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Le operazioni della società sulle azioni proprie
A) L’acquisto di azioni proprie
Tra le operazioni sul capitale consentite ad una società, rientra anche quella di acquisto delle proprie azioni. Nonostante le ragioni economiche e le finalità dell’operazione possano essere meritevoli di tutela, si tratta di un fenomeno che è stato sempre sottoposto ad una serie di limitazioni e divieti.
Le operazioni della società sulle proprie azioni, se da un lato possono rispondere a ragioni economiche e finalità meritevoli di tutela (sostenere il corso dei titoli sul mercato azionario, contrastare una scalata alla società, investire liquidità eccedente, ridurre il capitale sociale), dall’altro, possono essere fonte di importanti pericoli che si concretizzano:
– nell’inquinamento della formazione della volontà sociale;
– nella minaccia all’integrità ed effettività del capitale;
– nella possibilità di effettuare manovre speculative con alterazioni delle quotazioni delle azioni sul mercato dei titoli.
Invece gli obiettivi utili –
1) forma utile d’investimento di eventuali eccedenze patrimoniali della società;
2) un mezzo, per le società quotate, per svolgere un’azione di controllo del valore del titolo sul mercato;
3) un modo per reagire a tentativi di acquisizione del controllo della società, posti in essere da soggetti non graditi.
4) La possibilità di emettere obbligazioni convertibili in queste azioni.
Il legislatore, dunque, con l’obiettivo di circoscrivere le possibili minacce insite in tale tipologia di operazioni, ha introdotto una serie di limiti (nonché di regole procedimentali) che costituiscono di fatto le condizioni di legittimità alle operazioni sulle azioni proprie (Guida al diritto 2006).
Una società può emettere titoli che dovrà rimborsare alla scadenza (come le obbligazioni) e titoli che non verranno rimborsati se non alla liquidazione (cioé le azioni).
Vi è poi una gamma di titoli ibridi che stanno in mezzo, dalle obbligazioni perpetual (che non saranno rimborsate) a alle reedimable shares di diritto UK (che invece sono azioni rimborsabili). Quando una SpA di diritto italiano emette azioni, non può in seguito rimborsarle: giustamente il codice civile disciplina anche la facoltà da parte della società di riacquistare tale azioni (all’art. 2357, 2357 bis e ter) perchè è un’operazione che depaupera i mezzi propri della società ed è potenzialmente lesiva degli interessi degli altri stockholders.
art. 2357 c.c. acquisto delle proprie azioni: la società non può acquistare azioni proprie se non nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili (purché vi sia una deliberazione dell’assemblea straordinaria, inoltre la dottrina più rigorosa nega l’utilizzo delle riserve destinate ad uno specifico affare, dal momento che esse servono a rafforzare l’efficienza patrimoniale ed imprenditoriale della società – Capozzi – *1) risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato. Possono essere acquistate soltanto azioni interamente liberate.
L’acquisto deve essere autorizzato dall’assemblea (ordinaria), la quale ne fissa le modalità, 1) indicando in particolare il numero massimo di azioni da acquistare, 2) la durata, non superiore ai diciotto mesi, per la quale l’autorizzazione è accordata, 3) il corris.ivo minimo ed il corrispettivo massimo.
Il valore nominale delle azioni acquistate a norma del primo e secondo comma dalle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio non può eccedere la quinta parte (prima dell’ultimissima riforma del 2009 – “può eccedere la decima parte del capitale sociale”) del capitale sociale tenendosi conto a tal fine anche delle azioni possedute da società controllate *2.
Le azioni acquistate in violazione dei commi precedenti debbono essere alienate (permuta o il conferimento in altra società ma non la cessione a titolo gratuito) secondo modalità da determinarsi dall’assemblea (straordinaria – Capozzi – poiché è generalmente competente in materia di modificazione dell’atto costitutivo), entro un anno (termine non necessario, la società può effettuare prima questo tipo di operazione, al fine di tutelare i propri creditori, evitando soprattutto la sospensione del diritto di voto relativo a quelle azioni) dal loro acquisto (dal primo acquisto e non da ogni singolo acquisto effettuato). In mancanza, deve procedersi senza indugio al loro annullamento e alla corrispondente riduzione del capitale. Qualora l’assemblea non provveda, gli amministratori e i sindaci devono chiedere che la riduzione sia disposta dal trib.le secondo il proc.to previsto dall’art. 2446, 2 co .
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli acquisti fatti per tramite di società fiduciaria o per interposta persona.
