Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 1 ottobre 2020, n. 5752.
Il ruolo tributario costituisce non un documento a sé stante, bensì un semplice flusso di dati, assimilabile a un archivio, dal quale si estraggono di volta in volta le posizioni dei singoli contribuenti (c.d. estratto di ruolo). Legittimo quindi il diniego di accesso tramite silenzio rifiuto della PA.
Sentenza 1 ottobre 2020, n. 5752
Data udienza 17 settembre 2020
Tag – parola chiave: Accesso agli atti – Cartelle tributarie – Richiesta di accesso al ruolo nominativo – Semplice flusso di dati – Diritto di accesso ai dati della pretesa tributaria – Accesso all’estratto relativo all’interessato
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1914 del 2018, proposto dalla ADER – Agenzia delle entrate – Riscossione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
contro
il signor Fr. De Gr., rappresentato e difeso dall’avvocato Si. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
per la riforma
della sentenza del TAR Campania, sede di Napoli, sezione VI, 30 novembre 2017, n. 5694, che ha accolto il ricorso n° 1450/2017 R.G., proposto per l’annullamento del silenzio rifiuto formatosi sull’istanza presentata dalla parte ricorrente con pec 20 febbraio 2017 consegnata lo stesso giorno ad Eq. S.p.a. per ottenere l’accesso ad atti e documenti da essa detenuti e in particolare: 1) copia conforme all’originale di tutte le cartelle di pagamento relative al proprio ruolo ex art. 49 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, così come notificate; 2) copia conforme dei ruoli nominativi integrali completi; 3) relate di notifica delle suddette cartelle;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del signor Fr. De Gr.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 settembre 2020 il Cons. Francesco Gambato Spisani e udito per l’amministrazione appellante l’avvocato dello Stato Gi. Ro.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
– la parte ricorrente appellata dichiara di avere avuto informalmente notizia di pretese nei suoi confronti da parte dell’amministrazione tributaria, e per capire di cosa si trattasse di preciso ha presentato all’amministrazione intimata appellante, con pec 20 febbraio 2017, un’istanza per ottenere l’accesso agli atti e documenti che riteneva utili in tal senso, ovvero l’accesso ai sensi dell’art. 22 della l. 7 agosto 1990, n. 241, alla copia conforme all’originale di tutte le cartelle di pagamento relative al proprio ruolo ex art. 49 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, così come notificate, alla copia conforme dei ruoli nominativi integrali completi e alle relate di notifica delle suddette cartelle (all. 2 al ricorso di primo grado, istanza);
– non ricevendo risposta alcuna, ha proposto ricorso avanti il TAR contro il silenzio inadempimento formatosi;
– con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il TAR ha anzitutto dichiarato improcedibile il ricorso quanto alla richiesta di copia delle cartelle già notificate alla parte, la quale ha preso atto di quanto dichiarato sul punto dall’amministrazione, ovvero che l’unico esemplare esistente della cartella già notificata è appunto quello consegnato alla parte destinataria. Il TAR ha parimenti dichiarato improcedibile il ricorso quanto alla richiesta di copia delle relate di notifica, che è stata consegnata in corso di giudizio;
– il TAR ha poi accolto il ricorso quanto alla richiesta di accesso al “ruolo nominativo” (motivazione, p. 3 rigo settimo). In proposito, per quanto interessa, ha escluso che l’interesse della parte su quest’ultimo punto si potesse ritenere soddisfatto con la produzione dell’estratto di ruolo, sostenendo la diversità dei due documenti, ovvero del “ruolo” in quanto tale e dell'”estratto di ruolo”. Secondo il Giudice di primo grado, infatti, il ruolo è previsto dagli artt. 10 lettera b), 11 e 12 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e consiste in un “elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall’ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario”, con indicazione di quanto dovuto a titolo di imposte, sanzioni ed interessi, importi per i quali è titolo esecutivo. L’art. 12 citato in particolare precisa che “in ciascun ruolo sono iscritte tutte le somme dovute dai contribuenti che hanno il domicilio fiscale in comuni compresi l’ambito territoriale i il ruolo si riferisce”; che nel ruolo “devono essere comunque indicati il numero del codice fiscale del contribuente, la specie del ruolo, la data in cui il ruolo diviene esecutivo e il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento, ovvero, in mancanza, la motivazione, anche sintetica, della pretesa; in difetto di tali indicazioni non può farsi luogo all’iscrizione”; e che “il ruolo è sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal titolare dell’ufficio o da suo delegato”. Sempre secondo il Giudice di primo grado, l’estratto del ruolo sarebbe qualcosa di diverso, ovvero un elaborato informatico che contiene in sintesi i dati della pretesa dell’ufficio;
