Consiglio di Stato, Sentenza|8 aprile 2021| n. 2839.
La disposizione dell’art. 95, comma 10, del Codice dei contratti pubblici, laddove impone ad ogni operatore economico, con non equivoca formula verbale deontica, di indicare nell’offerta economica “i propri costi della manodopera” e “gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”, fissa un obbligo dichiarativo a pena di esclusione, la cui complessiva ratio è diretta alla tutela delle condizioni dei lavoratori (sotto il duplice e concorrente profilo dell’adeguatezza del trattamento retributivo, in proporzione alla quantità e qualità delle prestazioni prestate, ex art. 36 Cost. e del rispetto degli obblighi di salvaguardia dell’integrità fisica e della personalità morale sui luoghi di lavoro, ex art. 2087 c.c.), che, in considerazione della rilevanza costituzionale degli interessi, è presidiata da particolare rigore, sì che alla stazione appaltante è imposta una rigorosa verifica della serietà dell’offerta economica (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2021, n. 283). Per tale motivi, l’indicazione separata e distinta dei propri costi della manodopera è strutturata come una componente essenziale dell’offerta economica, presidiata da una clausola espulsiva. (cfr. sentenza della Corte di Giustizia, sez. IX, 2 maggio 2019 in causa C-309/18 e Consiglio di Stato, A.P., sentenze del 2 aprile 2020, n. 7 e n. 8). la stessa Corte di Giustizia ha tuttavia fatto salvo il caso in cui “le disposizioni della gara d’appalto non consent[a]no agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche”, nel qual caso, sulla scorta dei principi di trasparenza e di proporzionalità, deve ritenersi consentita la regolarizzazione dell’offerta mediante attivazione del potere di soccorso istruttorio. Spetta al giudice la verifica in ordine alla materiale impossibilità di indicare i costi della manodopera conformemente all’articolo 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici.
Sentenza|8 aprile 2021| n. 2839
Data udienza 4 marzo 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Appalti – Separata indicazione dei costi di manodopera e degli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro – Art. 95, c. 10 d.lgs. n. 50/2016 – Ratio – Disposizioni della gara d’appalto – Materiale impossibilità di indicare i costi in questione – Possibile ricorso al soccorso istruttorio – Sent. Corte di Giustizia UE, sez. IX, 2 maggio 2019 in causa C-309/18
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5939 del 2020, proposto da
Eu. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Si. Ul., con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
contro
Al. In. ed Ec. soc. coop., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Ma. Mu., con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
nei confronti
Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, sez. II, n. 383/2020, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Al. In. soc. coop. sociale e di Ecogreen soc. coop. sociale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 marzo 2021, tenuta da remoto secondo quanto stabilito dall’art. 25 del d.l. 28 ottobre 20020, convertito con modificazioni dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176, modificato dall’art. 1, comma 17, del d.l. 31 dicembre 2020, n. 183, convertito con modificazioni dalla l. 26 febbraio 2021, n. 21, e preso atto del deposito di note di udienza da parte degli avvocati Ul. e Mu.;
Visto il dispositivo di sentenza n. 2430 del 22 marzo 2021;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
1.- Con determinazione dirigenziale n. 124/2020 il Comune di (omissis) indiceva una procedura evidenziale per l’affidamento – con il criterio del massimo ribasso sul prezzo posto a base d’asta, ai sensi dell’art. 95, comma 4 lett. b), del d.lgs. n. 50/2016 – della gestione, per un periodo di ventiquattro mesi, del servizio cimiteriale.
All’esito della acquisizione e valutazione delle comparativa delle offerte, con determinazione n. 158 del 24.3.2020 la gara veniva aggiudicata all’appellante Eu. s.r.l., che aveva formulato il maggior ribasso.
Nondimeno, con nota del 25.3.2020, la cooperativa Al. In., nella qualità di capogruppo mandataria del concorrente raggruppamento temporaneo di imprese, chiedeva al Comune di annullare la predetta aggiudicazione, non avendo l’aggiudicataria provveduto a specificare in offerta, ai sensi dell’art. 95, comma 10 d.lgs. n. 50/2016, gli oneri di sicurezza aziendale e i costi della manodopera.
In luogo di provvedere alla sollecitata autotutela, la stazione appaltante si determinava ad attivare i poteri di soccorso istruttorio, invitando l’aggiudicataria ad esplicitare e dettagliare, relativamente all’offerta formulata, le predette voci di costo: richiesta cui l’appellante puntualmente ottemperava, con comunicazione del 29.3.2020.
