contrario illogico perché afferente ad un ambito già urbanizzato e prescindendo dalla già intervenuta trasformazione antropica dei luoghi).

 

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6. La società istante propone appello avverso la sentenza del TAR, deducendo i seguenti motivi.
6.a. Erroneità della decisione per non corretta interpretazione e applicazione del sistema normativo del PTCP in tema di tutela degli elementi geomorfologici (art. 11 NTA, in relazione al par. 7.3 del documento degli obiettivi del PTCP, nonché in relazione all’art. 18. L.R. n. 12 del 2005); non corretta applicazione del principio di bilanciamento di valori costituzionali in relazione al mancato obbligo di adeguamento del PGT in accordo agli artt. 13.5, 15.3, 18, 56 e 57, L.R. n. 12/2005; non corrispondenza fra chiesto e giudicato per omessa valutazione della prospettata interpretazione logico funzionale dell’art. 11, NTA del PTCP).
6.b. Circa il punto 4 della sentenza (rigetto del terzo e quarto motivo di ricorso): errata comprensione della fattispecie e conseguente erroneità della motivazione circa l’interpretazione dell’art. 11.4 NTA del PTCP; violazione dell’obbligo di corrispondenza fra chiesto e giudicato in ragione della conseguente omessa analisi della prospettata interpretazione e applicazione logico funzionale della richiamata norma regolamentare.
6.c. Circa il punto 5 della sentenza (rigetto del quinto motivo di ricorso): erroneità della sentenza per non corretta comprensione della fattispecie.
6.d. Sul secondo motivo di ricorso (punto 3 della sentenza): errata comprensione della questione giuridica posta da parte ricorrente e conseguente erroneità della motivazione.
6.e. Sul primo motivo di ricorso (punto 2 della sentenza): erroneità della motivazione anche in relazione all’art. 3 della legge n. 241 del 1990.
6.f. Sul sesto motivo di ricorso (punto 6 della sentenza): erroneità della motivazione alla luce della funzione dei principi del PTCP.
Come seguono le cesure.
6.1.1. L’intero impianto motivazionale della sentenza sarebbe concettualmente viziato dalla non corretta comprensione della funzione che, nell’economia del PTCP, assume la regola definita dall’art. 11 citato in rubrica.
La regola dell’art. 11 NTA sarebbe quella della “valorizzazione dei caratteri geomorfologici”.
Detta disposizione, quindi, recherebbe “una norma che, nel rispetto del principio di sussidiarietà (art. 2, comma 3, LR 12/2005), indica quale indirizzo debba assumere il PGT per tutelare valori di interesse sovracomunale che, come specificato nel par. 7.3, per quanto concerne gli aspetti geomorfologici, sono solo quelli che abbiano conservato il tratto della naturalità “.

 

Le scelte di pianificazione operate dal PTCP

 

La norma in esame disciplina, infatti, le relazioni con gli “elementi geomorfologici”, vale a dire, come indicato nel primo comma della norma, “gli ambiti vallivi dei corsi d’acqua, gli orli di terrazzo, le creste di morena e i geositi di rilevanza regionale e provinciale”, individuati nella Tav. 9.
Si tratterebbe di un documento in scala 1:30.000: una dimensione troppo ampia per contenere particolari, riguardando porzioni territoriali nelle quali coesistono ambienti naturali (in essi includendosi le aree agricole strategiche e non) e ambienti fortemente antropizzati da secoli.
Per tale motivo, la Tav. 9 non opererebbe individuazioni specifiche di beni da tutelare, ma individuerebbe categorie (“ambiti vallivi dei corsi d’acqua, orli di terrazzo, creste di morena”) che compete ai singoli PGT di censire e tutelare laddove lo meritino in accordo agli obiettivi del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale.
Gli elementi geomorfologici da tutelare sarebbero, dunque, quelli riconoscibili “quali parti integranti del paesaggio naturale” e ciò escluderebbe che nel campo di applicazione delle disposizioni prescrittive dell’art. 11 potessero rientrare gli ambienti antropizzati.
Pertanto, gli indirizzi enunciati nel comma 3 dell’art. 11 NTA tutelerebbero ciò che mantiene ancora il carattere di naturalità .
Che l’edificazione negli ambiti vallivi fosse tutt’altro che interdetta, sarebbe, inoltre, attestato dalle restanti due previsioni prescrittive di cui al comma 4 dell’art. 11 che così dispongono: “non sono ammesse nuove edificazioni nella porzione di territorio che comprende l’orlo di terrazzo, la sua scarpata morfologica, nonché una fascia di profondità di 10 m. a partire dall’orlo di terrazzo verso il ripiano superiore e dal piede della scarpata verso il ripiano inferiore” (lett. b) e, ancora, che “non sono ammesse nuove edificazioni sul culmine delle creste di morena” (lett. c).

