Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 25 luglio 2019, n. 5261.
La massima estrapolata:
Il rapporto di parentela tra stretti congiunti può essere senz’altro ritenuto uno degli elementi rilevanti, da cui è possibile, nell’ambito di una valutazione complessiva, desumere il pericolo di condizionamento dell’attività imprenditoriale del congiunto da parte della criminalità organizzata. Per i rapporti di parentela tra amministratori dell’impresa e familiari che siano contigui alle associazioni mafiose l’Amministrazione può dare loro rilievo, laddove tale rapporto lasci ritenere che l’impresa abbia una conduzione collettiva e una regia familiare, rilievo che l’Amministrazione può attribuire laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del “più probabile che non”, che l’impresa abbia una conduzione collettiva e una regia familiare.
Sentenza 25 luglio 2019, n. 5261
Data udienza 7 marzo 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 131 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Lo. Le. e Lu. Se., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Pl. in Roma, via (…);
contro
– Ufficio Territoriale del Governo di Napoli, non costituito in giudizio;
– Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
An. S.p.A., -OMISSIS-, non costituiti in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 8165 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Lo. Le., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A. Pl. Srl in Roma, via (…);
contro
Ministero dell’Interno e Ufficio Territoriale del Governo Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
quanto al ricorso n. 131 del 2017:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente informativa antimafia UTG di Napoli prot. n. -OMISSIS- del 22.7.2015;
quanto al ricorso n. 8165 del 2018:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente provvedimento prot. n. -OMISSIS- del 21.04.2017, con il quale il Prefetto di Napoli ha confermato l’interdittiva antimafia;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno e di Ministero dell’Interno e di Ufficio Territoriale del Governo Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 marzo 2019 il Cons. Giorgio Calderoni e uditi per le parti gli avvocati Lo. Le. e l’avvocato dello Stato Pi. Ga.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;
FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza 27/05/2016, n. -OMISSIS-, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania ha respinto il ricorso proposto dall’attuale Società appellante avverso l’informazione interdittiva 22 luglio 2015, adottata nei propri confronti dall’Ufficio Territoriale del Governo di Napoli e così motivata:
* con riferimento all’assetto societario, dal 16 aprile 2015 proprietari al 50% della quote sociali sono i -OMISSIS- -OMISSIS-;
* a carico di quest’ultimo figurano:
– una condanna (2006) della Corte di Assise di Appello di Napoli alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p., relativamente a lavori di costruzione di una superstrada, in qualità di amministratore di altra società, attualmente in stato di fallimento; il processo penale si è concluso con sentenza della Corte di Cassazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione;
– una seconda condanna (2009), all’esito del doppio grado di merito, alla pena di anni tre di reclusione per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p.: anche questo giudizio si è concluso con sentenza della Cassazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione;
* il ruolo di persona comunque vicina a consorterie criminali -OMISSIS- deriverebbe dagli elementi di fatto emersi all’esito dei due procedimenti penali a suo carico per delitti associativi, a nulla rilevando a fini di prevenzione antimafia la declaratoria di intervenuta prescrizione dei reati: invero, il settore del -OMISSIS-, in cui la Società opera, si è rivelato uno dei più esposti a rischi di permeabilità mafiosa.
2. A sua volta, la sentenza di primo grado ha richiamato i principi enunciati dalla nota sentenza 3 maggio 2016, n. 1743 di questa Sezione e alla luce di tali principi ha ritenuto “che il quadro indiziario posto a fondamento dell’impugnata informativa sia immune dai vizi logici e di travisamento dei fatti denunciati da parte ricorrente” per le seguenti ragioni:
# “dal complesso degli elementi indiziari raccolti emerge la sussistenza di stabili e risalenti collegamenti tra più imprese operanti nel settore del -OMISSIS- – ambito in cui non è contestato sussistere una forte presenza di interessi economici della criminalità organizzata – tutte riconducibili al nucleo familiare facente capo -OMISSIS-, ritenuto il soggetto intraneus rispetto ad una condizione di contiguità mafiosa, in considerazione di personali vicende giudiziarie e perché ritenuto gestore di fatto della società ricorrente, ultima nata tra quelle orbitanti nella capacità imprenditoriale della -OMISSIS-“;
# “quanto ai collegamenti con la criminalità organizzata, le due imputazioni -OMISSIS- per delitti di stampo associativo mafioso, in cui egli è ritenuto essere un imprenditore collettore di tangenti, nonché favorito da un regime di illecita estromissione di potenziali imprese concorrenti dal mercato del -OMISSIS-, non possono che ritenersi idonee fonti indiziarie, anche in considerazione del fatto che i due processi penali si sono conclusi nella fase di merito con altrettante condanne, con un esito del giudizio per cassazione di estinzione dei reati solo per intervenuta prescrizione e non anche con formula assolutoria”;
# “non è certamente il ruolo di persona offesa nel processo conclusosi con la sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore n. -OMISSIS- ad escludere ogni collegamento -OMISSIS- con la criminalità organizzata, anzi tale vicenda confermando la sussistenza di stretti ed intensi rapporti e cointeressenze con consorterie locali, sebbene non sempre caratterizzate da armonia e sodalità, come, del resto, di consueto accade nelle alterne vicende che interessano le associazioni malavitose”;
# “il requisito dell’attualità non è tanto richiesto dal punto di vista dei rapporti personali con la criminalità organizzata, quanto con riferimento alla presenza dell’intraneus nella gestione dell’impresa soggetta a verifica amministrativa antimafia”;
# “non privo di significatività indiziaria da tale punto di vista è il controllo -OMISSIS- del gennaio 2013 a bordo di una autovettura intestata ad una delle società del gruppo familiare”.
