Consiglio di Stato, Sentenza|18 febbraio 2021| n. 1473.
E’ consentita una variazione stipendiale in ragione dello svolgimento di mansioni superiori solo in presenza di tre concomitanti condizioni: l’effettivo espletamento delle suddette mansioni per un periodo eccedente i sessanta giorni nell’anno solare; lo svolgimento di mansioni relative ad un posto di ruolo, esistente nella pianta organica, vacante e disponibile; la previa attribuzione dell’incarico, ad opera del competente organo gestorio, con formale deliberazione, dalla quale deve emergere l’avvenuta verifica dei presupposti richiesti, nonché l’assunzione di tutte le relative responsabilità, anche in ordine ai connessi profili di copertura finanziaria
Sentenza|18 febbraio 2021| n. 1473
Data udienza 12 gennaio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Azienda sanitaria – Variazione stipendiale – Pagamento delle mansioni superiori – Funzioni di direttore amministrativo – Pagamento indennità di coordinamento – Esigenze di servizio – Assegnazione temporanea – Modifica pianta organica
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8787 del 2012, proposto dal signor
Lu. Qu., rappresentato e difeso dall’avvocato Va. Sa., con domicilio eletto presso l’avv. Lu. Fr. in Roma, via (…)
contro
Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati St. Ri. e El. Pr., con domicilio in Roma, via (…);
Azienda Sanitaria Locale di Rieti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Cl. Bo., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…)
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Terza n. 3047/2012
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio e della Azienda Sanitaria Locale di Rieti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2021, tenuta ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 conv. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, il Cons. Cecilia Altavista;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il signor Lu. Qu. è stato in servizio presso la ex Unità sanitaria locale Rieti 2, dal primo gennaio 1977, inquadrato nei ruoli nominativi regionali dal 30 marzo 1983 quale direttore amministrativo, X livello retributivo, ai sensi dei D.P.R. nn. 20 dicembre 1979, n. 761, e 25 giugno 1983, n. 348.
Con varie domande, il 15 ottobre 1989, il 30 maggio 1994, il 29 maggio 1999 aveva richiesto alla Azienda sanitaria il pagamento delle mansioni superiori relative alle funzioni di direttore amministrativo capo servizio svolte complessivamente dal 1980 al 1995 nonché il pagamento della indennità di coordinamento per il periodo 1 settembre- 31 dicembre 1985.
Con ricorso notificato il 5 settembre 2000 aveva richiesto al Tribunale amministrativo regionale del Lazio l’accertamento del diritto a percepire il trattamento economico corrispondente alle funzioni superiori di direttore amministrativo capo servizio – XI livello retributivo, svolte – secondo la ricostruzione difensiva-senza soluzione di continuità presso la USL di Rieti dal 20 novembre 1980 al 4 maggio 1995, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Nel giudizio di primo grado non si sono costituite le Amministrazioni resistenti, Azienda Sanitaria Locale di Rieti, Regione Lazio-Gestione Liquidatoria ex USL RI/2 di Rieti.
Il giudice di primo grado, dopo avere disposto istruttoria a carico della Azienda sanitaria, ha respinto il ricorso, con la sentenza n. 3047 del 30 marzo 2012, non sussistendo i presupposti per il riconoscimento delle mansioni superiori dell’XI livello, in particolare non essendo provata la mancanza in organico del relativo posto esistente e vacante, risultando l’unico posto in organico di XI livello occupato da altro soggetto con l’incarico di “coordinatore amministrativo”; ha richiamato la prescrizione del credito, “eccepita” dall’Azienda sanitaria nella relazione istruttoria depositata in giudizio, senza esaminare la questione, evidenziando la mancata difesa in giudizio sul punto delle Amministrazioni non costituite.
Avverso la sentenza è stato proposto il presente appello, contestando le conclusioni della sentenza per travisamento dei fatti e mancata applicazione della normativa di riferimento.
