Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 5 aprile 2019, n. 2257.
La massima estrapolata:
Nell’ambito del procedimento amministrativo, l’induzione in errore dell’Amministrazione a causa dell’esibizione di documenti attestanti fatti non corrispondenti a verità o di dichiarazioni sostitutive false circa l’esistenza delle circostanze di cui il documento è destinato a provare la sussistenza, operi sul piano meramente oggettivo, sicché è irrilevante la ricorrenza dell’elemento soggettivo in capo al privato. La pretesa buona fede dell’interessato non fa quindi venire meno che l’Amministrazione abbia agito in virtù di una falsa rappresentazione di un fatto presupposto per l’adozione del provvedimento, successivamente rilevatosi non legittimo, con la conseguenza che l’errore in cui è incorsa appare sufficiente di per sé affinché essa possa rimuoverlo in via di autotutela, senza che sia necessaria alcuna indagine sulla sussistenza dell’elemento soggettivo in capo al soggetto presentatore del documento o della dichiarazione.
Sentenza 5 aprile 2019, n. 2257
Data udienza 28 marzo 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8052 del 2017, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Se. Tu. e Sa. Ts., con domicilio eletto in Roma, via (…);
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via (…);
nei confronti
-OMISSIS-, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI – SEZIONE VIII, n. 2224/2017, resa tra le parti, concernente per l’annullamento: a) del provvedimento prot. 12979/2013 del 14/11/2013, pervenuto al ricorrente in data 19/11/2013, adottato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nella persona del Dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Campania Ufficio Scolastico Provinciale di Caserta, -OMISSIS-OMISSIS-, dott.ssa -OMISSIS-, che dispone “con effetto immediato che il sig. -OMISSIS-,(..) viene depennato dalle graduatorie ad esaurimento per le classi di concorso A029 – A030 – AD00 per revoca dell’abilitazione da parte dell’USR Campania”; b) degli atti ad esso presupposti quali: 1) nota prot. n. 12325 del 30/10/2013 con la quale si dava avviso al prof. -OMISSIS-dell’avvio del procedimento di depennamento dalla GAE 2011/2014 per revoca dell’abilitazione; 2) decreto prot. 8358 del 28/10/2013 adottato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nella persona del Dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, Direzione Generale, dott.ssa-OMISSIS-, che decreta quanto segue: “Art. 2) Al Prof. -OMISSIS-, nato a -OMISSIS-è revocata l’abilitazione riservata ai sensi del D.M. 21/2005 per le Cl. C. A030 – A029, in quanto conseguita in mancanza dei necessari requisiti d’accesso (mancato possesso del titolo di specializzazione polivalente e quindi servizio prestato su Sostegno non valutabile”; 3) provvedimento prot. n. 10983 del 04/10/2013 con il quale il medesimo Ufficio Scolastico di Caserta, nella persona del dirigente -OMISSIS-, ha disposto: “… le GAE definitive di sostegno scuola media (AD00) e quelle di A030 (educazione motorie nelle scuole medie) valide per il triennio 2011/2014, limitatamente al docente -OMISSIS-nato a -OMISSIS-, sono così rettificate: A030: III fascia punteggio pregresso 0 -abilitazione punti 18,00 – servizio 0 – TOTALE PUNTI 18,00. Sostegno AD00: il prof -OMISSIS-viene depennato per mancanza del titolo polivalente di specializzazione per l’insegnamento del sostegno”; 4) provvedimento n. prot. 1153 del 07/02/2012 del medesimo USR Campania – Ufficio -OMISSIS- che ha disposto: “con effetto immediato il prof -OMISSIS-(…) viene depennato dalle graduatorie di cui al D.M. 92/2011 (salva precari)”; 5) nota prot. n. 4810 del 24/11/2011 del USR Campania di Caserta –OMISSIS-, di avviso di avvio del procedimento strumentale all’annullamento dei servizi effettuati dal Prof -OMISSIS- sul sostegno poiché ritenuti prestati senza titolo; 6) nota prot. n. 3878 del 19/10/2011 di avviso di avvio del procedimento strumentale all’esclusione del Prof. -OMISSIS-dalle graduatorie ad esaurimento per le classi di concorso A030 – A029- AD00 e sostegno.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 marzo 2019 il Cons. Oswald Leitner e uditi, per le parti, gli avvocati Fe. Sc., per delega dell’avvocato Se. Tu., e Lu. Fi. dell’Avvocatura Generale dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. per la Campania, il ricorrente -OMISSIS- esponeva di essere docente di educazione fisica da circa 23 anni e di aver frequentato un corso di specializzazione polivalente tenuto da docenti qualificatisi referenti dell’Istituto “-OMISSIS-” di -OMISSIS-, conseguendo il diploma di specializzazione polivalente all’esito dell’esame tenutosi presso l’Istituto in data -OMISSIS-.