3. Con atto depositato il 13 gennaio 2017, la Società ha appellato detta sentenza, denunciando:
I e II) violazione dei principi che regolano la prova presuntiva (artt. 2727 e 2729 c.c.), in quanto il primo Giudice non avrebbe tenuto in adeguato conto lo “status” -OMISSIS- di parte lesa di reati di estorsione (Tribunale di Nocera n. -OMISSIS-) e dell’esclusione della sua pericolosità attuale, pronunciata dal Tribunale di Napoli (Settore Misure di Prevenzione) il 26.10.2006;
III) difetto del requisito dell’attualità e istruttoria parziale, circa il preteso ruolo di amministratore di fatto della Società da parte -OMISSIS-
4. Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio e il 3 marzo 2017 ha depositato memoria difensiva in cui contesta la fondatezza dell’appello e ne chiede il rigetto.
5. Con successiva sentenza 16.7.2018, n. -OMISSIS-, lo stesso Tar Campania ha, altresì, rigettato il ricorso della medesima Società avverso il provvedimento prot. n. -OMISSIS- del 21.04.2017, con il quale il Prefetto di Napoli ha respinto l’istanza di aggiornamento presentata il 21.10.2016 e confermato la prognosi interdittiva in danno della Società, argomentando che:
– “il dovere di aggiornamento è necessario solo in presenza di sopravvenienze, ossia di eventi fattuali che potenzialmente siano idonee a mutare un precedente giudizio sfavorevole”;
– nella nota della Questura di Napoli n. -OMISSIS- del 10 dicembre 2016, richiamata nel provvedimento prefettizio impugnato, “si rappresenta che la situazione indiziaria non era mutata in conseguenza dei nuovi elementi fattuali”, in quanto la società ricorrente farebbe ancora capo ai -OMISSIS-;
– “la società, con un avvicendamento nella carica di amministratore avvenuta tra -OMISSIS-, non ha beneficiato di un significativo nuovo assetto gestionale e proprietario tale da assicurare che -OMISSIS- resti escluso”; né in contrario potrebbe rilevare l’interruzione della convivenza tr-OMISSIS- e la -OMISSIS-, non più attuale amministratrice;
– inoltre, “l’unico elemento fattuale a discarico di epoca successiva riferibile alla posizione -OMISSIS-”
(cioè “l’avere costui cessato ogni attività lavorativa nel campo dell’edilizia”)… “risulta oggetto di una mera affermazione di parte” e in ogni caso “non è indispensabile che il legame personale con esponenti della malavita organizzata richieda anche l’esercizio dell’attività lavorativa da parte dei soggetti che ne siano protagonisti”.
6. La Società ha appellato anche detta sentenza con atto depositato il 17.10.2018, nel quale si espone in fatto che, in precedenza, il T.A.R. (cfr. decisione n. -OMISSIS-) aveva accolto il ricorso contro il silenzio serbato dal Prefetto di Napoli sulla menzionata istanza di aggiornamento dell’interdittiva, dichiarando la sussistenza dell’obbligo di provvedere in capo allo stesso Prefetto “dal momento che, a prescindere dall’esito della valutazione finale, sussistono elementi di novità in punto di fatto rispetto al quadro indiziario originario, i quali devono essere comunque oggetto di valutazione da parte dell’Autorità competente”.
