Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 24 settembre 2020, n. 5605.
La massima estrapolata:
La nozione giuridica di sopraelevazione, sia ai fini del rispetto delle distanze legali, sia ai fini della verifica dell’esistenza di una nuova costruzione, coincide del tutto con l’accezione normale del termine, ed indica qualsiasi costruzione che si eleva al di sopra della linea di gronda di un preesistente fabbricato; la sopraelevazione, per quanto di dimensioni ridotte, infatti, comporta sempre un aumento della volumetria e va, pertanto, considerata a tutti gli effetti come “costruzione”.
Sentenza 24 settembre 2020, n. 5605
Data udienza 28 luglio 2020
Tag – parola chiave: Concessione edilizia in sanatoria – Per cambio destinazione d’uso e opere interne – Diniego – Incremento altimetrico dell’edificio – Sopraelevazione non autorizzata
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2091 del 2011, proposto dalla Signora
Ma. Pi., rappresentata e difesa dall’avvocato Be. Gr., con domicilio eletto presso lo Studio Pl. Srl in Roma, via (…);
contro
Comune di Bologna, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna Sezione Seconda n. 07945/2010, resa tra le parti, concernente un diniego di concessione edilizia in sanatoria.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica tenutasi da remoto ed in modalità telematica del giorno 28 luglio 2020 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e dati per presenti, ai sensi dell’art. 84, comma 5, D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (conv. in L. 24 aprile 2020, n. 27) gli avvocati delle parti costituite in appello.
FATTO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 11 ottobre 2010, n. 7945 ha respinto il ricorso, proposto dall’attuale parte appellante, per l’annullamento dei provvedimenti del Dirigente del Settore Ambiente e Territorio di Bologna: a) prot. gen n. 35207/1995 del 1.12.1997; b) prot. gen. n. 55124/1995 del 1.12.1997, entrambi notificati il 19.12 successivo, portanti il rigetto delle domande di concessione in sanatoria (condono) di opere abusive realizzate nell’edificio di via (omissis).
Secondo il TAR, sinteticamente:
– il ricorrente, da una parte, invoca il concetto di completamento funzionale richiesto per la sanatoria del cambio d’uso e delle opere interne, che nella fattispecie sarebbe integrato dalla tempestiva realizzazione dei muri perimetrali con luci e vedute, del solaio del piano di calpestio, della scala interna di accesso al sottotetto, delle pareti divisorie interne e della predisposizione per gli impianti idraulico ed elettrico;
– dall’altra, il ricorrente ritiene erroneo, o quanto meno irrilevante, il rilievo comunale della assenza della copertura, in quanto la copertura preesisteva e sarebbe poi stata ripristinata con le caratteristiche esattamente descritte nella domanda di condono;
– la sopraelevazione dell’edificio, modificandone le caratteristiche planivolumetriche e la sagoma, è certamente soggetta alla diversa regola di cui alla prima parte dell’art. 31, comma 2, L. n. 47-1985 secondo cui si considerano ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura;
– non modifica i termini della questione la preesistenza e il successivo ripristino della copertura, poiché anche gli interventi di demolizione e ricostruzione necessitano di concessione e, in caso di difformità, la sanatoria presuppone la tempestiva ultimazione secondo la regola di cui sopra.
La parte appellante contestava la sentenza del TAR, eccependone l’erroneità e riproponendo, nella sostanza, i motivi del ricorso di primo grado.
Con l’appello in esame chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado.
Si costituiva il Comune appellato chiedendo il rigetto dell’appello.
All’udienza pubblica tenutasi da remoto ed in modalità telematica ai sensi dell’art. 84, comma 5, D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (conv. in L. 24 aprile 2020, n. 27)del 28 luglio 2020 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il punto centrale della vicenda oggetto dell’odierno giudizio consiste nello stabilire se, al caso di specie, si applichi la prima oppure la seconda parte dell’art. 31, comma 2, L. n. 47-1985.
Come è noto, tale noma richiede per il condono edilizio presupposti diversi, a seconda che l’opera abusiva riguardi una nuova costruzione oppure un edificio già esistente.
Nel primo caso occorre che alla data del 31.12.1993 l’edificio risulti “ultimato”, con l’avvenuta realizzazione del rustico e il completamento della copertura.
