Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 17 aprile 2020, n. 2466.
La massima estrapolata:
Il concetto giuridico del “terzo” nel diritto amministrativo designa colui che, pur essendo estraneo alla relazione diretta che si stabilisce tra l’Amministrazione ed il destinatario del provvedimento, è preso in considerazione dall’ordinamento quando l’attività altrui -che è sottoposta a regole pubblicistiche per il suo concreto esercizio interferisce con la sua sfera giuridica personale o patrimoniale. Il “terzo” va tutelato non come se fosse titolare di una frazione dell’interesse pubblico, bensì quale individuo titolare di una posizione differenziata e qualificata, rispetto alla quale deve essersi prodotta una lesione potenziale (pericolo di danno) o effettuale (danno), il cui onere di allegazione e di prova incombe, secondo le regole ordinarie, su colui che afferma il fatto costitutivo del danno ingiusto (fattispecie relativa a soggetti che agivano uti singuli, a tutela di un interesse proprio, sulla base dello stabile collegamento delle rispettive residenze rispetto alla zona interessata dall’esercizio di una piattaforma per il trattamento di rifiuti mediante la termovalorizzazione con il recupero di energia, in mancanza tuttavia di una prova rigorosa in ordine alla lesione della proprio sfera personale – salute – o patrimoniale – proprietà – o al concreto rischio che eventi di danno ambientale, inquinamento o pregiudizio alla salute alla proprietà si possano verificare).
Sentenza 17 aprile 2020, n. 2466
Data udienza 5 dicembre 2019
Tag – parola chiave: Processo amministrativo – Autorizzazione integrata ambientale – Rifiuti – Impianto di termovalorizzazione – Impugnazione A.I.A. – Inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione a ricorrere – Non provato danno
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso di registro generale numero 158 del 2019, proposto dai signori Mi. Ca. ed altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Do. Di Ci., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…).
contro
La Regione Basilicata, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio.
La S.r.l. Re. Am., in persona del Legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ri. Mo., An. Pe. Pe. e Gu. Fr. Ro., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gu. Fr. Ro. in Roma, via (…).
nei confronti
Il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, ed il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, non costituiti in giudizio.
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata, sezione prima, n. 324 del 9 maggio 2018, resa tra le parti, concernente l’impugnazione dell’autorizzazione integrata ambientale per l’esercizio dell’impianto di termovalorizzazione per il trattamento dei rifiuti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della società Rendina;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2019 il consigliere Daniela Di Carlo e uditi per le parti gli avvocati Do. Di Ci. e An. Pe. Pe.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso di primo grado, i signori Sa. Fa. ed altri,
Gi. Ge. ed altri (di questi, soltanto i soggetti indicati nell’epigrafe hanno appellato la sentenza) hanno impugnato la deliberazione n. 428 del 14 aprile 2014, con la quale la Giunta della Regione Basilicata ha rilasciato, in favore della società controinteressata Fe. Am. s.r.l. (oggi Re. Am. s.r.l.), l’autorizzazione integrata
ambientale per l’esercizio della piattaforma per il trattamento di rifiuti mediante la termovalorizzazione con il recupero di energia, ubicata in località (omissis), in Comune di (omissis).
2. Il Tar della Basilicata, con la sentenza di cui in epigrafe, ha delibato, accogliendola, l’eccezione preliminare sollevata dalla società controinteressata, di inammissibilità del ricorso per carenza di
legittimazione a ricorrere.
3. Gli appellanti hanno impugnato la sentenza, ritenendo erroneo il ragionamento logico-giuridico seguito dal primo giudice, nella parte in cui ha ritenuto che -in materia ambientale- il solo fatto di
essere cittadini residenti in un comune limitrofo rispetto a quello in cui è situato l’impianto di trattamento di rifiuti, non è condizione sufficiente ad integrare una posizione differenziata e qualificata, idonea a fondare la legittimazione e l’interesse a ricorrere.
4. Si è costituita la società Re. Am., per resistere al gravame.
5. Le parti hanno ulteriormente insistito sulle rispettive tesi difensive, mediante il deposito di documenti, di memorie integrative e di replica.