 

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6.1.2. Il Comune ha opposto il diniego solo perché negli ambiti vallivi sono vietate “nuove costruzioni” senza prendere in alcuna considerazione l’assunto – sfuggito alla ponderazione anche del giudice di primo grado – “della necessità di un’interpretazione logico funzionale dell’art. 11”, quale enucleabile dal comma 3 (“indirizzi”) nel cui contesto appare evidente come alla finalità di agevolare il naturale deflusso delle acque (lett. a) sia ancillare l’azione volta a favorire “la delocalizzazione delle edificazioni esistenti”; e poiché è impensabile che possa essere mai operata la delocalizzazione di un intero TUC, l’unica conseguenza logica che può trarsi dalla norma, da valutarsi alla luce del suo contesto di riferimento (e cioè il PTCP) secondo i principi generali dell’interpretazione delle regole, è quella di ritenere che le nuove edificazioni siano interdette soltanto negli ambiti riconoscibili come naturali, e cioè quelli agricoli.
La definizione giuridica di “nuova costruzione” opererebbe, quindi, solo per gli interventi nei luoghi sensibili (e cioè quelli che ancora mantengono la naturalità ) e non negli ambiti già urbanizzati, poiché quest’ultimi “sono logicamente al di fuori del campo di applicazione del divieto di cui all’art. 11.4, lett. A) NTA del PTCP”.
La tesi espressa nella decisione comporterebbe, altresì, l’impossibilità di nuove costruzioni anche in luoghi ben lontani da qualsivoglia rischio di esondazione.
6.1.3. La Tav. 9 del Comune ha riprodotto fedelmente la citata Tav. 9 del PTCP e, dunque, non avrebbe “per nulla corrisposto a quell’obbligo di adeguamento a livello di dettaglio che è imposto dall’art. 11, comma 5, lett. a)”.
6.1.4. I singoli passi motivazionali (escluso quello relativo al sesto motivo di ricorso) si fondano sull’assunto per il quale la Tav. 9 PTCP conterrebbe l’individuazione dei beni da fare oggetto di tutela nelle forme del divieto di edificazione, per il che la sentenza avrebbe omesso di pronunciarsi sul tema centrale e cioè sulla corretta interpretazione dell’art. 11 NTA del PTCP e sulle modalità di sua applicazione nel contingente inadempimento del Comune all’obbligo di adeguamento che, nella specie, sarebbe consistito nell’individuare specificamente i punti ove si applica il divieto di nuova costruzione.
Il Comune di (omissis), peraltro, a “cinque anni dall’entrata in vigore del PTCP non ha adeguato il proprio PGT alle indicazioni di cui all’art. 11 delle relative NTA”, sicché l’opporre genericamente il divieto dell’art. 11 sarebbe “azione equiparabile all’applicazione di una misura di salvaguardia”.
L’inazione del Comune, infatti, non potrebbe essere addotta quale causa legittimante il diniego solo perché il PGT non ha individuato, sulla base dei principi specificati nella relazione di accompagnamento del PTCP e riepilogati nel documento degli obiettivi, quali parti ricomprese nell’ambito vallivo del proprio territorio siano da conservare con il diniego di “nuove costruzioni”.

