In ordine alla legittimazione ad agire degli ordini professionali

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 30 luglio 2019, n. 5364.

La massima estrapolata:

In ordine alla legittimazione ad agire degli ordini professionali, la giurisprudenza ha più volte affermato che essi sono legittimati ad agire per la tutela di posizioni soggettive proprie o di interessi unitari della collettività da loro istituzionalmente espressa, nel secondo caso potendo sia reagire alla violazione delle norme poste a tutela della professione, sia perseguire vantaggi, anche strumentali, riferibili alla sfera della categoria nel suo insieme.

Sentenza 30 luglio 2019, n. 5364

Data udienza 27 giugno 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 817 del 2019, proposto da
Federazione Nazionale degli Ordini dei Veterinari Italiani, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Fa. De. Pa., con domicilio digitale come da PEC indicata in atti;
contro
Provincia Autonoma di Trento, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Ni. Pe., ed altri, con domicilio digitale come da PEC indicata in atti e domicilio fisico presso lo studio Fr. Be. in Roma, via (…)2;
per la riforma
della sentenza n. 281/2018 emessa dal Tribunale Regionale amministrativo di Trento in data 13 dicembre 2018, pubblicata il 18 dicembre 2018 e notificata il 4 gennaio 2019 con la quale era respinto il ricorso per l’annullamento:
– del “Regolamento di esecuzione della legge provinciale 11 luglio 2017, n. 7, in materia di veterinario aziendale”, approvato con deliberazione n. 698 del 20/04/2018 della Giunta provinciale di Trento, nonché di tutti gli atti ad esso presupposti, connessi e conseguenti,
e per il risarcimento del danno ex art. 30 cod.proc.amm.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia Autonoma di Trento;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 giugno 2019 il Cons. Solveig Cogliani e uditi per le parti gli Avvocati Fa. De. Pa. e Fr. Sa. Be.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La Federazione Nazionale degli Ordini dei Veterinari Italiani (di seguito “FNOVI”), ricostruita la disciplina a livello nazionale e provinciale, censurava dinanzi al Tribunale di primo grado la deliberazione n. 698 del 20 aprile 2018 la Giunta Provinciale di Trento recante l’approvazione del “Regolamento di esecuzione della legge provinciale 11 luglio 2017, n. 7, in materia di veterinario aziendale”, in specie nella parte in cui un elenco provinciale dei veterinari aziendali è affidato all’Azienda Sanitaria Provinciale per i servizi sanitari.
Deduceva i seguenti motivi:
1) violazione dell’art. 4 della l. 11 gennaio 2018, n. 3, recante il riordino della disciplina degli Ordini delle professioni sanitarie, nella parte in cui prevede, tra l’altro, che gli Ordini e le relative Federazioni Nazionali “verificano il possesso dei titoli abilitanti all’esercizio professionale e curano la tenuta, anche informatizzata, e la pubblicità, anche telematica, degli albi dei professionisti e, laddove previsti dalle norme, di specifici elenchi”, sicché la tenuta dell’elenco dei veterinari aziendali competerebbe in via esclusiva alla FNOVI, e a nessun altro ente, tantomeno all’Azienda Sanitaria Provinciale per i servizi sanitari, come, invece, è previsto dall’art. 5 del Regolamento impugnato;
2) violazione dell’art. 3 del d.lgs. n. 117/2005 e del d.m. 7 dicembre 2017 del Ministro della Salute – ed istanza di rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4 e 5 della legge prov. 11 luglio 2017, n. 7, nonché dell’Intesa del 09 novembre 2017 della Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, poiché il Regolamento impugnato costituisce lo strumento attuativo della l. prov. n. 7/2017 citata, che, a sua volta, istituisce e disciplina la rete di sorveglianza epidemiologica e la figura del veterinario aziendale, attenendo la stessa alla disciplina dei controlli veterinari sul bestiame di allevamento, rispetto alla quale la Corte Costituzionale avrebbe affermato la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di “profilassi internazionale” e di “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, di cui all’art. 117, comma 1, lettere q) e s), della Costituzione (Corte Cost., 15/12/2016, n. 270; Corte Cost., 13/06/2014, n. 173; Corte Cost., 23/04/2013, n. 72), con la conseguenza che la Provincia Autonoma di Trento non avrebbe potuto legiferare in materia, non essendo titolare nemmeno di una potestà legislativa concorrente.