*1
E’ illegittima la delibera con la quale l’assemblea, pur avendo già autorizzato l’acquisto delle azioni del socio receduto, delibera un aumento di capitale a titolo oneroso, automaticamente commutabile in un aumento di capitale a titolo gratuito, con utilizzo delle riserve disponibili della società. (Trib. Voghera, 20/03/2007), inoltre Ai fini del calcolo della maggioranza deliberativa dell’assemblea ordinaria di seconda convocazione di una s.p.a., nel cui patrimonio siano comprese azioni proprie, si deve tenere conto anche di queste azioni, se presenti in assemblea, con l’effetto che, ove siano presenti tutte le azioni rappresentanti l’intero capitale sociale, la predetta maggioranza è costituita dalla metà più uno del valore delle predette azioni. (Trib. Roma, Sez. II, 21/04/2004)
*2
Deve escludersi che due società, di cui una sia totalmente controllata dall’altra, non possano dar vita a un rapporto di interposizione, reale o fittizia. Nulla esclude, pertanto, che la società controllata sia, o fittiziamente o in virtù di un mandato senza rappresentanza, intestataria di titoli appartenenti al soggetto che detiene il controllo della stessa. (Cass. civ., Sez. I, 12/12/2003, n. 19041). Infine la deliberazione con cui una s.p.a. autorizza l’acquisto di azioni proprie, assunta ai sensi dell’art. 2357 cod. civ., legittimamente tiene conto, nel calcolo dei limiti di legge, sia della riserva da sovrapprezzo delle azioni (divenuta disponibile dopo la trasformazione della società da cooperativa a s.p.a.), sia dell’aumento di capitale sociale successivo all’ultimo bilancio approvato; mentre la violazione del diritto di opzione spettante ai soci o l’errore nel calcolo del quorum deliberativo possono comportare la mera annullabilità della deliberazione assembleare. (Cass. civ. 1361 del 20/1/2011)
In altri termini, di norma, l’acquisto da parte di una società di entità patrimoniali comporta, per così dire, un semplice mutamento qualitativo della situazione patrimoniale della società: a fronte dell’uscita di risorse finanziarie si verifica l’ingresso nel patrimonio sociale del bene acquistato e la situazione risulta qualitativamente mutata (nel patrimonio in luogo delle risorse finanziarie c’è il bene acquistato), ma quantitativamente inalterata.
L’acquisto di proprie azioni, invece, determina per il socio alienante il sostanziale rimborso, da parte della società, del valore delle azioni e per la società acquirente l’esborso di risorse finanziarie (con conseguente decremento patrimoniale), senza l’acquisizione di nuove entità patrimoniali; ciò che si acquista, infatti, è un’entità che in sé non ha alcun valore: il valore reale di un’azione dipende dal patrimonio della stessa società acquirente.
Riduzione del capitale reale – non accompagnata da una susseguente riduzione del capitale nominale –
Es. 120.000 azioni – valore nominale 1 Euro – acquistando, per assurdo, la società tutte le azioni, avremo un capitale nominale pari a 120.000 Euro, ma allo stesso tempo il valore reale della società sarà pari a zero, senza che i terzi e i creditori sociali possano accorgersi di tale situazione per il fatto che, appunto, il capitale nominale resta invariato.
Inoltre con l’acquisto di azioni proprie, gli amministratori potrebbero approfittare di tali acquisti poiché esercitando i relativi diritti amministrativi (diritto di voto) in rappresentanza della società quale titolare di azioni proprie, avrebbero un maggiore peso all’interno dell’assemblea, stravolgendo gli equilibri che si erano andati a creare a favore dei soci di minoranza.
Le finalità perseguite dalla condizione, che le azioni devono essere interamente liberate, sono almeno due:
1) impedire che la società si ritrovi contemporaneamente creditrice e debitrice di se stessa per i decimi ancora dovuti, con sostanziale impossibilità di incamerare i medesimi e, quindi, con danno per l’effettività del capitale sociale;
2) evitare che gli amministratori procedano all’acquisto di azioni proprie con lo scopo reale di liberare alcuni soci dall’obbligo di effettuare i versamenti residui.
La ratio del limite del 1 /5 del capitale sociale è controversa in dottrina:
A) parte della dottrina (Piazza) ritiene che esso abbia lo scopo d’impedire che l’acquisto di un numero eccessivo di azioni proprie possa provocare il blocco sostanziale dell’attività sociale, considerato che ai sensi dell’art. 2357 – ter , il diritto di voto, relativo alle azioni possedute dalla società, resta sospeso.
B) Pare prevalere (Capozzi) la tesi (Campobasso – Fre – Sbisà) secondo cui lo scopo del limite indicato consista nel sottrarre alla società, soprattutto se quotata, la facoltà di compiere manovre speculative sui propri titoli o di creare ostacoli insormontabili ai tentativi di acquisto di pacchetti azionari che permettano di conseguire il controllo della società.
L’art. 2357 c.c., nel porre il divieto, sia pure non assoluto, di acquistare o di detenere azioni proprie oltre il limite della decima parte (adesso 1/5) del capitale sociale, a tal fine considerando anche le azioni possedute da società controllate, si riferisce non solo al controllo diretto, ma anche alle ipotesi di controllo di secondo grado o indiretto, realizzato per il tramite della partecipazione a catena di più società. (Sulla base del principio di cui in massima, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva dichiarato la nullità della delibera dell’assemblea di una società per azioni volta ad acquisire una posizione di controllo su una società che, per il tramite di una partecipata totalitaria, già deteneva azioni, oltre il limite consentito, della prima). (Cass. civ., Sez. I, 13/03/2003, n. 3722)
L’attribuzione all’assemblea del potere di autorizzare l’acquisto delle azioni –
Costituisce una deroga al principio fissato dall’art. 2380 – bis, co 1, in forza del quale la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori.
Deroga introdotta allo scopo di evitare che gli amministratori possano godere in materia di un autonomo potere di iniziativa, che potrebbe prestarsi ad abusi.
Tuttavia la deroga è comunque solo parziale, dal momento che, secondo la tesi dominante e preferibile, l’autorizzazione all’acquisto delle azioni proprie deliberata dall’assemblea dà agli amministratori la facoltà e non l’obbligo di acquistare le relative azioni.
Nota – Per le società quotate, in merito all’acquisto di azioni proprie, vi sono ulteriori condizioni, oltre a quelle previste dall’ art. 2357
Le sanzioni –
Irrogazione di sanzioni penali a carico degli amministratori (art. 2628) o dei soggetti ad essi equiparati (art.2639).
Nel caso poi di fallimento della società, gli amministratori che hanno posto in essere condotte integranti il reato di cui all’art. 2628 rispondono del reato di bancarotta fraudolenta, se hanno causato o concorso a causare il dissesto della società.
