Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 29 gennaio 2020, n. 741.
La massima estrapolata:
Il foglio di via obbligatorio, previsto dall’art. 2 del d.lgs. n. 159 del 2011, è diretto a prevenire reati socialmente pericolosi, non già a reprimerli, e pertanto, benché non occorra la prova della avvenuta commissione di reati, è richiesta dalla giurisprudenza amministrativa una motivata indicazione dei comportamenti e degli episodi, desunti dalla vita e dal contesto socio ambientale dell’interessato, da cui oggettivamente emerga una apprezzabile probabilità di condotte penalmente rilevanti e socialmente pericolose.
Sentenza 29 gennaio 2020, n. 741
Data udienza 23 gennaio 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4623 del 2019, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’Avvocato An. Cl. e dall’Avvocato Ro. Me., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso Avvocato An. Cl. in Roma, via (…);
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, e Questura di Ravenna, in persona del Questore pro tempore, entrambi rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza -OMISSIS- del 27 marzo 2019 del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, sede di Bologna, sez. I, resa tra le parti, proposto al fine di ottenere l’annullamento dei seguenti atti:
a) il provvedimento assunto dal Questore della Provincia di Ravenna il 12 dicembre 2018 e notificato il 19 dicembre 2018, con il quale è stato ingiunto a -OMISSIS- il divieto di fare ritorno nel Comune di Ravenna per un periodo di anni 3 (tre) a far data dalla notifica del provvedimento stesso;
b) la comunicazione di avvio di procedimento amministrativo ai sensi degli artt. 7 e 8 della l. n. 241 del 1990 ai fini dell’irrogazione del provvedimento del divieto di ritorno nel Comune di Ravenna.
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni appellate, il Ministero dell’Interno e la Questura di Ravenna;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2020 il Consigliere Massimiliano Noccelli e uditi per l’odierno appellante, -OMISSIS-, l’Avvocato An. Cl. e l’Avvocato Ro. Me. e per il Ministero dell’Interno e la Questura di Ravenna l’Avvocato dello Stato Wa. Fe.;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La Questura di Ravenna, con il foglio di via adottato il 18 dicembre 2018 e notificato il giorno successivo, ha vietato a -OMISSIS-, odierno appellante, di fare ritorno nel Comune di Ravenna per tre anni, salva la possibilità di chiedere in via preventiva l’autorizzazione ogniqualvolta abbia la necessità di recarsi, per comprovati motivi di lavoro, nel Comune di Ravenna.
1.1. La motivazione del provvedimento questorile si fonda essenzialmente sull’arresto di -OMISSIS-, per la detenzione a fine di spaccio di sostanza stupefacente, e sulla successiva condanna inflittagli dal Tribunale di Ravenna il 2 novembre 2018.
1.2. Avverso tale provvedimento e gli atti prodromici l’interessato ha proposto ricorso avanti al Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, sede di Bologna, deducendo la violazione degli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 159 del 2011 e l’eccesso di potere anche per difetto di istruttoria, e ne ha chiesto, previa sospensione dell’efficacia, l’annullamento.
1.3. Si è costituito nel primo grado del giudizio il Ministero dell’Interno per chiedere la reiezione del ricorso.
1.4. Il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, sede di Bologna, con la sentenza -OMISSIS- del 27 marzo 2019 resa in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a., ha respinto il ricorso.
2. Avverso tale sentenza ha proposto appello -OMISSIS- con un unico articolato motivi che di seguito si esaminerà e ne ha chiesto, previa sospensione dell’esecutività, la riforma, con il conseguente annullamento degli atti gravati in prime cure.
2.1. Si è costituito il Ministero dell’Interno, con un’articolata memoria, per chiedere la reiezione del ricorso.
2.2. Nella camera di consiglio dell’11 luglio 2019, fissata per l’esame della domanda di sospensione proposta dall’appellante, il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha rinviato la trattazione della controversia all’esame del merito.
2.3. Infine, nella pubblica udienza del 23 gennaio 2020, il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.
3. L’appello è infondato.
4. Il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, sede di Bologna, con la sentenza qui impugnata, ha rilevato che il Questore ha valutato i fatti in modo autonomo rispetto all’autorità giudiziaria penale e li ha ponderati nella prospettiva della prevenzione di possibili futuri reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica (art. 1, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 159 del 2011).
