Consiglio di Stato, Sentenza|23 febbraio 2021| n. 1582.
Il pericolo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, ma che implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non”, appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa
Sentenza|23 febbraio 2021| n. 1582
Data udienza 18 febbraio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Informative antimafia – Provvedimenti interdittivi – Plurimi deferimenti all’autorità giudiziaria – Frequentazioni e rapporti di cointeressenza economica con terze persone di accertata appartenenza ad organizzazioni di tipo mafioso – Pericolo di infiltrazione mafiosa – Ragionamento induttivo di tipo probabilistico – Presenza di gravi indizi
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4916 del 2020, proposto da
-OMISSIS-in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ro. Ma. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo Studio Co. Avvocati in Roma alla Via (…);
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna Sezione Prima -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi dell’art. 91 del D. Lgs. 159/2011.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2021, tenuta in modalità telematica, il Cons. Giovanni Pescatore;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con distinti ricorsi innanzi al Tar Emilia Romagna -OMISSIS-la società ricorrente ha chiesto l’annullamento delle due informative antimafia emesse nei suoi confronti dal Prefetto di Bologna, rispettivamente in data -OMISSIS-.
2. Il Tar adito, previa loro riunione, ha respinto entrambi i ricorsi con la sentenza qui appellata n. -OMISSIS-.
3. Questi i fatti posti a fondamento delle misure interdittive:
— la società ricorrente è stata costituita in data 26.11.2013 da -OMISSIS-, intervenuto nell’atto costitutivo in proprio (come titolare del 99% delle quote di capitale, pari ad Euro 9.000,00) e nella qualità di amministratore unico e legale rappresentante della società -OMISSIS-
— in data 21.01.2016, nella carica di amministratore unico è subentrata-OMISSIS-);
— in data 27.02.2018, -OMISSIS- ha trasferito le intere quote della società -OMISSIS-
— quest’ultima società risulta essere stata costituita in data 03.05.2012, a seguito della scissione parziale delle società -OMISSIS-
— il capitale sociale della nuova -OMISSIS-risultava ripartito tra: i) -OMISSIS-, nella misura del 90% delle quote di capitale, pari ad Euro 9.000,00; ii) l’amministratore unico -OMISSIS-, nella misura del 5,50% delle quote di capitale, pari ad Euro 550,00; iii)-OMISSIS-, nella misura del 4,50% delle quote di capitale, pari ad Euro 450,00;
— con atto del 22.01.2013, -OMISSIS- ha ceduto le proprie quote alle altre due socie, che allo stato risultano detentrici, rispettivamente, del 70% e del 20% del capitale sociale;
— a sua volta la -OMISSIS-facente capo a -OMISSIS- (per il 90% delle quote) e a -OMISSIS- (per il restante 10%), si è estinta per intervenuta fusione con la -OMISSIS-
— il capitale di quest’ultima è interamente detenuto da -OMISSIS-, che ne è anche amministratore unico.
4. A carico di -OMISSIS- risultano plurimi deferimenti all’autorità giudiziaria per “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti” (2004, 2010 e 2013), “truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche” (2004), “occultamento o distruzione di documenti contabili” e “bancarotta fraudolenta” (2017); “appropriazione indebita” (2015) “esercizio abusivo di agenzia di lavoro e somministrazione di manodopera” (2013) e “associazione di tipo mafioso art. 416 bis cod. pen. ” (2014 e 2017).
L’indagine per il reato ex art. 416 bis c.p.c. (n. -OMISSIS-) è stata archiviata nell’anno 2018.
5. Nel secondo provvedimento antimafia si sostiene che “il trasferimento delle quote della -OMISSIS-, avvenuto a breve distanza di tempo dai provvedimenti che ne avevano disposto il dissequestro, appare finalizzato ad evitare che la società possa essere attinta da nuovi e/o ulteriori provvedimenti, tenuto conto del coinvolgimento di -OMISSIS-nell’ambito di una vasta operazione finalizzata a disarticolare un’associazione a delinquere di stampo mafioso (-OMISSIS-) dedita al traffico di sostanze stupefacenti, estorsioni, usura, armi ed intestazione fittizia di beni”.
Sempre nel provvedimento del 2019 viene ricostruito, sulla base delle intercettazioni acquisite nel procedimento penale n. -OMISSIS-, il rapporto di asserita stretta contiguità e sudditanza esistente tra -OMISSIS- e -OMISSIS-.
6. Sulla base dei dati sin qui riepilogati, il giudice di primo grado ha ritenuto la gravata misura interdittiva sorretta da una congrua ed esaustiva attività istruttoria estesa sia ai collegamenti esistenti tra -OMISSIS-e terze persone direttamente e strettamente collegate a consorterie mafiose; sia ai legami parentali e alle cointeressenze economiche esistenti tra le diverse società tutte direttamente o indirettamente (tramite quote di maggioranza detenute dalla moglie) amministrate e di fatto gestite dallo stesso -OMISSIS-.