Riferiva, inoltre, che negli anni scolastici dal 2001/2002 al 2011/2012 aveva prestato servizio presso vari istituti come insegnante di sostegno, andando ad incrementare il punteggio per le classi di insegnamento A029 e A030; pertanto, avendo maturato 360 giorni di servizio su posti di sostegno di cui al decreto n. 21 del 9 febbraio 2005, con il quale il MIUR aveva indetto i corsi speciali universitari, di durata annuale, ai fini del conseguimento dell’abilitazione o dell’idoneità all’insegnamento, aveva avuto accesso alla sessione riservata agli esami ed aveva conseguito l’abilitazione nel novembre del 2006.
Aggiungeva che dopo oltre 20 anni dal conseguimento della laurea, in data -OMISSIS-, era stato informato dall’Ufficio Scolastico Regionale di Caserta che il dirigente della “-OMISSIS-” aveva comunicato, a seguito di verifica sul diploma sopraccitato, che l’Istituto “-OMISSIS-“, con nota prot. n. 2944 del 10 febbraio 2011, aveva rappresentato che egli non aveva mai ottenuto il diploma di specializzazione polivalente per il sostegno.
A seguito di tale notizia, aveva presentato denuncia-querela nei confronti dei referenti del corso da egli frequentato, all’esito del quale gli era stato rilasciato il diploma di specializzazione polivalente, con relativi timbri dell’Istituto paritario e del Provveditorato agli Studi competente.
Il prof. -OMISSIS- esponeva, poi, che, i singoli istituti scolastici presso i quali egli aveva prestato servizio avevano adottato i provvedimenti di annullamento del servizio, in quanto non risultante in possesso del titolo di specializzazione polivalente dell’attività di sostegno.
Inoltre, l’Ufficio Scolastico Regionale competente aveva adottato il provvedimento di revoca dell’abilitazione nonché il depennamento dalle G.A.E. per le classi di concorso A029, A030 ed A00.
Ciò premesso, il ricorrente chiedeva l’annullamento del decreto dirigenziale prot. n. 8358 del 28 ottobre 2013, con il quale l’Ufficio Scolastico Regionale competente aveva disposto nei suoi confronti la revoca dell’abilitazione riservata ai sensi del D.M. n. 21/2005 per le classi concorso A030 e A029, in quanto conseguita in mancanza dei necessari requisiti di accesso (mancato possesso del titolo di specializzazione polivalente e quindi servizio prestato su sostegno non valutabile) nonché il decreto dirigenziale prot. n. 12979 del 14 novembre 2013, con cui era stato disposto, con effetto immediato, il depennamento dalle G.A.E. per le classi di concorso A029, A030, A00 per revoca dell’abilitazione da parte dell’USR Campania.
Inoltre, venivano impugnati la nota prot. n. 12325 del 30 ottobre 2013, con la quale si dava avviso dell’avvio del procedimento di depennamento dalle GAE 2011/2014, il provvedimento prot. n. 10983 del 4 ottobre 2013 dell’Ufficio Scolastico di Caserta di rettificazione delle GAE, il provvedimento prot. n. 1153 del 7 febbraio 2012 dell’Ufficio Scolastico della Campania, con cui era stato disposto il depennamento dalle graduatorie di cui al D.M. 2/2011 (salva precari), la nota prot. n. 4810 del 24 novembre 2011 dell’Ufficio Scolastico Regionale Campania di avviso di avvio del procedimento all’annullamento dei servizi effettuati poiché ritenuti prestati senza titolo e la nota prot. n. 3878 del 19 ottobre 2011 di avviso di avvio del procedimento all’esclusione dalle graduatorie ad esaurimento delle classi di concorso A030, A029 e sostegno.
