La possibilità prevista da legislatore di richiedere la revisione dell’indennizzo

Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 5 ottobre 2020, n. 5867.

La massima estrapolata:

La possibilità prevista da legislatore di richiedere la revisione dell’indennizzo a seguito dell’aggravamento dell’infermità impone, come suo presupposto logico necessario, che il beneficio sia stato già in origine concesso; sicché, a fronte di una prima istanza respinta, una successiva richiesta motivata dall’aggravamento della patologia non è in grado di riaprire i termini per la concessione dell’equo indennizzo, per la decisiva ragione che detto beneficio è già stato ab origine denegato.

Sentenza 5 ottobre 2020, n. 5867

Data udienza 24 settembre 2020

Tag – parola chiave: Pubblico impiego – Equo indennizzo – Domanda di revisione per aggravamento di patologia – Diniego – Artt. 2 e 14, D.P.R. n. 461/2001 – Interpretazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9423 del 2019, proposto da
Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia ex lege in Roma, via (…);
contro
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Se. Ni., En. Ra., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria della terza sezione del Consiglio di Stato in Roma, p.zza (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte Sezione Prima n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente la domanda di revisione dell’equo indennizzo per aggravamento di patologia.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 settembre 2020 il Cons. Giovanni Pescatore;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. L’impugnativa di primo grado ha riguardato il provvedimento datato 10 maggio 2013 per effetto del quale il sig. -OMISSIS- si è visto negare la revisione dell’equo indennizzo per aggravamento di due patologie consistenti in (a) “-OMISSIS-” e (b) “-OMISSIS-“.
2. Questo l’antefatto, come analiticamente ricostruito nella premessa della sentenza di primo grado:
– il sig. -OMISSIS- alla data della presentazione della richiesta di revisione soffriva di varie patologie, per talune delle quali era stata riconosciuta la dipendenza da causa di servizio, mentre per altre non era stato riconosciuto il collegamento con una causa di servizio o, comunque, era stato negato l’indennizzo per richiesta tardiva.
2.1. In particolare:
a) con verbale -OMISSIS- settembre 1978 la Commissione Medica Ospedaliera (C.M.O.) di Genova aveva riconosciuto il sig. -OMISSIS- affetto da (i) “-OMISSIS-” – patologia classificabile nella tabella B nella misura minima; per tale infermità, con parere n. -OMISSIS- settembre 1980 il Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie (C.P.P.O., organo al tempo competente) aveva riconosciuto la dipendenza da causa di servizio e confermato la categoria assegnata; con D.M. n. -OMISSIS- era stato concesso l’equo indennizzo spettante in base alla tabella B, nella misura minima;
b) con verbale n. -OMISSIS- la C.M.O. di Genova si era pronunciata su ulteriori tre patologie: (ii) “–OMISSIS-“, (iii) “-OMISSIS-” e (iv) “-OMISSIS-“, ritenendo solo la patologia sub ii) classificabile nella tabella B. Il C.P.P.O. aveva poi ritenuto che le patologie fossero ascrivibili a causa di servizio ma che nessuna di queste fosse indennizzabile, in quanto l’istanza SUB ii) era stata tardivamente proposta ai sensi dell’art. 3 del R.D. n. 1024/1928 (ora art. 2 comma 1 del d.P.R. n. 461/01). Così, con D.M. n. -OMISSIS- gennaio 1989, la richiesta di equo indennizzo per l’infermità indicata sub ii) era stata respinta;
c) nel 2003, in relazione alle ulteriori patologie (v) “-OMISSIS-” ed (vi) “–OMISSIS-“, la C.M.O. di Torino aveva classificato le infermità come ascrivibili alla tabella B; quanto alla riconducibilità a causa di servizio, il Comitato di verifica delle cause di servizio (C.V.C.S., competente dopo l’entrata in vigore del D.P.R. n. 461/2001) aveva giudicato la patologia sub v) non dipendente da causa di servizio, mentre quella sub vi) l’aveva ritenuta dipendente. Con D.M. n. -OMISSIS- maggio 2010 era stato riconosciuto l’equo indennizzo per una parte delle patologie indicate sub vi), ovvero “-OMISSIS-“; non era stata invece presa in considerazione la patologia “-OMISSIS-” (sempre indicata sub vi) poiché ritenuta coincidente con quella già valutata (e negata per tardività ) con D.M. -OMISSIS- del 1989.