In particolare, nell’atto di appello è stata ribadita la ricostruzione difensiva in fatto, per cui già con la delibera del Comitato di gestione dell’Unità sanitaria Rieti 2 n. 96 del 20 novembre 1980, approvata dal Co.Re.Co con verbale del 23 gennaio 1981 e ratificata dall’Assemblea con delibera n. 27 del 30 dicembre 1980, erano state attribuite all’odierno appellante le funzioni di Responsabile del servizio bilancio e programmazione, che sarebbero rientrate nelle attribuzioni dell’XI livello retributivo, funzioni che sarebbero state svolte ininterrottamente fino al 4 maggio 1995; inoltre, con la delibera del Comitato di gestione n. 307 del 18 settembre 1985, approvata dal Co.Re.Co. con verbale n. 867 del 16 gennaio 1986 veniva conferito anche l’incarico di “capo servizio affari generali e personale” fino alla copertura definitiva del posto, incarico che era stato svolto fino al 22 dicembre 1987; con la delibera dell’Amministratore straordinario n. 546 del 9 novembre 1993 era stato nominato Responsabile del servizio affari generali, personale e formazione professionale, funzioni espletate fino al 4 maggio 1995; è stato dedotto che per le funzioni di capo servizio continuativamente svolte aveva anche percepito l’indennità di direzione, ai sensi dell’art. 41 del D.P.R. 348 del 1983, ma non le spettanze retributive dell’XI livello; è stato poi contestato che la funzione di coordinatore amministrativo corrispondesse all’unica dell’XI livello retributivo – riguardante invece anche i capi servizio- essendo prevista per tale funzione una ulteriore indennità “di coordinamento”, ai sensi dell’art. 44 del D.P.R. 348 del 1983; le mansioni superiori svolte avrebbero dovuto essere quindi riconosciute, secondo la disciplina dell’art. 52 del d.lgs. 165 del 2001; sono stati richiamati, in tal senso, anche gli artt. 8 e 78 del D.P.R. 769 del 1979; con ultimo motivo sono state contestate le affermazioni del giudice di primo grado relative alla prescrizione, in quanto non oggetto del giudizio, non potendo essere considerata la eccezione sollevata dalla Amministrazione ma non costituita in giudizio.
Nel presente giudizio si sono costituite la Azienda sanitaria di Rieti e la Regione Lazio.
Nelle memorie per l’udienza pubblica hanno eccepito ognuna il proprio difetto di legittimazione passiva; la ASL sostenendo che unica legittimata a stare in giudizio sarebbe la Regione Lazio, comunque subentrata alla Gestione liquidatoria dell’USL Rieti 2, ai sensi dell’art. 24 della legge regionale 6 febbraio 2003, n. 2; la Regione Lazio deducendo, invece, che la Gestione liquidatoria si sarebbe chiusa con la legge regionale n. 2 del 2003, e che la Regione potrebbe rispondere solo dei debiti accertati fino al 1994; inoltre, in tali memorie hanno eccepito la prescrizione del credito.
La difesa appellante ha depositato note d’udienza in cui ha contestato le eccezioni sollevate dalle Amministrazioni resistenti, ha insistito nelle proprie tesi difensive, richiamando, altresì, l’annotazione a penna contenuta nella copia dell’elenco allegato alla delibera della Giunta regionale del 24 novembre 1983 n. 6405 relativa all’organico della USL di Rieti, depositata nel giudizio di primo grado unitamente alla relazione istruttoria della ASL, con cui sarebbero stati indicati oltre all’unico posto in organico di XI livello, altri due posti con l’indicazione del nominativo del ragionier Qu..
All’udienza pubblica del 12 gennaio 2021, tenuta ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 conv. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, il giudizio è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
In via preliminare, ritiene il Collegio di precisare di non procedere ad esaminare la questione posta dalle Amministrazioni resistenti relativa alla propria legittimazione passiva, in relazione alla manifesta infondatezza dell’appello.
Sostiene l’appellante che il giudice di primo grado avrebbe errato nel respingere la domanda di riconoscimento della mansioni superiori, in quanto l’avvenuto svolgimento di tali mansioni sarebbe comunque provato dalla documentazione depositata in giudizio, anche in allegato alla relazione istruttoria della ASL; avrebbe, inoltre, confuso tra le funzioni di “direttore amministrativo capo servizio” previste quale XI livello retributivo dal D.P.R. 348 del 1983 e le funzioni di “coordinatore del servizio amministrativo”, configuranti una attività ulteriore dell’XI livello svolta dai direttori capo servizio, per cui era prevista una specifica indennità, ai sensi dell’art. 44 del D.P.R. 348/83; quindi l’appellante, pur non avendo svolto la funzione di coordinatore amministrativo, aveva invece svolto quella, dell’XI livello, di direttore amministrativo capo servizio, per la quale avrebbe anche percepito la relativa indennità di direzione senza il dovuto pagamento delle differenze stipendiali.
La domanda di riconoscimento di mansioni superiori e di pagamento delle relative differenze retributive è infondata.