Il ricorrente articolava cinque motivi di ricorso.
Respinta l’istanza incidentale di sospensione dei provvedimenti impugnati, il T.A.R. emetteva sentenza di rigetto del ricorso, motivando come segue:
“Il Collegio, confermando quanto già sostenuto da questa Sezione nell’ordinanza n. 586 del 10 aprile 2014, con la quale è stata respinta la domanda incidentale di sospensione cautelare proposta da parte ricorrente, ritiene che la circostanza che il ricorrente non risulti oggettivamente in possesso del diploma di specializzazione polivalente per l’insegnamento di sostegno emerge dalle reiterate attestazioni dell’Istituto paritario “-OMISSIS-“, come risultante in atti; in riferimento a queste ultime occorre tener conto in particolare del fatto che, a fronte della forza fidefaciente privilegiata che assiste tali attestazioni, non risulta agli atti che sia stata proposta querela di falso avverso le medesime attestazioni; né l’amministrazione resistente era tenuta ad attendere l’esito di provvedimenti giurisdizionali, avendo compiuto in merito una completa istruttoria.
L’insussistenza di tale titolo ha reso illegittimo e, quindi, non computabile, in quanto prestato in via di mero fatto, il servizio in qualità di docente di sostegno, fatto valere ai fini dell’accesso alla sessione riservata di cui al D.M. n. 21/2005, e l’acclarata illegittimità dell’abilitazione conseguita in esito a quest’ultima ha impedito, a sua volta, l’inclusione nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo ex art. 401 del D.Lgs. n. 297/1994. Pertanto, i provvedimenti adottati dall’amministrazione resistente devono ritenersi legittimi.
Il Collegio deve evidenziare che si presenta infondato in fatto il quarto motivo di ricorso in quanto, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, nessuna determinazione risulta espressamente adottata in relazione all’inserimento o meno del ricorrente nella terza fascia delle graduatorie di circolo e di istituto ex art. 4, comma 7, della l. n. 124/1999, che parte ricorrente assume violato.
Ed invero il -OMISSIS- in allegato al ricorso ha prodotto solo una serie di provvedimenti adottati dai dirigenti scolastici dei singoli Istituti presso i quali egli ricorrente ha prestato servizio, tutti risalenti all’anno 2012 e regolarmente notificati, con i quali è stato disposto nei suoi confronti l’annullamento del servizio stesso, a seguito dell’avvenuta verifica con esito negativo del titolo di specializzazione polivalente, provvedimenti avverso i quali, peraltro, non risulta in atti che parte ricorrente abbia proposto impugnazione.
Devono, infine, ritenersi infondate anche le censure di cui al secondo motivo di ricorso con le quali parte ricorrente lamenta che l’amministrazione resistente non avrebbe tenuto conto dell’affidamento in ordine alla stabilità della posizione acquisita e alla giuridica rilevanza della stessa, né avrebbe effettuato alcuna comparazione tra gli interessi coinvolti, tenuto conto del tempo trascorso.
Ed invero il Collegio condivide la giurisprudenza alla luce della quale, in determinate ipotesi, l’interesse pubblico all’eliminazione dell’atto illegittimo è da considerarsi in re ipsa.
Tra queste è annoverabile l’ipotesi di intervento in autotutela a fronte della falsa, infedele, erronea o inesatta rappresentazione, dolosa o colposa, della realtà da parte dell’interessato, risultata rilevante o decisiva ai fini dell’adozione del provvedimento ampliativo inciso, essendo il vizio infirmante quest’ultimo imputabile non già all’autorità promanante, bensì al privato, il quale non può, quindi, vantare il proprio legittimo affidamento nella persistenza di un beneficio ottenuto attraverso l’induzione in errore dell’amministrazione (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 28 luglio 2016, n. 3403, Cons. Stato, sez. V, 12 ottobre 2004, n. 6554; sez. IV, 24 dicembre 2008, n. 6554; 28 maggio 2012, n. 3150; TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 23 maggio 2013, n. 2724, sez. IV, 13 febbraio 2006, n. 2026; Salerno, sez. II, 24 gennaio 2013, n. 171; TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 3 novembre 2003, n. 2366; TAR Puglia, Lecce, sez. III, 21 febbraio 2005, n. 686; TAR Liguria. Genova, sez. I, 7 luglio 2005, n. 1027; 17 novembre 2006, n. 1550; 2 novembre 2011, n. 1509; TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 5 febbraio 2008, n. 129; TAR Basilicata, Potenza, sez. I, 4 marzo 2004, n. 115; 10 maggio 2005, n. 299; 10 aprile 2006, n. 238; 18 ottobre 2008, n. 643).
