Consiglio di Stato, Sentenza|13 aprile 2021| n. 3048.
L’accesso a copie di cartelle esattoriali di pagamento non potrebbe essere legittimamente negato dall’agente della riscossione con riferimento all’avvenuto decorso del quinquennio entro il quale – a norma dell’art. 26, quarto comma, del d.P.R. n. 602/1973 – essa sarebbe obbligata a conservarle, trattandosi di obbligo minimo, e non massimo, di conservazione delle stesse, che deve durare fin quando il credito non è stato recuperato.
Sentenza|13 aprile 2021| n. 3048
Data udienza 11 febbraio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Esecuzione esattoriale – Cartelle – Accesso agli atti – Obbligo di conservazione – Natura – Decorso del quinquennio – Art. 26, quarto comma, del d.P.R. n. 602/1973
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3893 del 2017, proposto dalla signora Te. Ma., rappresentata e difesa dall’avvocato Si. Ma., con domicilio eletto presso la IV Sezione del Consiglio di Stato, in Roma, piazza (…),
contro
l’Ader (Agenzia delle Entrate – Riscossione) in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in Roma, via (…),
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno, n. 546 del 2017, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2021 – tenutasi in videoconferenza da remoto ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020 – il consigliere Silvia Martino;
Uditi l’avvocato Si. Ma. e l’avvocato dello Stato Pi. Ga.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’odierna appellante, con ricorso proposto innanzi al TAR per la Campania, Sezione staccata di Salerno, esponeva che con istanza di accesso, inviata a mezzo PEC, ricevuta da Eq. Se. di Ri. S.p.a. in data 29 luglio 2016, aveva chiesto il rilascio dei seguenti atti:
“1) copia conforme all’originale di tutte le cartelle di pagamento relative al proprio ruolo (ex art. 49 del D.P.R. 602/73) così come notificate;
2) relate di notifica delle suddette cartelle”.
Tale istanza era stata motivata sulla scorta dell’interesse ad accertare l’esatta corrispondenza tra le cartelle di pagamento ed il ruolo, ai fini di un eventuale ricorso dinanzi all’A.G. competente.
Tuttavia, l’Agente della Riscossione non aveva riscontrato tale istanza, costringendo la ricorrente a rivolgersi al TAR per ottenere l’accertamento del diritto di accesso e l’esibizione degli atti.
1.1. Nel costituirsi in giudizio la società Eq. depositava una parte della documentazione richiesta, eccependo altresì l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
1.2. Il TAR – sull’assunto che l’istanza ostensiva fosse stata soddisfatta – dichiarava il ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
2. La sentenza è stata impugnata dalla signora Ma., sulla base delle seguenti deduzioni:
I. Errore nel giudicare della sentenza appellata: mancata ostensione dei documenti richiesti.
L’istanza di accesso non è stata integralmente evasa, avendo l’Amministrazione esibito solo una parte della documentazione richiesta.
Diversamente sarebbe stata la stessa ricorrente a chiedere la cessazione della materia del contendere.
Ella ha peraltro tuttora un interesse all’ostensione dei titoli esecutivi di cui trattasi.
3. L’appello è passato in decisione, una prima volta, alla camera di consiglio del 26 ottobre 2017.
4. Con l’ordinanza collegiale n. 4995 del 30 ottobre 21017 sono stati disposti incombenti istruttori intesi ad acquisire il fascicolo del giudizio di primo grado e il verbale di udienza del TAR.
5. In data 28 novembre 2017 si è costituita in giudizio l’Agenzia delle Entrate – Riscossione (Ader).
6. Con memoria del 30 gennaio 2018 l’Agenzia ha articolato le proprie difese, sottolineando, in particolare, relativamente alla richiesta di accesso alle copie conformi delle cartelle esattoriali, di non poterla evadere, in quanto l’unico originale è stato consegnato al contribuente all’atto della notifica.
Per quanto riguarda, invece, le “relate di notifica delle suddette cartelle” ha evidenziato di avere già depositato l’intera documentazione in suo possesso.
In relazione agli avvisi di addebito emessi dall’INPS, in data 9 agosto 2016, era peraltro già stato comunicato alla ricorrente che l’istanza di accesso avrebbe dovuto essere inoltrata all’Ente impositore, secondo quanto disciplinato dall’art. 30 del d.l. n. 78/2010.
7. Nella propria memoria conclusionale la ricorrente, dal canto suo, ha richiamato la giurisprudenza di questo Consiglio secondo cui se la documentazione esiste va esibita; se invece non fosse più esistente, il concessionario, e non il difensore, deve attestare la circostanza in un apposito atto, chiarendo dove essa possa essere reperita ovvero in che occasione sia andata distrutta.