In primo luogo, si deve rilevare che la sentenza di primo grado ha basato la reiezione della domanda sulla mancanza del posto vacante in organico di XI livello, livello per cui il signor Qu. ha richiesto il riconoscimento della mansioni superiori; per questo il giudice di primo grado ha fatto riferimento più volte nella sentenza alla circostanza che il ruolo di coordinatore amministrativo fosse coperto da altra persona, essendo questo, a prescindere dalla natura dell’incarico di coordinatore, l’incarico apicale del settore amministrativo della USL; pertanto, essendo ricoperto da altra persona, non sussisteva la mancanza di un altro posto in organico di XI livello.
Che, nella pianta organica della USL di Rieti, fosse previsto un solo posto dell’XI livello risulta dall’elenco allegato alla delibera della Giunta regionale del 24 novembre 1983 n. 6405, depositata nel giudizio di primo grado, in cui viene espressamente indicato 1 posto.
Tale circostanza è stata confermata dalla stessa difesa appellante nelle note per l’udienza pubblica, che ha evidenziato come, nella copia depositata in giudizio, accanto a tale numero “1” vi sia una annotazione a penna con il nome “Qu.”.
Tale circostanza è del tutto irrilevante rispetto alla modifica della pianta organica approvata dalla Regione, in quanto, anche a ritenere segnalata una esigenza di aumento della pianta organica, non risulta, comunque, recepita da atti formali.
Come è noto, ai sensi dell’art. 29 del D.P.R. n. 761/ 79 “il dipendente ha diritto all’esercizio delle mansioni inerenti al suo profilo e posizione funzionale e non può essere assegnato, neppure di fatto, a mansioni superiori o inferiori.
In caso di esigenze di servizio il dipendente può eccezionalmente essere adibito a mansioni superiori. L’assegnazione temporanea, che non può comunque eccedere i sessanta giorni nell’anno solare, non dà diritto a variazioni del trattamento economico.
Non costituisce esercizio di mansioni superiori la sostituzione di personale di posizione funzionale più elevata, qualora la sostituzione rientri tra gli ordinari compiti della propria posizione funzionale”.
Tale previsione, relativa al personale delle unità sanitarie locali, è stata ritenuta una norma di favore nell’ambito del pubblico impiego, antecedente alla disciplina generale introdotta con l’art. 15, del D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, non essendo consentito nel pubblico impiego – prima di tale disposizione se non per il settore sanitario- il pagamento della remunerazione differenziale per le mansioni superiori eventualmente svolte (sul punto Cons. Stato, Ad. Plen. 23 marzo 2006, n. 3, ove, proprio sulla base di tale disposizione, si è definitivamente chiarito che “l’esercizio di fatto di mansioni superiori, da parte del dipendente di pubblica amministrazione, non determina l’insorgenza di alcun diritto, salvo quello alle differenze retributive per il periodo successivo all’entrata in vigore dell’art. 15 del D.Lgs. n. 387 del 1998”, con ciò negandolo per il periodo precedente, in tal senso cfr. anche Cons. Stato Sez. III, 14 marzo 2014, n. 1277), attualmente riconosciuta dall’art. 52 del D.lgs. 30 marzo 2011, n. 165, nei limiti da tale norma indicati.
La costante giurisprudenza di questo Consiglio ritiene che l’art. 29 del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, consenta una variazione stipendiale in ragione dello svolgimento di mansioni superiori solo in presenza di tre concomitanti condizioni: l’effettivo espletamento delle suddette mansioni per un periodo eccedente i sessanta giorni nell’anno solare; lo svolgimento di mansioni relative ad un posto di ruolo, esistente nella pianta organica, vacante e disponibile; la previa attribuzione dell’incarico, ad opera del competente organo gestorio, con formale deliberazione, dalla quale deve emergere l’avvenuta verifica dei presupposti richiesti, nonché l’assunzione di tutte le relative responsabilità, anche in ordine ai connessi profili di copertura finanziaria (Consiglio di Stato, sez. III, 14 novembre 2012 n. 5734; id, Sez. III, 14 marzo 2014, n. 1277; id. Sez. III, 26 novembre 2018, n. 6662; id, Sez. III, 20 febbraio 2018, n. 1089).
Il diritto alle differenze retributive per lo svolgimento di funzioni superiori è condizionato, quindi, oltre che dall’effettiva prestazione di tali mansioni e dall’attribuzione formale dell’incarico da parte dall’organo gestorio competente con una formale deliberazione, dalla vacanza, in pianta organica, del posto di qualifica superiore cui si riferiscono le funzioni svolte (cfr., per tutte, Consiglio di Stato, Sez. III, 7 maggio 2013, n. 2479).