Chiedeva anche il risarcimento del danno ex art. 30 c.p.a. in caso di diniego della misura cautelare per la lesione delle prerogative della Federazione.
Con la sentenza appellata, il Tribunale regionale di Trento, prescindendo dall’eccezione di inammissibilità sollevata dall’Amministrazione, respingeva il ricorso evidenziando che l’elenco pubblico nazionale non risultava scalfito dalla istituzione nel territorio provinciale di un elenco gestito dall’Azienda provinciale per i servizi sanitari.
Peraltro dichiarava la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale prospettata valorizzando la competenza legislativa provinciale concorrente in materia di igiene, sanità, compresa quella sanitaria-ospedaliera ai sensi dell”art. 9, n. 10, d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670, recante lo statuo speciale per il Trentino Alto Adige.
Propone, dunque, appello la FNOVI per i seguenti motivi:
1) illegittimità ed illogicità della sentenza impugnata in relazione alla interpretazione dell’art. 4 della l.11 gennaio 2018, n. 3 quanto alla compresenza di due elenchi, uno nazionale ed un altro provinciale, non prevista nel d.lgs. n. 117/2005, né nel d.m. 07/12/2017, né – infine – nell’Intesa Stato – Regioni del 9 novembre 2017;
2) Illegittimità ed illogicità della sentenza impugnata in ordine alla valutazione della eccepita violazione dell’art. 3 d.lgs. n. 117/2005, del d.m. 7 dicembre 2017, dell’Intesa Stato – Regioni del 9 novembre 2017, e della eccepita incostituzionalità degli artt. 1, 2, 3, 4 e 5 della l. prov. 11 luglio 2017, n. 7; il giudice di primo grado non avrebbe considerato che la giurisprudenza della Corte Costituzionale, ha ricondotto la disciplina dei controlli veterinari sul bestiame di allevamento (senza limitazione alcuna) nell’ambito della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di “profilassi internazionale” e di “tutela dell’ambiente” (cfr.: Corte Cost., 15/12/2016, n. 270; Corte Cost., 13/06/2014, n. 173; Corte Cost., 23/04/2013, n. 72), e ciò quand’anche, come ritenuto dal giudice di primo grado, tale disciplina riguardi solo le “modalità organizzative” dei controlli.
Ripropone, dunque, la domanda di risarcimento dei danni.
Si è costituita la Provincia autonoma di Trento (di seguito P.A.T.) ribadendo i profili di inammissibilità del ricorso di prime cure in quanto – a suo dire – il giudizio in esame sarebbe proposto in contrasto con gli interessi dei veterinari che operano sul territorio della provincia di Trento.
Chiede, inoltre, la reiezione dell’appello precisando che la l. provinciale n. 7 del 2017 non interviene sulla materia dei requisiti professionali, bensì unicamente su quella dell’organizzazione sanitaria.
Con ulteriore memoria per l’udienza camerale, la Federazione evidenzia che nell’elenco nazionale non risulterebbero iscritti i veterinari aziendali iscritti nell’elenco provinciale.
Ribadisce la P.A.T., in vista dell’udienza pubblica, che il d.m. 7 dicembre 2017 non esclude la possibilità che i Servizi veterinari delle aziende sanitarie possano detenere l’elenco dei veterinari aziendali che operano presso gli allevamenti ubicati sul territorio di propria competenza ed anzi l’art. 3, comma 4 del richiamato d.m. assegna al Servizio veterinario ufficiale territorialmente competente il compito di verificare i requisiti necessari in capo al veterinario per poter essere designato veterinario aziendale.
Né sarebbe preclusivo il richiamo al Manuale operativo in attuazione del d.m. 7 dicembre 2017 in quanto riferito unicamente all’elenco nazionale. Chiede, inoltre, la dichiarazione di inammissibilità dei documenti nuovi prodotti in appello ai sensi dell’art. 104 c.p.a., nonché della domanda di risarcimento, che sarebbe da considerarsi una domanda nuova, per come formulata ed in ogni caso generica.
