Il trasferimento del personale pubblico ex art. 78 TUEL

Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 8 giugno 2020, n. 3615.

La massima estrapolata:

Il trasferimento del personale pubblico ex art. 78 TUEL in connessione col mandato elettorale locale è ontologicamente temporaneo e di per sé, cioè in mancanza di successive determinazioni espresse di motivata conferma, non può dar luogo ad alcuna stabilizzazione.

Sentenza 8 giugno 2020, n. 3615

Data udienza 4 giugno 2020

Tag – parola chiave: Pubblico impiego – Polizia di Stato – Trasferimento a domanda ex art. 78 TUEL – Elezione a consigliere comunale – Cessazione mandato elettorale – Ritrasferimento nella sede di provenienza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9857 del 2016, proposto da
Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Gen. Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
contro
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Vi. Pa., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Pi. To. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce Sezione Seconda n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente trasferimento dipendente
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 giugno 2020 il Cons. Antonino Anastasi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

L’odierno appellato, assistente capo della Polizia di Stato già in servizio presso struttura di polizia stradale nella Regione Emilia Romagna, con provvedimento del 26 luglio 2005 è stato trasferito a domanda (ai sensi dell’art. 78 TUEL) presso un commissariato leccese, essendo risultato eletto consigliere comunale nel comune di -OMISSIS-.
Rieletto per la successiva tornata elettorale, l’interessato è rimasto in servizio in Puglia fino al 2015 quando – cessato il suo mandato elettorale – l’amministrazione dell’Interno ha avviato il procedimento per il suo ritrasferimento.
Nella fase istruttoria l’assistente ha fatto rilevare di essere stato nominato delegato del sindaco di -OMISSIS- in seno al Consorzio Universitario Interprovinciale -OMISSIS- ed ha perciò richiesto la conferma della sede di servizio.
Con provvedimento del 7/10/2015 l’Amministrazione ha però disposto il ritrasferimento del sottufficiale nella sede di provenienza, ritenendo da un lato che lo status di delegato del sindaco non conferisse al predetto la qualità di amministratore locale, dall’altro che in ogni caso l’espletamento della delega sindacale comportasse un impegno saltuario (cinque/sei riunioni annue) pacificamente fronteggiabile con strumenti diversi (permessi congedi etc.) dal trasferimento di sede.
L’interessato ha impugnato tale provvedimento avanti al Tar Lecce il quale con la sentenza in epigrafe indicata lo ha accolto per quanto di ragione.
La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello oggi in esame dall’Amministrazione soccombente che ne ha chiesto l’integrale riforma previa sospensione dell’esecutività, deducendo un unico articolato motivo di appello.
Si è costituito l’originario ricorrente, instando per il rigetto dell’avverso gravame e impugnando in via incidentale il capo di sentenza a lui sfavorevole.
Nella camera di consiglio del 23 febbraio 2017 l’istanza cautelare è stata rinviata al merito su congiunta richiesta delle Parti.
La parte privata ha nel prosieguo depositato memoria e note di replica, insistendo nelle già rappresentate conclusioni e richiamando recente favorevole giurisprudenza del TAR salentino.
Il ricorso, già fissato all’UP del 2 aprile 2020, è stato poi rinviato alla odierna Udienza a causa della sospensione emergenziale delle attività giurisdizionali.
L’interessato ha poi richiesto il rinvio dell’Udienza onde poterla discutere oralmente ma il Collegio – come risulta dal verbale – ha disatteso tale richiesta in quanto le esigenze difensive dell’appellato avrebbero potuto essere salvaguardate mediante le procedure di discussione da remoto introdotte dall’art. 4 del DL n. 28 del 2020, che la Difesa dell’appellato non ha però richiesto nei termini.
All’Udienza del 4 giugno 2020, pertanto, l’appello è stato pertanto ritenuto maturo e trattenuto in decisione.