In diritto, si deducono a sostegno dell’appello i seguenti motivi:
I) elusione del giudicato “in termini di obbligo a provvedere al riesame”;
II) contrasto con la precedente decisione del Tar n. -OMISSIS-;
III) violazione dei principi che regolano la prova presuntiva (artt. 2727 e 2729 c.c.); eccesso di potere giurisdizionale: si reiterano gli argomenti di fondo addotti (in punto di “carenza di attualità del giudizio di permeabilità mafiosa”) con i primi due motivi del precedente appello n. 131/2017;
IV) difetto del requisito dell’attualità e istruttoria parziale, nell’assunto che la Società avrebbe documentato, nella propria istanza di aggiornamento 21.10.2016:
– che il nuovo Amministratore Unico, -OMISSIS- -OMISSIS-, “è in grado di gestire, in piena autonomia, la Società ” stessa;
– che l’altra -OMISSIS- -OMISSIS-, è socia di capitali e “ha reciso il pregresso rapporto di convivenza con il -OMISSIS-“;
– -OMISSIS-“non opera più nel settore, anche per la sua età avanzata e per lo stato di salute precario”.
7. Il Ministero dell’Interno si è costituito (10.11.2018) anche in questo ricorso, producendo il fascicolo di parte di primo grado.
Lo stesso giorno, anche la parte appellante ha prodotto documentazione.
Indi, il successivo 12 novembre 2018, il Ministero ha dimesso memoria difensiva.
8. All’odierna pubblica udienza, entrambi i ricorsi sono passati in decisione.
9. Degli stessi gravami deve essere, preliminarmente, disposta la riunione, stante l’identità soggettiva e la connessione oggettiva tra i medesimi.
10. Nel merito, entrambi gli appelli risultano infondati: e ciò per le ragioni di seguito illustrate.
11.1. Per quanto concerne l’argomento -OMISSIS-figura quale parte lesa di reati di estorsione nella sentenza n. -OMISSIS- resa dal Tribunale di Nocera, esso risulta adeguatamente confutato dal richiamo, effettuato dal primo Giudice, alla nota sentenza n. -OMISSIS- di questa Sezione, che al capo 5.5. ha espressamente affermato che “persino imprenditori soggiogati dalla sua forza intimidatoria e vittime di estorsioni sono passibili di informativa antimafia”, in quanto:
– ” gli elementi posti a base dell’informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione” (capo 5.3.);
– ” i fatti che l’autorità prefettizia deve valorizzare prescindono (…) dall’atteggiamento antigiuridico della volontà mostrato dai singoli e finanche da condotte penalmente rilevanti, non necessarie per la sua emissione (…), ma sono rilevanti nel loro valore oggettivo, storico, sintomatico, perché rivelatori del condizionamento che la mafia, in molteplici, cangianti e sempre nuovi modi, può esercitare sull’impresa anche al di là e persino contro la volontà del singolo” (capo 5.4);
– ” infatti, la mafia, per condurre le sue lucrose attività economiche nel mondo delle pubbliche commesse, non si vale solo di soggetti organici o affiliati ad essa, ma anche e sempre più spesso di soggetti compiacenti, cooperanti, collaboranti, nelle più varie forme e qualifiche societarie, sia attivamente, per interesse, economico, politico o amministrativo, che passivamente, per omertà o, non ultimo, per il timore della sopravvivenza propria e della propria impresa” (capo 5.6.);
– ” le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa, tipizzate dal legislatore, comprendono dunque una serie di elementi del più vario genere e, spesso, anche di segno opposto, frutto e cristallizzazione normativa di una lunga e vasta esperienza in questa materia” (capo 5.7.) e accanto a esse ” esistono poi, come insegna l’esperienza applicativa della legislazione in materia e la vasta giurisprudenza formatasi sul punto nel corso di oltre venti anni, numerose altre situazioni, non tipizzate dal legislatore, che sono altrettante ‘spiè dell’infiltrazione (nella duplice forma del condizionamento o del favoreggiamento dell’impresa)” (capo 5.8.);
– ” gli elementi di inquinamento mafioso, ben lungi dal costituire un numerus clausus, assumono forme e caratteristiche diverse secondo i tempi, i luoghi e le persone e sfuggono, per l’insidiosa pervasività e mutevolezza, anzitutto sul piano sociale, del fenomeno mafioso, ad un preciso inquadramento” (capo 5.9.) e ” quello voluto dal legislatore, ben consapevole di questo, è dunque un cata aperto di situazioni sintomatiche del condizionamento mafioso” (capo 5.10.).
