Consiglio di Stato, Sentenza|30 settembre 2021| n. 6557.
La parziale inclusione nei LEA delle certificazioni sportive non significa automaticamente che la Regione deve rimborsare le tariffe previste per le singole prestazioni che compongono la certificazione. Il limite è individuato nell’articolo 1, III, Dlgs 502/1992 secondo cui le prestazioni sanitarie comprese nei LEA sono garantite dal servizio sanitario a titolo gratuito o con partecipazione alla spesa. Di conseguenza l’inclusione nei LEA non può avvenire senza costi per il SSR, in quanto un simile esito è contrario alla logica stessa dell’inclusione, secondo cui la prestazione, in quanto ritenuta in un dato periodo essenziale per la tutela del diritto alla salute dei cittadini, viene erogata, a totale (o parziale, mediante compartecipazione dell’utenza alla spesa) carico del SSR, direttamente dalle strutture pubbliche o attraverso le strutture private accreditate, alle quali viene rimborsato l’importo stabilito nel tariffario. La remunerazione, in riferimento alla medicina dello sport, deve essere riferita ad una prestazione unica complessa e non già calcolata attraverso la sommatoria delle singole voci prestazionali, meccanismo, quest’ultimo, che lascia intravedere il rischio di una sovrastima economica del servizio reso.
Sentenza|30 settembre 2021| n. 6557. La parziale inclusione nei LEA delle certificazioni sportive
Data udienza 23 settembre 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Servizio sanitario nazionale – Spesa sanitaria – Compartecipazione alla spesa – Tariffe – Sistema – Nomenclatore – La parziale inclusione nei LEA delle certificazioni sportive
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1973 del 2021, proposto da
Fi. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Al. Va., Gi. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria della terza sezione del Consiglio di Stato in Roma, p.zza (…);
contro
Regione Marche, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato La. Si., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, viale (…);
Asur Marche – Azienda Sanitaria Unica Regionale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria della terza sezione del Consiglio di Stato in Roma, p.zza (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche Sezione Prima n. 00520/2020, resa tra le parti, concernente la modifica apportata al nomenclatore delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale per gli erogatori pubblici e privati accreditati della Regione Marche e relative tariffe, con riguardo specifico all’ambito delle certificazioni di medicina sportiva agonistica previste dal DM 18.02.1982.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Marche e di Asur Marche;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 settembre 2021 il Cons. Giovanni Pescatore e uditi per le parti gli avvocati come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
La parziale inclusione nei LEA delle certificazioni sportive
FATTO
1. Nel giudizio di primo grado, la Fi. Srl ha impugnato la DGR n. 1507/2016 avente ad oggetto la “Modifica al nomenclatore delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale per gli erogatori pubblici e privati accreditati della Regione Marche e relative tariffe”, nella parte concernente le Certificazioni di medicina sportiva agonistica.
2. La ricorrente, titolare di struttura accreditata attiva nel settore della “Medicina dello Sport”, ha lamentato: a) l’illegittimità della disposta previsione di tariffe uniche omnicomprensive, operata attraverso l’accorpamento di attività ed esami in precedenza distinti ed autonomi e la loro inclusione in un’unica certificazione di idoneità per le attività sportive di cui alle tabelle A e B del DM del 18 febbraio 1982; b) l’illegittimità del taglio della remunerazione che ne è conseguito rispetto a quanto in precedenza previsto per le singole prestazioni; c) l’incompetenza dell’ente Regionale rispetto al potere statale di determinazione delle tariffe per le prestazioni incluse nei LEA; d) l’incostituzionalità dell’art. 3 della L.R. 21/2016, c. 1, lett. e, nella parte in cui attribuisce all’organo esecutivo il potere di determinare il valore delle prestazioni modificando i livelli essenziali di assistenza, ovvero violando la riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato nella valutazione delle prestazioni sanitarie da garantire a tutti i cittadini.
3. Nel contraddittorio con l’Asur Marche e con la Regione Marche, il primo giudice ha valutato il ricorso come infondato, osservando che la normativa vigente non osta all’accorpamento in “pacchetti” di prestazioni di medicina sportiva e di altre branche prestazionali, sebbene parzialmente rientranti nei livelli essenziali di assistenza.