L’appello principale è fondato e va pertanto accolto, con integrale riforma della sentenza impugnata e rigetto del ricorso introduttivo.
Ragioni logiche inducono ad esaminare prioritariamente il ricorso incidentale mediante il quale l’appellato contesta il capo di sentenza (a lui sfavorevole) col quale il TAR ha stabilito che l’originario trasferimento per mandato elettorale doveva intendersi a titolo precario e non definitivo.
Il mezzo è infondato, in fatto e in diritto.
In fatto, l’Amministrazione risulta aver apposto al trasferimento del 2005 una clausola alla stregua della quale si riservava di rivalutare la situazione di impiego del sottufficiale al termine del mandato: ne consegue che, volendo impiegare termini civilistici, il trasferimento stesso era condizionato al perdurare del mandato, cessato il quale esso perdeva la sua ragione causale con effetti risolutivi.
A parte questo, nella corretta chiave di indagine pubblicistica (ed in disparte ovviamente gli effetti derivanti dalla mancata tempestiva contestazione della clausola stessa) è da evidenziare la natura ontologicamente temporanea e precaria dei provvedimenti di trasferimento adottati non in base a esigenze organizzative proprie dell’Amministrazione o nell’ambito delle ordinarie pianificazioni dei movimenti del personale, ma in base ad altre ragioni (elettorali, assistenziali, di tutela degli handicap o della genitorialità ) le quali – in base ad espresso dettato del Legislatore – hanno tale rilievo da far appunto premio sull’interesse pubblico di settore, evidentemente contrapposto o comunque non coincidente.
Da ciò deriva che, una volta venuta meno la situazione di base che ha determinato la deroga, la deroga stessa non ha più ragione di perdurare, riespandendosi le ragioni di pubblico interesse che presiedono all’ordinato governo del personale pubblico e dei suoi movimenti.
In termini piani, il trasferimento del personale pubblico ex art. 78 TUEL in connessione col mandato elettorale locale è ontologicamente temporaneo e di per sè (cioè in mancanza di successive determinazioni espresse di motivata conferma, che nella fattispecie non sussistono) non può dar luogo ad alcuna stabilizzazione.
D’altra parte, sul piano dei principi, il trasferimento in questione non si correla ad esigenze personali dell’eletto ma alla necessità di consentire il pieno espletamento del mandato conferitogli dagli elettori, di talché una volta cessato il mandato stesso il ripristino della situazione anteriore non lede alcuna aspettativa personale meritevole di particolare tutela ai sensi dell’ordinamento.
Tanto chiarito, e confermato sul punto l’avviso del TAR, deve procedersi all’esame del motivo d’appello principale mediante il quale l’amministrazione deduce che l’appellato nella sua carica di delegato sindacale nel consorzio universitario non aveva qualità di amministratore locale e che comunque tale incarico (per il suo ridotto e saltuario impegno) poteva essere espletato senza necessità di permanenza continuativa in loco.
Il mezzo è fondato.
Per il primo profilo, si ricorda che ai sensi dell’art. 77 TUEL la qualità di amministratore locale è riconosciuta ai componenti degli organi dei consorzi tra enti locali.
Nel caso del consorzio universitario salentino, componente optimo iure dello stesso è dunque il sindaco di -OMISSIS- (comune consorziato) il quale infatti per espressa previsione statutaria è membro dell’assemblea.
Infatti, come si evince appunto dall’art. 6 dello Statuto consortile (nel testo pubblicato sul sito istituzionale dell’ente) l’Assemblea consortile è composta dai legali rappresentanti degli Enti pubblici partecipanti (e quindi dai sindaci comunali e metropolitani) i quali ” possono farsi sostituire, nella partecipazione alle adunanze, da un loro delegato”.
Il fatto che il sindaco di -OMISSIS- abbia delegato l’appellato a sostituirlo nelle Adunanze dell’organo non conferisce dunque a quest’ultimo la qualità di amministratore locale: e ciò sia perchè l’art. 77 citato non estende la qualifica agli eventuali delegati a titolo personale dalle autorità locali al compimento di atti specifici; sia soprattutto perchè la qualifica pubblicistica di amministratore e le connesse responsabilità non si trasmettono in virtù di una delega al compimento di una specifica attività ma restano in capo al delegante.