2.2. Quindi, alla data della presentazione della richiesta di revisione dell’equo indennizzo, al sig. -OMISSIS- era stato riconosciuto l’indennizzo per le patologie sopra indicate sub (i) “-OMISSIS-” e parte di quelle indicate sub (vi) “-OMISSIS-“.
2.3. Con istanza del 23 maggio 2012, -OMISSIS- ha infine chiesto la revisione dell’indennizzo per aggravamento delle patologie sopra indicate sub (ii) “–OMISSIS-” (originariamente riconosciuta dipendente da causa di servizio ma non indennizzata per tardività della domanda) e sub (vi) “-OMISSIS-” (indennizzata).
2.4. La C.M.O. di Torino, con referto -OMISSIS- dicembre 2012, ha attestato effettivamente un “-OMISSIS-” e ha ritenuto la menomazione ascrivibile alla tabella A, categoria 8, ai fini dell’indennizzabilità .
2.5. Il Ministero dell’Interno, con nota -OMISSIS- gennaio 2013, ha tuttavia restituito gli atti alla C.M.O., rilevando che la stessa avrebbe dovuto procedere alla classificazione della sola infermità “-OMISSIS-“, separandola dalla infermità “-OMISSIS-“, in quanto per quest’ultima era stato originariamente negato l’indennizzo, per la tardività della relativa domanda (ai sensi dell’art. 3 del R.D. n. 1024/1928 – ora art. 2 comma 1 del d.P.R. n. 461/01).
2.6. A questo punto, con verbale di integrazione -OMISSIS- aprile 2013, la C.M.O. ha specificato, con riferimento alla sola patologia già indennizzata, che la menomazione (a seguito dell’aggravamento denunciato) restava ascrivibile alla tabella B (come da classificazione originaria).
2.7. Da ultimo, con provvedimento -OMISSIS- maggio 2013, il Ministero dell’Interno ha respinto la richiesta di revisione dell’equo indennizzo “in quanto dal raffronto dei pp.vv. -OMISSIS- emessi dalle C.M.O. di Torino e Genova non risulta alcun aggravamento nella classificazione delle infermità ai fini dell’equo indennizzo per 1) -OMISSIS-; 2) -OMISSIS-, tenuto conto che per quest’ultima con il D.M. n. –OMISSIS- è stata respinta l’istanza di riconoscimento per intempestività della stessa”.
3. Fissato il thema decidendum su quest’ultima statuizione di reiezione dell’istanza “per intempestività “, il Tar ha accolto la tesi difensiva del ricorrente (secondo mezzo di impugnazione) secondo la quale l’Amministrazione avrebbe errato nell’escludere a priori la possibilità di valutare l’aggravamento della patologia “-OMISSIS-” per il sol fatto che la stessa non fosse stata originariamente indennizzata. Al contrario, l’aggravamento dell’infermità avrebbe dovuto essere valutato come una nuova infermità, autonomamente rilevante, e tanto si desumerebbe sia dal disposto dell’art. 2 del d.P.R. n. 461/2001, il quale contempla espressamente l’avvio di un procedimento ex novo a seguito di “aggravamenti di infermità o lesioni preesistenti”; sia dal fatto che il termine decadenziale di cinque anni previsto l’art. 14, comma 4, d.P.R. n. 461/2001 disciplina la diversa ipotesi della revisione dell’equo indennizzo già concesso.
