Consiglio di Stato, Sentenza|16 febbraio 2021| n. 1412.
Il divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi non implica un concreto ed accertato abuso nella tenuta delle armi, risultando sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne, sulla base del prudente apprezzamento di tutte le circostanze di fatto rilevanti nella concreta fattispecie da parte dell’Autorità amministrativa competente.
Sentenza|16 febbraio 2021| n. 1412
Data udienza 28 gennaio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Detenzione di armi – Divieto – Concreto ed accertato abuso nella tenuta delle armi – Necessità – Insussistenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2232 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Vi. Ve., con domicilio digitale come da PEC indicata in atti;
contro
Ufficio del Territorio Vibo Valentia non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza resa in forma semplificata del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Prima n. -OMISSIS-, in data 1 agosto 2019, resa tra le parti, con la quale era respinto il ricorso per l’annullamento del decreto del Prefetto di Vibo Valentia, prot. n. -OMISSIS-, recante il divieto di detenere armi, munizioni ed esplosivi, con comminatoria di confisca;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli artt. 25 del d.l. n. 137/2020 e 4 del d.l. n. 28/2020, convertito con modificazioni dalla l. n. 70/2020, quanto allo svolgimento con modalità telematica delle udienze pubbliche e delle camere di consiglio del Consiglio di Stato nel periodo 9 novembre 2020 – 31 gennaio 2021;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza da remoto del giorno 28 gennaio 2021 il Cons. Solveig Cogliani e dato per presente il difensore dell’appellante come da note di passaggio in decisione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I – Con il ricorso indicato in epigrafe, l’istante propone appello avverso la sentenza di prime cure, con cui era respinto il ricorso per l’annullamento del provvedimento di divieto di detenzione delle armi, assumendo di essere un imprenditore boschivo con relazioni sociali che riguarderebbero persone estranee a vicende giudiziarie, e, dunque, contestando il riferimento alle informazioni di polizia poste a fondamento del provvedimento impugnato e la relativa carenza di adeguata motivazione ed istruttoria.
Avverso la sentenza di prime cure, dunque, deduce i seguenti motivi di censura:
1.- violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 l. n. 241 del 1990 e violazione del procedimento in quanto il provvedimento impugnato con il quale è stato fatto divieto all’odierno appellante di detenere armi, munizioni ed esplosivi non sarebbe stato preceduto dalla obbligatoria comunicazione ex art. 7 l. n. 241/1990 sull’inesistente presupposto della “urgenza necessaria nell’adozione della anzidetta misura cautelare”;
2 – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, l. n. 241 del 1990; difetto assoluto di motivazione; il decreto prefettizio avrebbe recepito acriticamente la proposta del Commissariato di P.S. e sarebbe stato costruito per automatismo dal deferimento all’autorità giudiziaria per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e in conseguenza delle asserite frequentazioni con persone con precedenti di polizia;
3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 39 r.d. n. 773 /1931 e mancanza dei presupposti, nonché eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria,
La domanda cautelare proposta era accolta ai soli fini dell’art. 55 co. 10.
Ai fini dell’udienza, l’Amministrazione, in adempimento alla disposta istruttoria, ha depositato memoria unitamente al decreto impugnato, alla proposta di ritiro del titolo ed al verbale della Questura di Vibo.