2.- A fronte della successiva determinazione confermativa del Comune, con rituale ricorso dinanzi al TAR per la Sardegna, le società controinteressate impugnavano l’aggiudicazione, lamentando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 83, comma 9 e 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016, nonché violazione della lettera di invito e del capitolato speciale d’appalto, in una ad eccesso di potere sotto plurimo profilo, segnatamente contestando la possibilità di procedere alla regolarizzazione postuma, mediante soccorso istruttorio, della omissione dichiarativa.
3.- Nella resistenza della stazione appaltante e dell’impresa aggiudicataria (che argomentavano la scusabilità dell’errore procedurale e la correlativa legittimità del disposto soccorso, sull’assunto che, nella assenza di ogni espressa indicazione nella documentazione di gara, il modulo predisposto per la formalizzazione dell’offerta era stato elaborato in formato.pdf non editabile, tale perciò da non consentire ai concorrenti alcuna modifica od integrazione, al fine di provvedere alla separata indicazione dei costi de quibus), con sentenza n. 383/2020 il TAR adito respingeva il ricorso, non ritenendo sussistente, nel caso di specie, la pratica “impossibilità di indicazione” delle voci integrative dell’offerta.
4.- Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, Eu. s.r.l. insorge avverso la decisione, di cui lamenta – con unico, articolato motivo – l’erroneità ed ingiustizia, invocandone l’integrale riforma.
Si sono costituite in giudizio, in resistenza, le società cooperative Al. In. ed Ec.,
Alla pubblica udienza del 4 marzo 2021 la causa è stata riservata per la decisione e definita con dispositivo n. 2430, pubblicato il 22 marzo 2021.
DIRITTO
1.- L’appello non è fondato e va respinto.
2.- Con l’unico motivo di censura, l’appellante si duole che il primo giudice, sulla base di una interpretazione in tesi eccessivamente rigorosa e formalistica dell’art. 95, comma 10 del d.lgs. n. 50/2016, abbia negato la possibilità di accesso al soccorso istruttorio, così come attivato dal Comune di (omissis), pur risultando per tabulas che, nel caso di specie, né la lettera di invito, né il modulo predisposto dalla stazione appaltante (in pdf. non editabile) prevedessero alcunché in ordine alla necessità e/o alla possibilità di indicazione separata in offerta degli oneri di sicurezza cd. “interni” e del costo della manodopera.
Si richiama, sul punto, alle pronunce con le quali l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato (nn. 7 e 8 del 2 aprile 2020) ha precisato, sulla scorta della giurisprudenza eurounitaria, le condizioni per le quali, in presenza di una materiale impossibilità, deve ritenersi operante una eccezione, a salvaguardia della buona fede dei concorrenti, alla regola della esclusione automatica.
3.- Il motivo non è persuasivo.
3.1.- Occorre ribadire, in termini generali, che la disposizione dell’art. 95, comma 10, del Codice dei contratti pubblici, laddove impone ad ogni operatore economico, con non equivoca formula verbale deontica, di indicare nell’offerta economica “i propri costi della manodopera” e “gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”, fissa (con l’espressa eccezione, non ricorrente nel caso di specie, delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. a)) un obbligo dichiarativo a pena di esclusione, la cui complessiva ratio è esplicitata nell’ultimo periodo dello stesso articolo, secondo il quale “le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto dall’art. 97, comma 5, lett. d)”, vale a dire il rispetto dei minimi salariali retributivi del personale indicati nelle tabelle di cui all’art. 23, comma 16.
È in gioco, con ogni evidenza, una finalità di tutela delle condizioni dei lavoratori (sotto il duplice e concorrente profilo dell’adeguatezza del trattamento retributivo, in proporzione alla quantità e qualità delle prestazioni prestate, ex art. 36 Cost. e del rispetto degli obblighi di salvaguardia dell’integrità fisica e della personalità morale sui luoghi di lavoro, ex art. 2087 c.c.), che, in considerazione della rilevanza costituzionale degli interessi, è presidiata da particolare rigore (cfr. art. 30, comma 3, in relazione all’art. 97, comma 5, lettere a), c) e d) del Codice), sì che alla stazione appaltante è imposta una rigorosa verifica della serietà dell’offerta economica, in particolare in presenza di offerte anormalmente basse (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2021, n. 283).
Per tale motivi, l’indicazione separata e distinta dei propri costi della manodopera (così come degli oneri interni) è strutturata (proprio in ragione della specifica responsabilizzazione dichiarativa del concorrente e della agevolazione delle corrispondenti verifiche rimesse alla stazione appaltante) come una componente essenziale dell’offerta economica, presidiata da una clausola espulsiva.
La portata escludente dell’inosservanza dell’obbligo in parola e la conseguente sottrazione, ai sensi dell’art. 83, comma 9, alla postuma sanatoria – ritenuta conforme ai principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza dalla sentenza della Corte di Giustizia, sez. IX, 2 maggio 2019 in causa C-309/18 – è stata confermata dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nelle sentenze del 2 aprile 2020, n. 7 e n. 8, citate dall’appellante (che, a loro volta, richiamano le sentenze di questa Sezione V, 24 gennaio 2020, n. 604 e 10 febbraio 2020, n. 1008).