4. L’appello del Ministero dell’Interno si fonda sulla opposta tesi secondo la quale l’omessa impugnazione del provvedimento di cui al D.M. n. –OMISSIS- e la ragione di intempestività in esso addotta precluderebbero in via definitiva la riproposizione dell’istanza.
5. Il sig. -OMISSIS- si è costituito in giudizio, replicando agli assunti avversari e chiedendone la reiezione.
6. Accolta l’istanza cautelare (con ordinanza -OMISSIS- del 2020), la causa è stata discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 24 settembre 2020.

DIRITTO

1. Va premesso che il giudice di primo grado ha accolto il secondo motivo del ricorso, assorbendo le rimanenti censure dedotte nel ricorso introduttivo (concernente asseriti vizi del procedimento che ha condotto alla reiezione dell’istanza). Queste ultime vengono richiamate nella memoria ex art. 73 c.p.a. del 24 luglio 2020, ma la loro disamina è in questa sede preclusa sia perché non riproposte tempestivamente ai sensi dell’art. 101 c.p.a., sia perché assorbite dai più pregnanti rilievi di seguito illustrati.
2. Nel merito, l’impostazione fatta propria dalla sentenza appellata muove dalla lettura degli artt. 2 e 14 del d.P.R. n. 461/2001.
— La prima disposizione (Regolamento recante la disciplina dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio) prevede che “il dipendente che abbia subì to lesioni o contratto infermità o subì to aggravamenti di infermità o lesioni preesistenti, ovvero l’avente diritto in caso di morte del dipendente, per fare accertare l’eventuale dipendenza da causa di servizio, presenta domanda scritta all’ufficio o comando presso il quale presta servizio” […] e che “la presentazione della richiesta di equo indennizzo può essere successiva o contestuale alla domanda di riconoscimento di causa di servizio”; “la richiesta di equo indennizzo deve riguardare la morte o una menomazione dell’integrità fisica o psichica o sensoriale, di seguito denominata menomazione, ascrivibile ad una delle categorie di cui alla tabella A o alla tabella B annesse al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, –OMISSIS-, e successive modificazioni”; “la richiesta di equo indennizzo, fatto salvo quanto disposto dai commi precedenti e dall’articolo 14, comma 4, deve essere presentata non oltre il termine di sei mesi dalla data di notifica o comunicazione del provvedimento di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità o lesione, da cui sia derivata una menomazione ascrivibile alle tabelle di cui al comma 7, ovvero da quando si è verificata la menomazione in conseguenza dell’infermità o lesione già riconosciuta dipendente da causa di servizio”;
— a sua volta, l’art. 14 comma 4 del d.P.R. n. 461/2001 (riproduttivo L’art. dell’art. 56 del d.P.R. 686/1957) dispone che “entro cinque anni dalla data di comunicazione del provvedimento di cui al comma 3, il dipendente, in caso di aggravamento della menomazione della integrità fisica, psichica o sensoriale per la quale è stato concesso l’equo indennizzo, può per una sola volta chiedere all’Amministrazione la revisione dell’equo indennizzo già concesso, secondo le procedure indicate dal presente regolamento”;
— il comma 3 dell’art. 14 comma 4 del d.P.R. n. 461/2001 regolamenta le modalità di rilascio del provvedimento di concessione dell’equo indennizzo.
2.1. Dal tenore testuale delle due disposizioni (artt. 2 e 14) il primo giudice ha desunto che, qualora l’indennizzo sia stato originariamente riconosciuto rispetto ad una determinata patologia, la revisione della somma inizialmente riconosciuta è possibile entro cinque anni (art. 14, comma 4, d.P.R. n. 461/2001); mentre, qualora si lamenti un aggravamento di infermità dovuta a causa di servizio, ma non originariamente indennizzata, deve applicarsi la procedura di cui all’art. 2 d.P.R. n. 461/2001.
