Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 25 marzo 2020, n. 2080.
La massima estrapolata:
In materia di concorsi pubblici, i requisiti di idoneità devono essere posseduti entro la data di scadenza del termine per la partecipazione alla selezione concorsuale e devono essere verificabili nei tempi previsti dal bando, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti; non ha, dunque, alcun rilievo il fatto che un tatuaggio sia stato completamente rimosso in un momento successivo all’accertamento concorsuale.
Sentenza 25 marzo 2020, n. 2080
Data udienza 27 febbraio 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3220 del 2019, proposto da Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via (…);
contro
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati Vi. As. e Ma. Ce., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sede di Roma, Sez. I-quater, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente il giudizio di inidoneità al servizio nella Polizia di Stato per carenza dei requisiti psico-fisici.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 febbraio 2020 il Cons. Luca Lamberti e udito per la parte appellata l’avvocato To. De Fu., nessuno presente per parte appellante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe il T.a.r. per il Lazio ha accolto il ricorso dell’odierna appellata avverso il giudizio di inidoneità al servizio nella Polizia di Stato per carenza dei requisiti psico-fisici, in particolare per la presenza di un “tatuaggio in zona non coperta dell’uniforme”.
Nella seduta del 7 febbraio 2018, infatti, la commissione medica del concorso per l’assunzione di 1148 allievi agenti della Polizia di Stato, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 26 maggio 2017, aveva rilevato, sul corpo dell’appellata, tre tatuaggi (“-OMISSIS-“).
Il T.a.r. ha sostenuto, in proposito, che “l’unico tatuaggio parzialmente visibile indossando l’uniforme, quello situato sul -OMISSIS-, appare in evidente fase di rimozione, iniziata prima dell’espletamento degli accertamenti di idoneità al servizio di polizia. La commissione medico-legale non ha valutato l’eventualità che anche quest’ultimo tatuaggio risultasse praticamente invisibile indossando l’uniforme completa di calze e, in ogni caso, non ha considerato che lo stesso fosse destinato a scomparire al termine del trattamento sanitario di cancellazione. Il giudizio della commissione preposta all’accertamento dei requisiti di idoneità, dunque, deve ritenersi viziato per difetto dei presupposti, essendo stato equiparato il residuo di un tatuaggio in fase di rimozione ad un tatuaggio vero e proprio”.
2. L’Amministrazione ha interposto appello, evidenziando, in particolare, che la commissione medica avrebbe dettagliatamente descritto il tatuaggio de quo, oltretutto di significative dimensioni (11 x 2,5 cm).
3. L’appellata si è costituita, osservando che:
– il provvedimento di esclusione sarebbe generico, atteso che non specificherebbe quale tatuaggio abbia determinato l’inidoneità ;
– il tatuaggio sul -OMISSIS-sarebbe stato, al momento della visita da parte della commissione medica, già “in avanzato stato di rimozione”;
– in sede di visita non le sarebbero state fatte indossare le calze d’ordinanza, molto spesse (40 denari) e, dunque, ad elevato effetto coprente.
4. Con ordinanza n. -OMISSIS-l’istanza cautelare svolta dall’Amministrazione è stata accolta con la seguente motivazione:
“Osservato che la commissione medica, in sede di accertamento dei requisiti psico-fisici, ha descritto dettagliatamente il tatuaggio ubicato nella parte inferiore della -OMISSIS-della concorrente (“-OMISSIS-“), ossia su parte del corpo non coperta dalla divisa;
Ritenuto, dunque, che al momento dell’accertamento l’immagine fosse evidentemente ancora percepibile e che, quindi, la procedura di rimozione non fosse ancora ultimata;
Considerato che su questione analoga alla presente questa Sezione si è già espressa con ordinanze nn. 4342 e 4346 del 14 settembre 2018, ove, in particolare, si è affermato che sia “irrilevante l’inizio della rimozione del tatuaggio”;
Ritenuto, ad un esame tipico della fase e salvo l’approfondimento nell’opportuna sede del merito, che spetti all’interessato dimostrare che, al momento dell’accertamento svolto dall’Amministrazione, fosse già ultimata la procedura di rimozione e, conseguentemente, fosse in toto eliminata la percepibilità visiva del tatuaggio, difettando altrimenti i requisiti psico-fisici per l’assunzione”.
5. Il ricorso è stato, quindi, discusso alla pubblica udienza del 27 febbraio 2020, in vista della quale l’appellata ha versato in atti difese scritte, in cui, tra l’altro, ha lamentato l’inammissibilità dell’appello proposto ex adverso.
Il ricorso in appello è fondato.
6. Il Collegio osserva, preliminarmente, che non ricorrono cause di inammissibilità del ricorso in appello.
In disparte il fatto che la relativa eccezione è stata svolta dall’appellata solo in sede di memoria ex art. 73 c.p.a., il Collegio rileva che, ai sensi dell’art. 104 c.p.a., le mere difese possono essere svolte in qualunque momento del processo: ne consegue che l’Amministrazione soccombente in primo grado ben può porre a base dell’appello difese non sollevate nel giudizio di prime cure.
7. Quanto al merito, il Collegio premette che, per consolidata giurisprudenza, i requisiti di idoneità devono essere posseduti entro la data di scadenza del termine per la partecipazione alla selezione concorsuale e devono essere verificabili nei tempi previsti dal bando, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti.
Non ha, dunque, alcun rilievo il fatto che il tatuaggio sia stato completamente rimosso in un momento successivo all’accertamento concorsuale.