Pertanto nel caso in cui – come nella fattispecie oggetto del presente gravame – un titolo sia stato ottenuto sulla base di una non fedele rappresentazione della realtà l’Amministrazione può procedere all’annullamento d’ufficio senza esternare alcuna particolare ragione di interesse pubblico e senza tenere conto dell’affidamento ingeneratosi nel privato, non potendo quest’ultimo fondare alcun legittimo affidamento in ordine alla persistenza di un titolo ottenuto attraverso l’induzione in errore dell’ente pubblico.
Alla luce di quanto sopra, il Collegio, confermando anche in riferimento a tale censura quanto già sostenuto da questa Sezione nell’ordinanza n. 586 del 10 aprile 2014, ritiene che il -OMISSIS- non poteva vantare il proprio legittimo affidamento nella persistenza di un beneficio (inclusione nelle cennate graduatorie ad esaurimento) ottenuto attraverso la falsa rappresentazione, anche solo colposa, della realtà (possesso del prescritto requisito abilitativo), e, quindi, attraverso l’induzione in errore dell’amministrazione procedente”.
Avverso tale sentenza ha interposto gravame il prof. -OMISSIS-, articolando quattro motivi di appello.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, per resistere al gravame.
All’udienza del 28 marzo 2019, la causa è passata in decisione.
DIRITTO
1. Con il primo motivo di gravame, l’appellante deduce che il T.A.R. avrebbe argomentato che sarebbe dirimente il fatto che egli non aveva presentato querela di falso conto le attestazioni dell’Istituto Paritario -OMISSIS-, secondo le quali egli non risulterebbe in possesso del diploma di specializzazione polivalente per l’insegnamento di sostegno.
Il previo accertamento della falsità del titolo non sarebbe in alcun modo decisivo, in quanto i motivi di ricorso da lui proposti fonderebbero su una prospettazione ben precisa e cioè che il depennamento dalle GAE e la revocazione nono fossero legittimi, in quanto disposti in violazione delle regole e dei principi in materia di autotutela e perché egli sarebbe da considerarsi vittima e non parte attiva. Che il titolo, pur avendone dal punto di vista formale tutti i requisiti di uno autentico, non sia vero sarebbe un fatto, sul quale egli oggi non potrebbe più incidere, ammesso e non concesso che avverso le attestazioni fosse effettivamente esperibile detta querela. Inoltre, in relazione a quei fatti penderebbe procedimento penale dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, a seguito della denuncia da lui presentata.
Inoltre, sarebbe erronea la statuizione del T.A.R. che ha conferito un’indebita rilevanza ad un atto di un soggetto privato – istituto paritario – nell’ambito di un procedimento connotato da profili pubblicistici.
In ogni modo, egli avrebbe comunque contestato il provvedimento del 4.10.2013 prot. 0010983 di rettifica della GAE, al cui interno era contenuta, come obiter dictum, la statuizione di falsità del predetto istituto.
Se poi tale accertamento sarebbe da considerarsi preliminare rispetto ad ogni altra questione, il T.A.R. avrebbe dovuto sospendere il procedimento in attesa della definizione del processo penale, nel cui ambito stava emergendo la sua totale buona fede.
Non ci potrebbe essere alcuna presunzione contraria al principio di buona fede che ha connotato le sue intenzioni sin dal giorno in cui ha frequentato il corso presso l’Istituto paritario.
L’ulteriore assunto del T.A.R. in base al quale il giudice di prime cure ha ritenuto di poter rigettare il ricorso, ovvero che l’Amministrazione, in base alla rilevata inesistenza del titolo avrebbe considerato non computabile il servizio reso in via di mero fatto con il quale egli aveva potuto accedere al corso riservato ex D.M. 21/05, con conseguente revoca delle abilitazioni conseguite in base a detto titolo di studio, risulterebbe irrilevante, perché dimenticherebbe il fatto che le ragioni dell’annullamento di tutto il punteggio maturato e la conseguente cancellazione dalla graduatorie fonderebbero sempre soltanto sull’assunto che egli avrebbe “vantato il proprio legittimo affidamento nella persistenza di un beneficio ottenuto attraverso l’induzione in errore dell’Amministrazione”, la quale ultima, però, non sarebbe riferibile in alcun modo ad esso appellante.
