Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 17 aprile 2020, n. 2443.
La massima estrapolata:
I requisiti generali e speciali devono essere posseduti dai candidati non solo alla data di scadenza del termine per la presentazione della richiesta di partecipazione alla procedura di affidamento, ma anche per tutta la durata della procedura stessa fino all’aggiudicazione definitiva ed alla stipula del contratto, nonché per tutto il periodo dell’esecuzione dello stesso, senza soluzione di continuità ; il principio della continuità del possesso dei requisiti esige dunque che gli stessi siano posseduti ininterrottamente in tutte le fasi della procedura e che la loro perdita, ancorché temporanea, impone l’esclusione della concorrente dalla gara.
Sentenza 17 aprile 2020, n. 2443
Data udienza 30 gennaio 2020
Tag – parola chiave: Contratti della PA – Affidamento – Gara – Requisiti di partecipazione – Requisiti generali e speciali – Possesso – Necessità – Estensione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3462 del 2019, proposto da
Ba. di Ba. Da. e C. s.n. c., in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con la ditta individuale Ci. Ma., An. So. St. S.r.l. ed altri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Ni. Co. e Do. Al., con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
contro
Agenzia del Demanio, Prefettura di Livorno e Ministero dell’Interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, alla via (…);
nei confronti
Sg. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Le. Li., con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
Of. Me. 3/R di Ro. Al. ed altri, non costituiti in giudizio
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sez. II, n. 191/2019, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Sg. S.r.l. dell’Agenzia del Demanio, della Prefettura di Livorno e del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2020 il Cons. Giovanni Grasso e uditi per le parti gli avvocati Fo., Li. e l’avvocato dello Stato De Nu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Con determina a contrarre in data 2 luglio 2018, l’Agenzia del Demanio – Direzione Regionale Toscana e Umbria ed il Ministero dell’Interno – Ufficio Territoriale del Governo di Livorno indicevano una procedura aperta, ai sensi dell’art. 60 de d.lgs. n. 50/2016, preordinata all’affidamento del servizio di recupero, custodia e acquisto dei veicoli oggetto dei provvedimenti di sequestro amministrativo, fermo o confisca, per la durata di 36 mesi e per un valore indicativo triennale di Euro 620.760,00, IVA esclusa.
Tra le condizioni per l’accesso alla procedura, la lex specialis prescriveva la disponibilità di un’area separata ed opportunamente recintata, con un’altezza non inferiore a metri 2,50.
All’esito della acquisizione e valutazione delle domande di partecipazione, risultava primo graduato il raggruppamento temporaneo capeggiato dalla appellante Ba. di Ba. Da. e C. s.n. c., al quale – in considerazione della riscontrata anomalia dell’offerta – il responsabile del procedimento sollecitava, con nota del 28 novembre 2018, le relative giustificazioni.
In pendenza della fase di valutazione dell’anomalia, con propria nota del 12 dicembre 2018 il raggruppamento temporaneo concorrente, capeggiato da S.G. srl, formalizzava istanza di annullamento in autotutela della proposta di aggiudicazione, evidenziando un asserito difetto dei requisiti prescritti dal disciplinare dell’area messa a disposizione in sede di gara.
A riscontro dell’istanza, la stazione appaltante disponeva, con provvedimento in pari data, l’effettuazione di un sopralluogo sugli immobili indicati nell’offerta, all’esito del quale i verbalizzanti riscontravano: a) l’assenza di divisorio centrale; b) l’altezza della rete di recinzione di destra di 2,46 metri; c) l’altezza del muro di recinzione posteriore di 2,3 metri; d) l’altezza del muro perimetrale di sinistra (su cui erano montati dei manufatti) di 2,7 metri.
Ritenendo che l’accertamento dimostrasse il mancato possesso dei requisiti richiesti dal disciplinare di gara e dichiarati in sedi di formalizzazione dell’offerta, la stazione appaltante determinava di non procedere all’approvazione dell’aggiudicazione, estromettendo l’appellante dalla gara e formulando proposta di aggiudicazione del servizio a favore del raggruppamento S.G. srl.