Quando, invece, l’abuso riguardi un edificio già esistente è necessario che l’opera sia, alla data del 31.12.1993, “completata funzionalmente”.
Parte appellante sostiene che sarebbe esattamente questo il caso che ci occupa, essendo l’abuso in esame un abuso “parziale”, riferito ad un immobile già esistente e non ad una nuova costruzione, come invece ritenuto dal TAR.
Secondo parte appellante il TAR ha concluso che l’edificio avrebbe subito una sopraelevazione, e dunque una variazione di sagoma e un aumento di cubatura tali da dar luogo ad una “nuova costruzione”, in base ad un’errata valutazione dell’intervento costruttivo, che non avrebbe comportato, in realtà, alcuna sopraelevazione.
2. Il Collegio osserva che il Comune di Bologna, nel verbale di accertamento (doc. 3 fasc. I grado), ha stabilito che l’abuso riscontrato ha riguardato un “ampliamento realizzato al piano attico, avvenuto mediante l’accorpamento all’unità immobiliare di due parti della terrazza e alla trapianatura di un doppio volume mediante la costruzione di solaio in laterizio”.
Questo Consiglio di Stato, Sezione Sesta, si è occupato della vicenda anche con la sentenza 7 settembre 2018, n. 5269 avente ad oggetto l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica n. 35207-1995 della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Bologna, avente ad oggetto il nulla osta al condono delle opere edilizie realizzate senza titolo nell’edificio di proprietà sito in Bologna via (omissis).
Sul rilievo che le opere, oggetto di sanatoria, consistevano in “un inaccettabile incremento altimetrico dell’edificio che per la sua mole rappresenta un elemento di deturpazione dell’ambiente e dell’intorno della zona”, la Soprintendenza ha individuato nell’incremento altimetrico dell’edificio il fattore esclusivo di deturpazione dell’ambiente e dell’intorno della zona, ostativo al condono.
In quella vicenda, l’appellante aveva precisato (punto 6.2 della sentenza citata) che l’autorizzazione rilasciata dal comune di Bologna non legittimava alcun innalzamento del fabbricato, avendo il Comune parzialmente rigettato la pratica di concessione in sanatoria n. 35207-1995, proprio nella parte in cui la ricorrente aveva chiesto di condonare anche le strutture del sottotetto, comportanti l’innalzamento del fabbricato.
La sentenza citata, al punto 8.1, afferma che l’autorizzazione annullata non ha affatto consentito la sanatoria delle opere aventi ad oggetto (riprendendo il lessico impiegato dalla Soprintendenza) “l’inaccettabile incremento altimetrico dell’edificio” e, conseguentemente (punto 8.2), l’annullamento disposto dalla Soprintendenza è inficiato dal vizio denunciato dal ricorrente d’eccesso di potere per travisamento dei fatti.
3. Si osserva che in entrambi i documenti sopra indicati, non viene smentita la circostanza dell’avvenuta realizzazione di una sopraelevazione.
Infatti, il Comune di Bologna ha accertato che i lavori hanno comportato “l’accorpamento all’unità immobiliare di due parti della terrazza e la trapianatura di un doppio volume mediante la costruzione di solaio in laterizio”, rendendo evidente che la sopraelevazione si è, nei fatti, verificata: c’è stata la creazione di volume con la costruzione di un solaio che implica, necessariamente, l’aumento altimetrico dell’edificio.
La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, 7 settembre 2018, n. 5269 ha annullato l’autorizzazione proprio sul presupposto che il Comune non avesse mai autorizzato in sanatoria una sopraelevazione; infatti, in questo giudizio emerge con chiarezza che la sopraelevazione non è stata, legittimamente, consentita.
4. La nozione giuridica di sopraelevazione, sia ai fini del rispetto delle distanze legali, sia ai fini della verifica dell’esistenza di una nuova costruzione, coincide del tutto con l’accezione normale del termine, ed indica qualsiasi costruzione che si eleva al di sopra della linea di gronda di un preesistente fabbricato.
La sopraelevazione, per quanto di dimensioni ridotte, infatti, comporta sempre un aumento della volumetria e va, pertanto, considerata a tutti gli effetti come “costruzione”.
