Laddove la colonna d’aria dei vicini sia stata autonomamente ed unilateralmente occupata

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 9 novembre 2019, n. 7672.

La massima estrapolata:

Laddove la colonna d’aria dei vicini sia stata, a suo tempo, autonomamente ed unilateralmente occupata dal gestore di un parco eolico con autogeneratori a pale, e l’Amministrazione comunale si sia limitata al rilascio del titolo edilizio, senza aver svolto alcun altro intervento, la possibilità di addivenire ad un accordo transattivo rappresenta oggettivamente una ‘ragionevole alternativa’ all’adozione della soluzione, ordinamentalmente estrema, consistente nell’atto di acquisizione pubblica ex articolo 42-bis, Dpr n. 327/2001.

Sentenza 9 novembre 2019, n. 7672

Data udienza 24 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9462 del 2018, proposto dalla s.r.l. Ve. di Mo., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ge. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Al. Bo. Ca. in Roma, via(…);
contro
Il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Do. Ge., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Sig. An. Mi., non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata n. 654 del 6 ottobre 2018, resa tra le parti, concernente la reiezione dell’istanza di emanazione di provvedimento di acquisizione ex art. 42-bis d.p.r. n. 327 del 2001.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2019 il Cons. Luca Lamberti e udito per la parte appellante l’avvocato Ge. Ca., nessuno presente per il Comune;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La società ricorrente gestisce un parco eolico composto da 36 aerogeneratori in Comune di (omissis), entrato in esercizio nel corso del 2006.
Con istanza del febbraio 2015 la società ha unilateralmente ritenuto necessario acquisire la servitù di sorvolo sui terreni circonvicini: le pale degli aerogeneratori, infatti, ruotando perpendicolarmente alla linea di confine invadono la colonna d’aria sovrastante le proprietà contermini.
E’ stata, pertanto, formulata al Comune una istanza di acquisizione della servitù stessa ai sensi dell’art. 42-bis d.p.r. n. 327 del 2001.
Con nota prot. n. 885/U del 12 marzo 2015, tuttavia, il Comune ha dichiarato che non intende procedere come richiesto, perché :
– “il rimedio previsto dall’articolo 42-bis è del tutto eccezionale e costituisce una mera facoltà dell’Amministrazione”;
– “la suddetta disposizione presuppone che sia risultata irregolare la procedura finalizzata all’acquisizione, in mano pubblica, di uno di tali diritti”;
– vi sarebbero “alternative ragionevoli” all’adozione dell’atto, rappresentate dalla costituzione dell’anelata servitù secondo le ordinarie procedure civilistiche.
2. La società ha impugnato l’atto avanti il T.a.r. per la Basilicata, notificandolo al Comune e ad uno dei contro-interessati.
Il Tribunale, dopo aver autorizzato la notifica per pubblici proclami stante la numerosità degli altri contro-interessati, ha, con la sentenza indicata in epigrafe, respinto il ricorso.
In particolare, il Tribunale, prescindendo dalla disamina dell’eccezione comunale di irritualità della notifica per pubblici proclami (in quanto, in tesi, inidonea, per come operata, a rendere edotti i contro-interessati del concreto oggetto del giudizio), ha ritenuto:
– in rito, irrilevante la violazione degli articoli 7 e 10 della l. n. 241 del 1990, alla luce dell’art. 21-octies, comma 2, della medesima legge;
– nel merito, “non illogica né implausibile” la motivazione spesa dal Comune in ordine all’esistenza di “alternative ragionevoli” all’emanazione dell’atto di acquisizione, alla luce del fatto che, da un lato la ricorrente “avrebbe avuto, e a tutt’oggi ha, la possibilità di costituire una servitù secondo quanto dispone la normativa di cui al c.c.”, dall’altro “non è contestato che la società ricorrente non abbia ricercato intese o formulato proposte volte a ottenere la regolarizzazione della situazione di fatto, ovverosia del sorvolo sine titulo e quindi illecito di fondi altrui, con gli ordinari istituti previsti a tal fine dal codice civile, nel rispetto delle guarentigie dello statuto proprietario degli interessati”.
3. La società ricorrente ha interposto appello, sostenendo che:
– l’art. 21-octies, comma 2, l. n. 241 del 1990 non potrebbe essere utilmente richiamato nella specie, perché non si sarebbe in presenza di un’attività vincolata, né il Comune avrebbe dimostrato che l’esito provvedimentale non sarebbe, comunque, potuto essere diverso;
