Consiglio di Stato, Sentenza|12 gennaio 2022| n. 216.
L’ingiustizia del danno che fonda la responsabilità della P.A. per lesione di interessi legittimi si correla alla dimensione sostanzialistica di questi ultimi, per cui solo se dall’illegittimo esercizio della funzione pubblica sia derivata per il privato una lesione della sua sfera giuridica quest’ultimo può ottenere il risarcimento per equivalente monetario; tutela che, invece, deve essere esclusa quando l’interesse legittimo riceva tutela idonea con l’accoglimento dell’azione di annullamento, ossia nel caso in cui il danno sia stato determinato da una illegittimità, solitamente di carattere formale, da cui non derivi un accertamento di fondatezza della pretesa del privato ma un vincolo per l’amministrazione a rideterminarsi, senza esaurimento della discrezionalità ad esse spettante. Deve negarsi il risarcimento del danno da annullamento di provvedimento di diniego del titolo edilizio o di provvedimento autorizzatorio alla realizzazione di progetti imprenditoriali ovvero di lottizzazioni, quando l’annullamento di tali provvedimenti lasci aperta la possibilità di riedizione del potere amministrativo, non potendosi riscontrare con certezza la spettanza del bene della vita.
Sentenza|12 gennaio 2022| n. 216. L’ingiustizia del danno che fonda la responsabilità della P.A.
Data udienza 21 dicembre 2021
Integrale
Tag- parola chiave: Interventi edilizi – Titolo edilizio – Concessione edilizia – Strumenti urbanistici – Piano urbanistico
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1490 del 2021, proposto dal signor Ni. Cr., rappresentato e difeso dall’avvocato Fi. Ti., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Di Bi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania Sezione Seconda n. 5652/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2021 il consigliere Alessandro Verrico e udito l’avvocato Fi. Ti.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
L’ingiustizia del danno che fonda la responsabilità della P.A.
FATTO e DIRITTO
1. L’oggetto del presente giudizio è rappresentato dalla domanda proposta dall’odierno appellante per conseguire il risarcimento del danno derivante dalla impossibilità di realizzare un fabbricato per civile abitazione composto di nove appartamenti – oggetto della istanza di concessione presentata in data 13 marzo 1997 prot. n. 4409 – a cagione dell’illegittimo diniego, prot. n. 11172 del 7 luglio 1997, opposto dal comune di (omissis), e successivamente annullato a seguito del giudicato formatosi sulle sentenze del T.a.r. per la Campania, n. 1156 del 1999 e Consiglio di Stato, n. 8198 del 2003.
2. Ai fini di una migliore comprensione della vicenda oggetto del presente giudizio in fatto si precisa quanto segue:
i) in data 13 marzo 1997, l’odierno appellante presentava istanza per il rilascio di concessione edilizia (prot. n. 4409), che veniva respinta dal comune di (omissis), con provvedimento prot. n. 11172 del 7 luglio 1997, sul presupposto del contrasto dell’intervento con la deliberazione consiliare “con la quale sono stati riproposti i vincoli del P.R.G. per la salvaguardia delle aree e delle opere di interesse pubblico”;
ii) il T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, sez. II, con la sentenza del 28 aprile 1999 n. 1156, annullava tale provvedimento di diniego e dichiarava l’obbligo del comune di riesaminare l’istanza, accogliendola “ove non ostino ragioni diverse da quelle esaminate”; nel giudizio di appello, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 8198 del 2003, respingeva il gravame, confermando la sentenza di prime cure;
iii) nelle more di tale giudizio veniva, dapprima, adottato (con deliberazione del Consiglio comunale di (omissis) n. 4 del 16 giugno 1999) e, poi, approvato (con decreto del Presidente della Provincia n. 884 del 7 novembre 2001) un nuovo piano urbanistico, che modificava la destinazione edilizia originaria del suolo di proprietà del ricorrente, imprimendone quella ad “attrezzatura scolastica”;
iv) il T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, sez. II, con la sentenza 21 maggio 2003, n. 8238, respingeva il ricorso presentato dall’odierno appellante avverso tali sopravvenute prescrizioni urbanistiche; la pronuncia veniva confermata in secondo grado dal Consiglio di Stato, sez. IV, con la sentenza n. 2890 del 2007;
L’ingiustizia del danno che fonda la responsabilità della P.A.
v) alla luce delle prescrizioni del nuovo piano urbanistico, il comune di (omissis), con provvedimento n. 750 del 13 gennaio 2004, respingeva nuovamente l’istanza di concessione;
vi) anche tale ulteriore diniego veniva impugnato dinanzi al T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, con ricorso r.g. n. 3811/2007, che, tuttavia, in ragione della mancata coltivazione dell’interesse a ricorrere, veniva dichiarato perento, con la sentenza della sez. II, 18 dicembre 2015, n. 5817, passata in giudicato.