 

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La permanente inazione equipara, infatti, l’applicazione indiscriminata del divieto ad una misura equivalente alla salvaguardia e ciò senza copertura normativa.
6.1.5. La Tav. n. 9 ha ad oggetto il “sistema geologico e idrogeologico”, cioè un oggetto affatto diverso dal paesaggio, sicché la sentenza impugnata, laddove compie l’esegesi dell’art. 11 cit., deve ritenersi errata poiché richiamerebbe un inconferente orientamento giurisprudenziale in forza del quale “le previsioni riguardanti la tutela del paesaggio provinciale possiedono un’efficacia prescrittiva e prevalente in quanto appaiono certamente riconducibili al novero delle < previsioni in materia di tutela dei beni ambientali e paesaggistici in attuazione dell’art. 77>, di cui alla lettera a dell’art. 18, comma 2, della LR n. 12 del 2005”.
Al riguardo, sarebbe stato travisato il significato della relazione di accompagnamento della variante all’art. 11 NTA del PTCP (e cioè della variante che ha introdotto il divieto di nuova edificazione) perché tale documento confermerebbe che compete ai Comuni l’esatta individuazione di quali siano, nell’ambito delle categorie geograficamente localizzate, i singoli luoghi ove conservare il paesaggio rimasto naturale.
6.1.6. Gli artt. 31, 32 e 34 NTA del PTCP – richiamati dal TAR come tertium comparationis per inferire che la “mancata dichiarazione di salvaguardia dei piani attuativi già approvati nel contesto degli ambiti vallivi dimostrerebbe la volontà pianificatoria di interdirne la prosecuzione in ossequio al divieto di nuova edificazione” concernono, in realtà, componenti paesaggistiche, come tali soggette alla regola vincolante dell’art. 77 L.R. n. 12/2005, mentre la norma di riferimento in fattispecie è l’art. 18 e non già l’art. 77 della legge regionale.
6.1.7. L’essersi limitati a indicare la causa ostativa al rilascio del titolo edilizio in un divieto la cui opponibilità era l’oggetto delle deduzioni procedimentali (id est, osservazioni) non permetterebbe, diversamente da quanto ritenuto dal TAR, di considerare assolto l’obbligo sancito dall’art. 3 della legge sul procedimento.
6.1.8. La norma, per come interpretata dal TAR, sarebbe illogica poiché introduce un vincolo generalizzato senza alcuna possibilità di sua modulazione per rapportare il sacrificio del privato all’effettiva tutela del bene pubblico perseguito.
7. Si è costituita in giudizio la Provincia di Monza e della Brienza che, oltre a chieder la conferma della sentenza impugna, eccepisce l’inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 101, comma 1, c.p.a. in quanto per la riforma della sentenza impugnata l’appellante non avrebbe svolto specifiche censure, riproponendo le argomentazioni svolte in primo grado senza articolare censure, ben determinate, contro il ragionamento logico-giuridico seguito dal giudice di primo grado.
8. L’appellante ha controdedotto alla eccezione di inammissibilità, confutandone le ragioni.
9. Le parti hanno depositato memorie conclusive e note di udienza con le quali, sinteticamente, ribadiscono le rispettive posizioni e tesi.
10. Alla udienza del 13 maggio 2021, la causa è stata trattenuta per la decisione.

 