Con ulteriore memoria la P.A.L. ribadisce l’irrilevanza del dato riportato dalla Federazione in ordine alla mancata iscrizione di alcuni veterinari aziendali all’elenco tenuto dalla FNOVI in quanto tale requisito non comparirebbe tra quelli di cui all’art. 3 co. 2 del d.m. cit.
In replica la Federazione ha eccepito la tardività della memoria presentata in data 27 maggio 2019 dalla Provincia.
Dato che risulta, altresì, contestato dalla Provincia che ribadisce la tempestività delle proprie difese. In sede di discussione, peraltro, la difesa della Federazione rinunzia alla predetta eccezione di tardività .
All’udienza del 27 giugno 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1 – In primo lugo deve essere esaminata l’eccezione attinente alla legittimazione della Federazione appellante.
In ordine alla legittimazione ad agire degli ordini professionali, la giurisprudenza ha più volte affermato che essi sono legittimati ad agire per la tutela di posizioni soggettive proprie o di interessi unitari della collettività da loro istituzionalmente espressa, nel secondo caso potendo sia reagire alla violazione delle norme poste a tutela della professione, sia perseguire vantaggi, anche strumentali, riferibili alla sfera della categoria nel suo insieme (Cons. St., sez. V, 23 febbraio 2015, n. 883; id. 12 agosto 2011, n. 4776; id., 18 dicembre 2009, n. 8404, e 7 marzo 2001, n. 1339; Sez. VI, 22 settembre 2004 n. 6185).
Ritiene il Collegio che l’esame della sussistenza della legittimazione vada condotto con attinenza al petitum, nella specie volto a censurare disposizioni regolamentari che si assumono poste in violazione delle prerogative della Federazione appellante.
Così superata l’eccezione di inammissibilità ripetuta in appello dall’Amministrazione resistente e assorbita dal primo giudice, l’appello tuttavia appare infondato.
2 – Di seguito deve trovare esame da parte del Collegio la questione della successione delle leggi nel tempo ed il riparto di competenze tra lo Stato e la Provincia autonoma di Bolzano.
Il d.m. 7 dicembre 2017 reca il regolamento teso a garantire l’attuazione delle previsioni del regolamento CE n. 429/2016, definendo un sistema informativo per il funzionamento delle reti di epidemio-sorveglianza quale estensione del sistema informativo nazionale esistente.
In tale ambito, l’art. 3 del d.lgs. n. 117 del 2005 – visti la direttiva 2002/99/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2002, che stabilisce norme di polizia sanitaria per la produzione, la trasformazione, la distribuzione e l’introduzione di prodotti di origine animale destinati al consumo umano ed il Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare – prevede che con “decreto del Ministro della salute, da adottarsi, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è definito, avvalendosi degli Istituti zooprofilattici sperimentali, un sistema di reti di sorveglianza recante almeno:
a) le modalità operative da porre in essere;
b) le misure da adottare in caso di accertamento di carenze;
c) il contenuto dei dati, il relativo formato, la durata di conservazione degli stessi, nonché ‘ la periodicità della loro trasmissione da parte delle regioni al Ministero della salute”.
Il successivo comma 3 prescrive: “3. Ferme restando le attività di sorveglianza e monitoraggio sanitario garantite dai servizi veterinari delle Aziende unità sanitarie locali per i fini di cui al comma 1, il decreto di cui al medesimo comma 1 definisce gli obblighi a carico degli operatori del settore alimentare e degli allevatori che possono avvalersi, per la loro esecuzione, di un veterinario aziendale; a tal fine con il medesimo decreto sono individuati, sentita la Federazione nazionale degli ordini dei veterinari italiani, i compiti e le responsabilità da attribuire a tale figura e i relativi requisiti professionali e di specifica formazione che devono essere correlati all’attività da svolgere”.
Va sin d’ora evidenziato che il successivo comma 4 dispone anche che “Le regioni e le province autonome programmano e provvedono ad attuare adeguate attività di verifica periodica sul corretto operare dei veterinari aziendali”.