– l’espressione “alternative ragionevoli” di cui all’art. 42-bis non si riferirebbe a trattative civilistiche, ma solo a “soluzioni tecniche che consentano di cessare l’occupazione”;
– il Comune non avrebbe posto in essere la necessaria istruttoria volta a comparare i contrapposti interessi e, prima ancora, non avrebbe inviato, né alla ricorrente né ai contro-interessati, la comunicazione di avvio del procedimento;
– “non avviando il procedimento di acquisizione sanante, il Comune ha implicitamente stabilito che le turbine dell’impianto eolico, opera di pubblica utilità dichiarata ex lege, debbano essere rimosse”.
Si è costituito in resistenza il Comune.
La società ha, quindi, provveduto alla notifica per pubblici proclami, come da autorizzazione presidenziale di cui al decreto n. 362 del 4 aprile 2019.
In vista della trattazione del ricorso le parti hanno versato in atti difese scritte.
In particolare, il Comune, ribadite le argomentazioni difensive già spese in prime cure, ha riproposto l’eccezione, assorbita dal T.a.r., di improcedibilità del ricorso di prime cure (con conseguente inammissibilità dell’appello) a causa dell’inidonea effettuazione della notifica per pubblici proclami, ed ha, altresì, manifestato dubbi circa la propria competenza all’emanazione del provvedimento di acquisizione, che, di contro, si radicherebbe in capo alla Regione, cui è rimessa la potestà di autorizzare i parchi eolici.
La società, dal canto suo, ha, tra l’altro, sostenuto l’assoluta rispondenza delle modalità con cui è stata effettuata la notifica per pubblici proclami alle disposizioni del Tribunale, nonché contestato l’ammissibilità della difesa comunale secondo cui non vi sarebbe, in capo all’ente locale, la competenza a provvedere, in quanto non svolta nel provvedimento impugnato.
Il ricorso è stato, quindi, discusso ed introitato per la decisione alla pubblica udienza del 24 ottobre 2019.
4. Il ricorso non risulta fondato e va respinto.
Il Collegio evidenzia, anzitutto, che è inammissibile l’eccezione secondo cui il Comune non sarebbe competente ad emanare l’atto di acquisizione, in quanto la relativa ragione non è stata posta a base dell’atto impugnato.
Nel merito, il ricorso in appello è infondato: può, pertanto, non essere esaminata l’eccezione di improcedibilità del ricorso di primo grado, riproposta in questa sede dal Comune.
Venendo, appunto, al merito, il Collegio rileva che la colonna d’aria dei vicini è stata, a suo tempo, autonomamente ed unilateralmente occupata dall’odierna ricorrente, mentre l’Amministrazione comunale si è limitata al rilascio del titolo edilizio, senza aver svolto alcun altro intervento.
Più in particolare, la costruzione degli aerogeneratori (con la conseguente invasione della colonna d’aria delle proprietà contermini) risale al 2006 e nel 2015 la società ha avanzato al Comune l’istanza poi rigettata con il provvedimento impugnato.
Tale circostanza riveste, nella specie, particolare importanza.
In primo luogo, la possibilità di addivenire ad un accordo transattivo rappresenta oggettivamente una “ragionevole alternativa” all’adozione dell’atto di acquisizione: in disparte il fatto che non consta che la ricorrente abbia intavolato una trattativa con i contro-interessati, la sussistenza di una “ragionevole alternativa” va valutata in astratto, come esistenza di una possibilità alternativa di risoluzione della problematica dell’occupazione sine titulo di terreni altrui, configurando per legge la spendita del potere di acquisizione una extrema ratio.
In secondo luogo, non può non sottolinearsi che la decisione di adottare un provvedimento ex art. 42-bis è frutto di ampia discrezionalità amministrativa e che, nella specie, la temuta prospettica rimozione degli aerogeneratori non consegue alla scelta comunale di non procedere all’acquisizione, bensì alla pregressa condotta della ricorrente che, a suo tempo, costruì gli aerogeneratori in maniera tale che la rotazione delle pale, perpendicolare al confine, invadeva la colonna d’aria dei terreni attigui.