L’appellante ha poi sottolineato che, anche per quanto concerne le relate di notifica, l’Amministrazione ha depositato solo una parte di quelle richieste.
8. L’appello, alla camera di consiglio del 11 febbraio 2021 è stato riservato ed è passato in decisione alla camera di consiglio dell’11 marzo 2021.
9. Oggetto del contendere è l’istanza di accesso con cui la ricorrente aveva chiesto ad Eq. Se. di Ri. S.p.a. di conseguire il rilascio di:
a) copia conforme all’originale di tutte le cartelle di pagamento relative al proprio ruolo (ex art. 49 del d.P.R. n. 602/73) così come notificate;
b) relate di notifica delle suddette cartelle.
9.1. Il TAR ha dichiarato l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse sulla scorta di documentazione depositata in extremis dall’Amministrazione.
Sulla base dell’esame del fascicolo di primo grado e del sistema NSIGA è stato infatti possibile verificare che quest’ultima ha effettuato due depositi documentali: il primo, lo stesso giorno della camera di consiglio del 9 novembre 2016, il secondo il giorno successivo.
Sicché, a fronte di tale comportamento dell’Amministrazione il fatto che non vi sia stata, come rilevato dal TAR, una “specifica e contraria contestazione” della ricorrente rispetto ad una richiesta di declaratoria di improcedibilità di sopravvenuta carenza di interesse proveniente dalla stessa Amministrazione, non poteva avere alcun effetto preclusivo dell’esame, nel merito, della pretesa ostensiva, non potendovi essere alcuna certezza sul carattere effettivamente satisfattivo della documentazione depositata.
In effetti, come la ricorrente ha lamentato in sede di appello, l’intimata Eq. – cui nelle more del giudizio è succeduta l’intimata Agenzia – si era limitata a depositare solo alcune relate di notifica, nonché a sostenere, a mezzo del proprio difensore, come peraltro ribadito in sede di appello “di non poter produrre copia conforme delle cartelle perché l’originale era stato notificato al ricorrente; ” e che comunque l’estratto di ruolo “già in possesso della ricorrente, era di per sé satisfattivo”.
Dal provvedimento di parziale accoglimento allegato alla memoria depositata in primo grado risulta poi che in relazione agli avvisi di addebito per contributi previdenziali Eq. aveva invitato la ricorrente a formulare istanza di accesso all’Inps, anche se, in ogni caso, aveva assicurato che avrebbe richiesto essa stessa all’Inps le relate di notifica degli avvisi di addebito specificamente elencati.
9.2. Anche in sede di appello, l’Ader ha insistito sul fatto di avere depositato in giudizio l’intera documentazione in suo possesso.
9.3. A fronte delle evidenziate circostanze, il Collegio richiama quanto recentemente deciso in fattispecie analoga a quella in esame (sentenza n. 1667 del 26 febbraio 2021).
In primo luogo, la Sezione ha confermato l’orientamento (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 6 novembre 2017, n. 5128) secondo cui non vi è motivo di negare al privato il diritto di accesso alle cartelle esattoriali che lo riguardano.
Si è affermato, inoltre: “l’accesso a copie di cartelle esattoriali di pagamento non potrebbe essere legittimamente negato dall’agente della riscossione con riferimento all’avvenuto decorso del quinquennio entro il quale – a norma dell’art. 26, quarto comma, del d.P.R. n. 602/1973 – essa sarebbe obbligata a conservarle, trattandosi di obbligo minimo, e non massimo, di conservazione delle stesse, che deve durare fin quando il credito non è stato recuperato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 settembre 2013, n. 4821; sez. IV, 31 marzo 2015, nn. da 1696 a 1705; 30 novembre 2015, n. 5410).
Il punto delicato si pone con riguardo alla notifica per il tramite del servizio postale.
Non a caso tutte le controversie sottoposte all’esame della Sezione attengono a cartelle esattoriali notificate con tale modalità .
A questo proposito, l’orientamento consolidato della Corte di cassazione è nel senso che “la cartella esattoriale altro non è … che la stampa del ruolo in unico originale notificata alla parte, il titolo esecutivo è costituito dal ruolo e l’Amministrazione non è quindi in grado di produrre le cartelle esattoriali, il cui unico originale è in possesso della parte debitrice. Essendo stati prodotti gli estratti del ruolo, essi sono validi ai fini probatori e in particolare, per quanto qui interessa, sia per la prova del credito esattoriale che per individuare a tutela di quale tipo di credito agisca l’Amministrazione. L’estratto di ruolo è una riproduzione fedele ed integrale degli elementi essenziali contenuti nella cartella esattoriale: esso deve contenere tutti i dati essenziali per consentire al contribuente di identificare a quale pretesa dell’Amministrazione esso si riferisca (e per consentire al contribuente di apprestare le sue difese e al giudice ove adito di verificare la fondatezza della pretesa creditoria o gli altri punti sollevati dall’opponente) (sez. III, 23 giugno 2015, n. 12888; sez. trib., 19 aprile 2017, n. 9845).
