Il vincolo di inedificabilità assoluta

Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 31 gennaio 2020, n. 815.

La massima estrapolata:

Il vincolo di inedificabilità assoluta rende non fabbricabili le aree site nella fascia di rispetto stradale indipendentemente dalle caratteristiche dell’opera abusivamente realizzata e dalla necessità di accertamento in concreto dei connessi rischi per la circolazione stradale, essendo correlato alla più ampia esigenza di assicurare una fascia di rispetto utilizzabile per finalità di interesse generale, con la conseguenza che opera direttamente e automaticamente, sicché, accertata la violazione del vincolo di inedificabilità, il parere dell’amministrazione sull’istanza di sanatoria non può essere che negativo.

Sentenza 31 gennaio 2020, n. 815

Data udienza 21 gennaio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9918 del 2009, proposto dalla Cooperativa Pl. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Al. Ba., con domicilio eletto presso gli uffici della Pl. S.r.l. in Roma, via (…),
contro
– la Provincia di Bari, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Ma. Ni., con domicilio eletto presso gli uffici della Pl. S.r.l. in Roma, via (…),
– il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, sezione terza, n. 2328/2008, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia di Bari;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2020, il consigliere Francesco Frigida e uditi per le parti l’avvocato Lo. Gi., su delega dell’avvocato Al. Ba., e l’avvocato Ed. De Ru., su delega dell’avvocato An. Ma. Ni.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. In data 25 gennaio 1995, l’odierna appellante ha presentato al Comune di (omissis) domanda di concessione in sanatoria, ai sensi degli articoli 39 della legge n. 724 del 1994 e 31 e seguenti della legge n. 47 del 1985, per un locale ad uso ristoro in zona agricola nelle vicinanze della Strada provinciale 113 Monopoli-Alberobello.
Con note prot. numeri 7807 del 30 agosto 1996 e 9847 del 2 ottobre 1996, l’allora Provincia di Bari (oggi Città metropolitana di Bari) ha emesso pareri negativi, stante la sussistenza di un vincolo di inedificabilità introdotto, a protezione del nastro stradale, dal D.M. n. 1404 del 1 aprile 1968, prima dell’ultimazione dell’edificio da sanare.
2. Avverso tali pareri, l’interessata ha proposto il ricorso di primo grado n. 3248 del 1996, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari.
L’allora Provincia Bari si è costituita nel giudizio di primo grado, mentre il Comune di (omissis) non si è costituito.
3. Con l’impugnata sentenza n. 2328 del 14 ottobre 2008, il T.a.r. per la Puglia, sede di Bari, sezione terza, ha respinto il ricorso e ha condannato la ricorrente al pagamento, in favore dell’Amministrazione provinciale, delle spese di lite, liquidate in euro 2.000.
4. Con ricorso ritualmente notificato e depositato – rispettivamente in data 25/26 novembre 2009 e in data 10 dicembre 2009 -, la società ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza, articolando un unico composito motivo.
5. La Città metropolitana di Bari si è costituita in giudizio, resistendo all’appello, mentre il Comune di (omissis), pur ritualmente evocato, non si è costituito.
6. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 21 gennaio 2020.
7. L’appello è infondato e deve essere respinto alla stregua delle seguenti considerazioni in fatto e in diritto.
8. È dirimente – e assorbente ogni altra considerazione – il fatto che l’immobile è sito in zona agricola. Non è provato quanto affermato dall’appellante circa l’ubicazione dell’immobile in zona esterna all’abitato e tipizzata dal piano regolatore generale come ambito di particolare pregio ambientale. È pertanto infondato il tentativo dell’appellante di sostenere che la disciplina urbanistica dell’area su cui sorge il manufatto potesse qualificarsi come “edificabile” ai sensi dell’articolo 26, comma 3, del d.P.R. n. 495 del 1992.
Non può peraltro sottacersi che “Il vincolo imposto sulle aree site nella fascia di rispetto stradale o autostradale si traduce in un divieto di edificazione che rende le aree medesime legalmente inedificabili, trattandosi di vincolo di inedificabilità che, pur non derivando dalla programmazione e pianificazione urbanistica, è pur sempre sancito nell’interesse pubblico da apposite leggi (art. 41 septies, l. n. 1150 del 1942, aggiunto dall’art. 19, l. n. 765 del 1967; art. 9, l. n. 729 del 1961) e dai relativi provvedimenti di attuazione (d.m. 1° aprile 1968)” (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, decisione 16 novembre 2005, n. 9).