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DIRITTO

11. Preliminarmente, deve essere respinta l’eccezione con cui l’appellata Provincia ha sostenuto l’inammissibilità dell’appello.
11.1. I motivi di gravame sono stati rivolti in modo chiaro ed esplicito avverso la motivazione della sentenza di primo grado, tanto si evince per tabulas dalla mera lettura dell’atto introduttivo del giudizio d’appello. La circostanza che siano state riproposte le medesime censure di primo grado non comporta né genericità dell’appello né, tantomeno, violazione dell’art. 101 c.p.a. in quanto la sentenza di primo grado aveva respinto i singoli motivi di gravame che, pertanto, anche in ossequio al divieto dei nova in appello e alle decadenze sancite nel comma 2 dell’art. 101 c.p.a., dovevano necessariamente essere riproposte.
I motivi dedotti in appello vanno, pertanto, qualificati, alla stregua della causa petendi, come censure contro i capi della sentenza impugnata.
12. Nel merito, l’appello è infondato.
12.1. La sentenza di primo grado merita integrale conferma quanto alle argomentazioni di diritto in essa sviluppate.
12.2. Essa, peraltro, è in linea con l’indirizzo giurisprudenziale della Sezione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sentenza 19 novembre 2018, n. 6484; id. 28 marzo 2020, n. 379) pure richiamato nel corpo motivazionale della decisione, con riguardo specifico, peraltro, a tematiche sovrapponibili a quelle oggi in discussione e relative alla pianificazione del territorio della Provincia di Monza e della Brianza.
12.3. E’, pertanto, sufficiente richiamare a completamento della decisione appellata, e a confutazione delle censure di appello, gli approdi interpretativi della Sezione avuto riguardo al rapporto tra le fonti normative di governo del territorio lombardo nonché alla portata precettiva delle relative norme che, nella stratificazione di livello, regolano l’attività edificatoria nella zona interessata dall’intervento.
13. La questione principale dedotta in controversia ruota, infatti, essenzialmente intorno alla interpretazione dell’art. 11.4, lett. a), delle N.T.A. del PTCP.
13.1. L’appellante ne patrocina una lettura, sistematica e costituzionalmente orientata, che esclude il divieto assoluto alla edificazione negli ambiti vallivi, divieto che ritiene limitato ai soli ambiti naturali e agricoli con esclusione di quelli antropizzati, e che propende, invece, per una verifica in concreto, caso per caso, della compatibilità dell’intervento rispetto al contesto di riferimento, tenuto conto anche del mancato adeguamento da parte del Comune al Piano sovraordinato provinciale, il solo che avrebbe consentito l’introduzione di divieti specifici.
14. Come anticipato, l’impalcatura motivazionale della sentenza, alla luce dei principi elaborati dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, merita condivisione e, pertanto, conferma.
15. Il Collegio condivide la tesi del giudice di primo grado che ha respinto il ricorso per le ragioni meglio illustrate al superiore paragrafo 5.1., in sintesi avendo ritenuto che “l’intervento edilizio denegato dal Comune si sostanzia in una nuova edificazione da un punto di vista edilizio, trattandosi della realizzazione di un organismo del tutto difforme dal precedente per volume, per sedime occupato e per destinazione d’uso”; “avuto riguardo agli specifici obiettivi di tutela perseguiti dall’art. 11 delle N.T.A. del P.T.C.P., l’intervento edilizio prospettato dalla ricorrente rientra certamente tra le nuove edificazioni che la disposizione citata, al comma 4, lett. a, ha ritenuto di precludere, visto l’obiettivo di impedire l’installazione di nuovi manufatti nell’ambito vallivo che deve essere mantenuto, nei limiti del possibile, libero da edificazioni, al fine di consentire il regolare deflusso delle acque e prevenire i danni legati alle esondazioni”; le previsioni riguardanti la tutela del paesaggio provinciale possiedono una efficacia prescrittiva e prevalente in quanto appaiono certamente riconducibili al novero delle “previsioni in materia di tutela dei beni ambientali e paesaggistici in attuazione dell’articolo 77”, di cui alla lett. a) dell’art. 18, comma 2, della legge regionale n. 12 del 2005.

 

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15.1. Si tratta di motivazione decisiva in punto solutivo della vicenda, dalla quale ne è conseguito il successivo sviluppo argomentativo a sostegno del rigetto operato nei confronti dei restanti motivi di ricorso di primo grado e riproposti ora in appello.
16. La Sezione, a integrazione della divisata motivazione e in continuità con il proprio indirizzo giurisprudenziale (v. sentenze citate), osserva quanto segue.
16.1. L’intervento oggetto del titolo edilizio denegato deve essere inquadrato come di nuova edificazione, tenuto conto che la demolizione del fabbricato, al posto del quale dovrebbe sorgere la palazzina residenziale, era stata eseguita molti anni addietro, sicché difetta, nella circostanza, il presupposto fondante l’istituto della ristrutturazione che implica la demolizione e la contestuale ricostruzione del manufatto.
16.2. L’art. 2, co. 3, l. reg. Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, si ispira al principio dello sviluppo sostenibile, e non impone certo di prevedere sempre, nei piani, la possibilità di incrementare lo sfruttamento edilizio del territorio.
16.3. Il P.T.C.P. impinge scelte di discrezionalità amministrativa che, con riguardo agli aspetti di carattere ambientale e paesaggistico, sono espressione del potere di cura e gestione del territorio, la cui tutela è stata affidata dalla L.R. n. 12 del 2005 alla Regione e alle Province; tali scelte si sovrappongono agli interessi di carattere urbanistico la cui tutela è principalmente affidata ai Comuni.