Date le premesse sopra esposte e facendo applicazione di questo indirizzo, si deve concludere che, quando la cartella esattoriale sia stata notificata mediante il servizio postale, l’agente della riscossione:
a) possa legittimamente rispondere a una richiesta di accesso agli atti producendo copia degli estratti di ruolo delle cartelle di pagamento e delle relate di notifica ovvero dei pertinenti avvisi di ricevimento (cfr. Cass., sez. trib., n. 9845/2017, cit.; sez. VI, 11 ottobre 2017, n. 23902);
b) a piena tutela dell’interesse del privato, sia comunque tenuto ad attestare – con una specifica dichiarazione formale, della quale si assume la responsabilità, contenuta nella copia dell’estratto di ruolo prodotta o in un autonomo documento – che i dati riportati nell’estratto corrispondono alle risultanze dei ruoli e che né presso di sé né presso altra Amministrazione esistono gli originali richiesti”.
La Sezione ha tuttavia effettuato altre precisazioni.
L’art. 10 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (“Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito”), definisce (co. 1, lett. b), il ruolo come “l’elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall’ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario”.
Ai sensi del successivo art. 24, il ruolo è consegnato al concessionario per la riscossione, secondo modalità indicate con decreto ministeriale.
L’art. 6 del D.M. 3 settembre 1999, n. 321 (“Contenuto minimo della cartella di pagamento”) prevede che “il contenuto minimo della cartella di pagamento è costituito dagli elementi che, ai sensi dell’articolo 1, commi 1 e 2, devono essere elencati nel ruolo, ad eccezione della data di consegna del ruolo stesso al concessionario e del codice degli articoli di ruolo e dell’ambito”.
Infine, l’art. 26 d.P.R. n. 602/1973 cit. (“Notificazione della cartella di pagamento”), dispone:
“La cartella è notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale; in tal caso, quando ai fini del perfezionamento della notifica sono necessarie più formalità, le stesse possono essere compiute, in un periodo di tempo non superiore a trenta giorni, da soggetti diversi tra quelli sopra indicati ciascuno dei quali certifica l’attività svolta mediante relazione datata e sottoscritta. La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; in tal caso, la cartella è notificata in plico chiuso e la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal secondo comma o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda.
La notifica della cartella può essere eseguita, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC), ovvero, per i soggetti che ne fanno richiesta, diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell’INI-PEC, all’indirizzo dichiarato all’atto della richiesta. In tali casi, si applicano le disposizioni dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
Quando la notificazione della cartella di pagamento avviene mediante consegna nelle mani proprie del destinatario o di persone di famiglia o addette alla casa, all’ufficio o all’azienda, non è richiesta la sottoscrizione dell’originale da parte del consegnatario.
Nei casi previsti dall’art. 140 del codice di procedura civile, la notificazione della cartella di pagamento si effettua con le modalità stabilite dall’art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e si ha per eseguita nel giorno successivo a quello in cui l’avviso del deposito è affisso nell’albo del comune.
Il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’Amministrazione.
Per quanto non è regolato dal presente articolo si applicano le disposizioni dell’art. 60 del predetto decreto; per la notificazione della cartella di pagamento ai contribuenti non residenti si applicano le disposizioni di cui al quarto e quinto comma dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”.
Per completezza, giova ricordare che l’art. 60 del citato d.P.R. n. 600/1973, prevede, per la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, l’applicazione degli artt. 137 ss. c.p.c., con una serie di modificazioni.
Come è dato osservare, l’ordinamento disciplina partitamente – fornendo la definizione di entrambi gli atti – sia il ruolo sia la cartella di pagamento.
In particolare, quanto a quest’ultima, è espressamente previsto che la matrice o la copia della cartella devono essere conservati dal concessionario per cinque anni e che questi ha “l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’Amministrazione”.
Alla luce di quanto esposto, può, dunque, affermarsi che il concessionario:
a) riceve i ruoli dall’ente impositore (art. 24 d.P.R. n. 602/1973);
b) forma la cartella di pagamento (art. 6 D.M. n. 321/1999);
c) notifica la cartella di pagamento al debitore (art. 26 d.P.R. n. 602/1973);
d) conserva copia della cartella notificata per cinque anni (art. 26 cit., co. 5).
