Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 5 ottobre 2018, n. 5707.
La massima estrapolata:
Il giudizio di ottemperanza è volto a far valere le prescrizioni ricavabili dalla sentenza di cui si tratta, e quindi consente di far valere la “specifica difformità ” dell’atto amministrativo rispetto al giudicato in essa contenuto, mentre eventuali altri vizi di legittimità dell’atto stesso devono esser fatti valere nell’ordinario giudizio impugnatorio di cognizione.
Sentenza 5 ottobre 2018, n. 5707
Data udienza 4 ottobre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3576 del 2018, proposto dal
Comune di (omissis) (Lecce), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Er. St. Da., con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore in Roma, p.zza (…);
contro
la Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Al., con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore in Roma, via (…);
nei confronti
il Comune di (omissis) (Fg), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ag. Me., con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Al. Pl. in Roma, via (…);
il Comune di (omissis), e il Comune di (omissis), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Lu. Qu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, via (…);
il Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pi. Qu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, via (…);
i Comuni di (omissis), non costituiti in giudizio;
per l’ottemperanza
alla sentenza del Consiglio di Stato, sezione VI 11 dicembre 2017 n° 5805, resa fra le parti, che ha pronunciato sul ricorso n° 7063/2017 R.G. proposto per la riforma della sentenza del TAR Puglia, sezione staccata di Lecce, sezione III 21 giugno 2017 n. 5805, resa fra le parti, concernente la mancata ammissione del Comune appellante al finanziamento per gli interventi di valorizzazione e restauro di beni culturali e di immobili di interesse artistico e storico di proprietà di enti locali della regione Puglia;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia e altri ;
Visto l’art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2018 il Cons. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti gli avvocati Ma. Co. per delega di Er. St. Da., Ma. Al. e Lu. Qu.;
Rilevato che:
– la vicenda per cui è processo riguarda la ripartizione, fra i Comuni della Puglia i quali parteciparono al relativo bando, di uno stanziamento statale attribuito per finanziare progetti di intervento su beni culturali della zona;
– lo stanziamento venne inizialmente attribuito con la deliberazione 3 agosto 2012 n. 92 dell’allora esistente Comitato interministeriale per la programmazione economica – CIPE, la quale assegnò la somma complessiva di 130 milioni di euro, prelevati dalle risorse residue del Fondo per lo sviluppo e la coesione – FSC 2000/2006 di pertinenza della Regione Puglia, e stabilì che esse dovessero essere ripartite attraverso un accordo di programma;
– la Regione Puglia prese atto di tale delibera e, con propri atti successivi, diede seguito all’accordo di programma in questione;
– in questa sede, rileva soprattutto la deliberazione 1 ottobre 2013 n. 1808, con la quale la Giunta formalizzò le modalità di attuazione degli interventi da finanziare, e in particolare ebbe ad assegnare, nell’ambito delle somme complessivamente stanziate, 41 milioni e 719 mila euro per il restauro e la valorizzazione di beni architettonici ed artistici, precisando che appariva “necessario privilegiare azioni di sistema sotto forma di completamento di interventi che si reputino idonei a qualificare, attraverso un potenziamento della valorizzazione e della fruizione, il contesto di appartenenza, oltre che a rafforzare la logica di rete e di integrazione con gli altri asset territoriali, tanto materiali quanto immateriali”;
– sulla base di ciò, limitandosi ai passaggi essenziali, la Regione, con delibera 11 novembre 2013 n. 2165 della Giunta, ratificò l’accordo di programma, e con successiva determinazione del Dirigente del Servizio beni culturali 18 agosto 2015 n. 163, approvava l’avviso pubblico relativo ai restauri di cui si è detto, per il finanziamento di interventi promossi da enti territoriali della Regione stessa;
– il Comune ricorrente ha partecipato al bando in questione, si è collocato in posizione non utile nella relativa graduatoria ed ha quindi impugnato in sede giurisdizionale contro gli atti che hanno espresso tale esito;