La sentenza del T.A.R. assumerebbe che in casi come quello di specie l’interesse pubblico all’eliminazione dell’atto illegittimo sarebbe da considerarsi in re ipsa, il che non sarebbe condivisibile per il caso di specie, poiché egli era stato truffato ed il titolo era stato conseguito all’esito della frequentazione di un corso effettivamente svoltosi e di una seduta d’esame svoltasi presso la sede dell’Istituto. In secondo luogo, il titolo abilitante all’insegnamento si sostanzierebbe in un lungo percorso formativo di cui il diploma di specializzazione sarebbe solo un momento, avendo egli dovuto maturare numerose ore di servizio effettivamente prestate.
La sua abilità all’insegnamento sarebbe passata attraverso il vaglio di un corso speciale universitario ex D.M. 21/2005, finalizzato ad accertare il possesso delle capacità didattiche relativamente all’integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap in connessione con le discipline di competenza, prova che egli avrebbe superato brillantemente, conseguendo a pieni voti l’acquisizione dell’abilitazione nel novembre del 2006.
Nel provvedimento impugnato si assumerebbe l’induzione in errore dell’Amministrazione senza alcuna concreta considerazione della situazione in cui è venuto a trovarsi esso appellante.
Il T.A.R., a contrario, avrebbe fatto proprie e senza motivare le presunzioni dell’Amministrazione, laddove ha contestato ad esso appellante di aver presentato dichiarazione sostitutiva di certificazione ai sensi dell’art. 46 DPR 445/2000 relativa al conseguimento del predetto titolo (nota prot. 2944 del 10/02/2011 istituto -OMISSIS-).
2. L’articolato motivo di appello non merita accoglimento.
Ritiene il Collegio che, con il dictum circa la mancata presentazione della querela di falso avverso le attestazioni -OMISSIS-, il T.A.R. non abbia, in realtà, voluto dire nient’altro che interessato non ha contestato efficacemente l’affermazione della falsità del diploma di specializzazione polivalente attestata dall’Istituto citato, circostanza che non può ritenersi essere negata convincentemente, deducendo l’appellante stesso di essere stato truffato ed esponendo egli che la circostanza che il titolo, pur avendone dal punto di vista formale tutti i requisiti di uno autentico, non sia vero sarebbe un fatto, sul quale egli oggi non potrebbe più incidere.
Dette attestazioni, poi, hanno senz’altro il valore di provare il fatto in essi enunciato, ancorché provenienti da un soggetto privato, dal momento che sono comunque il risultato in un’attività istruttoria posta in essere dall’Amministrazione e, nell’ambito del diritto amministrativo, non opera alcuna preclusione di utilizzare fonti di prova non derivanti direttamente da altre Amministrazioni.
Nella specie, inoltre, in virtù del principio dell’indipendenza tra processo penale ed amministrativo, non era ed è nemmeno necessario sospendere il giudizio dinanzi al giudice amministrativo in attesa della definizione del processo penale, potendo i fatti essere accertati in piena autonomia dal giudice amministrativo in base alle fonti di prova a sua disposizione. Non vi è, quindi, alcuna pregiudizialità del processo penale rispetto a quello amministrativo.
Il fatto che l’appellante fosse da considerare vittima e non artefice del falso e che egli avesse sempre agito in buona fede, invece, non toglie che l’Amministrazione sia stata indotta in errore, in quanto nell’ambito del procedimento amministrativo, l’acclarato falso rileva sotto il profilo meramente oggettivo, senza che sia necessario che il soggetto presentatore della dichiarazione/attestazioni falsa sia parte attiva del falso o che gli abbia agito in mala fede.
Inoltre, non può essere attribuita alcuna efficacia sanante al diploma mancante ab origine il fatto che l’interessato abbia prestato effettivamente servizio per più di un decennio e che egli abbia superato l’esame di abilitazione, dal momento che un tanto non fa venire meno la situazione di illegittimità accertata.