2.- Avverso tali determinazioni, l’appellante insorgeva con rituale ricorso dinanzi al TAR per la Toscana, con il quale lamentava violazione dell’art 83, comma 2 e dell’art. 68 del d.lgs. 50/2016, nonché violazione dei principi generali di proporzionalità, ragionevolezza, concorrenza e favor partecipationis ed eccesso di potere sotto plurimo profilo.
A sostegno del gravame assumeva, in particolare, che le risultanze del sopralluogo non avevano considerato che, al momento della presentazione della domanda, l’area presentava tutti i requisiti richiesti e che, nelle more dello svolgimento della gara, si erano resi necessari lavori di bonifica dell’amianto che erano stati intimati ai proprietari degli immobili dal comune di Livorno, che avevano costretto alla temporanea alterazione dello stato dei luoghi, peraltro successivamente ed utilmente ripristinati.
Per l’effetto, a suo dire, le accertate variazioni – non aventi carattere essenziale sotto il profilo qualitativo e quantitativo e, comunque, derivanti non già dalla perdita dei requisiti di partecipazione, ma della momentanea modifica della situazione di fatto, imposta da uno stato di necessità sopravvenuto – non avrebbero giustificato, alla luce del canone di tassatività delle clausole di esclusione e del principio di proporzionalità, la propria estromissione.
2.- Con la sentenza distinta in epigrafe, resa nel rituale contraddittorio delle parti, il TAR adito respingeva il ricorso.
Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, l’appellante insorge avverso al ridetta statuizione, di cui lamenta la complessiva erroneità ed ingiustizia, auspicandone l’integrale riforma e reiterando, in prospettiva devolutiva, le disattese ragioni di doglianza.
Nella resistenza dell’Agenzia del Demanio, dell’Ufficio territoriale di Governo e della concorrente controinteressata, alla pubblica udienza del 30 gennaio 2020, sulle reiterate conclusioni dei difensori, la causa è stata riservata per la decisione.
DIRITTO
1.- L’appello non è fondato e va respinto.
2.- Importa rammentare che il disciplinare della gara oggetto di controversia faceva obbligo a tutti i concorrenti di dichiarare, quale requisito di partecipazione, la disponibilità di “un’area adibita a depositeria con una superficie utile non inferiore a mq 500 ed idonea al parcheggio di almeno n. 50 autoveicoli, opportunamente recintata fino ad una altezza di mt. 2,50, illuminata da un’altezza non inferiore a mt. 5”.
L’area avrebbe potuto anche essere “ritagliata” all’interno di altra e più vasta area adibita a differenti attività, ma – in questo caso – sarebbe stata necessaria espressa attestazione della “separazione netta” tra le due.
Ciò posto, risulta dagli atti di causa che l’appellante aveva messo a disposizione “un’area adibita a depositeria con una superficie di mq 590 idonea al parcheggio di oltre 50 veicoli recintata con altezza non inferiore a ml 2,50 illuminata da un’altezza non inferiore a ml 5”: area ritagliata all’interno di un’area più comprensiva, adibita ad altra attività e dalla stessa delimitata da una “recinzione h. ml. 2,50”.
Orbene, non è contestato che, nell’occasione del sopralluogo effettuato il 14 dicembre 2018, siffatti requisiti non fossero in possesso dell’appellante: la quale assume solo di averli solo “momentaneamente perduti” a causa di circostanze sopravvenute non imputabili.