Di tale circostanza la società ricorrente, che pure ne aveva ab initio piena consapevolezza (cfr. il tenore dell’istanza del febbraio 2015), poteva e doveva farsi carico a suo tempo, mediante la stipulazione di appositi accordi con i proprietari contermini: la realizzazione di un parco eolico, infatti, richiede l’acquisizione non soltanto delle “aree necessarie per la realizzazione delle opere e delle infrastrutture indispensabili alla costruzione ed all’esercizio dell’impianto” (così la richiamata istanza del febbraio 2015), ossia delle aree di sedime delle torri e dei necessari impianti di supporto, ma anche dei diritti necessari al pacifico esercizio del parco stesso, tra cui, in primis, quello di sorvolare, con la rotazione delle pale, terreni altrui.
Le considerazioni che precedono escludono l’illogicità dell’impugnato provvedimento comunale.
Invero, nella specie difettano i presupposti per l’attuale spendita del potere di acquisizione, giacché vi sono “ragionevoli alternative” all’adozione dell’atto, che, per legge, rappresenta una extrema ratio.
Del resto, non solo la servitù di sorvolo può essere acquisita, in linea teorica, con gli ordinari strumenti civilistici, ma, nella concreta vicenda oggetto di causa, la società ricorrente non ha dimostrato, nella propria istanza, l’oggettiva impercorribilità di soluzioni diverse da quella autoritativa: in particolare, la società non ha documentato (né, prima ancora, allegato) né l’avvio delle trattative con i proprietari dei terreni attigui, né il rifiuto di costoro ad addivenire alla stipulazione di atti costitutivi dell’anelata servitù di sorvolo.
Invero, da un lato le facoltà dominicali dei consociati sono oggetto di libera determinabilità negoziale non coercibile da terzi, dall’altro la ricorrente può solo imputare a sé di aver costruito e messo in esercizio il parco eolico senza prima aver acquisito tutte le opportune posizioni giuridiche che, in base ad un giudizio prognostico di carattere prudenziale e cautelativo, assicurassero prospetticamente la pacifica operatività dell’impianto.
Peraltro, osserva il Collegio, il rifiuto del Comune di procedere ai sensi dell’art. 42-bis non determina affatto, sia pure implicitamente, il dovere di rimuovere gli impianti: in disparte il fatto che non consta che sia stato attivato, d’ufficio o su istanza dei contro-interessati, un procedimento volto all’emanazione di un provvedimento di tale contenuto, resta sempre salva e percorribile l’opzione negoziale.
Quanto, infine, alle questioni di rito, va evidenziato che:
– il procedimento de quo è stato radicato dalla ricorrente stessa, per cui non vi era, in un’ottica sostanziale, alcuna apprezzabile necessità di indirizzare ad essa apposita comunicazione di avvio;
– la ricorrente non ha titolo per lamentare la mancata partecipazione procedimentale dei contro-interessati;
– peraltro, la partecipazione di costoro, nell’ottica della ricorrente, sarebbe stata funzionale ad acquisirne l’eventuale volontà favorevole alla costituzione della servitù (cfr. ricorso, pag. 18): tale intendimento dimostra, a contrario, la correttezza della deduzione comunale secondo cui, allo stato, vi sono “alternative ragionevoli” all’adozione dell’atto autoritativo, posto che l’assenso dei contro-interessati alla costituzione della servitù, ove esistente, si sarebbe dovuto manifestare in forme negoziali nell’ambito di accordi inter privatos, non, nell’ambito di un procedimento amministrativo attivato da terzi, con la manifestazione (per giunta funzionalmente superflua) dell’adesione alla spendita, da parte del Comune, di poteri ablatori a loro danno;
– comunque, alla luce della motivazione spesa dal Comune, la partecipazione procedimentale dei contro-interessati non avrebbe potuto aggiungere alcunché e, quindi, sarebbe stata inutile;
– la censura di violazione dell’art. 10-bis l. n. 241 del 1990, peraltro non espressamente riproposta in appello, è infondata per la stessa ragione sostanziale enucleata nell’alinea che precede.
5. Per le esposte argomentazioni il ricorso va, dunque, rigettato.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 9462 del 2018, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna la società Ve. di Mo. s.r.l. a rifondere al Comune di Ve. di Mo. le spese del presente grado di giudizio, liquidate in complessivi Euro 5.000,00 (euro cinquemila/00), oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2019, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere, Estensore
Nicola D’Angelo – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere
Giuseppa Carluccio – Consigliere

 

 

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