Di seguito il regolamento menzionato ha previsto all’art. 3 che il veterinario aziendale che operi professionalmente e con carattere di continuità con l’operatore possieda i seguenti requisiti:
– sia iscritto all’Ordine dei medici veterinari;
– abbia partecipato in ambito ECM ad un corso di formazione per veterinario aziendale, organizzato ai sensi di quanto previsto dall’allegato 2, fatta tuttavia salva la disciplina transitoria (art. 7 comma 2: “2. Nel primo anno di applicazione del presente decreto il requisito di cui all’art. 3, comma 2, lettera b, si intende soddisfatto se il veterinario aziendale partecipa al corso ECM entro dodici mesi dall’accettazione dell’incarico”);
– non sia in conflitto di interessi;
– non svolga attività a favore di imprese che forniscono servizi all’azienda zootecnica stessa o di ditte fornitrici di materie prime, materiali, prodotti o strumenti.
La tenuta dell’elenco pubblico dei veterinari di cui al comma 2 è demandata alla Federazione nazionale medici veterinari italiani (art. 3, co. 2).
Il Servizio veterinario ufficiale territorialmente competente è tenuto a verificare la sussistenza dei requisiti di cui al predetto comma 3 comma 2 e a convalidare l’informazione in Banca dati nazionale comunicata dal veterinario aziendale incaricato formalmente dall’operatore.
Il comma 4 prescrive anche che il veterinario aziendale comunica l’informazione all’ordine provinciale di appartenenza.
La l. 11 gennaio 2018, n. 3 recante la delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché ‘ disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute, prescrive che gli Ordini e le relative Federazioni nazionali verificano il possesso dei titoli abilitanti all’esercizio professionale e curano la tenuta, anche informatizzata, e la pubblicità, anche telematica, degli albi dei professionisti e, laddove previsti dalle norme, di specifici elenchi (art. 4 lett. d).
Orbene, vale osservare che il Regolamento di esecuzione della l. prov. 11 luglio 2017 n. 7 specifica i compiti del veterinario aziendale, nell’ambito di efficacia della legge predetta, e con specifica attenzione a quelle che sono le esigenze territoriali, senza alcunché disporre in ordine ai requisiti necessari per l’iscrizione (art. 2). Anzi, l’art. 5 del predetto Regolamento, oggetto del presente contenzioso, nel prevedere l’istituzione di un elenco prescrive che possano iscriversi i soli veterinari aziendali che hanno i requisiti di cui alla normativa nazionale. Esso, vieppiù, risulta finalizzato ad attuare la disposizione sopra menzionata tesa a garantire la sorveglianza da parte delle Aziende competenti territorialmente.
Si tratta, come è stato evidenziato, per un verso, di ambiti completamente differenti: la disciplina degli ordini professionali e dei requisiti per l’iscrizione all’albo e la disciplina attraverso la quale si attua il controllo sul territorio della rete di sorveglianza epidemiologica.
Per altro verso, le norme non si pongono in conflitto, ma anzi la disciplina provinciale ed il relativo regolamento risulta coerente e finalizzata alla migliore attuazione di quella nazionale.
Quanto detto risulta idoneo a confermare il giudizio di manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale proposta dalla Federazione appellante e a disattendere le censure con cui si deducono vizi di conflitto con le disposizioni statali.
3 – Dalla lettura coordinata delle citate disposizioni si evince, invero, che i veterinari aziendali debbano possedere i requisiti prescritti dalla normativa statale ed essere iscritti all’albo tenuto dalla Federazione, risultando l’istruzione dell’elenco provinciale unicamente finalizzata all’assolvimento dei predetti ed aggiuntivi compiti di sorveglianza.
Né evidentemente possono rilevare sulla legittimità del regolamento le eventuali disfunzioni nell’applicazione e nei controlli effettuati dalla Federazione medesima o dalla ASL competente. Risultano, dunque, irrilevanti le ulteriori censure di inammissibilità relative alle ulteriori produzioni di parte appellante ed anche sulla tardività dell’ultima memoria.
4 – Per tutto quanto sopra ritenuto, l’appello deve essere respinto.
5 – Non sussistono evidentemente i presupposti per accogliere, conseguentemente, la domanda risarcitoria.
6 – La novità della questione esaminata comporta la sussistenza di giusti motivi per compensare le spese del secondo grado di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e per l’effetto conferma la sentenza n. 281 del 2018.
Spese del presente grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2019 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Garofoli – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere, Estensore
Ezio Fedullo – Consigliere

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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