Nel caso di specie è incontestato che parte appellante abbia ricavato un’ulteriore volumetria attraverso la realizzazione di un “solaio” sulla preesistente terrazza, e tale nuovo corpo di fabbrica e, pertanto, realizzato “sopraelevando” l’edificio (cfr. Cass. 7 dicembre 2004, n. 22895 e Cass. 12 agosto 2011, n. 17284).
La nozione di sopraelevazione non va pertanto limitata alla costruzione di nuovi piani dell’edificio, ma si estende ad ogni intervento che comporta l’innalzamento della copertura del fabbricato.
Peraltro, la nozione giuridica di sopraelevazione è dedotta dalla giurisprudenza dai principi generali e non può essere rinviata ai regolamenti locali: il rinvio dell’art. 873 c.c. alle norme dei regolamenti edilizi comunali attiene esclusivamente alle distanze fra le costruzioni e si estende a tutta la disciplina predisposta nella materia da quelle fonti, sia che la distanza venga stabilita in misura diversa da quella del codice, ossia superiore a tre metri, sia che vengano stabilite particolari modalità di misurazione della distanza stessa, con riferimento a determinati punti tra i quali il distacco stesso deve essere effettuato. Il rinvio non si estende, invece, alla nozione di costruzione di cui al comma 1, la cui portata afferente alla volumetria degli edifici comprendente la sopraelevazione è fissata dai principi dell’ordinamento giuridico generale (cfr. Cass. 6 dicembre 1995, n. 12582).
5. Accertata la sussistenza, nel caso di specie, di una sopraelevazione, è allora evidente l’inapplicabilità dell’invocata seconda parte dell’art. 31, comma 2, L. n. 47-1985), che che consente la sanatoria con la tempestiva realizzazione dei muri perimetrali con luci e vedute, del solaio del piano di calpestio, della scala interna di accesso al sottotetto, delle pareti divisorie interne e della predisposizione per gli impianti idraulico ed elettrico, essendo invece applicabile la prima parte del predetto art. 31, comma 2, L. n. 47-1985, che richiede la sussistenza e il completamento della copertura,
Né modifica i termini della questione, come ha osservato condivisibilmente il TAR, la preesistenza e il successivo ripristino della copertura, poiché anche gli interventi di demolizione e ricostruzione necessitano di concessione e, in caso di difformità, la sanatoria presuppone la tempestiva ultimazione secondo la regola di cui sopra.
Pertanto, non può essere condiviso il percorso logico-argomentativo seguito dall’attuale parte appellante, già formulato in primo grado, che, da una parte, invoca il concetto di completamento funzionale richiesto per la sanatoria del cambio d’uso e delle opere interne (ex art. 31, comma 2, L. n. 47-1985), che nella fattispecie sarebbe integrato dalla tempestiva realizzazione dei muri perimetrali con luci e vedute, del solaio del piano di calpestio, della scala interna di accesso al sottotetto, delle pareti divisorie interne e della predisposizione per gli impianti idraulico ed elettrico; e, dall’altra, ritiene erroneo, o quanto meno irrilevante, il rilievo comunale della assenza della copertura, in quanto la copertura preesisteva e sarebbe poi stata ripristinata con le caratteristiche esattamente descritte nella domanda di condono.
Infatti, la norma invocata si riferisce alle sole opere interne, e tale non è, evidentemente, la sopraelevazione dell’edificio, che, modificandone le caratteristiche planivolumetriche e la sagoma, è certamente soggetta alla diversa regola di cui alla prima parte dell’art. 31, comma 2, L. n. 47-1985, secondo cui “si considerano ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura”.
Non modifica, peraltro, i termini della questione la preesistenza e il successivo ripristino della copertura, poiché anche gli interventi di demolizione e ricostruzione necessitano di concessione e, in caso di difformità, la sanatoria presuppone la tempestiva ultimazione secondo la regola di cui sopra.
6. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto, in quanto infondato.
Nulla per le spese di lite del presente grado di giudizio in assenza di costituzione della parte appellata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda,definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe indicato, lo respinge.
Nulla per le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 luglio 2020 convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Fabio Taormina – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere, Estensore
Giancarlo Luttazi – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere
Francesco Frigida – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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