 

Le scelte di pianificazione operate dal PTCP

 

16.4. E’ in capo alla Provincia il potere di introdurre, in sede di PTCP, previsioni che incidono sulla capacità edificatoria dei suoli, nel senso di rendere oltremodo gravosa (rectius, vietata) ogni possibilità di edificazione di aree, ove anche esse aventi una destinazione economico-produttiva produttiva in virtù della pianificazione urbanistica comunale (utilizzazione edificatoria che corrisponde, sostanzialmente, al bene finale della vita anelato dall’appellante), quando tali divieti si impongano per il raggiungimento dell’obiettivo di contenimento del consumo di suolo. Tale finalità (contenimento del consumo del suolo) ha una valenza trasversale e, pertanto, impinge anche le scelte urbanistiche del Comune che non possono porsi con esso in contrasto ma solo in rapporto di miglioramento.
Rilevano in proposito: a) la deliberazione della Giunta della Regione Lombardia del 9 maggio 2012 di approvazione del documento “Verifica regionale ai sensi dell’art. 17 della l. r. n. 12 del 2005 “legge per il governo del territorio”, del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Monza Brianza – delibera di adozione n. 31 del 22/12/2011″ che, tra gli indirizzi alla pianificazione locale, all’oggetto “uso del suolo e sistema insediativo”, ha specificato che “il tema dell’uso del suolo rappresenta un’evidente criticità per una realtà territoriale quale la Provincia di Monza Brianza, interessata da percentuali di urbanizzazione (più del 50%) e densità abitative fra le più elevate d’Italia” e che “il tema del consumo di suolo, nella sua pluralità di significati e ricadute, dovrebbe dunque assumere una rilevanza almeno sovracomunale, ed essere coordinato a livello provinciale”; b) la raccomandazione della Regione all’Amministrazione provinciale di “integrare gli atti di Piano con criteri e specifiche misure atte ad assicurare il raggiungimento dell’obiettivo di contenimento del consumo di suolo”; c) la circostanza che la Regione Lombardia, con riferimento all’art. 34 del Piano, ha posto in luce che gli ambiti di interesse provinciale “sono stati introdotti dal PTCP al fine di garantire il mantenimento di spazi inedificati fra tessuti urbani limitrofi e per conservare l’identità propria di ogni nucleo urbano” e che “a tale obiettivo dichiarato non risulta però essere stata associata sufficiente concretezza a livello di misure attuative…”, sicché ha evidenziato di ritenere necessario “attribuire maggiore prescrittività alle norme previste per questi ambiti, inserendo misure più restrittive al fine di garantire una tutela più efficace rispetto a nuove espansioni”.
16.5. Le previsioni del PTCP che hanno attribuito efficacia prescrittiva e prevalente agli “indirizzi” di pianificazione, ivi includendo anche aree di proprietà degli appellanti, costituiscono, dunque, manifestazione di volontà della Provincia resa nell’esercizio del potere pianificatorio del territorio, di cui essa è titolare, e sono certamente in linea con quanto disposto dalla legislazione regionale in materia e, in particolare, con quanto previsto dall’art. 18, comma 2, lett. a), della L.R. Lombardia n. 12 del 2005, dovendosene sottolineare, in coerenza con gli indirizzi espressi nella deliberazione della Regione Lombardia del 9 maggio 2012, la rilevanza strategica dell’obiettivo di contenimento dell’uso del suolo e in cui si demanda alla Provincia di introdurre una maggiore prescrittività alle relative previsioni.

 

Le scelte di pianificazione operate dal PTCP

 