8. Ciò precisato, il Collegio evidenzia che la motivazione del provvedimento di esclusione è integrata e completata dal verbale della seduta della commissione medica del 7 febbraio 2018, ove vengono dettagliatamente descritti i tre tatuaggi della ricorrente sia nella forma, sia nelle dimensioni, sia, soprattutto, nell’ubicazione.
E’ evidente, pertanto, che la disposta esclusione sia conseguita al tatuaggio sul -OMISSIS-, l’unico fra i tre ubicato in una parte del corpo non coperta dall’uniforme.
9. La circostanza per cui tale tatuaggio fosse, già allora, “in avanzato stato di rimozione” è smentita dal verbale della seduta: la commissione medica, infatti, ha descritto dettagliatamente il tatuaggio (“-OMISSIS-“), evidentemente ancora percepibile tanto nelle dimensioni complessive quanto nel soggetto raffigurato.
Non ha, di contro, alcuna valenza la dichiarazione resa da un medico, ai sensi della quale la procedura di rimozione del tatuaggio sarebbe stata in essere sin dal marzo 2017.
Il Collegio evidenzia, in proposito, che tale dichiarazione, per di più resa in carta libera e priva di data certa, non può prevalere sulle risultanze della visita operata dalla commissione e formalizzate nel relativo verbale, dotato di efficacia fidefaciente in ordine, tra l’altro, ai “fatti che il pubblico ufficiale attesta… da lui compiuti” (cfr. art. 2700 c.c.), tra cui, quindi, anche la percezione dell’esistenza, della forma e delle dimensioni del tatuaggio da parte dei componenti della commissione stessa.
10. Quanto, infine, al fatto che la visita non è stata svolta facendo indossare all’appellata le calze d’ordinanza, il Collegio non può non rilevare che la regula juris dell’ordinamento di settore (cfr. d.m. 30 giugno 2003, n. 198) è nel senso che la presenza di un tatuaggio su una parte del corpo non coperta dalla divisa ha valenza eo ipso escludente (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 16 luglio 2018, n. 4305).
La disposizione utilizza l’espressione “coperta”, che rimanda a capi, quali pantaloni o giacche, che nascondono tout court l’epidermide dal campo visivo dell’osservatore; di contro, le calze, per quanto spesse siano, per loro conformazione non determinano un’ostruzione fisica alla visuale, ma, al più, svolgono un’azione di forte velatura; oltretutto, a quanto consta le calze d’ordinanza del personale femminile della Polizia di Stato hanno un colore chiaro.
Non altro senso, del resto, può essere attribuito alla locuzione “tatuaggi sulle parti del corpo non coperte dall’uniforme”.
Con tale espressione il d.m. 30 giugno 2003, n. 198 ha inteso distinguere gli effetti dei tatuaggi in termini di idoneità al servizio nella Polizia di Stato: mentre i tatuaggi presenti sulle parti del corpo non coperte dalla divisa hanno valenza eo ipso escludente, di contro i tatuaggi sulle parti del corpo coperte dalla divisa determinano inidoneità solo ove, per sede e natura, “deturpanti” o, per contenuto, “indice di personalità abnorme”.
Mentre nel primo caso l’Amministrazione non ha alcuna discrezionalità, trattandosi di mero accertamento tecnico, nell’altro deve motivare, nell’esercizio di discrezionalità tecnica, in ordine alla natura “deturpante” del tatuaggio ovvero all’idoneità dello stesso a manifestare una “personalità abnorme” del candidato (cfr. la già richiamata Cons. Stato, Sez. IV, 16 luglio 2018, n. 4305).
La disposizione, ad avviso del Collegio, deve essere appunto interpretata come riferita alle parti del corpo coperte in senso fisico da capi di abbigliamento (quali pantaloni o giacche): ragionando diversamente, ossia ove si ritenesse che anche le calze abbiano, agli effetti de quibus, valenza “coprente”, si avrebbe che i tatuaggi del personale femminile nella parte inferiore della gamba, pur se visibili, sarebbero causa di esclusione solo ove “deturpanti” o “indice di personalità abnorme”, ciò che è illogico ed è, infatti, smentito dalla costante prassi amministrativa e da numerose pronunce giurisprudenziali e che, per vero, neanche l’odierna appellata giunge a sostenere.
Ne consegue che, ove la commissione medica affermi che un tatuaggio su una parte del corpo non coperta dalla divisa (quale, per il personale femminile, il polpaccio) sia ancora visibile e corrobori tale assunto mediante l’accurata descrizione della forma, delle dimensioni e del soggetto del tatuaggio stesso, non rileva che, all’atto della visita, non siano state fatte indossare le calze.
Non ha, poi, alcuna importanza il fatto che la divisa comprendente le calze sia riservata ad usi occasionali: l’appartenente alla Polizia di Stato, infatti, deve garantire l’idoneità psico-fisica in relazione a tutte le varie situazioni in cui possa essere chiamato ad intervenire.
11. Per le esposte considerazioni l’appello dell’Amministrazione è fondato: in riforma dell’impugnata sentenza, pertanto, deve essere rigettato il ricorso di prime cure.
La novità della questione e, comunque, il rango degli interessi sottesi alla controversia suggeriscono di compensare le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, rigetta il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le persone citate nel presente provvedimento.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere, Estensore
Nicola D’Angelo – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere
Roberto Proietti – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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