Per effetto di questa disgiunta lettura delle due disposizioni, la regola dettata dall’art. 14 comma 4 sarebbe confinata ad un caso specifico, sicché il riconoscimento di un primo indennizzo non costituirebbe condizione di ammissione di qualunque domanda indennitaria riferita all’aggravamento della infermità, ma rileverebbe solo a fronte di un primo esito positivo dell’originaria domanda. Resterebbe salva, quindi, la possibilità di dedurre l’aggravamento di una pregressa patologia quale oggetto di una nuova e autonoma istanza di riconoscimento dell’indennizzo. A questa seconda alternativa è stata ricondotta la domanda del sig. -OMISSIS- di concessione dell’equo indennizzo per aggravamento di infermità già riconosciuta dipendente da causa di servizio e ascritta alla tabella B, ma non ammessa ad indennizzo per tardività della originaria istanza.
2.2. La ricostruzione del quadro normativo di cui si è dato conto si presta tuttavia ad una serie di rilievi critici. Principalmente, essa sconta un difetto di lettura sistematica delle singole disposizioni, le quali si richiamano reciprocamente, dettando contenuti precettivi integrati (l’art. 2, infatti, fa “..salvo quanto disposto.. dall’articolo 14, comma 4”).
2.3. Da un lato, l’art. 2 comma 1 stabilisce il termine decadenziale entro il quale, una volta accertata la dipendenza dell’infermità o del suo aggravamento dalla causa di servizio, l’interessato ha l’onere di proporre l’istanza di equo indennizzo.
Detto termine vale anche in caso di aggravamento della patologia, nel senso che la presentazione della domanda che abbia ad oggetto la deduzione di una evoluzione peggiorativa del morbo deve comunque rispettare il termine semestrale fissato dall’art. 2 (Tar Bari, sez. I, n. 673/2020; Tar Lazio, sez. I, n. 9580/2016).
Dall’altro lato, l’art. 14 comma 4 fissa il limite di rilevanza temporale entro il quale, riconosciuto un primo indennizzo, se ne può chiedere e disporre la revisione.
In quest’ultima ipotesi, fatte salve “le procedure indicate dal presente regolamento”, la revisione indennizzo potrà essere richiesta e concessa “entro cinque anni dalla data di comunicazione” del primo provvedimento di riconoscimento dell’indennizzo.
2.4. L’interpretazione sistematica del quadro normativo induce all’ulteriore constatazione che, delle due norme in questione, solo l’art. 14 comma 4 determina i presupposti di carattere sostanziale entro i quali può assumere rilevanza l’aggravamento della malattia: in particolare, la disposizione ammette la revisione dell’indennizzo solo a fronte di un primo provvedimento favorevole.
2.5. Dunque, il fatto che l’art. 2 comma 1 attribuisca rilevanza all’evoluzione peggiorativa della malattia quale fatto implicante l’indennizzo, costituisce circostanza del tutto coerente con i limiti entro i quali, in termini generali, detto aggravamento può assumere significato, ai sensi dell’art. 14, comma 4, del d.P.R. n. 461/2001: le due disposizioni si coordinano espressamente tra di loro e dal loro combinato disposto deriva un sistema normativo in cui l’aggravamento dell’infermità può dar luogo a revisione dell’indennizzo solo allorquando vengano a realizzarsi le due condizioni innanzi descritte e cioè che l’aggravamento si verifichi nel quinquennio dalla comunicazione del provvedimento di iniziale attribuzione del riconoscimento dell’infermità e che il beneficio sia richiesto entro sei mesi dal verificarsi della menomazione (Tar Lazio, sez. I, n. 3713/2013 e Cons. Stato, sez. IV, n. 2640/2007).
2.6. Ciò posto e venendo al caso di specie, diventa decisivo considerare il tenore dell’istanza di revisione avanzata dal sig. -OMISSIS-, in quanto non armonizzabile con l’impostazione seguita dal primo giudice.