In termini piani, come si è detto, ai fini giuridici il componente dell’organo consortile resta il sindaco, il quale infatti potrebbe in ogni momento revocare la delega, e rimane comunque il solo responsabile politico-istituzionale di fronte agli elettori in ordine al rapporto che lega il comune al consorzio e nella gestione di questo.
Tanto chiarito sul piano formale, dal punto di vista sostanziale – che maggiormente rileva – la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha già da tempo assunto sul tema un chiaro indirizzo al quale questo Collegio intende dare piena continuità .
Con riferimento ad una fattispecie perfettamente sovrapponibile a quella in rassegna, la giurisprudenza ha infatti negato che, in base all’articolo 78, comma 6° del decreto legislativo n. 267/2000, possa essere configurabile un vero e proprio diritto soggettivo del dipendente pubblico al trasferimento nella sede di svolgimento del proprio mandato presso un ente locale.
La norma prevede che l’assegnazione del dipendente da parte dell’Amministrazione datrice, avvenga nel rispetto del generale principio del bilanciamento degli interessi, assicurando sia il rispetto dei diritti soggettivi dell’art. 51, terzo comma, Cost., e sia le esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro, le quali devono essere concretamente valutate con riguardo all’interesse pubblico connesso con la prestazione del servizio pubblico (cfr. Consiglio Stato, sez. III, n. 1638 del 2011).
E ciò, come è stato icasticamente affermato, al fine di evitare che un sempre più ricorrente all’istituto in questione, finisca per risolversi in vero e proprio abuso del diritto, piegando una norma di civiltà ad esigenze personalistiche, in danno delle legittime aspettative di avvicinamento ai luoghi di origine di coloro i quali, pur essendo in carriera da maggior tempo, finiscono per essere di fatto illegittimamente penalizzati.” (cfr. IV Sez. n. 3865 del 2012).
Sotto il secondo profilo evocato dall’Amministrazione è assorbente la considerazione che solo qualora sia sussistente una effettiva esigenza di permanenza presso il luogo di svolgimento dell’incarico l’Amministrazione stessa può, in applicazione dell’art. 78, comma 6 d.lgs. 267/2000 provvedere nel senso del trasferimento del dipendente, senza che peraltro tale trasferimento costituisca un diritto del dipendente medesimo.
Viceversa laddove tale impegno come nel caso in esame non necessiti della costante permanenza in loco, essendo le funzioni delegate ridotte alla partecipazione a poche assemblee annuali, peraltro largamente programmate e prevedibili, non si giustifica il ricorso all’istituto del trasferimento del dipendente ex art. 78, comma 6 TUEL (Cons. Stato sez. IV sentenza citata).
Ciò in quanto il TUEL assicura altri strumenti (ad es. permessi retribuiti: art. 79; rimborsi spese viaggio: art. 84) atti ad agevolare l’espletamento dell’attività dell’amministratore locale titolare di un contratto di lavoro subordinato.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello dell’Amministrazione va dunque accolto, con integrale riforma della sentenza impugnata e rigetto del ricorso introduttivo.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza come per legge e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, riforma la sentenza impugnata e respinge il ricorso introduttivo.
Condanna -OMISSIS- al pagamento di euro 3000,00 (tremila/00) oltre spese generali IVA e CPA se dovuti in favore del Ministero dell’Interno per le spese e onorari del giudizio.
Il contributo unificato per i due gradi di giudizio resta definitivamente a carico del soccombente
-OMISSIS-.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità .
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2020 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente, Estensore
Giuseppe Castiglia – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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