Il Tar ha inoltre ritenuto priva di rilevanza l’archiviazione del procedimento penale n. -OMISSIS-, stante l’accertata sussistenza delle frequentazioni dello -OMISSIS- con ambienti e persone contigue o strettamente collegate alla criminalità organizzata di tipo mafioso e, quindi, l’indubbia consistenza di un quadro indiziario proporzionato all’emissione del provvedimento interdittivo.
A questo stesso proposito il Tar ha evidenziato l’emergere di un ulteriore consistente elemento a supporto dell’esistenza di frequentazioni e rapporti di cointeressenza economica con terze persone di accertata appartenenza ad organizzazioni di tipo mafioso, di cui ha dato conto nei termini seguenti: “nella Relazione del Gruppo Interforze presso la Prefettura di Bologna, che ha coordinato l’attività istruttoria preordinata all’emissione dei provvedimenti impugnati con i ricorsi in esame, si evidenzia (v. in particolare Relazione pagg. 5, 6, 7 e 8 doc. Amm.ne allegato a deposito del 23/9/2019) il compimento, da parte di soggetti appartenenti ad un gruppo mafioso, di un’attività estorsiva in danno del sig. -OMISSIS-avvenuta in un cantiere edile gestito dal medesimo in Sicilia, nel comune di -OMISSIS-. E’ stato accertato che tale attività estorsiva era finalizzata a trarre illeciti profitti da un non meglio definito servizio di “guardania” o “protezione” del cantiere dello -OMISSIS- servizio che, fino a quel momento, risultava assicurato da soggetti appartenenti ad altro sodalizio mafioso. Il Collegio osserva, al riguardo, che anche tale elemento risulta particolarmente significativo e rilevante al fine di comprovare lo stretto legame (qualificato quale “una sorta di appartenenza” dal Gruppo Interforze, dovuto alla necessità di protezione delle proprie attività ), esistente tra lo -OMISSIS-) che doveva illecitamente garantire la sicurezza del citato cantiere da ingerenze e turbative varie provenienti da soggetti estranei, appartenenti o no ad altri gruppi criminali”.
7. I tre motivi di appello proposti da -OMISSIS- puntano a dimostrare:
a) l’inconsistenza del complessivo quadro indiziario, a dimostrazione della quale la difesa della società ricorrente sostiene che: i) il passaggio di quote sociali sarebbe dipeso da considerazioni di carattere esclusivamente imprenditoriale e tra soggetti incensurati; ii) i deferimenti all’autorità giudiziaria riguarderebbero reati non sintomatici ai fini che qui rilevano e per i quali sono intervenuti provvedimenti di archiviazione (deferimenti del 2004, del 2010) e di assoluzione (deferimento del 2015), mentre solo tre di essi sono ancora in fase di indagine (deferimento del 2017) e sub iudice (deferimenti del 2013 e del 2016); iii) l’unico procedimento per 416 bis c.p. è stato archiviato nel 2018;
b) l’irrilevanza dei fatti addotti a dimostrazione della relazione di assoggettamento di -OMISSIS-a -OMISSIS-, in quanto convergenti su un unico e isolato episodio, inidoneo a dimostrare il concreto e attuale condizionamento della società ricorrente da parte della criminalità organizzata;
c) la riconosciuta e accertata irrilevanza penale dei fatti contestati allo -OMISSIS- in relazione al reato di cui all’art. 416 bis c.p., in quanto correlati a vicenda assai risalente (di 8 anni) ed alla quale non ha fatto seguito nessun altro episodio sintomatico.
8. Opposta e concorde con quella recepita negli atti prefettizi è la lettura del materiale istruttorio proposta dalla difesa erariale.
9. Il presente grado di giudizio, svoltosi nel contraddittorio tra la società ricorrente e il Ministero dell’Interno, si è dipanato attraverso la fase cautelare (esitata nell’ordinanza reiettiva n. -OMISSIS-) e la successiva udienza pubblica del 18 febbraio 2021, a chiusura della quale il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. L’impugnativa è infondata.
Come già osservato in fase cautelare, i rilievi svolti in appello, oltre che infondati sul piano dei principi di diritto che governano la materia di cui si tratta, risultano smentiti in punto di fatto.
2. Sotto il primo profilo è sufficiente ricordare che la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato è radicata nel ritenere che il pericolo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, ma che implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non”, appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa (v., per tutte, Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758; Cons. St., sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743 e la giurisprudenza successiva di questa Sezione, tutta conforme). Lo stesso legislatore, nel fare riferimento, all’art. 84, comma 3, del d.lgs. n. 159 del 2011, ad “eventuali tentativi” di infiltrazione mafiosa “tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate” descrive una fattispecie di pericolo, propria del diritto della prevenzione, finalizzata, appunto, a prevenire un evento che, per la stessa scelta del legislatore, non necessariamente deve attuale, o già inveratosi, essendo sufficiente la probabilità che esso si verifichi.