4.1. Ad avviso del primo giudice i fatti sarebbero stati valutati secondo il loro intrinseco significato, perché non corrisponde a verità la circostanza, lamentata dal ricorrente in prime cure, che il disvalore dei fatti sarebbe stato desunto dalla sola circostanza che tali fatti si siano svolti nella località del -OMISSIS-.
4.2. La valutazione prognostica è stata al contrario correttamente svolta, essendo sorretta da una specifica analisi dei fatti commessi durante lo spaccio e delle attrezzature rinvenute presso l’abitazione.
4.3. La pubblica amministrazione avrebbe altresì correttamente valutato la posizione lavorativa del ricorrente, poiché -OMISSIS- è socio di -OMISSIS-, con sede in -OMISSIS-, e la circostanza che in Ravenna sia presente una filiale ha indotto la pubblica amministrazione resistente a stabilire che il ricorrente può chiedere l’autorizzazione preventiva ogniqualvolta abbia la necessità di recarsi per comprovati motivi di lavoro nel Comune di Ravenna.
4.4. Queste considerazioni sono tuttavia avversate con l’appello in esame da -OMISSIS- che, in senso contrario, assume come la Questura di Ravenna avrebbe annesso rilevanza, seppure nell’ottica preventiva qui adottata, ad un unico isolato episodio, sanzionato peraltro dallo stesso giudice penale ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 per una fattispecie di lieve tenuità, e avrebbe vietato a -OMISSIS- di ritornare in Ravenna, nonostante le comprovate esigenze lavorative connesse alle aziende paterne (-OMISSIS- e -OMISSIS-), con un divieto pari al massimo di tre anni del tutto sproporzionato sia rispetto all’entità dei fatti sia, soprattutto, a tali esigenze, che a tutto concedere avrebbero imposto la mitigazione della misura preventiva ad un più limitato periodo e non certo al massimo dell’efficacia ex lege prevista.
5. Nessuna di tali censure merita di essere condivisa.
5.1. L’odierno appellante, -OMISSIS-, è stato tratto in arresto dai Carabinieri, in località -OMISSIS-, per la detenzione a fine di spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina e per tale fatto è stato condannato dal Tribunale di Ravenna alla pena di sei mesi di reclusione e di Euro 2.000,00 di multa per il reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 390 del 1990, pena poi convertita ai sensi dell’art. 53 della l. n. 689 del 1981, in Euro 47.000,00 di multa.
5.2. All’odierno appellante, come pure si è premesso, è stato quindi notificato il provvedimento del Questore di Ravenna, con il quale gli è stato ingiunto di non fare ritorno nel Comune di Ravenna per un periodo di tre anni a far data dalla notifica del provvedimento.
5.3. Il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, sede di Bologna, con la sentenza -OMISSIS- del 27 marzo 2019, ha correttamente apprezzato la legittimità del provvedimento di divieto, per tre anni, di fare ritorno nel Comune di Ravenna per l’odierno appellante, condannato alla pena di sei mesi di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990.
5.4. Il provvedimento questorile, per la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, deve fondarsi necessariamente su circostanze concrete che, oltre ad essere provate, devono altresì potersi, se considerate nel complesso, ritenere significative e concludenti ai fini del giudizio di pericolosità sociale del destinatario del provvedimento (Cons. St., sez. III, 20 giugno 2018, n. 3782).
5.5. Il foglio di via obbligatorio, previsto dall’art. 2 del d.lgs. n. 159 del 2011, è infatti diretto a prevenire reati socialmente pericolosi, non già a reprimerli, e pertanto, benché non occorra la prova della avvenuta commissione di reati, è richiesta dalla giurisprudenza amministrativa una motivata indicazione dei comportamenti e degli episodi, desunti dalla vita e dal contesto socio ambientale dell’interessato, da cui oggettivamente emerga una apprezzabile probabilità di condotte penalmente rilevanti e socialmente pericolose (Cons. St., sez. III, 14 febbraio 2017, n. 662).
5.6. Nel caso di specie il disvalore sociale della condotta tenuta è stata accertata peraltro in sede di penale e, unitamente alle circostanze del caso concreto, lascia ritenere la pericolosità del soggetto, incline allo spaccio, e pienamente giustifica l’allontanamento disposto dalla Questura, per tre anni, dal Comune di Ravenna.