Ponendo a riferimento delle sue considerazioni la sentenza n. 79 del 2017, intervenuta su un provvedimento inserito nel complesso iter procedimentale che ha portato alla delibera di cui oggi si discute, il primo giudice ha osservato che:
— la Regione ha previsto un budget per la copertura delle prestazioni in applicazione dell’art. 1 comma 3 del D.Lgs. 502 del 1992, il quale stabilisce che “le prestazioni sanitarie comprese nei livelli essenziali di assistenza sono garantite dal Servizio Sanitario nazionale a titolo gratuito o con partecipazione alla spesa”: non vi è alcuna prova che i corrispettivi decisi dalla Regione Marche non siano remunerativi e, comunque, gli stessi presentano natura “tariffaria” (e non già di “prezzo di mercato”), dal che deriva il potere-dovere dell’amministrazione di contenerne il più possibile l’impatto economico in un’ottica di razionalizzazione della spesa sanitaria, con l’unico limite costituito dalla non manifesta irragionevolezza ed illogicità della quantificazione retributiva. Per tali ragioni, la decisione regionale di determinare le tariffe in misura ridotta rispetto a quella ministeriale (indicativa del solo tetto massimo) costituisce azione esente da rilievi di incostituzionalità ;
— il provvedimento in questione dispone un accorpamento compatibile con la natura di “prestazione unica complessa” delle certificazioni di idoneità sportiva e non incide sulle prestazioni non direttamente collegate a dette certificazioni. Esso appartiene poi alla competenza generale della Giunta Regionale ai sensi dell’art. 28 comma 1 lett. j dell’art. 28 dello Statuto della Regione Marche;
La parziale inclusione nei LEA delle certificazioni sportive
— quanto ai profili istruttori e motivazionali, il documento istruttorio della delibera fa preciso riferimento al monitoraggio delle tariffe applicate all’interno dell’ASUR (nota 212693 del 4 aprile 2016) ed è il risultato di un articolato percorso di cui fa parte anche la delibera n. 1162 del 2015, giudicata legittima dal Tar Marche (con la già menzionata pronuncia n. 79/2017).
4. Nel suo atto di appello, la Fi. formula plurimi motivi di ricorso in merito alla legittimità della pronuncia di primo grado, ritenuta carente di motivazione, contraddittoria e supportata da richiami giurisprudenziali inconferenti. Donde la riproposizione delle ragioni di impugnazione rappresentate nel ricorso introduttivo, a detta della società appellante non adeguatamente esaminate dal primo giudice.
5. La causa, dipanatasi nel contraddittorio con l’Asur e la Regione Marche è pervenuta in decisione, a seguito del rituale scambio delle memorie ex art. 73 c.p.a., all’esito dell’udienza pubblica del 23 settembre 2021.
La parziale inclusione nei LEA delle certificazioni sportive
DIRITTO
1. Questo il quadro normativo nel quale si iscrive la vicenda per cui è lite.
Il D.M. 18.2.1982 n. 133200 – “Norme per la tutela dell’attività sportiva agonistica” – all’art. 1 stabilisce che, ai fini della tutela della salute, coloro che praticano attività sportiva agonistica devono sottoporsi preventivamente e periodicamente alla verifica dell’idoneità specifica allo sport che intendono svolgere. Gli accertamenti sanitari sono indicati, in rapporto alla disciplina praticata, nelle tabelle A e B di cui all’allegato 1 (art. 3).
Il DPCM 21.11.2001, come integrato e modificato dal DPCM 28.11.2003, specifica che tra le prestazioni totalmente escluse dai LEA non rientrano “….2) le certificazioni di idoneità di minori e disabili alla pratica sportiva agonistica delle società dilettantistiche”.
Tale classificazione è stata confermata dalla DGR Marche n. 1439 del 3.12.2007, la quale include espressamente le attività certificative dell’idoneità sportiva agonistica nell’ambito dei LEA, facendone menzione al punto 1 ed aggiungendo: “… la funzione di cui al punto 1 rientra nei LEA solo per i soggetti tesserati agonistici nelle società dilettantistiche di età inferiore ai 18 anni e per i disabili di ogni età, e non prevede oneri a carico degli interessati, anche relativamente ad eventuali esami diagnostici aggiuntivi indispensabili al rilascio della certificazione ex art. 3 comma 2 DM 18/2/1982…”.
Dalla inclusione di tali specialità mediche nell’ambito dei LEA discende, come tra l’altro si evince dall’art. 8 sexies Dlgs 502/1992, l’obbligo di retribuirle in base al Nomenclatore Tariffario approvato in sede statale (D.M. 22.7.1996 n. 898500, come ribadito dal D.M. 18.10.2012 n. 66138), pur motivatamente derogabile da parte di Regioni e Province autonome, attraverso specifici e giustificati scostamenti.