Vero è, peraltro, che la stessa Corte di Giustizia ha fatto salvo il caso in cui “le disposizioni della gara d’appalto non consent[a]no agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche”, nel qual caso, sulla scorta dei principi di trasparenza e di proporzionalità , deve ritenersi consentita la regolarizzazione dell’offerta mediante attivazione del potere di soccorso istruttorio.
All’affermazione dei detti principi la Corte di giustizia è giunta sulla base del rilievo che, essendo chiaramente fissato dal Codice dei contratti pubblici (artt. 95, comma 10, e 83, comma 9, suddetti) l’obbligo di indicare separatamente i costi in questione in sede di offerta, qualsiasi operatore economico “ragionevolmente informato e normalmente diligente” si deve presumere a conoscenza dell’obbligo in questione. Con specifico riferimento al caso oggetto di rinvio pregiudiziale, la Corte di giustizia ha peraltro precisato, da un lato, che il bando di gara conteneva un espresso rinvio alle norme del codice dei contratti pubblici, ma che dall’altro lato il modello predisposto dalla stazione appaltante che i concorrenti dovevano obbligatoriamente utilizzare “non lasciava loro alcuno spazio fisico per l’indicazione separata dei costi della manodopera. In più, il capitolato d’oneri relativo alla medesima gara d’appalto precisava che gli offerenti non potevano presentare alcun documento che non fosse stato specificamente richiesto dall’amministrazione aggiudicatrice” (§ 29). In ragione di tali circostanze la Corte di giustizia ha demandato al giudice del rinvio di verificare se nel caso di specie “fosse in effetti materialmente impossibile indicare i costi della manodopera conformemente all’articolo 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici e valutare se, di conseguenza, tale documentazione generasse confusione in capo agli offerenti, nonostante il rinvio esplicito alle chiare disposizioni del succitato codice” (§ 30), al fine di fare eventualmente applicazione del soccorso istruttorio.
3.2.- Ciò posto, ritiene il Collegio che, nella vicenda in esame, non ricorrano, in concreto, le condizioni di “materiale impossibilità ” di separata evidenziazione, e ciò in quanto:
a) per un verso, l’omessa indicazione, in tal senso, nel corpo della lex specialis appare priva di rilievo affidante, in ragione della ribadita attitudine eterointegrativa della prescrizione normativa del Codice, che deve senz’altro postularsi (anche all’esito del consolidato orientamento giurisprudenziale) ben nota ad ogni serio ed informato operatore economico;
b) per altro verso, la non editabilità dei moduli dichiarativi predisposti dalla stazione appaltante (redatti, peraltro in conformità ad una prassi diffusa, in formato.pdf) non è di per sé preclusiva, sul piano della materiale elaborazione scritturale dei termini dell’offerta, della integrazione ad opera dell’offerente;
Invero, come chiarito, la scusabilità dell’omissione (e la conseguente ammissibilità del soccorso) deve ancorarsi alla obiettiva impossibilità pratica di modulare, integrare e personalizzare i contenuti dell’offerta ovvero alla esistenza di una chiara preclusione prescrittiva, che, espressamente vietando la modifica dei documenti unilateralmente predisposti, valga a porre l’operatore concorrente nella situazione di dover inammissibilmente optare per il rispetto della norma generale o, alternativamente, di quella speciale incompatibile.
Nel caso di specie, come correttamente evidenziato dal primo giudice, non era riscontrabile una materiale “impossibilità di indicazione”, in quanto il modello dell’offerta economica era bensì non editabile, ma “aperto”, con facoltà di inserimento di dati “ulteriori” (come quelli imposti dalla normativa di settore), come, del resto, dimostrato dalla circostanza che, nella medesima situazione, la controinteressata non aveva avuto difficoltà a compilarlo, a mezzo di integrazioni a mano.
4.- Le esposte considerazioni militano per la reiezione dell’appello.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante alla refusione delle spese di lite a favore, in solido fra loro, delle società appellate, che liquida in complessivi Euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge.
Ordina che il presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 4 marzo 2021, tenuta da remoto secondo quanto stabilito dall’art. 25, comma 1, del d.l. 18 ottobre 2020, n. 137, conv. in l. 18 dicembre 2020, n. 176, modificato dall’art. 1, comma 17, del d.l. 31 dicembre 2020, n. 183, convertito con modificazioni dalla l. 26 febbraio 2021, n. 21, con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Federico Di Matteo – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere, Estensore
Elena Quadri – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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