Costituisce anche illecito amministrativo quando l’acquisto illegittimo sia stato compiuto nell’interesse della società e comporta la sanzione prevista dall’art. 25 ter D.legs. 8 giugno 2001, n. 231.
Nota – con le azioni acquistate non si può esercitare il diritto di voto.
Acquisto per dare attuazione ad una deliberazione assembleare:
l’acquisto è possibile purché siano state osservate tutte le disposizioni che la legge detta per la riduzione di capitale sociale ad attuarsi restituendo ai soci i conferimenti o liberando i soci dall’obbligo di eseguirli
Acquisto per altro motivo: è possibile solo se:
a) avvenga nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato;
b) le azioni da acquistare siano interamente liberate;
c) l’assemblea dei soci autorizzi gli amministratori, e determini modalità e termini per l’acquisto.
B) Disciplina delle proprie azioni
art. 2357 ter c.c. disciplina delle proprie azioni: gli amministratori non possono disporre delle azioni acquistate a norma dei due articoli precedenti se non previa autorizzazione dell’assemblea, la quale deve stabilire le relative modalità [ il c.d. trading di azioni proprie (1 – indicando in particolare il numero massimo di azioni da acquistare ed alienare, 2 – la durata, non superiore ai diciotto mesi, per la quale l’autorizzazione è accordata, 3 – il corrispettivo minimo ed il corrispettivo massimo)] A tal fine possono essere previste, nei limiti stabiliti dal primo e secondo comma dell’articolo 2357, operazioni successive di acquisto ed alienazione.
Finché le azioni restano in proprietà della società, il diritto agli utili e il diritto di opzione sono attribuiti proporzionalmente alle altre azioni; l’assemblea può tuttavia, alle condizioni previste dal primo e secondo comma dell’articolo 2357, autorizzare l’esercizio totale o parziale del diritto di opzione (si tratta, comunque, di un’ipotesi del tutto eccezionale, considerato che essa frustra lo scopo principale dell’aumento a pagamento del capitale sociale: procurare nuove risorse alla società, in quanto effettua soltanto uno spostamento nel bilancio di poste – la società utilizza utili o riserva disponibile per effettuare tale sottoscrizione, determinandone semplicemente la loro imputazione al capitale). Il diritto di voto è sospeso, ma le azioni proprie sono tuttavia computate nel capitale ai fini del calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell’assemblea.
Una riserva indisponibile pari all’importo delle azioni proprie iscritto all’attivo del bilancio deve essere costituita e mantenuta finché le azioni non siano trasferite o annullate.
DECRETO LEGISLATIVO 29 novembre 2010, n. 224
Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 4 agosto 2008, n. 142, recante attuazione della direttiva 2006/68/CE che modifica la direttiva 77/91/CEE relativamente alla costituzione delle società per azioni, nonchè alla salvaguardia e alle modificazioni del loro capitale sociale. (10G0246) (GU n. 300 del 24-12-2010)
L’articolo 2357-ter, secondo comma, e’ sostituito dal seguente: «Finche’ le azioni restano in proprieta’ della societa’, il diritto agli utili e il diritto di opzione sono attribuiti proporzionalmente alle altre azioni. Il diritto di voto e’ sospeso, ma le azioni proprie sono tuttavia computate ai fini del calcolo delle maggioranze e delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell’assemblea. Nelle societa’ che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il computo delle azioni proprie e’ disciplinato dall’articolo 2368, terzo comma.».
Nel caso in cui gli amministratori compiano gli atti di disposizione sulle azioni proprie possedute dalla società, in assenza di autorizzazione da parte dell’assemblea, è possibile, naturalmente, esperire, l’azione di responsabilità nei loro confronti.
L’atto di disposizione, poi, è perfettamente valido nel caso in cui si tratti di azioni quotate od ammesse al mercato ristretto, in considerazione delle particolari modalità di circolazione di tale tipo di azioni.
Viceversa nel caso di azioni a ristretta diffusione, prevale la tesi che l’atto sia da considerarsi annullabile, perché posto in essere in violazione di una limitazione legale al potere degli amministratori, come tale opponibile ai terzi.
Gli amministratori hanno l’obbligo di informare l’assemblea riguardo alla loro attività in merito alle modalità delle operazioni come previsto dall’art. 2428.
La disposizione di cui all’art. 2357-ter c.c., comma 2, ultimo periodo, che impone di computare le azioni proprie nel quorum deliberativo assembleare, non è applicabile qualora il quorum stesso non sia predeterminato in rapporto all’intero capitale sociale o, quando lo sia, non superi il 50 per cento, venendo in questo caso in gioco la regola della maggioranza assembleare, basata soltanto sulla risultanza del voto esprimibile. Trib. Roma, 14/06/2005
C) Divieto di sottoscrizione delle proprie azioni
art. 2357 quater c.c. divieto di sottoscrizione delle proprie azioni: salvo quanto previsto dall’articolo 2357 ter, comma secondo, la società non può sottoscrivere azioni proprie.
Le azioni sottoscritte in violazione del divieto stabilito nel precedente comma si intendono sottoscritte e devono essere liberate dai promotori e dai soci fondatori o, in caso di aumento del capitale sociale, dagli amministratori (i soggetti indicati sono considerati intestatari delle azioni sottoscritte ed unici soci, con il conseguente obbligo di effettuare i conferimenti cui si sono obbligati, in nome della società , sottoscrivendo le azioni). La presente disposizione non si applica a chi dimostri di essere esente da colpa.