11.2. Quanto, poi, al decreto 26/10/06, n. -OMISSIS- del Tribunale di Napoli-Settore misure di prevenzione, il Collegio osserva che esso è temporalmente anteriore di ben tre anni alla seconda sentenza di condanna ex art. 416-bis emessa nel 2009 dalla Corte d’appello di Napoli nei confronti -OMISSIS- e, dunque, risulta da tale pronuncia cronologicamente e giuridicamente superato: invero, questa pronuncia integra una di quelle situazioni fattuali tipizzate dal legislatore come relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa e che danno luogo all’adozione dell’informazione antimafia interdittiva, in quanto la lett. a) dell’art. 84, comma 4 d.lgs. n. 159 del 2011) richiama l’art. 51, comma 3-bis c.p.p., il quale contempla a sua volta “i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo”.
11.3. Questo Consiglio di Stato (sez. VI, 10/04/2014, n. 1730) ha già affermato che a fronte di pronunce giurisdizionali rese per i delitti elencati dall’articolo 51, comma 3-bis c.p.p., l’informativa prefettizia assume carattere tipico e rinviene il suo presupposto necessario e sufficiente in tali pronunce (concernenti anche solo l’adozione di misure cautelari) e nella loro ascrivibilità a un delitto riconducibile al “cata” tipizzato dal legislatore.
Nello stesso senso, questa Sezione ha ribadito di recente (30/01/2019, n. 758, capo 6.7.) che proprio sugli elementi fattuali, come sopra tipizzati dal legislatore, si fonda il pericolo dell’infiltrazione mafiosa.
11.4. È ben vero che, nella specie, in relazione alla menzionata condanna del 2009 (come nel caso di quella del 2006) è intervenuta una sentenza della Corte di cassazione che ha dichiarato la prescrizione del reato: ma anche al riguardo questa Sezione ha già ritenuto (8/01/2018, n. 78, capo 13) che anche le pronunce dichiarative della prescrizione – in relazione a reati rientranti tra quelli considerati dall’art. 84, comma 4 d.lgs. 159/2011 – possono essere prese in considerazione dall’autorità prefettizia ai fini di valutare il pericolo di infiltrazione della criminalità organizzata.
11.5. Conseguentemente, l’originaria interdittiva 22.7.2015 e il successivo provvedimento 21.4.2017 (di reiezione dell’istanza di aggiornamento) risultano adottati in conformità ai parametri normativi e giuridici dettati in subiecta materia dal legislatore e dalla giurisprudenza amministrativa.
In via di ulteriore conseguenza, ne discende l’infondatezza dei primi due motivi del ricorso in appello n. 131/2017 e del terzo motivo di appello, riproduttivo di tali censure, dedotto con il ricorso n. 8165 del 2018.
12. Ugualmente da disattendere è il terzo e ultimo motivo del ricorso n. 131/2017, con il quale si contesta il ruolo di amministratore di fatto che l’interdittiva del 2015 attribuisce -OMISSIS-
12.1. Invero:
*l’interdittiva 22 luglio 2015 evidenzia che dal 16 aprile 2015 la -OMISSIS- convivente di quest’ultimo è amministratore unico della società e comproprietaria (maggioritaria) della stessa unitamente al -OMISSIS-;
*quanto al profilo dei rapporti familiari, questa Sezione ha affermato (sentenze 7/11/2017, n. 5143 e 24/10/2018, n. 6049) che ” il rapporto di parentela tra stretti congiunti può essere senz’altro ritenuto uno degli elementi rilevanti, da cui è possibile, nell’ambito di una valutazione complessiva, desumere il pericolo di condizionamento dell’attività imprenditoriale del congiunto da parte della criminalità organizzata” ;
* sul medesimo punto dei rapporti di parentela tra amministratori dell’impresa e familiari che siano contigui alle associazioni mafiose, proprio la recente pronuncia Ad. Plen. 6 aprile 2018, n. 3 ha ribadito, richiamando i principi già espressi nella già citata sentenza di questa Sezione n. -OMISSIS-, che l’Amministrazione può dare loro rilievo, laddove tale rapporto lasci ritenere che l’impresa abbia una conduzione collettiva e una regì a familiare (di diritto o di fatto);
* rilievo che l’Amministrazione può attribuire laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del “più probabile che non”, che l’impresa abbia una conduzione collettiva e una regì a familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti): cfr. sentenza di questa Sezione 14/09/2018, n. 5410-capo 10.
12.2. Nella specie, si tratta di uno dei rapporti più intensi (quello filiale), rafforzato dall’avvenuto controllo del -OMISSIS- -OMISSIS-, a bordo di un’autovettura intestata a una delle società del gruppo familiare.