Come memoria l’Amministrazione ha precisato che l’istante avrebbe frequentazioni anche con soggetti appartenenti a consorterie mafiose; tali circostante, unitamente alla condotta per cui il ricorrente risulta penalmente denunciato, avrebbero ridotto l’affidabilità richiesta per l’attribuzione o il mantenimento del titolo di polizia oggetto di contenzioso. Allega, a conforto di quanto controdedotto, la nota della Questura di Vibo, dalla quale risulta il deferimento dell’istante, nel 2018, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e l’avvenuto controllo con persone segnalate per criminalità organizzata
Con note di passaggio in decisione l’appellante, di contro, ribadisce che il decreto prefettizio impugnato avrebbe acriticamente recepito la proposta di divieto di detenzione armi, munizioni ed esplosivi avanzata dal Commissariato di P.S. di -OMISSIS-, con la quale si segnalava il deferimento all’autorità giudiziaria per il concorso nel reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ai sensi dell’art. 22 c. 13 d.lgs. n. 286/1998, per avere in qualità di datore di lavoro, occupato alle proprie dipendenze, lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno. Ancora, risulterebbe, che l’appellante sia stato controllato in più occasioni, unitamente a persone con precedenti di polizia per reati contro il patrimonio, con soggetti sottoposti a divieto di detenzione armi ed in particolare con soggetti esponenti di una nota consorteria di tipo mafioso.
Evidenzia l’istante di non aver mai subito condanni penali, di non avere procedimenti penali pendenti, che non risulterebbero indagini a suo carico per come emerge dal certificato ex art. 335 c.p.p. prodotto in atti. L’appellante, inoltre, disconosce le vicende legate al deferimento per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, così come riportato nel decreto prefettizio impugnato, evidenziando di non aver ricevuto controlli nel mese di giugno 2018 (data riportata nel decreto prefettizio).
2 – L’appello è infondato.
3 – Quanto alla dedotta omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, appare sufficiente richiamare la costante giurisprudenza di questo Consiglio – dalla quale non vi è motivo di discostarsi – che afferma che non sussiste l’obbligo di preventiva comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della l. 241/1990 nel caso in cui l’urgenza, che consenta tale omissione, è rinvenibile ex se nel pericolo di compromissione dell’ordine pubblico, rappresentato dalle circostanze prese a presupposto per l’emanazione della misura di sicurezza pubblica quale è, appunto, il divieto di cui si verte (ex multis, 30 agosto 2018, n. 4621).
4 – In relazione al secondo e terzo motivo di appello, che possono essere congiuntamente esaminati, va ribadito che questa Sezione ha più volte affermato che il divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi non implica un concreto ed accertato abuso nella tenuta delle armi, risultando sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne, sulla base del prudente apprezzamento di tutte le circostanze di fatto rilevanti nella concreta fattispecie da parte dell’Autorità amministrativa competente (Sez. III, 26/09/2019, n. 6457).
Ed ancora, che con riferimento alla valutazione svolta dalla pubblica amministrazione, non sussiste
una particolare motivazione, se non negli ovvi limiti della sussistenza dei presupposti idonei a far ritenere che le valutazioni effettuate non siano irrazionali o arbitrarie.
Nella specie che occupa, la segnalazione effettuata dall’Autorità, che non appare poter essere smentita da una semplice affermazione della parte, essendo assistita da fede qualificata, unitamente alle condotte evidenziate costituiscono dati sufficienti a condizionare il giudizio di affidabilità svolto all’Amministrazione.
5 – Va, altresì, ribadito che è approdo giurisprudenziale consolidato, quello secondo cui la facoltà di detenere e portare armi corrisponde ad un interesse del privato ritenuto cedevole di fronte al ragionevole sospetto di abuso della facoltà medesima, il cui soddisfacimento recede al cospetto dell’esigenza di evitare rischi per l’incolumità pubblica e per la tranquilla convivenza della collettività, sicché la pubblica amministrazione può legittimamente negare la detenzione e il porto d’armi anche qualora la condotta dell’interessato presenti solo segni di pericolosità o semplici indizi di inaffidabilità .
6 – Pe tutto quanto sin qui ritenuto, l’appello deve essere respinto e, per l’effetto, deve essere confermata la sentenza n. -OMISSIS-
7 – Nulla per le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza n. -OMISSIS-,
Nulla per le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti private.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio da remoto del giorno 28 gennaio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Giulia Ferrari – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere, Estensore
Giovanni Tulumello – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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