Sottoscrizione Indiretta. Chiunque abbia sottoscritto in nome proprio, ma per conto della società, azioni di quest’ultima è considerato a tutti gli effetti sottoscrittore per conto proprio. Della liberazione delle azioni rispondono solidalmente, a meno che dimostrino di essere esenti da colpa, i promotori, i soci fondatori e, nel caso di aumento del capitale sociale, gli amministratori.
Tale divieto è assoluto, in caso di costituzione della società, anche se l’ipotesi di autosottoscrizione delle azioni in fase costitutiva è del tutto marginale.
È parzialmente derogabile, invece, in caso di aumento di capitale, dal momento che ai sensi dell’art. 2357 ter, comma 2, la società può decidere di esercitare tale diritto di opzione, sulle azioni di nuova emissione, pertinente alle azioni proprie in portafoglio.
La finalità del divieto di autosottoscrizione delle azioni è naturalmente di impedire che si realizzi un incremento del capitale nominale della società, senza che allo stesso corrisponda un incremento del capitale reale della società stessa.
D) Altre operazioni sulle proprie azioni
art. 2358 c.c. altre operazioni sulle proprie azioni: la società non può, direttamente o indirettamente, 1) accordare prestiti, 2) né fornire garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni, se non alle condizioni previste dal presente articolo. Tali operazioni sono preventivamente autorizzate dall’assemblea straordinaria.
Gli amministratori della società predispongono una relazione che illustri, sotto il profilo giuridico ed economico, l’operazione, descrivendone le condizioni, evidenziando le ragioni e gli obiettivi imprenditoriali che la giustificano, lo specifico interesse che l’operazione presenta per la società, i rischi che essa comporta per la liquidità e la solvibilità della società ed indicando il prezzo al quale il terzo acquisirà le azioni. Nella relazione gli amministratori attestano altresì che l’operazione ha luogo a condizioni di mercato, in particolare per quanto riguarda le garanzie prestate e il tasso di interesse praticato per il rimborso del finanziamento, e che il merito di credito della controparte è stato debitamente valutato. La relazione è depositata presso la sede della società durante i trenta giorni che precedono l’assemblea. Il verbale dell’assemblea, corredato dalla relazione degli amministratori, è depositato entro trenta giorni per l’iscrizione nel registro delle imprese.
In deroga all’articolo 2357-ter, quando le somme o le garanzie fornite ai sensi del presente articolo sono utilizzate per l’acquisto di azioni detenute dalla società ai sensi dell’articolo 2357 e 2357-bis l’assemblea straordinaria autorizza gli amministratori a disporre di tali azioni con la delibera di cui al secondo comma. Il prezzo di acquisto delle azioni è determinato secondo i criteri di cui all’articolo 2437-ter, secondo comma. Nel caso di azioni negoziate in un mercato regolamentato il prezzo di acquisto è pari almeno al prezzo medio ponderato al quale le azioni sono state negoziate nei sei mesi che precedono la pubblicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea.
Qualora la società accordi prestiti o fornisca garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione delle azioni proprie a singoli amministratori della società o della controllante o alla stessa controllante ovvero a terzi che agiscono in nome proprio e per conto dei predetti soggetti, la relazione di cui al terzo comma attesta altresì che l’operazione realizza al meglio l’interesse della società. L’importo complessivo delle somme impiegate e delle garanzie fornite ai sensi del presente articolo non può eccedere il limite degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato, tenuto conto anche dell’eventuale acquisto di proprie azioni ai sensi dell’articolo 2357. Una riserva indisponibile pari all’importo complessivo delle somme impiegate e delle garanzie fornite è iscritta al passivo del bilancio.
La società non può, neppure per tramite di società fiduciaria, o per interposta persona,accettare azioni proprie in garanzia.
Salvo quanto previsto dal comma sesto, le disposizioni del presente articolo non si applicano alle operazioni effettuate per favorire l’acquisto di azioni da parte di dipendenti della società o di quelli di società controllanti o controllate.
Resta salvo quanto previsto dagli articoli 2391-bis e 2501-bis.
L’attuale formulazione dell’articolo 2358 c.c., inseguito alla riforma introdotta con il dlgs 142/2008 attuativo della direttiva Comunitaria 68/2006, consente alle società di concedere anticipazioni sulle proprie azioni e prestiti o garanzie per il loro acquisto in presenza di determinate condizioni, ed in particolare alla preventiva approvazione dell’assemblea straordinaria dei soci.
Il legislatore ha così voluto sottrarre la fattispecie alla discrezionalità degli organi gestori della società, consentendola solo ove considerata utile per l’interesse sociale, nel rispetto degli interessi degli azionisti e dei terzi; l’art. 2358 c.c. nella sua formulazione originaria era stato infatti introdotto nell’ordinamento italiano al fine di impedire l’impoverimento del capitale sociale per mezzo di operazioni apparentemente innocue.
Inoltre, con la nuova formulazione dell’articolo ed in adeguamento alla direttiva 2006/68 CE, ha inteso promuovere l’efficienza e la competitività delle società, senza tuttavia ridurre le necessarie tutele per i soci ed i creditori sociali.