Va rammentato che costituisce orientamento consolidato quello per cui i requisiti generali e speciali devono essere posseduti dai candidati non solo alla data di scadenza del termine per la presentazione della richiesta di partecipazione alla procedura di affidamento, ma anche per tutta la durata della procedura stessa fino all’aggiudicazione definitiva ed alla stipula del contratto, nonché per tutto il periodo dell’esecuzione dello stesso, senza soluzione di continuità ; il principio della continuità del possesso dei requisiti esige dunque che gli stessi siano posseduti ininterrottamente in tutte le fasi della procedura e che la loro perdita, ancorché temporanea, impone l’esclusione della concorrente dalla gara (cfr. Cons. Stato, sez. III, 21 gennaio 2019, n. 498; Id., sez. V, 28 dicembre 2017, n. 6135; Id., sez. V, 31 ottobre 2016, n. 4558; Id., sez. III, 13 gennaio 2016, n. 76; Id., ad. plen., 20 luglio 2015, n. 8).
Per tal via, la necessità di garantire il mantenimento, in maniera continuata ed interrotta, per tutte le fasi della gara, dei requisiti dichiarati in sede di offerta, rende irrilevante, a contrastare la impugnata esclusione, l’allegata necessità di effettuare lavori di bonifica sulle aree interessate, per effetto di ingiunzione in tal senso disposto dal Comune di Livorno (necessità che, peraltro, neppure era stata evidenziata – come sarebbe stato necessario, in adempimento di un onere di correttezza e diligenza gravante sul concorrente – in sede di dichiarazione allegata all’offerta tecnica, a dispetto della sua allegata attualità ).
In effetti, come correttamente rilevato dalla sentenza impugnata e come risulta dalla documentazione versata in atti, gli interventi in questione erano stati eseguiti, una prima volta, nel mese di ottobre 2018 e una seconda volta successivamente al 20 dicembre 2018, cioè ben prima e poi quasi una settimana dopo il detto sopralluogo.
3.- Non fondata risulta, altresì, la doglianza con la quale l’appellante lamenta, per un verso, la violazione del principio di proporzionalità e, per altro verso, della regola che vieta la valorizzazione di cause atipiche di esclusione.
3.1.- Invero, sotto il primo profilo, il disciplinare di gara fissava requisiti di partecipazione precisi, vincolanti e non equivocabili, la cui mancanza è, perciò, ragione di automatica esclusione, essendo inibito alla stazione appaltante di valutare discrezionalmente la rilevanza, sotto il profilo quantitativo o qualitativo, del loro – anche solo temporaneo – difetto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2014, n. 169).
Trattandosi di esclusione vincolata, non ha alcun rilievo l’evocato principio di proporzionalità, che riguarda solo apprezzamenti per i quali sussista un margine di discrezionalità .
3.2.- Sotto il secondo profilo, la verifica che “l’offerta [sia] conforme ai requisiti, alle condizioni e ai criteri indicati nel bando di gara o […] nei documenti di gara” costituisce presupposto della selezione delle offerte (art. 94, comma 1 lettera a) d.lgs. n. 50/2016), che rappresenta, come tale, causa tipica e necessaria di esclusione.
Solo la fissazione, nella lex specialis di gara, di “requisiti” e “capacità ” esorbitanti, cioè fissati in violazione del canone di “attinenza” e di “proporzionalità all’oggetto dell’appalto” (cfr. art. 83, comma 2 d.lgs. cit.) avrebbe potuto prefigurare una prescrizione espulsiva violativa della regola di tassatività di cui all’art. 83, comma 8 (e, come tale, nulla). Ma tale dimostrazione, nel caso di specie, non è stata fornita e neppure tentata.
4.- Il complesso delle considerazioni che precedono conferma l’infondatezza dell’appello.
Quanto alla regolazione delle spese di lite, il Collegio ritiene che sussistano giustificate ragioni per disporne la compensazione nei confronti delle parti pubbliche, mentre l’appellante va condannata alla relativa refusione nei confronti della controinteressata S.G. s.p.a,, nella complessiva misura di Euro 3.000,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante alla refusione delle spese di lite a favore di S.G. s.r.l. e le compensa nei confronti delle parti pubbliche.
Ordina che il presente dispositivo sia eseguito dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo – Presidente
Raffaele Prosperi – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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