Nella pronuncia appellata si sostiene che l’aggravamento di una pregressa patologia può astrattamente integrare i presupposti di una autonoma istanza di riconoscimento dell’indennizzo, a condizione che l’evoluzione peggiorativa del morbo risulti, per un verso, suscettibile di riconduzione eziologica alle attività espletate per ragioni di lavoro (e quindi non dovuta a cause indipendenti dallo svolgimento delle attività d’ufficio o verificatasi in una fase temporale di interruzione delle stesse); e, per altro verso, apprezzabile quale lesione “ex se” e, quindi, autonomamente ascrivibile (per la sola porzione di malattia riconducibile alla sua evoluzione peggiorativa, escludendosi quindi il tratto pregresso) alle tabelle A o B annesse al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, –OMISSIS-, e ciò pur in assenza di una lesione originariamente indennizzata.
Proseguendo nella stessa linea di ragionamento, il Tar arriva a concludere che non è consentito ammettere alla nuova valutazione anche il tratto di lesione che era già stato dedotto o valutato nella precedente istanza; ovvero che l’aggravamento della patologia deve essere esaminato nella sua singolarità e valutato come un “novum” autonomamente idoneo a soddisfare i parametri di legge (tipologici ed eziologici) della malattia indennizzabile, espunto il segmento di patologia ascrivibile alla pregressa istanza.
2.7. Questa linea argomentativa, tuttavia, oltre a sollevare dubbi sulla stessa possibilità di segmentare il fenomeno patologico in comparti (clinici e temporali) del tutto disgiunti l’uno dall’altro (v. infra), entra in rotta di collisione con il fatto che l’istanza di cui qui si discute è stata formulata come richiesta di riconoscimento di indennizzo conseguente al fatto che “l’infermità di cui sopra si è notevolmente aggravata”: il campo semantico tracciato dall’impiego della forma “aggravamento della infermità ” impone di attribuire alla scelta linguistica un significato ad essa coerente, tenuto anche conto del fatto che nessuna disposizione prevede l’accertamento dell’eventuale aggravamento, se non in relazione alla revisione dell’indennizzo (Cons. Stato, sez. IV, n. 3257/2008), sicché la domanda di accertamento dell’aggravamento implica normalmente la domanda di revisione dell’indennizzo.
Viceversa, il fenomeno morboso descritto dal giudice di primo grado vede elisa ogni sua relazione di derivazione e continuità (eziologica o evolutiva) con l’insorgenza iniziale, sicché esso non si presta ad essere descritto in termini di “aggravamento”, quanto piuttosto come “infermità ” o “lesione” in sé autonomamente rilevante.
La soluzione accolta dal Tar passa, quindi attraverso una sostanziale travisamento del contenuto proprio dell’istanza inoltrata dalla parte in data 23 maggio 2012.
2.8. In merito ai limiti della rilevanza dell'”aggravamento” ai fini del riconoscimento dell’indennizzo, mette conto considerare come la giurisprudenza di primo e di secondo grado abbia costantemente sostenuto che la possibilità prevista da legislatore (prima all’art. 56 d.P.R. n. 686/57, poi all’art. 14 d.P.R. n. 461/01) di richiedere la revisione dell’indennizzo a seguito dell’aggravamento dell’infermità impone, come suo presupposto logico necessario, che il beneficio sia stato già in origine concesso. Sicché, a fronte di una prima istanza respinta, una successiva richiesta motivata dall’aggravamento della patologia non è in grado di riaprire i termini per la concessione dell’equo indennizzo, per la decisiva ragione che detto beneficio è già stato ab origine denegato (v. Cons. Stato, sez. III, n. 894/2015; Cons. Stato, sez. IV, nn. 2044/2008 e 7079/2004; Cons. Stato, sez. VI, n. 1733/2007; Tar Lazio, sez. I, nn. 9580/2016 e 3713/2013; Tar Catania, sez. III, nn. 3294/2016 e 2660/2011; Tar Piemonte, sez. I, n. 1051/2013; Tar Napoli, sez. VI, n. 2072/2010).