2. Ebbene, il provvedimento gravato avanti al Tar Marche viene contestato sia perché ridetermina le tariffe delle prestazioni diagnostiche introducendo pacchetti includenti attività ed esami in precedenza distinti; sia perché elimina l’autonoma remunerazione delle attività certificative concernenti la medicina dello sport, senza fornire (a detta della Fi.) alcuna esplicitazione dei dati e dei conteggi sottesi e difettando di una approfondita istruttoria conforme allo schema procedimentale previsto dal d.lgs. n. 502/1992, art. 8 sexies.
2.1. Seguendo la formulazione delle censure come articolate in ricorso, con il primo motivo di appello sub A) viene censurata l’interpretazione resa dal Tar delle Marche sulla precedente sentenza n. 79/2017, quantomeno rispetto ai ritenuti effetti sulla presente controversia.
La parziale inclusione nei LEA delle certificazioni sportive
Sostiene la parte ricorrente che il precedente contenzioso aveva ad oggetto una fattispecie completamente differente da quella qui in esame e che, dunque, il richiamo al provvedimento giudiziario che lo ha definito è privo di rilievo nell’odierna vicenda. Analoghi distinguo vengono svolti in merito alla sentenza Tar Campania n. 2605/2018, anche questa menzionata nella pronuncia qui gravata.
2.2. Nel contesto del medesimo motivo, sub B), si precisa che Fi. non ha censurato l’introduzione dei pacchetti prestazionali, ma la creazione di una tariffa che prescinde da quelle delle singole indagini svolte ai fini del rilascio della certificazione di idoneità sportiva. Questa operazione avrebbe determinato una significativa erosione della remuneratività di tali attività, quantificabile nella misura del 14,60% per quanto concerne la retribuzione tariffaria delle prestazioni relative alla tabella A ex D.M. 18.2.1982, e del 34,42% per quelle di cui alla tabella B. Di tale decurtazione fornirebbe riprova la relazione tecnica-contabile depositata in atti dalla stessa ricorrente (sub. doc. 10) e della cui mancata contestazione il giudice di primo grado non avrebbe tenuto adeguatamente conto ai fini della sua decisione, così incorrendo nella violazione degli artt. 116 c.p.c. e art. 64 c.p.a..
2.3. Viene infine respinta la tesi della non configurabilità della natura regolamentare della delibera impugnata in primo grado per il solo fatto della “limitata modifica del tariffario” che essa determinerebbe. Al contrario, a dire della Fi. l’operazione di rimodulazione rientra certamente nelle competenze del Consiglio Regionale o, comunque, implica il necessario e previsto passaggio avanti alla commissione consigliare competente (nel caso di specie omesso) ai sensi dell’art. 3 della legge n. 21/2016, il quale impone che la definizione del sistema tariffario e delle modalità di compartecipazione spetta alla Giunta “…sentita la competente commissione consigliare…”. Diversamente, l’attribuzione alla Giunta regionale del potere regolamentare di determinazione delle tariffe risulterebbe contrastante con gli artt. 3, 41 e 107 Cost..
3. L’appello è infondato.
Al netto dei punti incontroversi, le questioni poste trovano già sintetica ma esaustiva risposta nella motivazione della pronuncia impugnata.
3.1. E’ innanzitutto pacifica la possibilità di “costruire” pacchetti di prestazioni omogenee.
Nello specifico, l’accorpamento delle prestazioni di cui si discute discende dal fatto, anche questo incontroverso, che la certificazione di medicina dello sport viene resa a seguito di una valutazione omnicomprensiva svolta da parte di un solo soggetto abilitato, il medico dello sport, e non in modo frazionato da parte di più professionisti, con conseguenti distinti oneri sanitari e amministrativi. Da qui la sua qualificazione in termini di “prestazione unica complessa”. Da quanto esposto deriva ancora che ad essere munita di rilevanza unitaria, sul piano remunerativo, è la prestazione medica nel suo complesso, dei cui esiti fornisce riscontro la conclusiva certificazione. La remunerazione attraverso la sommatoria delle singole voci prestazionali lascia intravedere, al contrario, il rischio di una sovrastima economica del servizio reso.