3. Sul piano fattuale, le risultanze della indagine penale acquisite d’ufficio con l’ordinanza collegiale n. 4321/2020 (si veda la “Nota Questura Catania” depositata in -OMISSIS-), ed in particolare le intercettazioni effettuate nel corso dell’investigazione, confermano quanto già evidenziato nella pronuncia di primo grado, ovvero una condotta imprenditoriale dello -OMISSIS- funzionale agli interessi di -OMISSIS- (oltre che al suo clan) ed un rapporto di sostanziale “assoggettamento” del primo nei confronti del secondo.
Emerge, in particolare, una relazione di stretta vicinanza tra i due, in virtù della quale -OMISSIS- ha dapprima acconsentito che all’interno del suo cantiere edile di -OMISSIS- venissero utilizzati ed opportunamente retribuiti mezzi d’opera riconducibili alla disponibilità del secondo; quindi, ha tollerato che -OMISSIS-, coadiuvato da componenti del suo gruppo, ponesse in essere un’attività estorsiva ai danni di altra ditta presente e operativa all’interno del cantiere.
Da questa iniziativa è scaturita la reazione di una frangia malavitosa avversa a quella dei -OMISSIS- e ricadente nella sfera dei -OMISSIS-, i cui esponenti (capeggiati da tale -OMISSIS-), sollecitati dallo stesso titolare della ditta estorta, hanno poi deciso di rivolgersi direttamente allo -OMISSIS-, nella consapevolezza di interloquire con soggetto direttamente collegato alla cerchia dei -OMISSIS-.
In questo scontro tra fazioni, le intercettazioni attestano come -OMISSIS-, per un verso, abbia cercato la protezione del suo tutore (-OMISSIS-) e, per altro verso, abbia cercato di favorirlo nella sua azione di contrapposizione alla cosca antagonista (si vedano le pagg. 248 e 249 del documento “Nota Questura Catania” depositato in -OMISSIS-).
Risulta dunque confermata in modo inequivoco non solo la piena conoscenza, da parte dello -OMISSIS-, delle dinamiche interne che regolano il panorama criminale della zona, ma anche la sua consapevole scelta di legarsi a -OMISSIS- al fine di ottenerne vantaggi e protezione.
4. In conclusione, il quadro istruttorio si compone di tre linee indiziarie convergenti e singolarmente dotate di intrinseca rilevanza: a) i comprovati collegamenti di -OMISSIS- con esponenti di spicco della criminalità organizzata, dai quali il primo risulta essere a vario titolo influenzato e con i quali intrattiene stabili e continuative relazioni, anche al fine di trarne profitto nella gestione della propria attività imprenditoriale; b) le comprovate cointeressenze economiche con terze società, quali si evincono dalla ricostruzione delle vicende societarie e dai legami familiari esistenti con soci ed esponenti di tali compagini, che lasciano fondatamente supporre che la società -OMISSIS- sia soggetta ad una “regia familiare” e, pertanto, ad una continuità di indirizzo nelle scelte aziendali e imprenditoriali; c) una attività di gestione coordinata delle partecipazioni nelle diverse società, attuata, secondo un modus agendi tipicamente elusivo della prevenzione antimafia (Cons. Stato, sez. III, n. 1743/2016), a mezzo della ripartizione tra stretti congiunti (-OMISSIS-) delle relative quote, sempre in maggioranza detenute dalla moglie convivente del -OMISSIS-, oltre che attraverso la loro riallocazione in funzione di schermatura del sottostante assetto di controllo.
5. Esaminate nel loro insieme, poi, le cennate evenienze si prestano in modo del tutto plausibile al ragionamento inferenziale e probabilistico posto a fondamento del provvedimento interdittivo, trattandosi di elementi plurimi, convergenti e autonomamente dotati di carica sintomatica, quindi certamente armonizzabili con la lettura che ne ha fornito la Prefettura e che è stata condivisa dal Tar.
6. In definitiva, gli accertamenti posti a base dell’informativa oggetto del giudizio delineano un quadro indiziario sufficientemente preciso e concordante ed assumono connotazione di indubbia gravità, così da giustificare la formulazione di un giudizio di controindicazione ai fini antimafia, ovvero un congruo giudizio di possibilità che l’attività imprenditoriale della società odierna appellante possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata.
7. Resta da rilevare che con memoria del 18.1.2021 la società ricorrente ha censurato, con riferimento alla seconda interdittiva, la violazione da parte della Prefettura dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento ex art. 7 L. n. 241/1990. Si tratta di censura inedita in quanto avanzata solo nel presente grado di appello, quindi inammissibile ai sensi dell’art. 104 c.p.a..
8. Per tutto quanto esposto, la pronuncia di primo grado merita di essere confermata.
9. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Condanna la parte appellante a rifondere in favore della parte appellata le spese di lite che liquida in complessivi Euro. 5.000,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti private.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere, Estensore
Giulia Ferrari – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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