Ciò premesso, posto che l’immobile è stato costruito successivamente al 1° gennaio 1968 [data di entrata in vigore del decreto ministeriale (Ministero dei lavori pubblici) n. 1404 del 1968], sussiste un divieto assoluto di edificare in aree site in fascia di rispetto stradale (vincolo assoluto di inedificabilità ), ai sensi dell’articolo 9 della legge n. 729/1961 e del citato decreto ministeriale n. 1404 del 1968, sicché va applicato l’articolo 33, comma 1, lettera d), della legge n. 47 del 1985, che statuisce l’impossibilità di sanatoria in presenza di vincoli di inedificabilità .
8.1. Del tutto legittimamente il T.a.r. non si è pronunciato sulle ulteriori censure mosse dalla parte privata, in quanto assorbite dalla acclarata presenza di un vincolo di inedificabilità assoluta del terreno su cui è stato edificato il manufatto.
In ogni caso, in ordine alla censura di non necessaria acquisizione del parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo (Provincia di Bari), si evidenzia che ai sensi degli articoli 32, comma 1, della legge n. 47 del 1985 e 39 della legge n. 724 del 1994, il parere era certamente necessario (cfr. Consiglio di Stato, sezione VI, sentenze 22 gennaio 2019, n. 540, e 28 settembre 2012, n. 5125).
Con riferimento all’asserita esigenza di vagliare l’effettiva pericolosità dell’opera per il traffico stradale, si osserva che, come chiarito dalla giurisprudenza, il vincolo di inedificabilità assoluta rende non fabbricabili le aree site nella fascia di rispetto stradale indipendentemente dalle caratteristiche dell’opera abusivamente realizzata e dalla necessità di accertamento in concreto dei connessi rischi per la circolazione stradale, essendo correlato alla più ampia esigenza di assicurare una fascia di rispetto utilizzabile per finalità di interesse generale, con la conseguenza che opera direttamente e automaticamente, sicché, accertata la violazione del vincolo di inedificabilità, il parere dell’amministrazione sull’istanza di sanatoria non può essere che negativo (cfr. Consiglio di Stato, sezione IV, sentenze 8 giugno 2011, n. 3498, 14 aprile 2010, n. 2076, e 15 aprile 2013, n. 2062; Cass. civ., sezione III, sentenza 21 febbraio 2013, n. 4346).
Parimenti infondata è la deduzione per cui le distanze dal ciglio stradale sarebbero derogabili in caso di impianti di interesse pubblico, poiché il vincolo di inedificabilità è, per sua natura, incompatibile con qualsiasi tipologia di manufatto.
È altresì infondata la doglianza relativa all’incompetenza del dirigente ad emanare i pareri impugnati siccome di competenza della Giunta provinciale, in quanto detto vizio, attesa la già rilevata natura vincolata dei provvedimenti adottati, rientra nel novero dei vizi non invalidanti di cui all’articolo 21-octies, comma 2, prima parte, della legge n. 241 del 1990, e non ridonda, pertanto, in un’annullabilità .
9. In conclusione l’appello va respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
10. In applicazione del principio della soccombenza, al rigetto dell’appello segue la condanna dell’appellante al pagamento, in favore dell’Amministrazione appellata, delle spese di lite del presente grado di giudizio, che, tenuto conto dei parametri stabiliti dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55, e dall’articolo 26, comma 1, c.p.a., si liquidano in euro 5.000 (cinquemila), oltre accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali), se dovuti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione seconda, definitivamente pronunciando sull’appello n. 9918 del 2009, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata; condanna l’appellante al pagamento, in favore dell’Amministrazione appellata, delle spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate in euro 5.000 (cinquemila), oltre accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali), se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2020, con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere
Francesco Frigida – Consigliere, Estensore
Giovanni Orsini – Consigliere

 

 

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