In tema di ricorsi giudiziale avverso esiti di concorsi pubblici

Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 25 marzo 2020, n. 2079.

La massima estrapolata:

In tema di ricorsi giudiziale avverso esiti di concorsi pubblici, è’ vero che l’istituto concorsuale consiste in una valutazione comparativa delle prove dei candidati, ma è altrettanto vero che la censura di disparità di trattamento non può basarsi sul mero confronto fra l’elaborato dell’interessato e specifici estratti degli elaborati di alcuni altri candidati: infatti, ogni elaborato va prioritariamente valutato nella sua organica unitarietà e, nel caso delle prove del concorso notarile, nella sua piena ed integrale idoneità a garantire gli effetti divisati nella traccia.

Sentenza 25 marzo 2020, n. 2079

Data udienza 27 febbraio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3210 del 2019, proposto dal dr. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Di Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
-OMISSIS-, -OMISSIS-, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma, Sezione Prima, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente il giudizio non ammissione alla prova orale del concorso a 300 posti di notaio, indetto con d.d. del 26 settembre 2014.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 febbraio 2020 il Cons. Luca Lamberti e uditi per le parti l’avvocato Ma. Di Pa. e l’avvocato dello Stato Ma. Le. Gu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe il T.a.r. per il Lazio ha rigettato il ricorso dell’odierno appellante avverso il giudizio di non ammissione alla prova orale del concorso a 300 posti di notaio indetto con d.d. del 26 settembre 2014, “per la ritenuta ricorrenza di nullità e gravi insufficienze riscontrate nella lettura dell’elaborato relativo all’atto inter vivos di diritto civile, tali da precludere la lettura degli altri elaborati e l’ammissione alle prove orali”.
In particolare, l’atto inter vivos di diritto civile redatto dall’appellante è stato ritenuto:
– nullo per violazione dell’art. 29, comma 1-bis, della legge n. 52 del 1985, come modificato dall’art. 19 del d.l. n. 78 del 2010 (convertito con legge n. 122 del 2010), per “aver omesso l’identificazione catastale delle soffitte”;
– gravemente insufficiente per incompletezza, consistita “nel mancato trasferimento delle soffitte stante la loro omessa identificazione castastale” e “nel non aver precisato in modo analitico quali mezzi di pagamento siano stati utilizzati per i pagamenti del corrispettivo nella ripartizione delle somme agli aventi diritto”.
Il T.a.r. ha, in proposito, sostenuto che “il giudizio della Commissione, comportando una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile – unicamente sul piano della legittimità – per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, laddove tali profili risultino emergenti dalla stessa documentazione e siano tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che, con ciò, il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione. Il giudizio di legittimità non può, infatti, trasmodare in un rifacimento, ad opera dell’adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, potendo l’apprezzamento tecnico dell’organo collegiale essere sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà “.
Peraltro, ha aggiunto il T.a.r., la “valutazione [della commissione] appare al Collegio, nella sua sinteticità, ben motivata sotto ogni profilo contestato, con riferimento sia ai criteri di valutazione dalla stessa predeterminati sia alla gravità degli errori (si tratta infatti di una nullità testuale, la ricorrenza della quale è congruente con la traccia, che dava conto di una diversa tempistica dell’edificazione delle soffitte rispetto al resto del fabbricato, della riscontrata consequenziale assenza dell’effetto traslativo, in parte qua, e dell’incompletezza della formula attinente ai mezzi di pagamento, la cui mancata analiticità emerge dalla stessa prospettazione di parte)”.
Secondo il Tar, di contro, il ricorrente in prime cure “mira ad individuare profili di erroneità della valutazione sulla base di ricostruzioni giuridiche alternative a quelle fatte proprie dalla Commissione. Il Collegio non può dunque prendere cognizione delle contestate valutazioni della Commissione, non trattandosi nella fattispecie dell’accertamento di un fatto o del rilievo di una manifesta illogicità valutativa, quanto piuttosto del compimento di un’attività valutativa e comparativa, dell’elaborato della candidata e dei rilievi della Commissione, a tutta evidenza preclusa all’adì to Giudice”.