3. Con ricorso dinanzi al T.a.r. per la Campania, sede di Napoli (r.g. n. 2113/2015), l’odierno appellante avanzava domanda di risarcimento del danno determinato dall’illegittimità del diniego, opposto dal comune di (omissis) con il provvedimento n. 11172 del 7 luglio 1997, a tal fine deducendo la sussistenza dei presupposti dell’illecito, quali l’antigiuridicità della condotta e la colpa del comune, la spettanza della concessione richiesta (bene della vita), il nesso di causalità rispetto alle conseguenze dannose (impossibilità di edificare appartamenti per civile abitazione), proponendo a tal fine dei criteri di quantificazione del danno.
3.1. Si costituiva in giudizio il comune di (omissis), eccependo, in opposizione al ricorso, l’insussistenza della colpa in capo all’Amministrazione e la non spettanza del bene della vita in relazione all’interesse pretensivo vantato, alla luce della piena libertà dell’ente nella propria riedizione del potere, nonché del rinnovato diniego edilizio e, ad ogni modo, del difetto di prova al riguardo. L’Amministrazione eccepiva infine la prescrizione del diritto e la mancata dimostrazione del danno asseritamente subito dal ricorrente, disconoscendo l’elaborato peritale di parte.
L’ingiustizia del danno che fonda la responsabilità della P.A.
4. Il T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, sez. II, con la sentenza n. 5652 del 30 novembre 2020:
a) ha esaminato ed accolto l’eccezione di prescrizione;
b) ha conseguentemente respinto la domanda risarcitoria;
c) ha compensato le spese di lite tra le parti.
5. L’originario ricorrente ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente accoglimento integrale del ricorso originario, sollevando tre complessi mezzi di gravame (da pagina 5 a pagina 27 dell’atto di appello), in tal modo riassumibili:
i) il primo giudice avrebbe errato nel non aver tenuto conto che il dies a quo del termine di prescrizione è rappresentato dal passaggio in giudicato della sentenza di annullamento dell’atto illegittimo causativo del danno (soprattutto in un momento in cui era ancora vigente la pregiudiziale amministrativa). Peraltro, ad avviso dell’appellante, il termine di prescrizione non decorre nel caso in cui sia stata avviata un’azione giurisdizionale, interrompendosi e ricominciando a decorrere al momento del passaggio in giudicato della sentenza. Ad ogni modo, il fatto che ha generato il danno nel caso di specie sarebbe, oltre all’illegittimo diniego, anche l’adozione del nuovo PRG (che determinava il mutamento della destinazione dell’area), anche considerando che fino all’adozione del nuovo PRG il bene della vita sarebbe stato ancora ottenibile;
ii) il termine prescrizionale applicabile al caso di specie, piuttosto che quinquennale, sarebbe decennale, trattandosi di un’ipotesi di responsabilità sui generis;
iii) sussisterebbero i presupposti dell’illecito: I) la colpa del comune, non ravvisandosi esimenti, considerato che il T.a.r., con la sentenza del 1999, censurava che il comune, nel negare la concessione, aveva fatto illegittima applicazione di un PRG annullato (con la sentenza del 1995); II) la sopravvenienza di un nuovo PRG che impedisce l’edificazione non costituirebbe ostacolo alla risarcibilità del danno; III) sarebbe provata la spettanza del bene; IV) non vi sarebbe stata alcuna partecipazione del ricorrente nella causazione del danno ex art. 1227 c.c., considerato che l’istante attivava molteplici strumenti a tutela dei propri interessi (istanze di riesame, diffide, ricorsi giurisdizionali, istanze avverso il nuovo PRG); V) sarebbe provato il danno, in relazione al quale il ricorrente fornisce criteri di quantificazione.
L’ingiustizia del danno che fonda la responsabilità della P.A.
5.1. In data 11 marzo 2021 si è costituito in resistenza il comune di (omissis), opponendosi all’appello e chiedendone il rigetto.
5.2. L’appellante ha depositato memoria difensiva in data 19 agosto 2021, reiterando le eccezioni e le difese non esaminate dal T.a.r.
6. All’udienza del 21 dicembre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
7. L’appello è infondato e deve pertanto essere respinto.
8. Preliminarmente il Collegio osserva che:
a) a seguito dell’appello è riemerso l’intero thema decidendum del giudizio di primo grado, per cui, per comodità espositiva, saranno prese in esame direttamente le censure poste a sostegno del ricorso proposto in prime cure (ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, n. 1130 del 2016).
b) in base al principio della ragione più liquida (Cons. Stato, Adunanza plenaria, 27 aprile 2015, n. 5), deve essere esaminata prioritariamente la questione relativa alla spettanza del bene della vita, consistente, nel caso di specie, nella sussistenza dei presupposti per il rilascio della richiesta concessione edilizia.