– il ricorso è stato accolto con la sentenza di appello, Consiglio di Stato, sezione VI 11 dicembre 2017 n° 5805, pronunciata nel contraddittorio fra il Comune ricorrente, la Regione Puglia e due altri Comuni, fra coloro i quali avevano partecipato al bando, ovvero i Comuni di (omissis) (per la vicenda così come sin qui riassunta, si veda la sentenza in questione; si tratta comunque di fatti non controversi);
– in dichiarata ottemperanza a tale sentenza, la Regione Puglia ha emesso la determinazione dirigenziale 22 febbraio 2018 n. 114, corredata di una relazione istruttoria 20 febbraio 2018 prot. n. 661, la quale però, pur avendo proceduto ad una nuova valutazione di tutti i progetti presentati ed inseriti in graduatoria, ha confermato gli esiti precedenti, lasciando il Comune ricorrente nella posizione di soggetto collocato nella graduatoria stessa, ma non in posizione utile ad ottenere finanziamento alcun (doc. 2 Regione, provvedimento citato);
– il Comune in questione ha quindi agito avanti questo Giudice, per sentir dichiarare la nullità di tale determinazione, a suo dire contraria al giudicato, e per la corretta ottemperanza della sentenza 5805/2017;
– si sono costituiti la Regione Puglia, con atto 15 maggio 2018 e i Comuni di (omissis), con atto 24 maggio 2018, di (omissis), con atto dello stesso giorno, di (omissis), con atto 5 giugno 2018, e di (omissis), con atto 28 giugno 2018, ed hanno chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile, e comunque respinto;
– il contraddittorio è stato comunque integrato in particolare nei confronti dei Comuni di Alberobello e di Trani, parti della sentenza ottemperanda;
– il ricorso va dichiarato inammissibile;
– in termini generali, il giudizio di ottemperanza è volto a far valere le prescrizioni ricavabili dalla sentenza di cui si tratta, e quindi consente di far valere la “specifica difformità ” dell’atto amministrativo rispetto al giudicato in essa contenuto, mentre eventuali altri vizi di legittimità dell’atto stesso devono esser fatti valere nell’ordinario giudizio impugnatorio di cognizione: così per tutte C.d.S. sez. V 28 luglio 2015 n. 3713 e sez. V 29 gennaio 1996 n. 102, da cui l’espressione citata;
– nel caso di specie, una “specifica difformità ” rispetto al precetto contenuto nel giudicato non sussiste. A semplice lettura della sentenza impugnata, si osserva anzitutto che essa fu pronunciata nel contraddittorio fra il Comune attuale ricorrente, la Regione, che aveva organizzato la procedura, e due soltanto dei Comuni che vi parteciparono, ovvero quelli di (omissis). La questione della necessità o no di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri Comuni partecipanti fu posta nel corso del giudizio, e risolta negativamente, perché, come detto in motivazione “l’eventuale accoglimento del ricorso di primo grado potrebbe al più determinare la fuoriuscita di uno solo di essi [s’intende, dalla graduatoria] e non per forza il rifacimento ab imis di tutta la procedura” (p. 8 tredicesimo rigo);
– la stessa sentenza ottemperanda, dopo avere deciso che l’originaria valutazione delle domande presentate non era corretta, perché avrebbe dovuto in qualche modo dare priorità agli “interventi di completamento” di cui sopra, aggiunge per chiarezza che “non spetta a questo Giudice d’indicare alla commissione la scelta del metodo più adatto, in sede di riemanazione, a dare piena ed idonea soddisfazione a tale priorità ” (p. 13 prime righe);
– a fronte di ciò, è evidente che la determinazione 22 febbraio 2018 qui contestata come lesiva del giudicato va oltre la regola che il giudicato stesso contiene, perché compie proprio l’operazione sulla quale esso ha escluso di poter dare criteri, ovvero una riformulazione di tutta la graduatoria nei confronti di tutti i partecipanti, e non solo dei tre nei cui confronti si era svolto il processo originario;
– di conseguenza, il ricorso va dichiarato inammissibile, essendosi al di fuori da questioni di ottemperanza al giudicato di cui si tratta;
– le spese si possono compensare, trattandosi di causa di cui sono parti esclusivamente pubbliche amministrazioni;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso in ottemperanza in epigrafe proposto (ricorso n. 3576/2018), lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Carbone – Presidente
Francesco Mele – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere, Estensore
Italo Volpe – Consigliere
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