Tali adempimenti non mutano se alla consegna dei ruoli in forma cartacea si sostituisce la trasmissione telematica dei ruoli medesimi all’agente della riscossione da parte dell’ente impositore.
Anche in questo caso, infatti, l’agente della riscossione, onde adempiere agli obblighi che gli sono normativamente imposti, deve conservare quanto gli è stato telematicamente trasmesso e certamente l’originale (o comunque copia conforme) della cartella di pagamento.
In ogni caso, la conservazione “informatica” dei documenti trasmessi consente in ogni momento la produzione di una copia del documento stesso, onde corrispondere alla eventuale richiesta che di esso faccia un soggetto interessato.
A fronte di ciò :
– in primo luogo, non è possibile ritenere che l’agente della riscossione non sia in possesso dei ruoli: può non essere in possesso di questi ultimi “in forma cartacea”, ma certamente non può non avere archiviazione degli stessi, quale che ne sia il metodo (in caso contrario mancherebbe la “memoria” del presupposto stesso dell’attività di recupero);
– in secondo luogo, non può non avere – a prescindere da quale sia stata la forma di notificazione prescelta – copia della cartella di pagamento notificata, poiché appare evidente come, per principio generale e per puntuale disciplina positiva (a partire dagli artt. 137 ss. c.p.c.), non può configurarsi attività di notificazione che non preveda la conservazione dell’originale (o comunque di altra copia) dell’atto del quale è stata notificata una copia (v. art. 137, co. 2, c.p.c.).
Né, d’altra parte, la conservazione di copia di un atto pubblico oggetto di notifica al privato può dipendere dalla modalità di notifica prescelta.
Laddove viceversa ciò non fosse riscontrabile nella concreta prassi amministrativa, appare evidente come si verterebbe in una situazione di grave violazione di legge.
Ne consegue:
– per un verso, che il rifiuto dell’accesso al ruolo ed alla cartella di pagamento non può essere fondato sulla “inesistenza” dei documenti presso l’agente della riscossione, ovvero (quantomeno) sulla impossibilità di riprodurli;
– per altro verso, che, laddove ciò – per quanto assurdo – corrispondesse alla realtà, risulterebbe evidente la illecita disapplicazione di una pluralità di disposizioni di legge e di regolamento e la sussistenza di un’azione amministrativa cui sono estranei basilari principi di documentazione e conservazione degli atti.
Non può pertanto condividersi quanto affermato dall’Amministrazione anche nella fattispecie, ovvero che essa non è più in possesso delle cartelle di pagamento, in quanto esse vengono notificate in unico esemplare che viene consegnato al debitore.
Al riguardo, la Sezione ha sottolineato che il fatto che al debitore venga notificato un unico esemplare non significa che il notificante e/o chi ha consegnato l’atto per la notifica non abbia l’originale (o quantomeno la copia) dell’atto notificato, ovvero che – laddove tale atto sia conservato su supporto informatico – non possa agevolmente riprodurlo, attestandone la conformità .
Così come la circostanza di avere ricevuto un atto in notifica, non impedisce al debitore, trattandosi di atto pubblico, di richiederne copia all’Amministrazione che lo detiene, anche per il tramite dell’esercizio del diritto di accesso.
9.4. Sulla base delle considerazioni sin qui esposte, occorre concludere che l’agente della riscossione non può negare l’accesso al ruolo ed alla cartella di pagamento sulla base dello stesso formata.
Né può opporre, onde motivare il diniego, la “inesistenza” presso i propri archivi del documento oggetto dell’istanza di accesso.
In tal caso, laddove non sia nemmeno possibile una nuova riproduzione del documento oggetto dell’istanza, l’agente della riscossione dovrà procedere alla ricostituzione del proprio archivio, in coerenza con quanto normativamente previsto (e non rispettato) e, dunque, procedere alla dazione di copia dei documenti all’istante.
10. Alla luce di tutte le considerazioni sin qui esposte, l’appello deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere affermato il diritto dell’appellante ad accedere integralmente alle relate di notifica e alle cartelle di pagamento richieste – ove tali documenti non siano stati già ostesi – entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione della presente decisione.
In considerazione della novità delle questioni, sussistono peraltro giusti motivi per compensare tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, n. 3893 del 2017, di cui in premessa, lo accoglie, e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, ordina all’ADER – Agenzia delle entrate – Riscossione di esibire i documenti indicati in motivazione, entro il termine ivi prescritto.
Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2021 – tenutasi in videoconferenza da remoto – con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere, Estensore
Giuseppe Rotondo – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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