In particolare, il compimento da parte della società di operazioni di assistenza finanziaria è ora lecito ma, al fine di evitare operazioni di annacquamento del capitale è consentito subordinatamente al verificarsi delle seguenti condizioni ed adempimenti:
– l’operazione deve essere preventivamente approvata dall’assemblea straordinaria dei soci;
La finalità della disposizione è duplice –
A) da un lato si vuole evitare che gli amministratori o il gruppo di comando utilizzino risorse patrimoniali della società per favorire l’ingresso in società di soggetti graditi o per rafforzare le posizioni di alcuni soci a scapito degli altri;
B) dall’altro lato si vuole proteggere l’integrità del capitale sociale, visto che, nel caso di concessione di finanziamenti o garanzie, si sottrarrebbero beni al patrimonio della società, realizzando un’operazione doppiamente pericolosa;
1) in primo luogo, per la natura stessa del finanziamento, che è sempre per sua natura un’operazione rischiosa;
2) in secondo luogo si metterebbe in pericolo l’effettività del capitale sociale; infatti, per il socio alienante, il prezzo ottenuto costituirebbe una sorta di restituzione dei conferimenti, sia pure indiretta (perché ottenuta per il tramite dell’acquirente, a sua volta finanziato o garantito dalla società) e l’effettività del capitale sociale sarebbe lesa, in quanto almeno parzialmente, costituita a mezzo di finanziamenti della stessa società.
Il socio di società per azioni è legittimato ad agire per la dichiarazione di nullità del contratto di sottoscrizione di azioni di nuova emissione, stipulato dalla società con i sottoscrittori delle stesse, ove deduca la violazione dell’art. 2342, ultimo comma (divieto di conferimento di opere o servizi), o dell’art. 2358, primo comma (sostegno finanziario alla sottoscrizione fornito dalla società emittente), quale terzo interessato ai sensi dell’art. 1421 c.c., atteso che dette ipotesi di nullità comportano il rischio della non effettività, totale o parziale, dei nuovi conferimenti e al tempo stesso dell’aumento del capitale sociale, con ricaduta sul patrimonio netto, e tale rischio incide direttamente sul suo interesse (che è esclusivo del socio e non può dirsi assorbito in quello della società) a conservare il valore, in termini sia assoluti che relativi, della sua quota di partecipazione alla società, in quanto, nella misura in cui al formale incremento del capitale – cui corrisponde una riduzione proporzionale della sua quota di partecipazione – non si accompagni un effettivo incremento del patrimonio netto, il valore della quota si riduce, a tutto vantaggio dei sottoscrittori delle nuove azioni. (Cass. civ., Sez. I, 24/11/2006, n. 25005)
Il nuovo articolo 2358 c.c. e le operazioni di leveraged buy out
A seguito di una preliminare analisi del nuovo articolo 2358 c.c. ed in assenza delle interpretazioni giurisprudenziali che daranno un primo rilevante contributo alla lettura di questa norma, sembrano limitati i casi in cui la stessa possa effettivamente consentire, in deroga a quanto precedentemente stabilito, alla società di accordare prestiti o fornire garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni.
Infatti di sciuro è superato il principio di divieto assoluto così come previsto dalla Giurisprudenza di merito ante riforma secondo cui la semplice previsione di una clausola statutaria di una Banca Popolare, nella parte in cui prevede la costituzione di una garanzia reale atipica sulle sue stesse azioni è incompatibile con lo schema normativo inderogabile ed è pertanto affetta da insanabile nullità per violazione del principio di tipicità delle garanzie reali e del divieto di accettare azioni proprie in garanzia. (App. Milano, 14/03/2005)
Un possibile ambito di applicazione della disposizione si potrebbe avere nel caso di realizzazione di operazioni di leveraged buy out, nelle quali, per esempio, le banche che finanziano la società acquirente potrebbero ora richiedere in garanzia non solo le azioni della società acquirente e della società acquisita (“target”) ma anche i beni di quest’ultima, beni, che sotto la vigenza della precedente formulazione dell’articolo 2358 c.c., non potevano assolutamente assolvere a questa funzione.
Il leveraged buyout è stato espressamente reso lecito nell’ordinamento giuridico italiano a seguito già della riforma del diritto societario del 2003, la quale ha permesso di superare i dubbi di legittimità che venivano sollevati sulla base del divieto, contenuto nel primo comma dell’art. 2358 c.c. che inibiva alle società di accordare prestiti o concedere finanziamenti per l’acquisto di proprie azioni.
La riforma ha però subordinato la liceità della operazione all’adempimento di alcuni oneri. In particolare, gli amministratori delle società interessate all’operazione dovranno predisporre un piano economico e finanziario, confortato da una relazione di esperti che ne attesti la ragionevolezza, nel quale devono essere indicate le fonti delle risorse finanziarie e devono essere descritti gli obiettivi che si intendono raggiungere.
Importante è anche la distinzione tra debito senior (ossia con garanzie e covenant positive e negative) e debito junior. Quest’ultimo viene remunerato dopo il debito senior.
In una operazione corretta di levereged buyout la concessione del debito senior è subordinata ad una serie di condizioni, quali:
- L’obbligo di pagare interessi e capitale nel caso in cui vi sia un esubero di liquidità
- Il mantenimento del rapporto Debt/Equity entro un certo valore (in genere 1,75).
Letteralmente “leveraged buy-out” significa acquisizione attraverso il debito.
In sostanza il L.B.O. consiste in una complessa serie d’operazioni finanziarie preordinate all’acquisto di una società, attraverso il ricorso alla capacità d’indebitamento della stessa.
Il L.B.O. è una operazione d’acquisizione societaria la cui peculiarità consiste nel traslare il costo d’acquisto della società bersaglio (o di una partecipazione di controllo) sul suo stesso patrimonio, vincolando i suoi futuri flussi di cassa al pagamento del debito all’uopo contratto (Venturi).
Si tratta di una operazione di acquisto di un’impresa con:
- un minimo esborso di capitale di rischio;
- un ampio ricorso a finanziamenti che trovano garanzia nel valore
patrimoniale delle attività della società da acquisire.
I debiti contratti per l’acquisto saranno rimborsati con i flussi finanziari
generati dalla gestione d’impresa.