– contro questa sentenza, l’intimata ha proposto impugnazione con appello che contiene un unico motivo, in cui deduce travisamento del fatto, e sostiene che in realtà il ruolo come documento a sé stante non esisterebbe, e quindi, secondo logica, ad esso non si potrebbe dare accesso. L’amministrazione sostiene infatti che una differenza fra “ruolo” ed “estratto” di esso nemmeno sarebbe configurabile, per le ragioni che seguono. Secondo l’amministrazione infatti, il ruolo è formato ai sensi dell’art. 2, comma 1, del D.M. 3 settembre 1999, n. 321, per cui “I ruoli formati direttamente dall’ente creditore sono redatti, firmati e consegnati, mediante trasmissione telematica al CNC, ai competenti concessionari del servizio nazionale della riscossione” e consisterebbe quindi in un flusso informatico, che contiene i dati di tutti i contribuenti interessati. Nell’ambito poi di questo flusso si denominerebbe poi in termini correnti “estratto di ruolo” la parte che contiene i dati relativi al singolo contribuente, oscurati quelli relativi invece ad altri soggetti, diversi da colui il quale ne chiede l’esibizione a tutela della propria posizione personale. In altre parole, si sostiene che “l’estratto è esso stesso il ruolo, nella sua interezza, per la parte che afferisce all’interessato, oscurati – per automatismo di sistema- i soli dati di terzi, a salvezza della loro privacy”. Sempre secondo l’amministrazione, ciò sarebbe confermato dall’art. 5, comma 5 del d.l. 31 dicembre 1996, n. 669, per cui “Sono validi agli effetti della procedura di riscossione dei tributi i certificati, le visure e qualsiasi atto e documento amministrativo rilasciati, tramite sistemi informatici o telematici, al concessionario del servizio della riscossione dei tributi qualora contengano apposita asseverazione del predetto concessionario della loro provenienza”. L’amministrazione afferma infatti che parlare di “asseverazione” starebbe a significare che non si possono distinguere un originale e una copia per estratto;
– con memoria 21 maggio 2018 la parte ricorrente appellata ha chiesto che l’appello sia respinto, richiamando la motivazione della sentenza di I grado;
– l’amministrazione, con replica del 3 marzo 2020, ha ribadito le proprie difese;
– con memoria 15 settembre 2020, la parte ricorrente appellata ha in primo luogo eccepito l’inammissibilità dell’appello, in quanto esso non conterrebbe l’indicazione delle precise parti della sentenza che si vogliono impugnare. Nel merito ha poi sostenuto che l’amministrazione avrebbe dovuto esporre le ragioni per cui non è stato possibile depositare in giudizio il “ruolo nominativo”;
– alla camera di consiglio del giorno 17 settembre, fissata su rinvio dal 19 marzo 2020, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione;
– l’appello è fondato e va accolto, per le ragioni di seguito spiegate;
– in via preliminare, va respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello dato che a semplice lettura dell’atto è assolutamente chiaro in che termini la parte appellante voglia criticare la sentenza di primo grado; si deve poi aggiungere solo per completezza che per la parte che come in questo caso era in primo grado intimata non è ovviamente possibile una ripetizione dei motivi dedotti in quella sede, ma è ammessa, in linea di principio, qualsiasi critica alla sentenza impugnata che possa portare a far respingere la pretesa;
– nel merito, va condiviso quanto esposto dall’amministrazione e sopra riassunto. In base alle norme di legge citate e alla realtà dei fatti, che la parte ricorrente appellata non contesta specificamente, il ruolo nominativo non è un documento a sé stante, ma un semplice flusso di dati, assimilabile ad un archivio, dal quale si estraggono di volta in volta le posizioni dei singoli contribuenti. Il diritto di accesso ai dati della relativa pretesa tributaria è quindi soddisfatto per intero con l’accesso all’estratto relativo all’interessato, il quale, a meno di situazioni particolari, qui nemmeno ipotizzate, non ha interesse a conoscere la posizione di altri soggetti;
– in conclusione, quindi, il ricorso originario va dichiarato inammissibile quanto alla richiesta di copia del ruolo nominativo, in quanto volto ad accedere ad un documento che in realtà non esiste;
– le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 1914/2018, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado (n. 1450/2017 R.G. TAR Campania Napoli) ai sensi di cui in motivazione.
Condanna la parte ricorrente appellata a rifondere all’amministrazione intimata appellante le spese del grado, spese che liquida in Euro 1.500 (millecinquecento/00) oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 settembre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere, Estensore
Alessandro Verrico – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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