Consiglio di Stato, Sentenza|14 aprile 2021| n. 3054.
Il diritto del coniuge superstite non incontra, simmetricamente, alcun limite e l’esercizio dello stesso non può essere concentrato solo sulla porzione dell’immobile sufficiente a soddisfarne lo stretto bisogno alloggiativo, non potendo applicarsi, nel conflitto con gli altri eredi che in caso di successione ab intestato acquistano in comunione la nuda proprietà della residenza familiare, ai diritti reali di abitazione e di uso del coniuge superstite le disposizioni di cui agli artt. 1021 e 1022 c.c. nella parte in cui limitano il diritto attribuito ex lege in relazione al fabbisogno del titolare.
Sentenza|14 aprile 2021| n. 3054
Data udienza 23 marzo 2021
Integrale
Tag – parola chiave: ERP – Alloggio – Diritto del coniuge superstite – Esercizio – Presupposti – Individuazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5077 del 2013, proposto dal signor
Ri. Be., rappresentato e difeso dagli avvocati St. Di Me. e Pi. Gu., con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via (…),
contro
il Comune di Livorno, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Lu. Ma. e Pa. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la società CASALP – Casa Livorno e Provincia Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Seconda n. 2031/2012, resa tra le parti, concernente decadenza dall’assegnazione di alloggio di edilizia popolare
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio deli Comune di Livorno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 marzo 2021, svolta con modalità telematica ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con legge 18 dicembre 2020, n. 176, il Cons. Carla Ciuffetti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La sentenza in epigrafe ha respinto il ricorso dell’odierno appellante avverso l’ordinanza in data 13 luglio 2006 n. 56568 del Comune di Livorno, con cui si ingiungeva il rilascio di un alloggio di edilizia residenziale pubblica (ERP) concesso in locazione. Ciò in quanto l’appellante e il coniuge risultavano titolari di quote di proprietà di due immobili che, complessivamente, superavano il valore catastale oltre il quale non era consentito l’accesso alle graduatorie di assegnazione degli alloggi ERP ai sensi dell’art. 35 l.r. n. 96/1996.
2. Con l’appello in esame l’interessato preliminarmente eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, pure dal medesimo adito in primo grado, evidenziando che, nelle more del procedimento, la giurisprudenza della Suprema Corte avrebbe ricondotto le controversie in materia di alloggi ERP alla giurisdizione del giudice ordinario.
Nel merito, l’appellante deduce l’illegittimità dell’atto impugnato per eccesso di potere: sia in quanto contraddittoriamente l’Amministrazione aveva prima comunicato l’avvio di un procedimento di decadenza ai sensi dell’art. 35 della l.r. n. 96/1996 e, in seguito, aveva adottato un atto di annullamento della concessione dell’alloggio ai sensi dell’art. 33 della medesima l.r.; sia per difetto di istruttoria in merito ai presupposti in base ai quali era giunta ad adottare l’atto impugnato, che il Tar non avrebbe idoneamente valutato. In merito a tale secondo profilo, l’appellante fa presente di essere proprietario pro quota di un rustico fatiscente, sostanzialmente un rudere non abitabile e che il coniuge sarebbe titolare di nuda proprietà pro quota di un appartamento sul quale insisterebbe un diritto di abitazione ex art. 540 c.c. della madre. Tali circostanze avrebbe dovuto essere adeguatamente valutate, così escludendo il superamento del valore catastale complessivo su cui si fondava il provvedimento impugnato. In particolare, quanto alla proprietà pro quota del coniuge, il diritto di abitazione insistente sul relativo immobile, per la natura e il contenuto, avrebbe dovuto essere considerato equivalente al diritto di usufrutto, ai fini di una maggiore diminuzione nel computo del valore catastale dell’appartamento, cioè nella misura della metà invece che di un terzo, dovendosi altrimenti dubitare della legittimità costituzionale della l.r. n. 96/1996.
3. Il Comune di Livorno, costituito in giudizio con atto depositato in data 30 agosto 2013, ha chiesto il rigetto dell’appello.
4. La causa, chiamata all’udienza pubblica del 23 marzo 2021, è stata trattenuta in decisione.
5. La preliminare eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo va disattesa, alla luce della giurisprudenza di questo Consiglio che ha osservato che, salva la fattispecie di cui all’art. 11, comma 13, del previgente d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, ovvero della decadenza dall’assegnazione per mancata stabile occupazione dell’alloggio entro 30 giorni da parte dell’avente diritto, “la giurisdizione in merito all’impugnazione di provvedimenti di revoca e decadenza dall’assegnazione di alloggi di edilizia popolare, tanto più a fronte del ravvisato venir meno delle condizioni legittimanti, spetta al giudice amministrativo, che esercita al riguardo una giurisdizione esclusiva” (Cons. Stato, sez. V, 21 novembre 2018, n. 6591).
5.1. Venendo al merito dell’appello, a partire dalle censure relative al difetto di istruttoria, si osserva che la proprietà di un immobile dalla quale possano derivare effetti preclusivi della concessione di un alloggio ERP deve riguardare un bene che sia idoneo all’uso abitativo; nel caso in cui tale idoneità non sussista, l’eventuale inadeguatezza non deve essere imputabile a omissione dell’attività di manutenzione da parte del proprietario. Poiché nella fattispecie l’appellante deduce l’inadeguatezza abitativa dell’immobile di cui è proprietario pro quota, ma la non imputabilità di tale inadeguatezza a mancanza di idonea attività manutentiva non pare idoneamente dimostrata, non può trovare accoglimento la tesi dell’appellante circa l’irrilevanza nella fattispecie della sua proprietà pro quota di detto immobile.
5.2. Con riferimento all’immobile di proprietà pro quota del coniuge, va rilevato che il diritto di abitazione della madre deriva da successione a seguito della morte del marito, unico proprietario dell’appartamento. In tal caso “il diritto del coniuge superstite non incontra, simmetricamente, alcun limite e l’esercizio dello stesso non può essere concentrato solo sulla porzione dell’immobile sufficiente a soddisfarne lo stretto bisogno alloggiativo, non potendo applicarsi, nel conflitto con gli altri eredi che in caso di successione ab intestato acquistano in comunione la nuda proprietà della residenza familiare, ai diritti reali di abitazione e di uso del coniuge superstite le disposizioni di cui agli artt. 1021 e 1022 c.c. nella parte in cui limitano il diritto attribuito ex lege in relazione al fabbisogno del titolare” (Cass. civ. Sez. VI – 2 ord. 22 giugno 2020, n. 12042). Inoltre, questo Consiglio ha osservato che la nuda proprietà “non attribuisce alcun diritto esclusivo sull’immobile ma solo la titolarità di un’aspettativa alla cessazione di un pati, connesso all’esistenza di un diritto reale di godimento spettante al terzo usufruttuario” e ha ricondotto la ratio dell’esclusione dal contributo statale previsto dall’art. 2, d.P.R. n. 1035/1972 per alloggio ERP alla “disponibilità di un immobile idoneo alle esigenze abitative del beneficiario o del suo nucleo familiare, laddove essere titolare della nuda proprietà, invece, non significa disporre della casa a fini abitativi immediati, non essendo consentito al nudo proprietario fruire del bene a titolo di proprietà solitaria e quindi di destinarlo a propria abitazione (arg. Cass., II, 3 febbraio 1992, n. 1136)” (Cons. Stato, sez. IV, n. 4632/2001; cfr. Tar Puglia, Lecce, 17 novembre 2003, n. 8198 e Tar Puglia Bari, sez. II, 27 marzo 2006, n. 1054, entrambe definitive; Cons. Stato, sez. V, n. 6179/2012).
Dunque, considerato tutto ciò e ritenuta irrilevante la circostanza della costituzione successiva di diritto di usufrutto in favore della madre del coniuge dell’appellante evidenziata dal Comune di Livorno, le censure con cui l’appellante sostiene che, per la proprietà pro quota del coniuge, dovesse essere applicata la maggiore riduzione del valore catastale, nella misura della metà, prevista per il caso di diritto di usufrutto, devono essere accolte, con assorbimento delle ulteriori censure.
6. Pertanto, l’appello deve essere parzialmente accolto e l’atto impugnato in primo grado deve essere annullato, nei limiti di quanto considerato al punto 5.2.
Sussistono ad avviso del Collegio giustificati motivi per la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l’effetto, in riforma della sentenza in epigrafe, accoglie il ricorso di primo grado e annulla l’atto con esso impugnato nei limiti di cui in motivazione.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2021, convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Presidente FF
Hadrian Simonetti – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere
Carla Ciuffetti – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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