Nella sua struttura più classica il L.B.O. può essere così schematizzato:
La società X (Newco) intende acquistare la società Y (Target);
La società X (Newco), non disponendo dei mezzi necessari, si fa prestare il capitale dalla società Z (banche o società finanziarie) alla quale promette di dare in garanzia le azioni o il patrimonio della società Y (Target);
Dopo l’acquisizione, la società X (Newco) delibera la fusione con la società Y (Target).
Le limitazioni patrimoniali, economiche e procedurali imposte dal nuovo articolo 2358 c.c. così come le condizioni che dovranno essere rispettate perché sia possibile per la società target fornire garanzie per l’acquisto delle proprie azioni, potrebbero però non essere compatibili con la realizzazione di questo tipo di operazioni.
In primis è infatti necessario che la società target abbia utili distribuibili regolarmente accertati e riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato (che pertanto costituiranno il limite al valore delle garanzie che potranno essere concesse dalla società acquisita); in assenza di tali disponibilità economico – patrimoniali, la società acquisita non avrà quindi alcuna possibilità di concedere garanzie sui propri beni.
Gli amministratori dovranno poi, come da previsione normativa, illustrare in un’apposita relazione le ragioni e gli obbiettivi imprenditoriali collegati alla realizzazione dell’operazione in questione, insieme allo specifico interesse per la società target; ove l’acquirente sia una newco *1, come di solito accade, che avrà sostanzialmente contratto un elevato indebitamento proprio al fine di perfezionare l’acquisizione, non risulta agevole comprendere quale possa essere l’interesse specifico della società target a garantire con i propri beni, tale indebitamento (Piattelli – Il nuovo diritto delle Società – N. 12/2009).
*1
Newco è un nome generico e transitorio che viene assegnato a una nuova azienda (Newco sta per New company) che sorgerà da una ristrutturazione o da un progetto di creazione di una nuova azienda (start-up). Per esempio, i progetti (alla data di metà 2008) di ristrutturazione dell’Alitalia prevedono la creazione di una Newco che racchiuderebbe la parte sana dell’azienda, mentre i rami secchi verrebbero passati a una bad company. Una volta che il progetto fosse completato, la Newco assumerebbe naturalmente il suo nome definitivo.
Fino al 2003 in Italia vi era un espresso divieto di porre in essere operazioni di LBO, poiché strumento di aggiramento per interposta persona (NewCo) del divieto di sottoscrizione di azioni proprie (art. 2357 c.c.) e del divieto di assistenza finanziaria per la sottoscrizione o l’acquisto di azioni proprie.
Di fatto la Newco è una scatola vuota priva di capacità di produrre reddito, ma ci sono modi di sbagliata applicazione di tale strumento nel caso italiano, in particolare; vi è da dire che tale strumento applicato nella giusta maniera (qui entra in gioco il ruolo importante della consulenza dell’advisor) può garantire dei vantaggi legati al miglioramento della corporate governance, e, nel caso per esempio del MBO e WBO, di poter condividere il rischio di impresa con soggetti dipendenti della società stessa.
Non va infine dimenticato che gli amministratori sono inoltre tenuti ad evidenziare i rischi derivanti alla liquidità e alla solvibilità della società stessa, per effetto di tale decisione; poiché una relazione di contenuto analogo è prevista anche dall’articolo 2501-bis, comma 3 (ai sensi del quale è necessario che la relazione degli amministratori di cui all’articolo 2501-quinquies, contenga un piano economico finanziario con l’indicazione della fonte delle risorse finanziarie), gli amministratori potrebbero comunque prendere spunto dalla recente applicazione di tale disposizione ai fini della redazione della relazione di loro spettanza, per rappresentare la situazione di rischio gravante sulla società per effetto delle previsioni di cui all’articolo 2358, come novellato.
Le due relazioni potrebbero quindi avere contenuti simili, in quanto sottese a dimostrare che l’operazione non comporterà rischi alla liquidità, ovvero alla solvibilità (capacità di rimborsare il debito contratto dalla società acquirente, in caso di inadempimento di quest’ultima) della società target, ovvero dovrebbero avere il medesimo contenuto nel caso in cui l’operazione venga realizzata tramite un merger leveraged buy out e sia quindi soggetta anche all’applicazione della procedura prevista dall’articolo 2501-bis c.c. (Piattelli – Il nuovo diritto delle Società – N. 12/2009)
Ma per tale operazione, già ante riforma, a dispetto di quelle analizzate in precedenza, non vi sarebbero dei risvolti penali, qual’ora non venissero applicate le condizioni previste dall’art. 2358, difatti secondo una sentenza della Corte di piazza Cavour in tema di reati societari, a seguito della sostituzione dell’art. 2630 cod. civ. per effetto del D.Lgs. n. 61 del 2002, non costituisce illecito penale l’operazione, inquadrabile nel più ampio schema del c.d. “leveraged by out”, con la quale, di una società operativa, sia ceduto a credito parte del pacchetto azionario ad altra società, creata in modo strumentale per effettuare il detto acquisto con previsione di indebitamento e al fine di compiere attività di gestione di interesse della prima, per poi essere destinata alla fusione per incorporazione con la medesima e ripianare il debito con gli utili dell’attività posta in essere. (In motivazione la Corte ha specificato che la condotta descritta potrebbe integrare il diverso reato ex art. 223 comma secondo n. 2 L. fall. , quale “operazione dolosa”, ove si dia prova che il “leveraged by out” attuato attraverso il procedimento di fusione non era, al momento del suo avvio, sorretto da un effettivo progetto industriale). (Cass. pen., Sez. V, 18/05/2006, n. 23730)
Una variante all’acquisizione realizzata mediante indebitamento si rinviene poi nei c.d. “management buy out” (MBO), dove tra i soggetti acquirenti figurano anche gli stessi manager/amministratori della società acquisita.
