La successiva integrale rimozione del tatuaggio

Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 2 marzo 2020, n. 1477.

La massima estrapolata:

La successiva integrale rimozione del tatuaggio mediante laser non è rilevante ai fini dell’ammissione al concorso di Polizia di Stato, in quanto i requisiti di idoneità devono essere posseduti entro la data di scadenza del termine per la partecipazione e devono essere verificabili nei tempi della selezione concorsuale, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti.

Sentenza 2 marzo 2020, n. 1477

Data udienza 27 febbraio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3276 del 2019, proposto da
Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
contro
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, rappresentato e difeso dagli avvocati To. De Fu., Gi. Se., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente DEPOSITO APPELLO AVVERSO SENTENZA
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 febbraio 2020 il Cons. Antonino Anastasi e uditi per le parti gli avvocati To. De Fu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La appellata ha partecipato al concorso per titoli ed esami indetto per il reclutamento di 1148 allievi agenti della Polizia di Stato, dal quale veniva esclusa all’esito degli accertamenti psico – fisici sostenuti in data 13 aprile 2018 per la presenza di tre tatuaggi in zona non coperta dall’uniforme (faccia anteriore, mediale e posteriore del III inferiore di gamba destra).
Secondo quanto rilevato dalla commissione, i tatuaggi rappresentavano: a) una cavigliera di pizzo cm. 11 per 14, colorato b) un piccolo cuore, monocromatico c) vari numeri romani cm. 5, monocromatico.
Non rilevanti ai fini dell’esclusione sono stati invece considerati altri tatuaggi (di cui uno di grandi dimensioni) posti in zone del corpo della candidata coperte dall’uniforme di servizio.
L’interessata ha impugnato l’esclusione con ricorso (e motivi aggiunti avverso la graduatoria) avanti al Tar Lazio il quale con la sentenza in epigrafe indicata ha accolto il gravame.
A sostegno del decisum il Tribunale ha rilevato che i tatuaggi in questione non avevano carattere deturpante o rivelatore di personalità abnorme, con conseguente violazione dell’art. 123 D. L.vo n. 443 del 1992.
La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello oggi in esame dalla Amministrazione soccombente che ne ha chiesto l’integrale riforma previa sospensione dell’esecutività .
Si è costituita in resistenza l’interessata.
Con ord.za n. -OMISSIS-la Sezione ha accolto l’istanza cautelare e sospeso l’esecutività della sentenza gravata.
L’appellata ha depositato memorie insistendo nelle già rappresentate conclusioni ed eccependo l’inammissibilità dell’appello per novità .
Alla pubblica Udienza del 27 febbraio 2020 l’appello è stato trattenuto in decisione.
L’appello è ammissibile in quanto il divieto di dedurre argomenti difensivi nuovi in appello riguarda il ricorrente poi appellante e non gli intimati in primo grado.
Invece l’Amministrazione già intimata (fermo il divieto di versare in appello nuove eccezioni in senso proprio o nuovi documenti non indispensabili) può svolgere in sede di impugnazione tutte le argomentazioni ritenute opportune per evidenziare la legittimità del provvedimento impugnato, anche se non versate in prime cure.
Sarà poi questione di merito verificare se tali nuove deduzioni integrano l’ipotesi della motivazione postuma del provvedimento autoritativo, generalmente preclusa.
Nel merito l’appello è fondato.
Con il primo e centrale motivo l’Amministrazione deduce che il TAR ha fatto applicazione di normativa in realtà non propriamente conferente rispetto alla fattispecie.
Il mezzo è fondato.
Come sopra premesso, la sentenza impugnata ha fatto riferimento generale ai requisiti previsti dal D. L.vo n. 443 del 1992 per l’assunzione del personale del Corpo di Polizia penitenziaria.
Nel caso in esame, invece, si applicava una normativa specifica, dettata dall’art. 3 c. 2 del DM 198 del 2003 relativo ai requisiti di assunzione nella Polizia di Stato.
La differenza tra le due normative non è nominalistica in quanto (in estrema sintesi) per la Polizia penitenziaria il tatuaggio è causa di esclusione solo se deturpante o indice di personalità abnorme; mentre per la Polizia di Stato il tatuaggio è causa di esclusione (oltre che se deturpante o indice di personalità abnorme) anche se situato in zone non coperte dall’uniforme.
Quindi il fatto che i tatuaggi di cui sopra non fossero da ritenere deturpanti o abnormi è a ben vedere non decisivo, venendo in rilievo ai fini dell’esclusione solo la loro visibilità con l’uniforme femminile (ordinaria con gonna).
Nelle memorie di primo grado e nella memoria di costituzione in appello l’interessata sostiene che, come riconosciuto dal TAR, i tatuaggi erano comunque in fase di rimozione e pressoché invisibili, essendo ormai ridotti a meri esiti cicatriziali oggi definitivamente scomparsi.
Questi rilievi non possono essere presi in considerazione in quanto non dedotti nel ricorso introduttivo, ove si faceva questione in sostanza soltanto della diversa questione relativa alla falsa applicazione del D. L.vo n. 443/1992.
In ogni caso le (alquanto generiche) deduzioni dell’interessata si scontrano col fatto che la commissione – come si desume dalla decisiva relazione della Direzione centrale di sanità del giugno 2018 – ha precisamente descritto quanto rappresentato dai tatuaggi e addirittura la loro colorazione.
Il che comprova in mondo concludente la piena visibilità dei tatuaggi in questione al momento della visita idoneativa, momento che nelle procedure concorsuali è l’unico rilevante per ovvie esigenze di parità di trattamento tra i partecipanti.
Infatti, come evidenziato dalla consolidata giurisprudenza della Sezione, la successiva integrale rimozione del tatuaggio mediante laser non è rilevante ai fini dell’ammissione al concorso di Polizia di Stato, in quanto i requisiti di idoneità devono essere posseduti entro la data di scadenza del termine per la partecipazione e devono essere verificabili nei tempi della selezione concorsuale, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti. (ex multi IV n. 2169 del 2019).
In sostanza, il fatto che al termine del processo di rimozione i tatuaggi in controversia siano stati poi eliminati, non ha alcun rilievo: trattandosi di procedura concorsuale e cioè comparativa tra i vari aspiranti, il possesso del requisito di idoneità va verificato al momento delle visite mediche.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello dell’amministrazione va pertanto accolto, con integrale riforma della sentenza impugnata e rigetto del ricorso introduttivo.
Le spese del giudizio sono compensate, vista la materia controversa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, riforma la sentenza impugnata e respinge il ricorso introduttivo.
Spese del giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità .
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente, Estensore
Luca Lamberti – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere
Roberto Proietti – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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