6. All’udienza pubblica del 5 dicembre 2019, la causa è stata discussa dalle parti ed è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
7. L’appello è infondato e va, pertanto, respinto.
8. La Sezione ritiene decisive, nel senso del rigetto del gravame, le seguenti considerazioni.
a) Gli originari ricorrenti hanno fondato l’interesse a ricorrere sulla base dello stabile collegamento delle rispettive residenze rispetto alla zona interessata dall’esercizio dell’attività economica avversata, malgrado l’impianto sia localizzato nell’ambito di un Comune limitrofo rispetto a quello in cui gli stessi risiedono.
b) Secondo l’indirizzo esegetico seguito dalla recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, il concetto giuridico del “terzo” nel diritto amministrativo designa colui che, pur essendo estraneo alla relazione diretta che si stabilisce tra l’Amministrazione ed il destinatario del provvedimento, è preso in considerazione dall’ordinamento quando l’attività altrui -che è sottoposta a regole pubblicistiche per il suo concreto esercizio- interferisce con la sua sfera giuridica personale o patrimoniale.
c) Il “terzo” va tutelato non come se fosse titolare di una frazione dell’interesse pubblico, bensì quale individuo titolare di una posizione differenziata e qualificata, rispetto alla quale deve essersi prodotta una lesione potenziale (pericolo di danno) o effettuale (danno), il cui onere di allegazione e di prova incombe, secondo le regole ordinarie, su colui che afferma il fatto costitutivo del danno ingiusto (ex plurimis, Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza n. 5269/2019; Sezione IV, sentenza n. 5229/2019).
d) Nel caso di specie, come ha correttamente ritenuto il primo giudice, non è stato adeguatamente e congruamente soddisfatto tale onere, non avendo -i ricorrenti- fornito la prova (e nemmeno il principio di prova) del danno ambientale, dell’inquinamento o del pregiudizio alla salute o alla loro proprietà o del concreto rischio che tali eventi si verifichino.
e) Tale onere -trattandosi di soggetti che agiscono uti singuli ed a tutela di un interesse proprio- va soddisfatto in termini rigorosi, implicando il dovere di allegare e di provare in qual modo (sul piano del nesso di causalità ) ed in quale misura (ai fini della quantificazione del pregiudizio subito) si sia verificata una lesione alla propria sfera personale (salute) e patrimoniale (proprietà ) o sussista un concreto rischio che tale lesioni si determini.
f) Dai documenti versati agli atti del giudizio, inoltre, è risultato che nel processo penale è stata esclusa la sussistenza della contestata fattispecie di disastro ambientale e, più in generale, quella di inquinamento (v. la sentenza del Tribunale di Potenza del 19 ottobre 2017 n. 1335), e che la stessa relazione di consulenza tecnica svolta dalla Procura della Repubblica (cd. consulenza Fracassi) ha indicato come non fosse stata raggiunta la prova di contaminazioni esterne al sito. In particolare, nella predetta relazione (alla pag. 70) si precisa espressamente che non viene fornita alcuna valutazione “in relazione alla possibilità che l’eccessivo tenore di inquinanti abbia pregiudicato o ancora pregiudichi l’uso delle acque da parte degli agricoltori della zona”, sicché, in difetto di una specifica verifica sul punto, tale profilo di pregiudizio, potenziale o effettivo – salvo ogni ulteriore futuro accertamento – non può al momento ritenersi provato allo stato degli atti.
Quanto, poi, alla possibile contaminazione indiretta della catena alimentare a causa non dell’inquinamento delle falde, bensì di immissioni di inquinanti nell’atmosfera, essa è stata prospettata nel ricorso proposto dinanzi al T.a.r. in termini del tutto ipotetici (v. pagg. 16-17 del ricorso di primo grado), peraltro in un contesto in cui i ricorrenti vivono a distanza di alcuni chilometri dall’impianto.
9. Resta inteso che, trattandosi di una declaratoria di inammissibilità in rito dell’azione, la stessa potrà essere riproposta dai ricorrenti alle condizioni e secondo i presupposti previsti dall’ordinamento, ed in particolare mediante l’allegazione di prove (o di principi di prova) dai quali inferire la produzione (o il pericolo di produzione) dei lamentati pregiudizi alla salute o alla proprietà dei beni. In mancanza, ogni accertamento giudiziale (consulenza tecnica, verificazione, chiarimenti) risulterebbe generico e meramente esplorativo.
10. Le ragioni della decisione suggeriscono l’equa compensazione delle spese di lite del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 158/2019, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Troiano – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere, Estensore
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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