2.9. Il riferimento alla necessaria implicazione tra la fase pregressa dell’infermità e la sua successiva evoluzione trae fondamento nella già segnalata impossibilità di confinare in rigidi e autonomi segmenti lo sviluppo dinamico ed eziologico di un fenomeno morboso unitario. D’altra parte, la domanda di aggravamento di una determinata infermità già riconosciuta dipendente da causa di servizio non può che riguardare – facendo ad essa esplicito riferimento – gli eventuali ulteriori sviluppi dell’infermità originaria, anche con riferimento all’insorgenza di ulteriori patologie che siano causalmente ad essa riconducibili; ed è sintomatico notare come in ipotesi di aggravamento della menomazione della integrità fisica per la quale sia stato concesso l’indennizzo, lo stesso art. 56 d.P.R. 686/1957 prescrivesse la sottoposizione del richiedente l’indennizzo agli accertamenti sanitari previsti per la “prima concessione dell’equo indennizzo”.
Peraltro, se l’implicazione eziologica tra i diversi stadi dell’infermità è tale da non consentire di ravvisare nell’aggravamento un fenomeno nuovo, isolato e autonomo (quanto a origine e causa), ne consegue che la tardività dell’originaria domanda non può che precludere l’ammissione a indennizzo anche con riguardo all’evoluzione peggiorativa della patologia, determinandosi, diversamente, un indiretto riconoscimento anche del tratto di infermità in relazione al quale la parte interessata è definitivamente incorsa in decadenza.
2.10. Da non confondere con il caso all’esame (infermità riconosciuta dipendente da causa di servizio e ascritta a categoria, ma non indennizzata per tardività della domanda) è la richiesta di equo indennizzo motivata dall’aggravamento di una infermità già riconosciuta dipendente da causa di servizio ma non ritenuta ascrivibile a categoria, perché giudicata non implicante una menomazione all’integrità fisica riconducibile alle tabelle A e B del d.P.R. –OMISSIS-/1981. In tale evenienza, la mancata concessione del beneficio deriva dalla classifica in un primo tempo attribuita e solo l’aggravamento determina l’ascrivibilità della patologia ad una delle categorie ammesse ad indennizzo (tabelle A e B): dunque, solo in tale ipotesi si giustifica la rinnovazione (meglio, la proposizione ex novo) della richiesta indennitaria al momento del sopravvenuto aggravamento dell’infermità, sia perché solo a quel momento possono dirsi integrati i presupposti sostanziali della domanda di indennizzo e l’interesse della parte a richiedere il beneficio; sia perché la reiterazione dell’istanza è solo apparente, a fronte dei contenuti sostanzialmente innovativi (in relazione al dato qualitativo dell’infermità dedotta) che con essa vengono fatti valere (arg. Tar Catania, sez. III, n. 1192/2012).
2.11. Quanto al precedente di questa sezione menzionato dal Tar (n. 4917/2018), esso è riferito ad una fattispecie solo apparentemente contermine con quella qui in esame, nella quale si disputava della necessità di un autonomo accertamento istruttorio della dipendenza da causa di servizio in ogni ipotesi di “lesioni” o “infermità ” o “aggravamenti di infermità o lesioni preesistenti”. La conclusiva affermazione contenuta nella pronuncia secondo cui “.. l’aggravamento di una precedente patologia già acclarata come dipendente da causa di servizio è equiparabile, sul piano della indagine istruttoria sul nesso eziologico, ad una patologia del tutto nuova e autonoma da altre” risulta pienamente coerente con l’impostazione di principio sin qui illustrata, mentre non offre spunti argomentativi di ausilio alla tesi accolta nella pronuncia appellata, in quanto non affronta la diversa tematica concernente i presupposti di rilevanza dell’aggravamento ai sensi dell’art. 14 comma 4 del d.P.R. n. 461/2001.
3. Per quanto esposto, l’appello va accolto e la sentenza impugnata riformata.
4. Il carattere inedito e la consistenza essenzialmente interpretativa delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa le spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Garofoli – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere, Estensore
Raffaello Sestini – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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