La parziale inclusione nei LEA delle certificazioni sportive
3.2. L’impostazione unificante di cui si riferisce è figlia, sul piano normativo, delle indicazioni ritraibili dal contenuto del provvedimento del 22.6.2016 sui nuovi LEA (allegato 1 – F-F5), il cui schema di DPCM è stato approvato dalla conferenza Stato Regioni, oltre che dal successivo DPCM 12.1.2017, ove si prevede espressamente che la certificazione di cui trattasi consegue ad una “valutazione clinica comprensiva di visita e accertamenti diagnostici e strumentali, sulla base dei protocolli definiti a livello nazionale, finalizzata alla idoneità alla pratica sportiva agonistica per minorenni e persone con disabilità e alla pratica sportiva non agonistica nell’ambito scolastico”. Analoga è l’indicazione che in precedenza poteva trarsi dal DPCM 28.11.2003, modificativo del DPCM 29.11.2001, stante la segnalata “.. opportunità, anche ai fini di un’omogenea applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001, di considerare il rilascio di una certificazione come l’esito finale di una prestazione complessa che include l’esecuzione degli accertamenti diagnostici e clinici necessari alla formazione del giudizio medico-legale; ..”
3.3. Sul piano della prassi, nel medesimo senso rileva il dato comparativo attestante l’elevata frequenza con la quale le certificazioni medico-sportive di cui alle tabelle A e B in molte legislazioni regionali (quali quelle di Veneto, Emilia Romagna, Liguria, Sicilia, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo) vengono gestite come prestazioni uniche complesse, secondo una configurazione “a pacchetto”, il cui regime tariffario è esemplificato dalle cifre riportate alle pagg. 22 e 23 della memoria regionale del 19.07.2021.
4. Altro punto sostanzialmente pacifico è quello concernente la possibilità di apportare specifiche e motivate deroghe al tariffario nazionale. Il DM 18.10.2012 (riferito alla determinazione delle tariffe massime di riferimento per la remunerazione delle prestazioni di assistenza ospedaliera per acuti, di assistenza ospedaliera di riabilitazione e di lungodegenza post acuzie e di assistenza specialistica ambulatoriale) all’art. 4 (“Criteri generali per l’adozione dei tariffari regionali”) espressamente ammette che le Regioni possano adottare, per la remunerazione dei propri erogatori pubblici e privati, tariffe ridotte rispetto a quelle massime definite ai sensi del comma 1, anche qualora ciò sia utile per promuovere l’appropriatezza delle prestazioni e i processi di de-ospedalizzazione.
Nello stesso senso si pone l’art. 8 sexies del D.Lgs. n. 502 del 30 dicembre 1992, in forza del quale le Regioni hanno piena discrezionalità nel procedere all’aggiornamento delle tariffe per la remunerazione delle funzioni assistenziali svolte da strutture private, eventualmente anche in diminuzione rispetto ai parametri nazionali e in funzione di contenimento della spesa pubblica.
È nota, poi, l’attenzione alle esigenze di programmazione e razionalizzazione del sistema sanitario manifestata dal giudice costituzionale in ricorrenti pronunce nelle quali il diritto alla prestazione di cura viene descritto come “condizionato” alla disponibilità di effettive e proporzionate risorse organizzative e finanziarie (sent. nn. 94/2009 e 248/2011).
5. Aspetto tematico controverso è invece quello concernente la congruità e l’appropriatezza del regime tariffario introdotto dalla Regione Marche e la sua compatibilità con il quadro delle competenze di livello regionale e nazionale.
5. I) Sotto il primo profilo è doveroso considerare che la delibera n. 1507/2016 è il frutto di un iter avviato nel 2014 con la DGR n. 1163, recante indirizzi rivolti all’ASUR Marche al fine di migliorare il servizio delle visite per la certificazione di idoneità sportiva agonistica dei minori nei territori dell’Area Vasta 2 e 5. In quella sede sono stati definiti un volume massimo di certificazioni annuali (comprensive di accertamenti) erogabili per ogni area vasta interessata; un criterio di distribuzione temporale e territoriale delle prestazioni; un importo massimo delle convenzioni fissato ad Euro 250.000,00; un meccanismo di monitoraggio e verifica congiunta con Servizio Sanità Regionale, ASUR e Coni dopo 12 mesi dall’avvio delle convenzioni, anche al fine di valutare la riprogrammazione degli scadenziari delle visite.
La parziale inclusione nei LEA delle certificazioni sportive
A seguito delle rilevazioni intermedie effettuate nel 2015, è stato adottato l’atto deliberativo n. 1162/2015 oggetto dell’impugnativa definita con sentenza n. 79/2017. Il procedimento è infine giunto a conclusione con l’adozione della deliberazione n. 1507/2016, oggi gravata.