9. A tale riguardo, si rileva, in punto di fatto, che:
a) il T.a.r. per la Campania, nella sentenza del 28 aprile 1999 n. 1156, dopo aver annullato il provvedimento di diniego, rimetteva al comune il riesame dell’istanza, ferma restando l’eventualità che l’Ente rilevasse la sussistenza di ragioni ostative diverse da quella posta a fondamento del primo diniego, inerente alla non edificabilità della zona, in tal modo non facendo emergere alcuna certezza in ordine al rilascio del titolo;
b) ad ogni modo e soprattutto, detto bene della vita, come anticipato sub § 2, dopo il primo rigetto del 7 luglio 1997 (prot. n. 11172), veniva ulteriormente negato a mezzo di un secondo diniego (provvedimento n. 750 del 13 gennaio 2004), rimasto consolidato in ragione della dichiarazione di perenzione del ricorso r.g. n. 3811/2007 dinanzi al T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, con la sentenza 18 dicembre 2015, n. 5817, passata in giudicato;
L’ingiustizia del danno che fonda la responsabilità della P.A.
c) inoltre, la spettanza del bene della vita, ovvero il diritto ad effettuare l’edificazione e l’operazione commerciale immobiliare, veniva espressamente e definitivamente negata dal Consiglio di Stato, sez. IV, con la sentenza n. 2890 del 2007, che, a conferma della sentenza 21 maggio 2003, n. 8238 del T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, sez. II, affermava la legittimità del nuovo piano urbanistico (approvato con decreto del Presidente della Provincia n. 884 del 7 novembre 2001), a mezzo del quale era stata mutata la destinazione edilizia del terreno de quo, al fine di incrementare gli spazi dedicati al limitrofo edificio scolastico, rendendola non edificatoria. In particolare, il giudice d’appello confermava la statuizione dei primi giudici “secondo i quali, nella sostanza, il rifiuto a “recuperare l’intervento edilizio di cui si discute” veniva legittimamente esercitato dal Comune a mezzo del rigetto motivato delle osservazioni del ricorrente avverso il nuovo P.R.G. adottato e che tale argomento ponevano”.
10. Tali considerazioni conducono pertanto ad escludere la sussistenza nel caso di specie del presupposto fondamentale della spettanza del bene della vita, da valutare necessariamente a fronte di domande di risarcimento del danno, come emerge dall’analisi della costante giurisprudenza:
a) il paradigma cui è improntato il sistema di responsabilità dell’amministrazione per l’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa (o per il mancato esercizio di quella doverosa) è quello della responsabilità da fatto illecito, con la conseguenza che, diversamente da quanto avviene nelle ipotesi di responsabilità contrattuale, elemento centrale da dimostrare in giudizio è l’ingiustizia del danno, requisito che implica che il risarcimento potrà essere riconosciuto se l’esercizio illegittimo del potere amministrativo abbia leso un bene della vita del privato, che questo avrebbe avuto titolo per mantenere od ottenere (Cons. Stato, Adunanza plenaria, 23 aprile 2021, n. 7);
b) l’ingiustizia del danno che fonda la responsabilità dell’amministrazione per lesione di interessi legittimi si correla alla dimensione sostanzialistica di questi ultimi, per cui solo se dall’illegittimo esercizio della funzione pubblica sia derivata per il privato una lesione della sua sfera giuridica quest’ultimo può ottenere il risarcimento per equivalente monetario; tutela che, invece, deve essere esclusa quando l’interesse legittimo riceva tutela idonea con l’accoglimento dell’azione di annullamento, ossia nel caso in cui il danno sia stato determinato da una illegittimità, solitamente di carattere formale, da cui non derivi un accertamento di fondatezza della pretesa del privato ma un vincolo per l’amministrazione a rideterminarsi, senza esaurimento della discrezionalità ad esse spettante (Cons. Stato, Adunanza plenaria, 23 aprile 2021, n. 7);
c) recentemente questa Sezione, con precedenti specifici, si è pronunciata negando il risarcimento del danno da annullamento di provvedimento di diniego del titolo edilizio o di provvedimento autorizzatorio alla realizzazione di progetti imprenditoriali ovvero di lottizzazioni, ravvisando, a fondamento della propria motivazione, la circostanza che l’annullamento di tali provvedimenti lasciava aperta la possibilità di riedizione del potere amministrativo, non potendosi pertanto riscontrare con certezza la spettanza del bene della vita (Cons. Stato, sez. IV, n. 2848 del 2021; id., n. 1615 del 2018).
11. In conclusione, in ragione di quanto esposto, l’appello deve essere respinto, con conseguenziale conferma della sentenza gravata, con diversa motivazione.
12. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, anche ai sensi dell’art. 26, comma 1, c.p.a., ricorrendone i presupposti applicativi (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 5008 del 2018; sez. V, 9 luglio 2015, n. 3462).
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello (r.g. n. 1490/2021), come in epigrafe proposto, lo respinge, confermando la sentenza impugnata con diversa motivazione.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore del comune di (omissis), delle spese del presente grado di giudizio, nella misura di euro 6.000,00 (seimila/00), oltre accessori di legge (IVA, CPA e rimborso spese generali al 15%).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2021, con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli – Presidente
Alessandro Verrico – Consigliere, Estensore
Silvia Martino – Consigliere
Michele Pizzi – Consigliere
Emanuela Loria – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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