Il fatto che l’interesse pubblico alla rimozione degli atti è in re ipsa, come sostenuto dal primo giudice, poi, non è negabile, dal momento che l’interesse concreto ed attuale è costituito all’eliminazione di una situazione illegittima appalesatasi a seguito dell’accertamento della falsità del diploma di specializzazione polivalente, la quale ultima è da sola sufficiente a giustificare l’adozione degli atti da parte dell’Amministrazione, ancorché il possesso del relativo titolo sia soltanto un momento del percorso abilitante, del quale, tuttavia, costituisce senz’altro uno dei presupposti.
3. Con il secondo motivo di gravame, l’appellante contesta la sentenza impugnata, nella parte in cui si afferma che l’interessato non potesse vantare alcun legittimo affidamento, avendo egli persistito in un beneficio ottenuto attraverso l’induzione in errore dell’amministrazione. La copiosa giurisprudenza richiamata dal T.A.R. avrebbe sì escluso la necessità di una puntuale motivazione sull’interesse pubblico ma solo allorquando l’intervento di autotutela sia giustificata da una falsa, infedele erronea e comunque inesatta rappresentazione della realtà da parte dell’interessato, purché il vizio infirmante il provvedimento amministrativo sia imputabile al privato, cosa che non ricorrerebbe nel caso di specie.
L’assunto fondante della sentenza del T.A.R., per cui l’esibizione del diploma di specializzazione o la dichiarazione sostitutiva abbia configurato un falso, di modo da indurre in errore l’Amministrazione, non corrisponderebbe al vero, avendo egli agito in buona fede, essendo le dichiarazioni adeguate alle condizioni in suo possesso in quel momento storico.
4. Il motivo di ricorso risulta infondato.
Ritiene il Collegio che, nell’ambito del procedimento amministrativo, l’induzione in errore dell’Amministrazione a causa dell’esibizione di documenti attestanti fatti non corrispondenti a verità o di dichiarazioni sostitutive false circa l’esistenza delle circostanze di cui il documento è destinato a provare la sussistenza, operi sul piano meramente oggettivo, sicché è irrilevante la ricorrenza dell’elemento soggettivo in capo al privato. La pretesa buona fede dell’interessato non fa quindi venire meno che l’Amministrazione abbia agito in virtù di una falsa rappresentazione di un fatto presupposto per l’adozione del provvedimento, successivamente rilevatosi non legittimo, con la conseguenza che l’errore in cui è incorsa appare sufficiente di per sé affinché essa possa rimuoverlo in via di autotutela, senza che sia necessaria alcuna indagine sulla sussistenza dell’elemento soggettivo in capo al soggetto presentatore del documento o della dichiarazione.
5. Con il terzo motivo di gravame, l’appellante impugna la sentenza nella parte i cui ignorerebbe l’elemento dell’affidamento incolpevole dell’appellante in virtù del lungo lasso di tempo trascorso.
Se sarebbe lecito che l’Amministrazione possa rivedere i precedenti provvedimenti al fine di ripristinare la legalità violata, sarebbe pur sempre vero che ciò diventi illegittimo quando vada a ledere la sfera giuridica del privato che abbia visto consolidarsi un affidamento qualificato in ragione del tempo trascorso tanto più quando tale agire dell’Amministrazione non espliciti valide ragioni concrete, da cui desumere la prevalenza dell’interesse pubblico su quello privato.
L’artato raggiro di cui egli è stato vittima e il notevole lasso di tempo trascorso non solo avrebbero ingenerato in lui un affidamento in ordine alla stabilità della posizione acquisita ed alla giuridica rilevanza della medesima, ma gli avrebbero anche impedito di costituire un’alternativa alla sua scelta di vita quale insegnante di sostegno.
Nella sentenza non sarebbe stata operata alcuna comparazione tra gli interessi coinvolti e non si sarebbe speso alcun rigo di motivazione sulla sussistenza del pubblico interesse attuale e concreto.