5.II) Anche nella nota regionale del Servizio Sanità prot. 212693 del 04.04.2016, a sua volta gravata, si dà conto dell’avvenuta attivazione di “.. un monitoraggio dell’attività certificativa di medicina dello sport per i soggetti minorenni chiedendo informazioni / dati ai Direttori delle AA.VV. dell’ASUR…Le informazioni pervenute e sono agli atti della P.F. Prevenzione e Promozione della salute nei luoghi di vita e di lavoro dell’Agenzia Regionale Sanitaria, le stesse sono state elaborate ed hanno messo in evidenzia Tariffazioni differenziate nelle AA.VV. dell’ASUR per analoghe prestazioni…risultando pertanto necessario uniformare sul territorio regionale comportamenti e tariffe relative alle certificazioni medico sportive….”.
Fi., oltre a lamentare la genericità delle suddette affermazioni e la mancata allegazione dei richiamati esiti, evidenzia come le stesse prendano in considerazione la sola questione della non uniformità delle tariffe (che suo dire poteva essere garantita tramite applicazione del Tariffario Nazionale e regionale) mentre nulla dicono sulla necessità di ridurre le liste d’attesa, della cui sussistenza a giudizio della ricorrente è comunque lecito dubitare perché il certificato di idoneità ha validità annuale non ripetibile, il che dovrebbe consentire alle strutture interessate di organizzare agevolmente il servizio e di fronteggiare adeguatamente la domanda.
5.III) I rilievi della ricorrente non persuadono.
La Regione Marche nella proprie difese ha documentato una serie di elementi che, esaminati nella loro complessiva convergenza, corroborano la tesi della concreta remuneratività delle novellate tariffe. In particolare: a) l’esito dell’attività di monitoraggio alla quale fa riferimento la nota prot. 212693/2016 descrive un panorama pregresso caratterizzato da un’ampia variabilità di tariffazione a fronte di prestazioni uguali: per la certificazione di cui alla tabella A la variabilità era compresa tra 25,82 e 44,50 euro; per la tabella B tra 25,82 e 86,30 euro. Ebbene, i valori tariffari assunti nella n. DGR 1507/2016 sono riconducibili sostanzialmente ad un valore prossimo alla mediana, il che sembrerebbe sconfessare ex se il sospetto di una loro palese inadeguatezza; b) è di rilievo ribadire, poi, che tariffe “a pacchetto” sono presenti in vari contesti regionali e si attestano su valori economici in buona parte sostanzialmente sovrapponibili a quelli oggetto dell’odierna impugnazione, sempre con le necessarie differenziazioni riguardo alla tabella A e B del Dm n. 18 del 1982; c) a ciò aggiungasi che nel passato esistevano convenzioni tra l’ASUR e alcuni centri accreditati di medicina dello sport recanti tariffe molto inferiori a quelle previste dall’atto impugnato, ma evidentemente considerate remunerative dagli operatori privati; d) in tempi più recenti si sono svolte selezioni pubbliche nelle AA.VV. 2 e 5, per l’affidamento di prestazioni con remunerazione massima a pacchetto di 46,15 euro, che hanno fatto registrare la partecipazione di molteplici soggetti privati accreditati, divenuti poi sottoscrittori della convenzione, il che fornisce definitiva conferma della positiva risposta del mercato alle condizioni tariffarie di nuova generazione.
L’insieme di tali elementi sembra sconfessare l’assunto secondo il quale la delibera del 2016 fonderebbe su un percorso istruttorio lacunoso e inconferente, in quanto poggiante su dati non espliciti e inappropriati, comunque superati da allegazioni di segno contrario rimaste prive di specifica e qualificata contestazione.
5.IV) A quest’ultimo riguardo occorre precisare che la relazione contabile allegata dalla parte ricorrente sub. doc. 10 prende in esame il singolo conto economico della Fi. e, analizzandone la struttura dei costi, giunge a concludere che la riduzione degli introiti prefigurabile come conseguenza della introduzione delle nuove tariffe provocherebbe risultati economici futuri gravemente negativi. Tuttavia, al di là del fatto che l’analisi dei costi assume come incomprimibili due voci di spesa (per personale e godimenti di beni di terzi) che, al contrario, paiono suscettibili di rimodulazione in una prospettiva di riorganizzazione del servizio, ciò che non convince della impostazione argomentativa in esame è la pretesa di parametrare il giudizio di congruità del modello tariffario ad un campione singolo e statisticamente non rilevante, dunque intrinsecamente inidoneo a fornire una rappresentazione significativa e attendibile del settore di mercato preso in considerazione. Si rivela inconsistente, pertanto, il rilievo circa la mancata contestazione da parte della Regione dei conteggi forniti dalla Fi., in quanto intrinsecamente non decisivi ai fini della valutazione di appropriatezza della correzione tariffaria, oltre riferiti a dati estranei alla sfera conoscitiva della parte pubblica.