Applicando tali coordinate giurisprudenziali al caso di specie, risulta evidente che non sussistono i presupposti per riconoscere all’appellante le differenze retributive alle mansioni superiori.
In primo luogo, non è stata dedotta alcuna specifica circostanza relativa allo svolgimento dei effettive funzioni del XI livello retributivo ovvero se solo queste prevedano l’incarico di responsabile di un servizio o se tale incarico rientri anche nelle mansioni di direttore amministrativo, con la conseguenza che le funzioni attribuite con i vari incarichi nel corso degli anni, di responsabile del servizio bilancio e poi di responsabile del servizio affari generali e del personale, non è provato configurassero mansioni proprie dell’XI livello retributivo – “direttore amministrativo capo servizio” e non assegnazioni di incarichi di responsabilità di un servizio rientranti comunque nelle mansioni del direttore amministrativo.
Sotto tale profilo neppure è provata, in base agli atti depositati in giudizio, la circostanza dedotta dall’appellante relativa alla percezione della indennità di direzione corrispondente al livello retributivo di direttore amministrativo capo servizio, essendo prevista dall’art. 41 del D.P.R. 348 del 1983 l’indennità di direzione sia per i vice direttori amministrativi che per i direttori amministrativi e i direttori amministrativi capo servizio. Anzi, risulta agli atti del giudizio il prospetto delle competenze arretrate del 20 giugno 1984, in cui è indicata la indennità pari a tre milioni di lire, corrispondente a quella indicata dall’art. 41 del D.P.R. 348 del 1983 per il direttore amministrativo X livello.
In ogni caso, a prescindere dalla questione della prova della funzioni effettivamente attribuite con gli incarichi indicati dall’appellante (con la delibera del Comitato di gestione dell’Unità sanitaria Rieti 2 n. 96 del 20 novembre 1980; con la delibera del Comitato di gestione n. 307 del 18 settembre 1985; con la delibera dell’Amministratore straordinario n. 546 del 9 novembre 1993), quel che risulta con certezza dalla delibera della Giunta regionale n. 6405 del 1983, di approvazione delle piante organiche, è che il posto di XI livello in organico fosse solo uno, circostanza confermata dalla stessa annotazione a penna indicata dall’appellante nelle note d’udienza.
Tale posto, come rilevato dal giudice di primo grado, era necessariamente ricoperto dall’unico “coordinatore amministrativo” della USL, dovendo questo necessariamente essere inquadrato nella posizione funzionale più alta; tale incarico non risulta attribuito all’appellante, anche in base alla sua ricostruzione dei fatti di causa. Lo stesso appellante, infatti, nelle richieste presentate all’Amministrazione nel 1994 e nel 1999, aveva richiesto il pagamento della indennità di coordinamento solo per il periodo 1 settembre -31 dicembre 1985, per il quale comunque non vi è prova di alcun atto di conferimento formale, né la richiesta della indennità di coordinamento risulta oggetto del presente giudizio né, comunque, sono state specificamente contestate nell’atto di appello le affermazioni del giudice di primo grado relative al periodo 1 settembre-31 dicembre 1985.
La circostanza che il coordinatore amministrativo dovesse rivestire la qualifica apicale del ruolo di appartenenza (e quindi nel caso di specie, quella dell’XI livello) deriva, anche, dalla disciplina dell’art. 8 del D.P.R. 761/79 relativa all’ufficio di direzione della Unità sanitaria locale, “composto da tutti i responsabili dei servizi dell’unità sanitaria locale, previsti dalla legge regionale, sempre che i responsabili ricoprano la posizione funzionale apicale nei ruoli di appartenenza” (comma 1); in base al comma 3, “il coordinamento dell’ufficio di direzione è assicurato da un coordinatore sanitario, laureato in medicina, e da un coordinatore amministrativo, laureato in discipline economico-giuridiche, scelti tra i componenti l’ufficio stesso che appartengano rispettivamente al ruolo sanitario ed al ruolo amministrativo e posseggano un’anzianità nella posizione funzionale apicale di almeno tre anni”.
Infatti, nell’intero periodo 1980-1995, quando il ragionier Qu. ha ricoperto l’incarico di responsabile del servizio bilancio, l’incarico di coordinatore amministrativo era ricoperto prima dal dott. Ciannavei, in base alla delibera n. 96 del 20 novembre 1980 e fino al 31 agosto 1985, poi dal dott. Riccardo Poeta fino al 22 dicembre 1987; dalla dott.ssa Giulianelli, dal 27 gennaio 1988 fino al 31 ottobre 1993, poi nuovamente dal dott. Poeta dal 9 novembre 1993.