In altri termini, la sentenza gravata avrebbe completamente disatteso ogni censura relativa all’esigenza di ripristino della legalità da parte dell’Amministrazione, senza tener conto che l’esercizio dello ius poenitendi da parte dell’Amministrazione incontra un limite nella esigenza di salvaguardare le situazioni di soggetti privati che, confidando nella legittimità dell’atto rimosso, hanno acquisito il consolidamento di posizioni di vantaggio loro attribuite da quest’ultimo.
Nella specie, sussisterebbe, inoltre, un interesse pubblico specifico dell’Amministrazione scolastica a continuare ad avvalersi della sua attività di insegnamento, resa per ben 14 anni in maniera soddisfacente.
L’elemento temporale assumerebbe un ruolo ponderante se non addirittura assorbente, tale da eliminare in nuce la legittimità del provvedimento adottato.
6. Il motivo di appello non risulta fondato.
Ritiene il Collegio che, nella specie, il tempo trascorso non abbia alcuna rilevanza, dal momento che l’affidamento dell’interessato non può essere qualificato come legittimo. Nel caso in esame, il privato ha confidato nel consolidamento della sua posizione, in assenza di un titolo mancante ab origine, sicché l’affidamento su cui riteneva di poter contare, non esplica alcun effetto, ancorché la mancanza fosse stata accertata soltanto a distanza di anni, allorché l’Amministrazione si è poi immediatamente attivata porre rimedio alla situazione illegittima. La circostanza che l’affidamento non si possa considerare legittimo non viene nemmeno meno per il fatto che il sig. -OMISSIS- fosse in buona fede, dal momento che l’elemento soggettivo appare del tutto privo di significato sul piano amministrativo. La rimozione degli atti su cui si fonda detto affidamento non presuppone, poi, alcun ulteriore interesse pubblico ulteriore a quello del ripristino della legalità, che deve ritenersi concreto ed attuale e rispetto al quale l’interesse del privato alla conservazione del posto di lavoro deve considerarsi indubbiamente recessivo, per cui non appare nemmeno necessario che l’Amministrazione proceda ad alcuna comparazione degli interessi. Per gli atti di rimozione non deve, quindi, ritenersi sussistente alcun particolare obbligo di motivazione, essendo l’interesse pubblico in re ipsa.
7. Con il quarto motivo di gravame, l’appellante afferma che la sentenza non avrebbe tenuto in conto alcuno la effettività del servizio espletato.
Il servizio reso per 13 anni assorbirebbe il problema della pretesa non validità del titolo di specializzazione in base al quale egli ha svolto il predetto servizio, in quanto detta attività sarebbe stata effettivamente svolta.
Diversamente si mortificherebbe tutto il lavoro svolto, il che contrasterebbe con i principi generali del diritto al lavoro ex artt. 4 e 35 Cost..
Non andrebbe dimenticato che le prove a cui egli ha dovuto sottoporsi per conseguire l’abilitazione avevano come presupposto anche 360 ore di prestato servizio.
L’operato dell’Amministrazione finirebbe con l’avere rilievo anche sotto il profilo dell’ingiustizia e dell’illogicità manifesta poiché si porrebbe come atto ingiustamente ed arbitrariamente lesivo di diritti già acquisiti da esso appellante ed illegittimamente negati al momento della loro completa applicazione.
8. Il motivo di gravame non merita accoglimento.
Ritiene il Collegio che, nella specie, il servizio prestato sia del tutto irrilevante, non potendosi sostenere che l’attività svolta possa surrogare alla mancanza del titolo di specializzazione, dal momento che, nell’ambito del rapporto lavorativo non è prevista alcun acquisto del diritto al posto di lavoro alla stregua dell’usucapione prevista nell’ambito del diritto civile. Al servizio prestato in via di mero fatto, a seguito dell’accertamento della carenza titolo si specializzazione all’uopo richiesto, non può quindi attribuirsi alcun significato, non avendo il medesimo alcuna efficacia sanante del vizio originario.
9. Conclusivamente, il gravame va respinto e la sentenza impugnata va confermata.
10. Sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese del presente grado di giudizio tra le parti.
11. Il contributo unificato corrisposto per la proposizione dell’appello rimane definitivamente a carico dell’appellante.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Compensa integralmente tra le parti le spese del secondo grado di giudizio.
Il contributo unificato corrisposto per la proposizione dell’appello rimane definitivamente a carico dell’appellante.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Stefano Toschei – Consigliere
Oswald Leitner – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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