La parziale inclusione nei LEA delle certificazioni sportive
6. Quanto al tema delle competenze, la legge regionale n. 21/2016 prevede il parere della competente commissione consiliare in caso “di definizione del sistema tariffario”. L’ipotesi nella quale si colloca detto intervento consultivo è quella in cui “la Giunta regionale…lett. e) definisce il sistema tariffario e le modalità di compartecipazione alla spesa da parte degli utenti per le prestazioni rese dalle strutture e dai servizi disciplinati da questa legge” (art. 3 comma 1).
La portata dell’intervento di cui qui si discute è di impatto certamente diverso e più limitato, poiché non vengono in rilievo disposizioni concernenti l’impianto (“sistema”) tariffario nel suo insieme ovvero i criteri generali (“modalità “) di compartecipazione alla spesa da parte degli utenti. Si tratta, al contrario, di intervento puntiforme e rimodulativo, certamente riconducibile, per giurisprudenza costante, alle competenze della Giunta (Cons. Stato, sez. III, n. 1505/2013; id. sez. IV, n. 3970/2004; Cass. civ., sez. III, n. 30316/2019).
7. Alla stregua di quanto sin qui considerato, perde di consistenza l’eccezione di incostituzionalità della legge regionale se ragguagliata al richiamato contesto interpretativo e normativo che ammette la determinazione da parte della Regione delle tariffe, anche in misura ridotta rispetto a quelle indicate nei provvedimenti ministeriali, essendo queste rappresentative della remunerazione massima che può essere corrisposta per le prestazioni di assistenza ambulatoriale rese da strutture pubbliche o private accreditate.
Al contempo, non è stata data alcuna dimostrazione del se e del come le odierne tariffe arriverebbero ad incidere in senso pregiudizievole sulla qualità delle prestazioni e, dunque, sulla efficiente erogazioni dei livelli assistenziali minimi.
Anzitutto, come condivisibilmente osservato dal primo giudice, la parziale inclusione nei LEA delle certificazioni sportive non significa automaticamente che la Regione debba rimborsare le tariffe previste per le singole prestazioni che compongono la certificazione. Il limite è individuato dalla giurisprudenza nell’art. 1 comma 3 del D.Lgs. 502 del 1992 il quale stabilisce che “le prestazioni sanitarie comprese nei livelli essenziali di assistenza sono garantite dal Servizio Sanitario nazionale a titolo gratuito o con partecipazione alla spesa”, per cui è da escludersi che una prestazione venga inclusa nei LEA e per il SSN non ne derivi alcun esborso, dovendo lo stesso invece intervenire a copertura totale o quanto meno parziale del relativo costo (Cons. Stato V 23 gennaio 2017 n. 267). Nel caso in esame, la Regione ha previsto un budget per la copertura delle prestazioni sicché, sotto questo specifico riguardo, non si ravvisano scostamenti critici dal quadro regolativo.
Quanto al resto occorre ribadire che le risultanze in atti fugano il rilievo di una insufficiente remuneratività delle quote tariffarie. Pur nei limiti di un sindacato inteso a scrutinare la non manifesta incongruenza degli atti contestati, plurimi e concordanti appaiono gli indicatori della appropriatezza del sistema varato dalla Regione Marche, in quanto poggiante su dati analitici e comparativi affidabili e pertinenti.
8. Tanto conduce alla reiezione dell’atto di appello.
Può quindi essere assorbita l’eccezione di improcedibilità del ricorso di primo grado, argomentata in relazione alla mancata impugnazione delle delibere giuntali n. 716/2017 e 125/2019, sopravvenute nelle more del giudizio.
9. La peculiarità delle questioni trattate e la delicatezza degli interessi implicati giustificano la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese di lite compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 settembre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Michele Corradino – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere, Estensore
Solveig Cogliani – Consigliere
Umberto Maiello – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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