16.6. Le scelte di pianificazione operate dal PTCP sono caratterizzate, come detto, da ampia discrezionalità e costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità ; peraltro – a confutazione della specifica censura di appello 6.1.8. – in occasione della formazione di uno strumento urbanistico generale, le decisioni dell’amministrazione riguardo alla destinazione di singole aree non necessitano di apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali – di ordine tecnico discrezionale – seguiti nell’impostazione del piano stesso (cfr. Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 22 dicembre 1999, n. 24 nonché, ex multis, Cons. Stato, IV, 28 giugno 2018, n. 3987). In particolare, la richiamata decisione dell’Adunanza Plenaria 22 dicembre 1999, n. 24, ha posto in rilievo che per l’interesse correlato ad una precedente previsione urbanistica che consenta un utilizzo dell’area in modo più proficuo vale il principio generale della non necessità di motivazione ulteriore rispetto a quelle che si possono evincere dai criteri di ordine tecnico-urbanistico, seguiti per la redazione del progetto di strumento. In questo caso, infatti, viene in considerazione una aspettativa generica del privato alla non reformatio in peius delle destinazioni di zona edificabili, cedevole dinanzi alla discrezionalità del potere pubblico di pianificazione urbanistica, ed analoga a quella di ogni proprietario di aree che aspira ad una utilizzazione più proficua dell’immobile (cfr. Cons.Stato, sez. IV, 11 ottobre 2017, n. 4707).
16.7. La coerenza dell’interpretazione offerta dal TAR dell’art. 11.4., lett. a), delle NTA, come risultante dalla tavola allegato 9) a detto strumento pianificatorio, i coglie ancor più rispetto al contesto sistematico del Piano di riferimento, alla luce della superiore delibera della Regione Lombardia del 9 maggio 2012 (che ha messo in evidenza l’esigenza di far fronte alla criticità rappresentata dall’uso del suolo in una Provincia interessata da altissime percentuali di urbanizzazione e da una elevatissima densità abitativa) nonché dello stesso art. 34 del PTCP che rinvia agli obiettivi 5.1.3, 5.1.2 e 3.1 del documento degli obiettivi. Il punto 5.1 di tale documento prevede, quali obiettivi generali, “limitazione del consumo di suolo; promozione della conservazione degli spazi liberi all’edificato; creazione di una continuità fra gli stessi attraverso il disegno di corridoi verdi”; nonché, per gli “ambiti di interesse provinciale”, quale obiettivo specifico, il “mantenimento di spazi inedificati tra tessuti urbani limitrofi” mentre per gli “ambiti di azione paesaggistica” stabilisce i seguenti obiettivi specifici: “- tutelare attivamente gli spazi aperti residui; – promuovere azioni integrate di riqualificazione in un’ottica agronomica, fruitiva e paesaggistica; – promuovere un disegno unitario di ricomposizione paesaggistica e ambientale degli spazi aperti che induca una riqualificazione urbanistica dei tessuti edificati dei loro margini”.
Il punto 3.1, invece, prevede quale obiettivo generale il “contenimento del consumo di suolo” ed i seguenti obiettivi specifici: “- controllo delle previsioni insediative: quantitativo ovvero di minore espansione dei tessuti urbani e produttivi – qualitativo, ovvero di tutela delle aree agricole più produttive e della permeabilità ecologica del territorio; localizzativo: ovvero mantenere la compattezza degli insediamenti, evitare le urbanizzazioni lineari lungo le strade; definizione di una metodologia praticabile e condivisa di misurazione dell’uso del suolo a scala comunale, allo scopo di valutare la possibilità di prevedere l’utilizzo di una simile procedura di compatibilità ai fini del monitoraggio della sostenibilità delle politiche territoriali dei PGT”.

 

Le scelte di pianificazione operate dal PTCP

 

16.8. Consegue, a quanto appena rubricato, che si rivela del tutto legittima, logica e ragionevole, quindi immune da vizi di manifesta illogicità, la scelta dell’Amministrazione provinciale finalizzata a contenere, rectius vietare il consumo di suolo in determinati ambiti che non si riducono soltanto a quelli naturali o agricoli, altrimenti frustrandosi la ratio dell’impianto pianificatorio; di talché, la previsione dell’art. 11.4, lett. a), delle NTA, come anche risultante dalla tavola, allegato 9 a detto strumento pianificatorio, per come interpretata nel senso fatto proprio dal TAR – nel senso di vietare nuove edificazioni, quand’anche solo in un’ottica di riqualificazione urbana – va condivisa, siccome orientata al raggiungimento del precipuo fine tutelato dalla norma sovraordinata, precettiva ed eterointegrativa in assenza di una diversa disposizione locale migliorativa, ciò in coerenza con la ratio dell’impianto pianificatorio e con le esigenze evidenziate dalla Regione, trattandosi di impedire, in una visione complessiva e unitaria di governo delle fasce sensibili del territorio, la realizzazione di nuove costruzioni (quale sarebbe, in ogni caso e comunque, quella dell’appellante) a destinazione residenziale, cadente in ambiti provinciali bisognevoli di maggiore protezione e tutela, quindi da preservare da ulteriori insediamenti, in un contesto caratterizzato da un pressocché irreversibile fenomeno di antropizzazione ragionevolmente da contenere quanto all’aumento del carico urbanistico, a tutela dei beni idrici, geologici, geomorfologici e ambientali che verrebbero insidiati dalla nuova edificazione, e quindi, a forte rischio di compromissione, in spregio anche ai valori della sicurezza e della salute pubblica.
16.9. La fattispecie dedotta in giudizio rientra nel perimetro applicativo di cui all’art. 18, comma 2, della L.R. Lombardia n. 12 del 2005, secondo cui hanno efficacia prescrittiva e prevalente sugli atti del PGT, tra le altre, le previsioni del PTCP in materia di tutela dei beni ambientali e paesaggistici in attuazione dell’art. 77 (coordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazione).

