Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 12 febbraio 2020, n. 1093.
La massima estrapolata:
Il sindacato di legittimità del giudice amministrativo rispetto al giudizio espresso dalle Commissioni esaminatrici di un esame o di un concorso è limitato al riscontro del vizio di eccesso di potere per manifesta illogicità, con riferimento ad ipotesi di erroneità o irragionevolezza riscontrabili ab externo e ictu oculi dalla sola lettura degli atti.
Sentenza 12 febbraio 2020, n. 1093
Data udienza 3 dicembre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5167 del 2009, proposto dal dott. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Fr. Ca., con domicilio digitale presso il medesimo in difetto di elezione di domicilio fisico in Roma;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima n. -OMISSIS-del 18 giugno 2008, resa tra le parti sul ricorso n. r.g. -OMISSIS-, proposto per l’annullamento della valutazione negativa di cui al verbale n. -OMISSIS-, pubblicato in data 17.3.2007, relativo alle prove scritte del concorso a 200 posti di notaio indetto con decreto dirigenziale del 1° settembre 2004.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2019 il Cons. Francesco Guarracino e uditi l’avv. Fr. Ca. per l’appellante e l’avv.to dello Stato Ro. Pa. per l’appellato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il dott. Or. Me. ha proposto appello avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (prima sezione), n. -OMISSIS-del 18 giugno 2008, con cui è stato respinto il ricorso dallo stesso proposto avverso il giudizio di non idoneità conseguito all’esito della correzione delle prove scritte del concorso a 200 posti di notaio indetto con D.M. 1° settembre 2004 e la conseguente sua non ammissione alle prove orali del concorso.
Il Ministero della Giustizia si è costituito in giudizio per resistere all’appello.
Alla pubblica udienza del 3 dicembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il giudizio d’inidoneità formulato dalla commissione di esame sull’atto inter vivos redatto dall’appellante si basa su una serie articolata di critiche mosse alla parte pratica (elusione della problematica relativa alla normativa antiriciclaggio, non corretta consequenzialità delle pattuizioni, ripetuto uso di terminologia errata dal punto di vista giuridico, diffuse irregolarità e imprecisioni) e su una valutazione totalmente negativa della parte teorica (“la parte teorica non emenda gli errori della parte pratica; inoltre è estremamente lacunosa su tutti i quesiti e presenta gravi errori di diritto e confusione fra gli istituti in esame”).
In primo grado il T.A.R. ha respinto il ricorso affermando che, “a fronte di una motivazione resa dalla Commissione ampia, comprensibile e basata su una pluralità di profili afferenti sia la parte pratica che la parte teorica dell’elaborato, il ricorrente non ha fornito elementi volti alla immediata percezione di una eventuale manifesta irragionevolezza della valutazione ed, anzi, con riferimento alla motivazione di insufficienza relativa alla parte teorica, ha dedotto la sola violazione dell’art. 3 L. 241/1990”.
L’appellante censura la sentenza con tre motivi.
Col primo motivo sostiene che il giudice di primo grado avrebbe errato nel non tener conto che il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici può svolgersi in base alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della correttezza quanto al criterio tecnico ed al procedimento applicativo.
Col secondo motivo critica le considerazioni effettuate dal T.A.R. sul grado di analiticità richiesto ai criteri di valutazione delle prove scritte, rimarcando di non aver mai impugnato la parte dei verbali della commissione esaminatrice relativa alla scelta dei criteri, ma semplicemente censurato le modalità di applicazione dei criteri medesimi, in quanto dalla motivazione contenuta nel verbale impugnato non si ricaverebbe la sussistenza di alcuna delle cause di inidoneità previamente individuate dalla commissione: in particolare, non vi sarebbe travisamento della traccia, né grave errore di diritto nella scelta della soluzione o cause di nullità dell’atto rogato, neppure sotto il profilo della censurata correttezza delle consequenzialità delle pattuizioni, ed anche il presunto errore terminologico rilevato dalla commissione esaminatrice (l’uso del termine “convalida” in luogo di “conferma”) non avrebbe consistenza, stante il rapporto di genus a species tra convalida e conferma individuato dalla dottrina più autorevole; infine, la presenza di irregolarità o imprecisioni, ferma restando l’inesistenza di gravi errori di diritto, potrebbe avere rilevanza solo ai fini della determinazione della votazione e non già del giudizio di non idoneità .
Col terzo motivo censura la sentenza di primo grado nella parte in cui afferma l’intelligibilità delle ragioni della valutazione della commissione esaminatrice, dolendosi che la stessa non avrebbe specificato sulla base di quali ragioni quella valutazione sarebbe intelligibile: secondo l’appellante il giudizio della commissione, in realtà, sarebbe stato adottato in violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, osservando che “[i]nvero, la generica espressione “presenta gravi errori di diritto” risulta, come detto, tautologica, in quanto è meramente ripetitiva del criterio di giudizio di cui al punto 1), senza specificare esattamente quali siano i presunti errori di diritto”.
L’appello, i cui motivi si prestano ad essere congiuntamente esaminati, è infondato.
Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, “il sindacato di legittimità del giudice amministrativo rispetto al giudizio espresso dalle Commissioni esaminatrici di un esame o di un concorso è … limitato al riscontro del vizio di eccesso di potere per manifesta illogicità, con riferimento ad ipotesi di erroneità o irragionevolezza riscontrabili ab externo e ictu oculi dalla sola lettura degli atti (Consiglio di Stato, sez. VI, 17 maggio 2017, n. 2334; Sez. IV, 30 agosto 2018, n. 5117)” (C.d.S., sez. II, 27 giugno 2019, n. 4432).
Al riguardo, è stato riassuntivamente osservato (C.d.S., sez. IV, 26 ottobre 2018, n. 6103) che:
“a) secondo un costante orientamento della giurisprudenza, in materia di concorsi notarili (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30 agosto 2017, n. 4107; 5 gennaio 2017, n. 11; n. 2110 del 2016):
a.1) le valutazioni espresse dalle Commissioni giudicatrici in merito alle prove di concorso, seppure qualificabili quali analisi di fatti (correzione dell’elaborato del candidato con attribuzione di punteggio o giudizio) e non come ponderazione di interessi, costituiscono pur sempre l’espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l’idoneità tecnica e/o culturale, ovvero attitudinale, dei candidati, con la conseguenza che le stesse valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico od un errore di fatto, o ancora una contraddittorietà ictu oculi rilevabile;
a.2) conseguentemente il giudicante non può ingerirsi negli ambiti riservati alla discrezionalità tecnica dell’organo valutatore (e quindi sostituire il proprio giudizio a quello della Commissione), se non nei casi in cui il giudizio si appalesi viziato sotto il profilo della abnormità logica, vizio la cui sostanza non può essere confusa con l’adeguatezza della motivazione, ben potendo questa essere adeguata e sufficiente e tuttavia al tempo stesso illogica; stante, invero, il diverso rilievo ed ambito concettuale, che assumono i due vizi, l’uno non può essere arbitrariamente dedotto dall’altro (soprattutto, un giudizio critico negativo reso dalla Commissione esaminatrice mediante punteggio numerico non risulta affetto né da profili di insufficienza, né da profili di irrazionalità solo perché il giudice, senza rilevare alcuna concreta eclatante discrasia tra la votazione negativa attribuita e il contenuto degli elaborati, decida di sostituire (indebitamente) la propria competenza a quella specifica riconosciuta dall’ordinamento alla Commissione, invadendo gli ambiti di discrezionalità tecnica alla stessa riservati);
b) con riferimento specifico al concorso notarile è stato chiarito che “…. le commissioni esaminatrici, chiamate a fissare i parametri di valutazione e poi a giudicare su prove di esame o di concorso, esercitano non una ponderazione di interessi, ma un’amplissima discrezionalità tecnica, sulla quale il sindacato di legittimità del giudice amministrativo è limitato al riscontro del vizio di illegittimità per violazione delle regole procedurali e di quello di eccesso di potere in particolari ipotesi-limite, riscontrabili dall’esterno e con immediatezza dalla sola lettura degli atti (errore sui presupposti, travisamento dei fatti, manifesta illogicità o irragionevolezza); costituiscono, pertanto, espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l’idoneità tecnica, culturale ovvero attitudinale dei candidati, tanto il momento (a monte) dell’individuazione dei criteri di massima per la valutazione delle prove, quanto quello (a valle) delle valutazioni espresse dalla commissione giudicatrice; da ciò discende che sia i criteri di giudizio, sia le valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo se non nei limitati casi in cui l’esercizio del potere discrezionale trasmodi in uno o più dei vizi sintomatici dell’eccesso di potere (irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti), i quali – tipicamente – rappresentano vizi della funzione (rectius, della disfunzione) amministrativa, per essere stato, il potere, scorrettamente esercitato o finalizzato al raggiungimento di finalità estranee a quella della scelta dei soggetti più idonei a ricoprire la funzione””.
Nel caso in esame, la valutazione negativa dell’elaborato formulata dalla commissione esaminatrice non riguarda soltanto la sua parte pratica, con motivazione su cui s’incentrano i rilievi critici riproposti col secondo motivo di appello, ma anche la parte teorica, la quale ha formato anch’essa oggetto di un giudizio negativo quanto severo (“la parte teorica… è estremamente lacunosa su tutti i quesiti e presenta gravi errori di diritto e confusione fra gli istituti in esame”) che le critiche contenute nel terzo motivo di appello non valgono a superare, essendo retto in via autonoma già dal rilievo della lacunosità della trattazione teorica, il quale si presenta scevro da profili di illogicità od irrazionalità, oltre che dall’addotta confusione, nella medesima parte teorica, tra istituti giuridici, profili sui quali l’appellante omette sostanzialmente di soffermarsi.
Per queste ragioni, in conclusione, l’appello deve essere respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore del Ministero della Giustizia, delle spese del presente grado del giudizio, che liquida nella somma complessiva do Euro 2000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità dell’appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Taormina – Presidente
Giovanni Sabbato – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere
Giovanni Orsini – Consigliere
Francesco Guarracino – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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