In questa specifica situazione gli amministratori della società target, che sono portatori di interessi specifici (quali acquirenti della società stessa) potenzialmente in conflitto con quelli della società, sono in ultima analisi coloro che debbono attestare come l’operazione (concessione di garanzie per l’acquisto delle azioni da parte dei manager/amministratori) realizzi al meglio l’interesse sociale. Emerge quindi palesemente il potenziale conflitto di interessi degli organi deliberanti ed in particolare del consiglio di amministrazione, posto che, in applicazione dell’articolo 2358 c.c. tale organo sociale dovrà predisporre la relazione che illustri, sotto il profilo giuridico ed economico, l’operazione, descrivendone le condizioni, evidenziando le ragioni e gli obiettivi imprenditoriali che la giustificano, lo specifico interesse che l’operazione presenta per la società (acquisita), i rischi che essa comporta per la liquidità e la solvibilità della società (acquisita) ed indicando il prezzo al quale il terzo acquisirà le azioni.
Senza considerare che nella suddetta relazione gli amministratori debbono altresì attestare che l’operazione ha luogo a condizioni di mercato, in particolare per quanto riguarda le garanzie prestate e il tasso di interesse praticato per il rimborso del finanziamento, e che il merito di credito della controparte è stato debitamente valutato (Piattelli – Il nuovo diritto delle Società – N. 12/2009).
Il nuovo articolo 2358 c.c. alla luce dei c.d. vantaggi compensativi (“corporate benefits”), di cui all’art. 2497 c.c.
Un altro interessante tema di analisi relativamente alla effettiva applicazione del nuovo articolo 2358 c.c., si ricollega dalla necessità della preventiva approvazione dell’operazione da parte dell’assemblea straordinaria dei soci della società (che dovrà essere presa, ovviamente, anche se non esclusivamente, sulla base della relazione predisposta dagli amministratori della società stessa) ed assume un particolare rilievo in forza di quanto disposto dall’art. 2497 c.c., introdotto dalla precedente riforma del diritto societario.
L’approvazione da parte dei soci di un’operazione come quella descritta nella norma (accordare prestiti e/o fornire garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni) che tipicamente esula dalle competenze assembleari, ma rientra in quelle del consiglio di amministrazione, può implicare la responsabilità dei soci stessi per gli effetti (negativi) che ne dovessero derivare alla società? (Piattelli)
Premesso che non appare possibile che tale decisione dei soci faccia venire meno la responsabilità degli amministratori, i quali in prima istanza appaiono comunque responsabili, quanto meno perché le loro attestazioni (se pure con il senno di poi) si sono rivelate non corrette, ci si pone il dubbio se la stessa faccia sorgere una responsabilità concorrente, per esempio nei confronti dei creditori sociali, da parte dei soci stessi; la risposta positiva sembrerebbe essere una logica conseguenza, a maggior ragione nel caso in cui il socio che avvalla la decisione presa dagli amministratori sia proprio quella “newco“ che intende dare corso all’acquisizione della società.
Infatti, ai sensi dall’articolo 2497 c.c. la società che, esercitando attività di direzione e coordinamento, agisce nell’interesse proprio o altrui, in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società controllate, risulta direttamente responsabile nei confronti dei soci e dei creditori sociali di queste ultime, salvo che il danno non risulti mancante alla luce del risultato complessivo dell’attività di direzione coordinamento ovvero integralmente eliminato.
Nel caso previsto dal novellato articolo 2358 c.c., l’approvazione da parte della società acquirente (capogruppo) della decisione di accordare prestiti e/o fornire garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni, sembrerebbe ricadere proprio nell’ambito di applicazione del disposto dell’articolo 2497 c.c., con la conseguenza che sarà necessario verificare se così facendo il soggetto controllante abbia agito nel rispetto dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società controllate.
A tal fine si rileva come, per effettuare una valutazione in merito alla natura di un determinato atto gestorio, la giurisprudenza abbia elaborato la teoria dei c.d. “vantaggi compensativi”, ossia la considerazione dei benefici di cui la società controllata può fruire in conseguenza della sua appartenenza ad un più ampio gruppo di società e che, in quanto tali, potrebbero bilanciare “l’apparente pregiudizio” derivante alla singola entità giuridica da un’operazione vantaggiosa per il gruppo nel suo complesso.
Tale teoria richiede infatti che l’operazione venga valutata non solo con riferimento alla visuale della singola società intesa come entità a se stante ed indipendente dalle altre entità facenti parte di un medesimo grippo societario ovvero allargando gli orizzonti.
Sulla base della predetta teoria, per valutare la sussistenza di un eventuale pregiudizio subito da una o più delle società soggette ad attività di direzione e coordinamento, appare necessario tenere in debita considerazione il fatto che la conduzione di un’impresa normalmente non si estrinseca nel compimento di singole operazioni, bensì nella realizzazione di strategie economiche destinate a prender forma e ad assumere significato nel tempo attraverso una molteplicità di atti e comportamenti.
Considerando che vi sono autori che hanno già sostenuto, con riferimento all’applicazione dell’articolo 2501-bis, come i soci di controllo possano essere chiamati a rispondere delle loro decisioni, per effetto dell’applicazione del principio di cui all’articolo 2497 c.c., ed in particolare nel caso in cui il socio di controllo sia una S.r.l. in virtù del disposto dell’articolo 2476 c.c., sembra che quanto previsto dal novellato articolo 2358 c.c. possa quindi ben far sorgere anche una responsabilità dei soci che hanno approvato l’operazione, trattandosi di un caso specifico di applicazione del principio generale ricollegato all’esercizio di una attività di direzione e controllo.