12.3. Tutti elementi obiettivi, questi, sottolineati tanto nell’interdittiva 2015 della Prefettura di Napoli, quanto nella qui gravata sentenza n. -OMISSIS- del Tar Napoli.
Sentenza che deve, pertanto, essere confermata, con conseguente reiezione dell’appello n. 131/2017, avverso di essa proposto.
13. Così come da respingere sono i primi due motivi d’appello del successivo ricorso n. 8165 del 2018, in quanto entrambi poggiano su una lettura palesemente erronea della sentenza n. -OMISSIS-, con cui il Tar Napoli ha dichiarato l’illegittimità del silenzio serbato dal Prefetto di Napoli (sulla più volte citata istanza di aggiornamento dell’interdittiva) e la conseguente sussistenza dell’obbligo di provvedere.
Infatti, tale sentenza si è limitata a ravvisare la sussistenza di un dovere giuridico in tal senso per effetto degli “elementi di novità in punto di fatto rispetto al quadro indiziario originario”, tuttavia precisando espressamente che tali elementi “devono essere comunque oggetto di valutazione da parte dell’Autorità competente”.
Coerentemente, la sentenza si è limitata a dichiarare, in dispositivo, “l’obbligo per il Prefetto di Napoli di concludere con un provvedimento espresso il procedimento di aggiornamento della posizione antimafia della società ricorrente, entro novanta giorni”.
Dunque, il primo Giudice ha dichiarato il semplice obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso nel termine assegnato: e non già l’obbligo di “provvedere al riesame”, per cui nessuna elusione del giudicato si è consumata allorché il Prefetto ha adempiuto a detto obbligo con un provvedimento espresso, anche se negativo.
Non sussistono, pertanto, né l’elusione del giudicato (denunciata con il primo motivo di appello), né il contrasto con la citata decisione n. -OMISSIS-, dedotta con il secondo motivo.
14. In ordine al quarto e ultimo motivo – con cui si entra nel vivo della questione se nella specie ricorressero o meno i presupposti per accogliere, viceversa, la predetta istanza – il Collegio deve preliminarmente richiamare i punti fermi cui è pervenuta, in tale specifica materia, la giurisprudenza di questa Sezione, e in particolare la già citata sentenza n. 5410/2018, secondo la quale:
i) l’aggiornamento e la conseguente liberatoria antimafia presuppongono elementi sopravvenuti oggettivamente capaci di rendere irrilevanti e di rendere inefficace il significato indiziario degli elementi sintomatici valorizzati dall’originaria informativa anche dopo la scadenza del termine annuale (capo 11);
ii) sotto questo profilo, il mero spostamento di quote sociali tra familiari e la sostituzione degli amministratori con altri familiari possono ben costituire iniziative assunte al fine di eludere le misure di prevenzione antimafia e risultare chiaramente indicative della volontà della famiglia di continuare a curare la gestione della Società (capi 16 e ss.).
Tali principi si attagliano perfettamente al caso in esame, in cui – dopo che “il giudizio presuntivo, nella prima informativa controversa, era fondato sul ruolo di -OMISSIS-” della -OMISSIS- -OMISSIS-, “che faceva dubitare della capacità di gestione” della società (così testualmente si esprime l’illustrazione del quarto motivo all’esame) – è, infatti, subentrato in tale ruolo il di lei -OMISSIS-.
E neppure può, con ogni evidenza, segnare una reale discontinuità la mera cessazione del rapporto di convivenza con il -OMISSIS-, cosicché, in definitiva, non può in alcun modo ritenersi verificata quella sopravvenienza di “elementi oggettivamente capaci” di neutralizzare il significato indiziario delle circostanze sintomatiche valorizzate dall’originaria informativa.
A differenza di quanto sostiene il quarto motivo d’appello, il Prefetto di Napoli non era, dunque, affatto tenuto ad aggiornare positivamente tale informativa originaria.
Per cui anche il quarto motivo deve essere respinto e, con esso, l’intero appello n. 8165 del 2018.
15. Conclusivamente, entrambi gli appelli, come sopra riuniti, devono essere respinti.
Le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, così decide:
I) li riunisce;
II) li respinge entrambi;
III) condanna la Società appellante a rifondere, in favore del Ministero appellato, le spese del grado che liquida in complessivi Euro 10.000,00 (euro diecimila/00), oltre accessori, se e in quanto dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la Società appellante e le persone fisiche indicate in sentenza.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere
Giorgio Calderoni – Consigliere, Estensore
Leave a Reply