Tanto meno, ad avviso del T.a.r., può valere il “richiamo ad elaborati di altri candidati che abbiano astrattamente utilizzato gli stessi istituti giuridici…, essendo di contro necessario verificare la concreta applicazione dell’istituto nel singolo atto e, di conseguenza, gli effetti che nel caso concreto ne derivano oltre che l’enunciazione delle ragioni giuridiche che ne giustificano l’impiego”.
2. Il ricorrente in prime cure ha interposto appello, riproponendo le censure di prime cure e chiedendo la sospensione dell’esecutività della sentenza gravata.
Si è costituito in resistenza il Ministero della Giustizia.
Alla camera di consiglio del 16 maggio 2019 l’istanza cautelare è stata rinviato al merito su richiesta di parte appellante.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 27 febbraio 2020, in vista della quale le parti non hanno versato in atti difese scritte.
3. Il ricorso in appello non è fondato.
3.1. Il Collegio osserva, preliminarmente, che lo scrutinio giurisdizionale delle valutazioni operate dalle commissioni di concorso è limitato alla verifica di macroscopiche illogicità evincibili ictu oculi, ossia apprezzabili senza bisogno di attingere a cognizioni, pur basiche, della scienza specialistica di riferimento.
In altre parole, il Giudice amministrativo non può né deve entrare nel merito del giudizio della commissione, ma solo riscontrare, ove presenti, abnormi fallacie logiche, tali da pregiudicare ab imis l’attendibilità stessa della valutazione, erosa ab interno da eclatanti irragionevolezze, palesi inconsistenze logiche, evidenti travisamenti del fatto.
Questo sindacato estrinseco, dunque, si arresta allorché la commissione abbia fornito una specifica motivazione testuale dell’inidoneità, enucleando i puntuali profili rivelativi di una strutturale insufficienza dell’elaborato, e, di converso, tale motivazione non disveli caratteri di abnorme ed eclatante irragionevolezza.
3.2. Nella specie, invero, la motivazione relativa alla nullità dell’atto si pone in linea di continuità con la traccia, che dava atto della posteriorità dell’edificazione delle soffitte rispetto al resto del fabbricato.
Quanto all’indicazione delle forme di pagamento, l’assenza di analiticità risulta per tabulas nell’elaborato dell’appellante.
Più in particolare, la motivazione confezionata nella specie dalla commissione consiste nell’esegesi delle disposizioni generali vigenti in materia e nell’argomentata applicazione delle stesse alla fattispecie divisata nella traccia, ciò che già di per sé attiene al merito della valutazione, inattingibile dal Giudice.
Si è, in definitiva e a tutto voler concedere, in presenza di un’inidoneità opinabile (come, del resto, fisiologico in una branca del sapere non scientificamente esatta, come è il diritto), ma non palesemente abnorme e, dunque, non sindacabile in sede di legittimità .
A fortiori, non è fondata la censura di disparità di trattamento.
E’ vero che l’istituto concorsuale consiste in una valutazione comparativa delle prove dei candidati, ma è altrettanto vero che la censura di disparità di trattamento non può basarsi sul mero confronto fra l’elaborato dell’interessato e specifici estratti degli elaborati di alcuni altri candidati: come correttamente sostenuto dal T.a.r., infatti, ogni elaborato va prioritariamente valutato nella sua organica unitarietà e, nel caso delle prove del concorso notarile, nella sua piena ed integrale idoneità a garantire gli effetti divisati nella traccia.
4. Per le esposte motivazioni, dunque, il ricorso va rigettato.
Le spese, liquidate come in dispositivo, non possono che seguire la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna il ricorrente a rifondere al Ministero della Giustizia le spese del grado, liquidate in complessivi Euro 3.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le persone citate nel presente provvedimento.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere, Estensore
Nicola D’Angelo – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere
Roberto Proietti – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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