Ne consegue che la valutazione circa la decisione della società target di prestare garanzie per l’acquisizione delle proprie azioni (evidentemente per consentire alla società acquirente di ottenere i finanziamenti necessari per perfezionare l’acquisizione) ed in particolare della qualificazione di tale atto, come atto gestorio positivo o negativo per la società acquisita, dovrà quindi essere condotta sulla base di una visione generale che tenga in considerazione non soltanto l’effetto patrimoniale immediatamente negativo di un determinato atto di gestione20 (nel caso in esame la possibile perdita dei beni di proprietà della controllata nel caso di escussione delle garanzie prestate), ma anche gli eventuali riflessi economici positivi (ad esempio: tasso di interesse sul finanziamenti corrisposto alla società controllante, benefici industriali arrecati al gruppo, e quindi anche alle controllata stessa, eventuali sinergie, ecc.) che possono derivare alla società acquisita per effetto dell’acquisizione stessa (Piattelli).
L’articolo 2358 c.c., nella sua nuova formulazione, potrebbe quindi trovare concreta applicazione in tutti quei casi nei quali l’acquisizione (con assunzione di indebitamento) sia perfezionata in modo tale che la società target possa effettivamente trarre degli specifici benefici dall’entrata in un gruppo più strutturato, con un conseguente rafforzamento delle sue capacità finanziarie e patrimoniali, così come della sua capacità produttiva e di espansione sul mercato.
Si pensi inoltre al caso in cui, dopo il perfezionamento dell’acquisizione della società target, da parte di newco, il gruppo così composto proceda all’acquisizione di ulteriori società, utilizzando sempre la tecnica della leva finanziaria; anche in questa situazione sembra plausibile che le società oggetto di questa successiva “campagna di acquisizioni” possano trarre degli effettivi benefici dall’ingresso nel gruppo esistente22 (siano essi legati al rafforzamento della capacità produttiva ovvero alla possibilità di espansione sul mercato) con la conseguenza che il debito contratto per procedere all’acquisizione delle azioni di queste ultime, potrebbe essere garantito anche dai beni di loro proprietà.
Laddove invece l’acquisizione sia perfezionata da una società veicolo non operativa e appositamente costituita per realizzare l’operazione di acquisizione della società target, sembra più difficile poter sostenere che “il sacrificio” sopportato da quest’ultima mediante la concessione di garanzie finalizzate a garantire l’acquisto delle proprie azioni, trovi adeguata compensazione nei benefici derivanti dall’appartenenza al gruppo formato dalla società acquirente insieme alla società acquisita. Sul punto sembra assumere, ancora una volta, assoluta rilevanza la valutazione dell’operazione nel suo complesso: si consideri ad esempio la fattispecie, già analizzata, del merger leveraged buy out. Ove l’operazione di acquisizione dovesse prevedere, sin dall’inizio, la fusione per incorporazione della società acquisita nella società acquirente, ancorché da realizzarsi in un momento successivo al perfezionamento dell’acquisizione, si metterebbe infatti in discussione l’esistenza di un gruppo societario, ovvero il presupposto essenziale per operare le suddette valutazioni.
E) Casi speciali
art. 2357 bis c.c. casi speciali di acquisto delle proprie azioni: le limitazioni contenute nell’articolo 2357 non si applicano quando l’acquisto di azioni proprie avvenga:
1) in esecuzione di una deliberazione dell’assemblea di riduzione del capitale, da attuarsi mediante riscatto e annullamento di azioni [in questa ipotesi l’acquisto di azioni proprie costituisce soltanto una particolare modalità per attuare la riduzione del capitale della società e, quindi, non si persegue nessuna delle finalità che possa giustificare il divieto previsto dal legislatore – la società nell’adottarla comunque deve rispettare il procedimento previsto dall’art. 2445. La norma è applicabile solo quando la società non possieda già azioni proprie in portafoglio, aventi complessivamente un valore nominale pari o superiore all’entità della riduzione che si vuole realizzare; in questo caso è sufficiente che essa proceda al loro annullamento (totale o parziale), rispettando l’iter di cui all’art. 2445];
2) a titolo gratuito (donazioni o legati in favore della società), sempre che si tratti di azioni interamente liberate;
3) per effetto di successione universale o di fusione o scissione (in ogni caso, l’acquisto delle azioni effettuato non determina l’aumento del patrimonio della società: a fronte dell’iscrizione nell’attivo del bilancio del valore di tali azioni, occorre procedere all’iscrizione, nel passivo, della posta rettificativi di cui all’art. 2357 – ter, con l’effetto che l’ammontare complessivo della società resta inalterato. Se poi le azioni acquistate sono, come è possibile, non interamente liberate, la società è obbligata a coprire il residuo debito da conferimento facendo ricorso ad una riserva disponibile; oppure deve ridurre il capitale ad una ammontare corrispondente al valore complessivo dei versamenti residui.);
4) in occasione di esecuzione forzata per il soddisfacimento di un credito della società, sempre che si tratti di azioni interamente liberate.
Se il valore nominale delle azioni proprie supera il limite della decima parte del capitale per effetto di acquisti avvenuti a norma dei numeri 2), 3) e 4) del primo comma del presente articolo, si applica per l’eccedenza il penultimo comma dell’art. 2357, ma il termine entro il quale deve avve.re l’alienazione è di tre anni.