 

Le scelte di pianificazione operate dal PTCP

 

Il Collegio non condivide la tesi dell’appellante secondo la quale la fattispecie in esame esulerebbe dalla tematica di tutela ambientale. Le prescrizioni sovracomunali, cui si è conformato il PGT e di cui è espressione l’art. 11.4. della NTA comunale, hanno una evidente implicazione complessiva nella gestione del territorio provinciale, condizionando, permeando e conformando l’attività edificatoria di livello periferico e locale, altrimenti dovendosene inferire la potenziale conflittualità con conseguente vanificazione delle prescrizioni dettate a livello sovracomunale.
16.10. Neppure appare condivisibile la tesi per cui l’attività edilizia perorata dall’appellante doveva intendersi assentibile a motivo del mancato adeguamento del Comune agli indirizzi superiori. Ebbene, una volta acclarata l’immediata precettività delle prescrizioni del PTCP e la loro afferenza al tessuto urbanizzato, se ne deve inferire l’illegittimità di ogni altra previsione volta ad alterarne la portata effettuale, nel senso di far prevalere su di esse eventuali, diverse scelte urbanistiche. Non si intende qui escludere la facoltà per il Comune di introdurre previsioni conformative di maggior definizione bensì, solo ribadire, in continuità con Cons. Stato, IV sez., n. 379/2020, che il PTCP ha in parte funzione di programmazione e indirizzo (art. 15, comma 2) e in parte efficacia vincolante e prevalente per i Comuni, che possono in tal caso apportare solo precisazioni e miglioramenti, dovendosi altrimenti conformare alla scelta provinciale (art. 15, comma 5). Facoltà, questa, che non è configurata ad libitum in capo agli enti locali, atteso che tali previsioni, esercitabili in sede di pianificazione locale, sono ammissibili soltanto qualora ciò risulti necessariamente comprovato, con ogni ovvia conseguenza in tema di adeguata valutazione istruttoria – segnatamente in ordine alle caratteristiche specifiche del territorio – nonché di puntuale motivazione della scelta effettuata.
16.11. Le superiori considerazioni rendono recessiva anche la censura sulla surrettizia applicazione alla fattispecie di inammissibili “misure di salvaguardia”, operandosi, nella circostanza, al di fuori di tale istituto.
16.12. Anche la paventata delocalizzazione su cui fa leva l’appellante per inferire l’illogicità di una lettura della norma nel senso che le nuove edificazioni sarebbero interdette soltanto negli ambiti riconoscibili come naturali, e cioè quelli agricoli, non è condivisa dal Collegio: la tutela accordata è precettiva e innanzitutto preventiva, per completarsi con la previsione programmatica di indirizzo della delocalizzazione per contenere la concentrazione del carico urbanistico.
17. In conclusione, per quanto sin qui esposto, l’appello proposto dalla società non è fondato alla luce delle complessive ragioni sopra evidenziate.
18. Le spese del grado di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la società appellante al pagamento delle spese del grado di giudizio che si liquidano, in favore della Provincia di Monza e della Brianza, in euro 4.000,00 (quattromila/00) oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 maggio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco – Presidente
Oberdan Forlenza – Consigliere
Luca Lamberti – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Giuseppe Rotondo – Consigliere, Estensore

 

 

Le scelte di pianificazione operate dal PTCP

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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