Ne deriva che, come correttamente affermato dal giudice di primo grado, il ragionier Qu. non ha mai ricoperto l’incarico di coordinatore amministrativo, relativo all’unico posto in organico di XI livello, né ha dedotto tale specifica circostanza nel presente giudizio d’appello.
Anzi, tale circostanza è sostanzialmente ammessa dall’appellante, sostenendo che l’unico posto in organico previsto della delibera della giunta regionale era stato oggetto di una aggiunta a penna con espresso riferimento al signor Qu.. Come già rilevato, tale annotazione, peraltro riferita alla qualifica di direttore amministrativo, anche a ritenere che manifesti una presunta volontà degli uffici della USL di ampliare o modificare i posti in organico, non può avere alcuna rilevanza in mancanza della formale approvazione da parte della Assemblea della USL o della Regione.
La competenza a stabilire le piante organiche delle USL era stata, infatti, originariamente, attribuita alle assemblee delle stesse Unità sanitarie, che le dovevano approvare in conformità ai piani sanitari nazionale e regionali (art. 6 D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761); quindi, in attesa dell’approvazione di detti piani, alle Regioni, che dovevano determinare le piante organiche provvisorie del personale in servizio alla data del 30 aprile 1981, ai sensi dell’art. 1 del d.l. 26 novembre 1981, n. 678, conv. dalla l. 26 gennaio 1982, n. 12(cfr. Cons. Stato Sez. V, 9 ottobre 2000, n. 5360).
Né può rilevare in questa sede la diposizione richiamata dalla difesa appellante, dell’art. 78 del D.P.R. 761 del 1979, per cui “fino all’espletamento dei relativi concorsi pubblici di assunzione, gli eventuali posti vacanti nelle posizioni funzionali di direttore amministrativo capo servizio possono essere ricoperti anche per incarico dal personale delle posizioni funzionali immediatamente inferiori. L’incarico è conferito dal comitato di gestione e deve essere motivato con specifico riferimento alla professionalità ed all’esperienza dei candidati, valutate in base ad un giudizio complessivo sull’attività svolta e sui titoli posseduti”. Tale disposizione si riferisce esclusivamente e specificamente al capo del servizio amministrativo dell’ente (sempreché la pianta organica non preveda, come capo degli uffici amministrativi, un funzionario di qualifica inferiore) e non già all’impiegato preposto ad un qualunque ufficio cui venga attribuita la denominazione di “servizio” (cfr. Cons. Stato Sez. V, 8 aprile 1997, n. 332).
In conclusione tali motivi di appello sono infondati e devono essere respinti.
Dalla reiezione di tali motivi d’appello deriva la irrilevanza della eccezione di prescrizione, secondo quanto già affermato dal giudice di primo grado.
Sul punto ritiene il Collegio di precisare, con riferimento al terzo motivo di appello, che il giudice di primo grado non ha preso in considerazione l’eccezione di prescrizione proposta nella relazione istruttoria della ASL, ma ha solo evidenziato la mancata difesa della Regione e della ASL, che avrebbero potuto fare valere tale eccezione.
In ogni caso, non avrebbe potuto essere presa in considerazione l’eccezione di prescrizione formulata negli atti dell’Amministrazione, né quella formulata nel presente giudizio, inoltre, solo nella memoria per l’udienza pubblica.
Per costante giurisprudenza, come rilevato dalla difesa appellante, la eccezione di prescrizione è una eccezione in senso stretto che deve essere proposta con una formale eccezione all’interno del giudizio (cfr. Cons. Stato Sez. IV, 28 gennaio 2016, n. 329).
Inoltre, tale eccezione è inammissibile se proposta per la prima volta in appello, stante il divieto di eccezioni nuove ai sensi dell’art. 104 c.p.a. (cfr. Cons. Stato Sez. II, 27 aprile 2020, n. 2704; id. 17 marzo 2020, n. 1892; id. 21 ottobre 2019, n. 7090; Sez. III 31 ottobre 2014, n. 5413).
In conclusione l’appello è infondato e deve essere respinto.
In relazione alle particolari circostanze della vicenda e alla risalenza dei fatti nel tempo sussistono giusti ed eccezionali motivi per la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del presente grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2021 convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati
Claudio Contessa – Presidente
Italo Volpe – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere, Estensore
Carla Ciuffetti – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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