5.7. Non va infatti trascurato come -OMISSIS- sia stato trovato, in occasione del suo arresto avvenuto -OMISSIS- novembre 2018 per detenzione ai fini di spaccio della cocaina, in possesso di sette involucri in cellophane e di un altro sacchetto, contenenti detta sostanza e materiale vario per il confezionamento delle dosi.
5.8. Durante la perquisizione effettuata il giorno successivo presso l’abitazione -OMISSIS- da -OMISSIS- ove alloggia l’appellante nei suoi soggionri a Ravenna, in -OMISSIS-, è stata rinvenuta sequestrata una tavoletta di hashish nonché del materiale utilizzato per il confezionamento delle dosi di sostanze stupefacenti.
6. Anche un singolo episodio di spaccio, come quello indicato, può integrare alla luce delle concrete circostanze la pericolosità sociale atta a giustificare il foglio di via obbligatorio.
6.1. Un simile orientamento interpretativo, diversamente da quanto sostiene l’appellante, non contravviene alla necessità di una interpretazione c.d. tassativizzante in questa materia, in seguito alla sentenza n. 24 del 27 febbraio 2019 della Corte costituzionale, necessità che, non a caso, la giurisprudenza di questa Sezione anche di recente ha riaffermato con forza, ad esempio, nella sentenza n. 7575 del 6 novembre 2019.
6.2. Quanto alla vicenda in esame, infatti, non si può negare che il possesso di sostanza stupefacente e di materiale per confezionare le dosi, sia sulla persona di -OMISSIS- all’atto dell’arresto che, il giorno successivo, presso la sua abitazione in Ravenna, lasci ritenere sulla base di circostanze univoche, concrete e tutt’altro che labili, che lo stesso possa essere dedito costantemente all’attività di spaccio nella zona di Ravenna, quando vi si reca, e sia un soggetto pericoloso, ai fini dell’art. 1, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 159 del 2011, come bene ha ritenuto la Questura di Ravenna, poiché dedito alla commissione di reati che, come lo spaccio di sostanze stupefacenti ancorché nell’ipotesi del comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.
6.3. Né la circostanza delle allegate esigenze lavorative, legate alle attività aziendali di -OMISSIS- e di -OMISSIS-, può mitigare la durata massima triennale della misura disposta, ché, anzi, al contrario proprio il frequente ritorno in Ravenna per tali allegate esigenze può aggravare il rischio di spaccio nella zona di -OMISSIS-, ove ha sede -OMISSIS-, peraltro in un luogo noto per essere frequentato da spacciatori e consumatori di droghe, ove si consideri che tali allegate esigenze lavorative, per motivi in apparenza leciti, non hanno certo impedito all’appellante di esercitare l’illecita attività di spaccio, ma lo hanno addirittura agevolato a farlo proprio in quel contesto territoriale, utilizzando l’immobile di -OMISSIS- appositamente -OMISSIS- da -OMISSIS- per esigenze solo aziendali.
6.4. La durata triennale della misura non appare dunque né irragionevole né sproporzionata, avuto riguardo alle esigenze di prevenzione tutelate dagli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 159 del 2011 e senza dubbio prevalenti, e in ogni caso, come ha bene osservato la sentenza impugnata, la preservazione delle esigenze aziendali, che indurrebbero il frequente ritorno dell’odierno appellante in loco, ben può essere contemperata, in modo congruo e secondo un soddisfacente bilanciamento dei contrapposti valori, mediante la richiesta di autorizzazione preventiva rivolta alla competente Questura, di volta in volta, a recarsi per documentati motivi di lavoro in Ravenna
7. L’appello, dunque, deve essere respinto, con la conseguente conferma della sentenza impugnata.
8. Le spese del presente grado del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza dell’odierno appellante.
8.1. Rimane a suo definitivo carico anche il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, proposto da -OMISSIS-, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna -OMISSIS- a rifondere in favore del Ministero dell’Interno le spese del presente grado del giudizio, che liquida nell’importo di Euro 2.000,00, oltre gli accessori come per legge.
Pone definitivamente a carico di -OMISSIS- il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 196 del 2003 (e degli artt. 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità di -OMISSIS- nonché di -OMISSIS- e di -OMISSIS-
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2020, con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere, Estensore
Stefania Santoleri – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply