Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 13 gennaio 2020, n. 270
La massima estrapolata:
Il “divieto di commistione” o di “separazione” fra l’offerta tecnica e quella economica, espressivo del principio di segretezza delle offerte ha la precipua finalità di evitare che alla commissione giudicatrice siano resi noti elementi economici prima che la stessa abbia reso le proprie valutazioni sull’offerta tecnica .
Sentenza 13 gennaio 2020, n. 270
Data udienza 14 novembre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 3632 del 2019, proposto da
Ma. Co. s.r.l., ed altri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Ga. Pa. e Ma. Za., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ga. Pa. in Roma, viale (…);
contro
Comune di Trento, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Commissione Giudicatrice, non costituita in giudizio;
nei confronti
Ar.Co. La. Società Cooperativa Consortile, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Le. ed El. Po., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Le. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. della Provincia di Trento, Sez. Unica, n. 47/2019, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Trento e della Ar.Co. La. Società Cooperativa Consortile;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, Cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 novembre 2019 il Cons. Alberto Urso e uditi per le parti gli avvocati Pa. e Le.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il Comune di Trento con bando del 6 settembre 2017 indiceva gara per l’affidamento dell’appalto di lavori volti alla realizzazione della nuova sede degli uffici tecnici comunali.
Risultava aggiudicataria della procedura la Ar.Co. La. Società Cooperativa Consortile.
2. La seconda classificata Ma. Co., insieme alla Ma. e alla Ca. (mandanti del corrispondente costituendo raggruppamento d’imprese), proponeva ricorso avverso l’aggiudicazione e gli altri atti di gara.
3. Il Tribunale amministrativo adì to, nella resistenza del Comune di Trento e della Ar.Co., respingeva il ricorso.
4. Hanno proposto appello la Ma. Co., la Ma. e la Ca. coi seguenti motivi di gravame:
I) violazione e falsa applicazione ed interpretazione della lex specialis (capitolo 3 – paragrafo A1 nonché 1.1 del bando di gara; paragrafo A4 del documento “Elementi che compongono l’offerta economicamente più vantaggiosa”) nonché travisamento in relazione alla clausola di esclusione ivi prevista; motivazione illogica, perplessa e contraddittoria;
II) violazione e falsa applicazione ed intepretazione della lex specialis (capitolo 3 – paragrafo A1 del bando di gara; paragrafo A1 – sub-criterio A.1.4. del documento “Elementi che compongono l’offerta economicamente più vantaggiosa”); carenza dei presupposti e travisamento, oltreché motivazione illogica e difettosa;
III) violazione e falsa applicazione ed interpretazione della lex specialis (capitolo 3 – paragrafo A1 del bando di gara; paragrafo A1 – sub-criterio A.1.5. del documento “Elementi che compongono l’offerta economicamente più vantaggiosa”); carenza dei presupposti, travisamento, nonché difetto di istruttoria e di motivazione; illogicità manifesta; violazione e falsa applicazione di legge e dei principi di legge (art. 4 d.lgs. n. 50 del 2016) e comunque eccesso di potere per disparità di trattamento; omessa pronuncia;
IV) violazione e falsa applicazione della lex specialis (capitolo 3 – paragrafo A1 del bando di gara; paragrafo A1 – sub-criterio A.3.1 del documento “Elementi che compongono l’offerta economicamente più vantaggiosa”); difetto di istruttoria e di motivazione nonché contraddittorietà manifesta; violazione e falsa applicazione di legge e dei principi di legge (art. 4 d.lgs. n. 50 del 2016) e comunque eccesso di potere per disparità di trattamento.
L’appellante ha proposto anche domanda subordinata di risarcimento del danno, già avanzata in primo grado.
5. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Trento e la Ar.Co. per resistere all’appello, del quale hanno chiesto il rigetto.
6. Sulla discussione delle parti all’udienza pubblica del 14 novembre 2019, come da relativo verbale, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Col primo motivo di gravame l’appellante si duole del mancato accoglimento della doglianza con cui aveva dedotto in primo grado la necessaria esclusione dalla gara della Ar.Co., la quale aveva previsto una riduzione di 200 giorni nell’esecuzione dell’appalto rispetto a quanto indicato dalla lex specialis senza evidenziare contestualmente, nell’offerta tecnica, le misure di mitigazione dei rischi interferenziali derivanti dalla sovrapposizione delle lavorazioni, come prescritto dal bando e dal documento denominato “elementi che compongono l’offerta economicamente più vantaggiosa”.
1.1. Il motivo è infondato, nei termini e per le ragioni che seguono.
1.1.1. Il bando di gara stabilisce al capitolo 3, paragrafo A1, che l’offerta tecnica deve essere redatta secondo le modalità indicate nel documento “elementi che compongono l’offerta economicamente più vantaggiosa”.
Quest’ultimo prevede a sua volta al paragrafo A4 che fra i documenti dell’offerta tecnica sia ricompreso un “cronoprogramma”, specificando che “nel caso in cui l’offerente proponga un tempo per l’esecuzione dei lavori più breve di quello indicato dall’Amministrazione, l’offerente ha l’obbligo di precisare le misure di mitigazione dei rischi interferenziali dovuti alla sovrapposizione delle lavorazioni”. La medesima disposizione stabilisce che “la mancata indicazione delle misure di mitigazione comporta l’esclusione dalla gara”.
Inoltre, sempre nel caso di previsione d’un tempo più breve di esecuzione dei lavori l’offerente “nel contesto dell’Offerta Economica (…) deve prevedere una relazione che quantifichi i costi relativi alle predette misure di mitigazione dei rischi interferenziali o giustifichi l’eventuale conferma dei costi originali. La mancanza della predetta relazione comporta l’esclusione dalla gara”.
La disposizione è espressamente ripresa anche dal bando, paragrafo B1, punto 1.1, che ribadisce la necessaria presentazione della suddetta “relazione”, pena l’esclusione del concorrente.
Alla luce di tali disposizioni di gara, il concorrente che avesse previsto una più breve durata dei lavori rispetto a quanto indicato dalla lex specialis avrebbe dovuto al contempo fornire due elementi integrativi: (i) nell’offerta tecnica, all’interno del cronoprogramma, l’indicazione delle misure di mitigazione dei rischi interferenziali derivanti dalla correlata sovrapposizione delle lavorazioni; (ii) nell’offerta economica, una relazione di quantificazione dei corrispondenti costi.
Entrambi gli elementi erano prescritti a pena di esclusione.
1.1.2. In tale contesto, secondo l’appellante, pur avendo la Ar.Co. previsto il completamento dei lavori in un termine inferiore di 200 giorni rispetto a quello stabilito dalla lex specialis (cfr. scheda A.4.1, in atti), non inseriva nel cronoprogramma dell’offerta tecnica alcun riferimento alle misure di contenimento dei rischi interferenziali, enunciate solo nell’ambito dell’offerta economica unitamente al dettaglio dei relativi costi. Di qui la dedotta necessaria esclusione della concorrente.
1.1.3. L’assunto non è condivisibile.
Risulta dagli atti che la Ar.Co., pur non avendo fornito indicazioni sulle misure di riduzione dei rischi interferenziali all’interno cronoprogramma, abbia ciò nondimeno inserito alcuni riferimenti al riguardo – ancorché non dettagliati – nell’ambito di altro documento ricompreso nell’offerta tecnica, e cioè il “programma esecutivo dei lavori” (sub allegato A.4.2).
Ivi in particolare l’appellata richiamava “l’integrazione tra i processi (Approvvigionamento, Accettazione, Esecuzione dei Lavori e Collaudi) nel medesimo programma di intervento”, ciò che avrebbe garantito “attraverso la loro puntuale pianificazione e la massima trasparenza dell’intero processo, la verifica di fattibilità del piano da parte sia dell’Appaltatore che (…) della D.L.”.
La metodologia così utilizzata avrebbe consentito, secondo l’offerente, “l’ottimizzazione dei tempi di trasporto dei materiali a piè d’opera, riducendo conseguentemente le interferenze nelle aree di cantiere e i sovraffollamenti nelle aree di stoccaggio” (cfr. programma esecutivo, pag. 2).
Il che risultava coerente con uno degli “obiettivi principali” enunciati dal programma, costituito dalla “sicurezza del cantiere per i lavoratori coinvolti” da perseguire attraverso “l’eliminazione alla fonte dei rischi lavorativi, attraverso un’attenta analisi dei rischi e la conseguente individuazione delle misure preventive e protettive e/o procedure organizzative e operative atte a tale controllo, riduzione o eliminazione dei potenziali rischi e quindi alla limitazione o azzeramento della possibilità residua del verificarsi di eventi gravosi”.
A fronte di tali riferimenti la commissione giudicatrice ha ritenuto rispettato l’obbligo di indicare – a pena di esclusione – le misure dirette alla riduzione dei rischi interferenziali, soffermandosi espressamente sia sulla metodologia di cui al programma dei lavori (inclusa la “riduzione delle interferenze in cantiere”) reputata coerente con il cronoprogramma (cfr. le schede di valutazione, doc. E fasc. Ma., sub-criterio A.4.1, punto 12, in cui il profilo è considerato nella prospettiva dell’efficiente perseguimento degli obiettivi enunciati), sia sulle dette misure nella valutazione della “natura qualitativa dei documenti presentati compresa la relativa coerenza e completezza” (sub-criterio A.4.2).
A tale ultimo riguardo i commissari evidenziavano in particolare la produzione di un cronoprogramma “sviluppato in maniera essenziale” e “una trattazione generica attraverso cui si prevede(va) di conseguire la riduzione dei tempi di esecuzione”. Subito dopo chiarivano che “altrettanto genericamente è risolto il tema delle interferenze”. Di qui l’attribuzione d’un coefficiente complessivo di giudizio di 0,6 (i.e., “discreto”) per un totale di 3 punti.
In tale contesto, la valutazione della commissione di ritenere sussistente – ancorché generica, e perciò non meritevole di un elevato punteggio – l’indicazione delle misure volte a mitigare i rischi interferenziali non può essere considerata illegittima, in specie in relazione alla dedotta contrarietà alla lex specialis e ai vizi di travisamento, carenza dei presupposti e difetto d’istruttoria denunciati dall’appellante; né rileva al riguardo che la commissione abbia richiamato espressamente la soluzione dei rischi interferenziali nella valutazione del criterio sub A.4.2, atteso che da ciò egualmente si ricava la ritenuta sufficienza – nell’apprezzamento dell’offerta tecnica – delle indicazioni fornite dalla Ar.Co. (cfr. peraltro il giudizio sub A.4.1, in cui pure v’è un richiamo alla risoluzione delle interferenze, espressamente considerata dalla commissione anche in tale frangente).
Pur sinteticamente e in modo generico la Ar.Co. aveva indicato infatti nell’offerta tecnica degli elementi utili a risolvere i pericoli legati alle interferenze, facendo riferimento, in particolare, all’integrazione dei processi “attraverso la loro opportuna pianificazione e la massima trasparenza dell’intero processo”, con consequenziale “verifica (di) fattibilità ” da parte della Direzione dei lavori, oltreché dell’appaltatore; ciò da cui sarebbe derivata pure “l’ottimizzazione dei tempi di trasporto dei materiali a piè d’opera” con conseguente “ridu(zione del)le interferenze nelle aree di cantiere e (de)i sovraffollamenti nelle aree di stoccaggio”.
Di qui la non illegittima o irragionevole determinazione dell’amministrazione di ritenere assolto l’obbligo di indicare misure risolutive delle interferenze nel contesto dell’offerta tecnica, e ciò a prescindere dalle eventuali ambiguità della formula adottata dalla stazione appaltante nel chiarimento n. 19 del 2 gennaio 2018 richiamato dalle parti e dalla sentenza.
1.1.4. Né può ritenersi rilevante, in senso inverso, che detti elementi siano stati esposti dalla Ar.Co. nel documento “programma esecutivo dei lavori” anziché nel “cronoprogramma”, come previsto dalla lex specialis.
Un’interpretazione della lex specialis che volesse ricondurre l’effetto escludente non già alla mancata indicazione tout court delle misure di riduzione delle interferenze, bensì alla loro precipua enunciazione nell’ambito del cronoprogramma si risolverebbe infatti in una clausola nulla ex art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016, finendo per introdurre una causa di esclusione atipica legata allo specifico documento tecnico di esposizione dell’elemento richiesto. Il che risulterebbe contrario al principio interpretativo della conservazione di cui all’art. 1367 Cod. civ., ben applicabile ai documenti di gara (Cons. Stato, V, 31 luglio 2019, n. 5414; 16 aprile 2013, n. 2093), imponendo perciò l’opposta esegesi volta a valorizzare l’esposizione in sé dell’elemento anziché la specifica sedes tecnica di sua enunciazione al fine di evitare l’espulsione dalla procedura (per la predilezione di un’interpretazione delle clausole di gara tale da preservarne la validità anziché renderle nulle, cfr. Cons. Stato, V, 15 marzo 2016, n. 1024).
1.1.5. L’appellante deduce poi che le specifiche misure di risoluzione dei rischi d’interferenza sono state indicate in realtà dalla Ar.Co. all’interno dell’offerta economica, con esposizione ivi anche dei relativi costi.
Ciò non consente tuttavia di accogliere la doglianza mirante all’esclusione dell’appellata, non valendo ad obliterare le indicazioni, pur sommarie e generali, contenute al riguardo nell’offerta tecnica. La prescrizione della lex specialis che impone l’indicazione nell’offerta tecnica delle misure volte a risolvere i rischi da interferenza, e in quella economica la quantificazione dei corrispondenti costi, può ritenersi dunque complessivamente rispettata.
Né l’imperfetto coordinamento fra i documenti – esponendo il programma dei lavori mere sintetiche indicazioni, seguite da una dettagliata articolazione delle misure solo in allegato all’offerta economica, in cui pure era esposta la speculare quantificazione dei costi – vale a ritenere assente uno degli elementi prescritti, e così a legittimare l’esclusione della concorrente.
A sua volta l’esposizione delle misure di dettaglio nel contesto nell’offerta economica (nel documento denominato “misure di mitigazione dei rischi interferenziali dovuti alla sovrapposizione delle lavorazioni”) non consente di ritenere violato il cd. “divieto di commistione” o di “separazione” fra l’offerta tecnica e quella economica, espressivo del principio di segretezza delle offerte.
Come la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha chiarito, infatti, siffatto divieto ha la precipua finalità di evitare che alla commissione giudicatrice siano resi noti elementi economici prima che la stessa abbia reso le proprie valutazioni sull’offerta tecnica (cfr., inter multis, Cons. Stato, V, 11 giugno 2018, n. 3612; III, 3 aprile 2017, n. 153; 30 maggio 2016, n. 2262; per la ricostruzione delle declinazioni e dei limiti nell’applicazione del principio, v. recentemente Cons. Stato, V, 25 giugno 2019, n. 4342 e richiami ivi).
Viene in tal modo perseguita una ragione di cautela volta ad evitare che la commissione, venendo a conoscenza degli elementi economici dell’offerta, ne possa subire un condizionamento, anche in astratto, e un’alterazione della serenità ed imparzialità valutativa rispetto alle offerte tecniche (cfr. Cons. Stato, n. 1530/2017, cit.).
Da ciò si ricava l’estraneità del principio rispetto alla fattispecie in esame, in cui si rinvengono non già elementi economici all’interno dell’offerta tecnica, bensì elementi tecnici nell’ambito dell’offerta economica (cfr. in proposito anche il bando, sub par. A1 e il disciplinare di gara, sub par. A).
Per tali ragioni il primo motivo d’appello va respinto.
2. Col secondo motivo di gravame l’appellante rinnova la doglianza relativa all’omessa produzione, da parte della Ar.Co., di scheda tecnica del distanziale del vetro nell’ambito della scheda sub A.1.4 (relativa all’elemento “serramento in alluminio in triplo vetro”), così omettendo di provare il valore della trasmittanza lineica. Di conseguenza, sarebbe erronea la valutazione di siffatto elemento con l’attribuzione di n. 4 punti in favore della Ar.Co., la quale in mancanza di tali punti si sarebbe posizionata in graduatoria dietro l’appellante.
2.1. Il motivo non è condivisibile.
Il disciplinare di gara (“elementi che compongono l’offerta…”) richiedeva la compilazione delle schede relative ai materiali e prodotti secondo lo schema predefinito, nonché la presentazione delle “schede tecniche del produttore corrispondenti ai materiali e prodotti (…) descritti nelle [prime] schede” (cfr. disciplinare, par. A1).
Prevedeva inoltre che “qualora l’offerente presenti una scheda incompleta in tutto o in parte o priva della scheda tecnica del produttore o non sottoscritta, [venisse] assegnato un coefficiente pari a 0,0”.
In relazione al serramento controverso (i.e., “serramento 02 s.s.”) il disciplinare individuava quale elemento di valutazione la “trasmittanza termica media Uw” (sub par. A1, punto A.1.4; cfr. in proposito anche la corrispondente scheda, che chiedeva di esporre detta trasmittanza, e sulla base dei relativi valori modulava i coefficienti di attribuzione del punteggio, da moltiplicare per il valore massimo riportato nella tabella a pag. 12 del disciplinare).
Alla luce di ciò, la scheda tecnica del produttore allegata da Ar.Co. è da ritenere legittima e adeguata all’elemento esposto nella corrispondente scheda A.1.4. Quest’ultima indica infatti – secondo le prescrizioni della lex specialis in relazione al serramento de quo – il valore della trasmittanza termica, in specie pari a 0,7 W/mq° K; e detto valore ben trova corrispondenza nella scheda del produttore allegata (sub documento “calcolo trasmittanza termica Uw”).
In proposito la pretesa che fosse prodotta anche la scheda tecnica del distanziale del vetro perché, in forza delle norme tecniche, la relativa trasmittanza lineica è un fattore che partecipa alla determinazione della trasmittanza termica si rivela infondata, giacché le schede tecniche del produttore avevano la specifica funzione di individuare il “manufatto o prodotto richiesto” e dimostrarne la rispondenza “alle caratteristiche e ai requisiti minimi indicati nell”Elenco descrittivo delle vocà e negli elaborati progettuali oppure a dimostrarne le relative migliorie” (cfr. disciplinare, sub par. A1).
In tale contesto, anche la qualità veniva direttamente valutata secondo “i valori dichiarati dall’offerente”.
Alla luce di ciò, è chiaro come la prescritta scheda dovesse esporre e fornire dimostrazione degli elementi ritenuti direttamente rilevanti dalla lex specialis, e cioè le “caratteristiche” e i “requisiti minimi indicati”, ovvero “le relative migliorie”, utili in prospettiva valutativa.
Nel caso del serramento in esame, l’elemento preso in considerazione dalla lex specialis è proprio la “trasmittanza termica media Uw calcolata per il serramento”, dai cui valori dipende l’attribuzione di un diverso coefficiente e punteggio (cfr. la scheda sub A.1.4, che prevede un’oscillazione dei coefficienti da 0,0 a 1,0 a seconda dei diversi valori di trasmittanza, con attribuzione del coefficiente massimo in caso di Uw inferiore a 0,8 W/mq° K; le note in calce alla scheda chiariscono che “è richiesta l’indicazione della trasmittanza termica media Uw”, e specificano gli altri elementi necessari ai fini dell’individuazione del prodotto).
Sicché tale specifico elemento, non già i singoli fattori che concorrevano a determinarlo, doveva trovare evidenza nella scheda del produttore.
Il che risulta peraltro confermato, non già smentito, dal chiarimento n. 4 reso dalla stazione appaltante il 6 ottobre 2017, in cui si specificava che “i valori dichiarati dal concorrente devono (…) essere desumibili dalle schede tecniche del produttore e non è ammessa la loro giustificazione con elaborati diversi”; ciò in risposta al quesito con cui si domandava se “i valori dichiarati dal concorrente nelle schede di valutazione, costituenti elementi di valutazione” dovessero essere direttamente desumibili dalla scheda del produttore o ne fosse ammissibile una giustificazione indiretta, “allegando una scheda del calcolo sottoscritta da tecnico abilitato”. Il chiarimento, come si legge, si riferisce proprio ai valori dichiarati nelle schede di valutazione “costituenti elementi di valutazione” (cioè, in relazione al serramento de quo, proprio la trasmittanza termica, non già i fattori che, a monte, incidono sulla relativa determinazione), e si limita a ribadire come detti valori debbano risultare dalla scheda del produttore anziché da distinta scheda di calcolo o altro differente giustificativo.
Di qui l’assenza di lacune o carenze nella scheda del produttore allegata dalla Ar.Co. tali da impedire l’attribuzione del punteggio ricevuto, a prescindere dalla circostanza – dedotta dalla stessa Ar.Co. – per cui detta scheda esponeva in realtà anche il dato della trasmittanza lineica invocato dall’appellante (sub elemento “Psi” del “vetro isolante”).
Né rileva che la scheda stessa designi il preventivo, il disegno e i calcoli quali “indicazioni di massima”, costituendo ciò una formula generica adottata dal produttore (il cui caveat è peraltro correlato alle verifiche del progettista e/o del costruttore “degli infissi”) che non vale a deprivare di attendibilità la specifica determinazione della trasmittanza complessiva calcolata per il serramento, certificata anche dall’Istituto Ift, ciò che non attenua, bensì conforta la veridicità del dato, non smentito peraltro da contrarie evidenze sostanziali offerte dall’appellante.
3. Col terzo motivo parte appellante propone censure variamente articolate che è opportuno esaminare partitamente.
3.1. Con una prima doglianza lamenta, analogamente a quanto esposto nel secondo motivo d’appello, la mancata allegazione da parte della Ar.Co. della scheda tecnica del telaio degli elementi apribili e di quella del distanziale del vetro in relazione all’elemento sub scheda A.1.5, cioè il serramento “17 F.C.”.
3.1.1. La doglianza è infondata per ragioni analoghe a quelle già esposte in relazione al secondo motivo.
Anche per il serramento in esame, relativo alla “fornitura e posa in opera di facciata continua con triplo vetro”, il requisito preso a riferimento dalla lex specialis è costituito infatti dalla “trasmittanza termica media Uw calcolata per il serramento” (cfr. par. A1, punto A.1.5 e corrispondente scheda), di cui la Ar.Co. ha fornito adeguata dimostrazione mediante scheda del produttore che espone un dato di trasmittanza coincidente con quello indicato nella scheda A.1.5.
Di qui l’infondatezza della censura.
3.2. Con una seconda doglianza l’appellante rinnova la censura relativa alla variazione dei materiali utilizzati nelle parti opache della facciata, per le quali la Ar.Co. avrebbe impiegato pannelli ciechi anziché tripli vetri con “vetro tipo B”, come richiesto dal progetto. Il che nuovamente inciderebbe sulla trasmittanza termica dell’elemento controverso (i.e., anche qui il serramento “17 F.C.”) determinando un risultato finale di detta trasmittanza distorsivo e inveritiero, in base al quale l’appellata aveva ricevuto (illegittimamente) l’elevato punteggio contestato; a fronte della variazione dei materiali utilizzati la Ar.Co. avrebbe dovuto invece ricevere, ai sensi del disciplinare di gara (sub par. A1), un punteggio nullo.
3.2.1. Neanche tale doglianza è fondata.
L’appellante contesta in specie che, dalla scheda del produttore relativa al serramento 17 F.C. per la facciata “triplo vetro”, uno dei componenti richiamati ai fini del calcolo della trasmittanza termica valutata dalla commissione sarebbe costituito da pannelli ciechi, le cui dimensioni corrispondono a quella dei 28 elementi previsti dal progetto per i solai.
Dal che risulterebbe la variazione dei materiali impiegati dall’appellata, che avrebbe offerto per i suddetti 28 elementi dei meri pannelli ciechi anziché il “vetro tipo B” prescritto dai documenti progettuali, con conseguente necessaria attribuzione di un punteggio nullo alla Ar.Co.
Il che non è condivisibile per le ragioni di seguito esposte.
3.2.2. In conformità con le previsioni del disciplinare la Ar.Co. produceva in gara il particolare del “nodo serramento in alluminio facciata nord”, corrispondente al serramento 21 F.C., avente struttura in parte qua analoga al serramento 17 F.C. (cfr. in proposito l’abaco prodotto dal Comune e la descrizione delle voci, sub doc. 14-16; v. anche la valutazione di coerenza fra i suddetti elementi resa dalla commissione in relazione al criterio A.2.2, oltre alla relazione della commissione del 4 dicembre 2018, sub punto e allegata alla risposta all’istanza di autotutela; peraltro il richiamo all’elemento A.2.2 ha qui rilievo a fini meramente interpretativi, e cioè per vagliare se effettivamente sia riscontrabile la variazione dei materiali denunciata dall’appellante a fronte del riferimento, di per sé generico, ai “pannelli” contenuto nella scheda allegata sub A.1.5).
Nell’ambito di tale particolare progettuale espressamente la Ar.Co. richiamava l’utilizzo di “triplo vetro” anziché di “pannelli” (cfr. tavola sub elemento A.2.2).
Peraltro, come dedotto dal Comune, anche nella tabella di dettaglio dei prezzi e costi dei vari elementi previsti dalla Ar.Co. non constano specifici e conferenti riferimenti all’impiego di pannelli ciechi.
Per tali ragioni, dalla complessiva documentazione prodotta in gara dalla Ar.Co. non è dato trarre evidenza della variazione dei materiali denunciata dalla Ma., non essendo a tal fine sufficiente invocare i generici riferimenti presenti nella scheda prodotto (che pure, peraltro, richiama variamente i materiali vetrosi) invocati dall’appellante per inferirne sic et simpliciter – a fronte degli elementi di segno opposto desumibili dagli altri suindicati documenti – l’impiego di pannelli ciechi in luogo di vetro tipo B, in violazione della previsione di cui al par. A1, oltreché dai coerenti chiarimenti n. 6 del 17 ottobre 2017 e n. 11 del 24 novembre 2017.
A tal fine neppure rilevano i riferimenti contenuti nella memoria di primo grado della controinteressata al “vetro pannello” menzionato, atteso che la Ar.Co. ivi non smentisce – anzi, esplicitamente conferma – l’utilizzo di materiale vetroso (“vetro tipo B”) nella realizzazione dell’elemento.
Né dal giudizio dell’amministrazione di non ritenere l’offerta dei materiali difforme dalle previsioni progettuali emerge una qualche disparità di trattamento in comparazione con altri concorrenti – in specie, il Consorzio I., cui l’appellante fa riferimento – atteso che, come si evince dalle valutazioni della commissione, detto concorrente aveva offerto elementi chiaramente e sensibilmente diversi da quelli previsti, tanto per dimensioni, distribuzione verticale delle specchiature, dimensioni della facciata (elemento sub A.1.5), quanto per stratigrafia (i.e., vetro singolo anziché triplo nell’elemento sub A.2.2).
3.2.3. A fronte dell’assenza di elementi idonei a confortare l’assunto relativo alla variazione dei materiali utilizzati, residua in relazione al componente controverso una possibile od apparente aporia nella determinazione della trasmittanza termica, in relazione alla quale uno dei fattori è riferito a “pannelli”, per un valore relativo di trasmittanza – che concorre a determinare il risultato finale – pari a 0,25 W/mq° K (circostanza spiegata peraltro dalla controinteressata con l’utilizzo sul lato interno, in aggiunta al triplo vetro, di un isolante migliorativo della trasmittanza, ma senza alcuna variazione dei materiali prescritti; cfr. al riguardo anche la nota del produttore del 14 dicembre 2018, in atti).
In proposito tuttavia la sentenza s’è espressamente pronunciata, affermando che anche un diverso calcolo della trasmittanza – che volesse sostituire il riferimento ai “pannelli” con quello al vetro – condurrebbe a un risultato complessivo migliorativo rispetto alla lex specialis.
Il capo di sentenza non è stato in sé specificamente censurato dall’appellante (che ha ribadito in proposito il necessario abbattimento del punteggio a fronte della variazione dei materiali), e peraltro sia la Ar.Co., sia il Comune (che richiama a fini comparativi il deteriore dato di trasmittanza offerto dalla Ma.) sviluppano nella presente sede il calcolo da cui emerge che anche utilizzando per intero il coefficiente del vetro anziché (per una parte) quello di 0,25 W/mq° K il valore di trasmittanza termica finale sarebbe inferiore a 0,8 W/mq° K, dando luogo perciò all’attribuzione del medesimo punteggio alla Ar.Co., calcolo il cui merito l’appellante non ha confutato.
Di qui la complessiva infondatezza della doglianza.
3.3. Con distinta censura l’appellante si duole sotto altro profilo dell’indicazione e del calcolo della trasmittanza termica in relazione all’elemento sub scheda A.1.5, in quanto basati su un dato errato, atteso che le caratteristiche del telaio utilizzato – in specie, spessore e profondità – determinerebbero un valore di trasmittanza pari a 0,87 W/mq° K ben diverso da quello (pari a 0,79 W/mq° K) indicato nella scheda prodotto. Il che nuovamente ridonderebbe in termini di punteggio in eccesso erroneamente attribuito alla Ar.Co.
3.3.1. La doglianza è infondata.
È prova in atti, risultante dalla scheda tecnica, di come lo spessore nominale dell’elemento de quo fosse pari a 51,26 mm.
Alla luce di ciò, essendone pacifica la profondità di 125 mm, emerge dalla stessa tabella relativa alla determinazione della trasmittanza, riportata nella scheda prodotto, che il valore corretto è pari a 0,79 W/mq° K per spessore compreso fra 52 e 56 mm, e di 0,87 W/mq° K – valore invocato dall’appellante – per spessore fra 46 e 50 mm.
Avendo l’elemento offerto dalla Ar.Co. spessore pari a 51,26 mm, esso risulta certamente più vicino alla fascia “52-56” che non a quella “46-50” mm; in ogni caso, l’appellante non fornisce prova del necessario riferimento a tale diversa fascia “46-50”, nella quale il prodotto non rientra specificamente e alla quale esso appare all’evidenza meno consimile rispetto alla fascia “52-56” cui la scheda effettivamente s’è riferita (cfr. a riguardo anche la comunicazione del produttore del 14 dicembre 2018, in atti).
A ciò si aggiunga peraltro che la sentenza, con affermazione in sé non censurata, ha ritenuto che “anche impiegando il valore meno favorevole indicato nella scheda, il valore di trasmittanza del serramento 17 F.C. (…) rimarrebbe, comunque, inferiore a quello posto a base di gara”.
3.4. Con l’ultima ragione di doglianza, l’appellante lamenta l’illegittima attribuzione di punteggio all’aggiudicataria a fronte delle difformità rispetto al progetto riscontrabili nelle dimensioni della facciata di cui all’elemento 17 F.C., sub scheda A.1.5 (“facciata continua con triplo vetro”).
In relazione al detto elemento la Ar.Co. avrebbe eseguito l’analisi su un serramento pari a 5490 x 26040 mm, diverso quello previsto dalle tavole progettuali, di dimensione pari a 5500 x 26000 mm, meritando perciò l’azzeramento del punteggio in parte qua.
3.4.1. Neanche tale profilo di doglianza è condivisibile.
Come rilevato dalla sentenza la differenza fra le dimensioni indicate nelle tavole progettuali e quelle esposte nella scheda della Ar.Co. sono minimali, perciò ben rientrando nei margini di tolleranza previsti dal disciplinare, secondo cui “non sono considerate varianti (…) eventuali minime variazioni dimensionali e realizzative derivanti dallo sviluppo costruttivo del manufatto” (cfr. disciplinare, par. A2).
La circostanza che tale clausola di tolleranza sia prevista in relazione a un elemento diverso (i.e., A2 anziché A.1.5) non assume di per sé rilevanza, atteso che essa esprime un principio valido per tutti i profili costruttivi dell’intervento, sia “di dettaglio” che generali; né l’appellante offre dimostrazione che da tale diversa configurazione dell’elemento discendono variazioni sui valori di trasmittanza idonei a incidere sul punteggio attribuito alla Ar.Co. (anche a tale proposito la sentenza ha affermato peraltro, con statuizione in sé non censurata dall’appellante, che le variazioni previste incidevano “in maniera irrilevante sulla trasmittanza complessiva della facciata”).
Anche su tale profilo, poi, l’appellante non dà evidenza di un’apprezzabile disparità di trattamento rispetto ad altri concorrenti, atteso che non deduce utili elementi comparativi da cui trarre l’affermata disparità, e appare all’evidenza che l’azzeramento dei punteggi da parte della commissione, laddove operato, abbia riguardato ipotesi di difformità ben più consistenti di quella qui in rilievo (cfr. ad es., nell’ambito delle valutazioni della commissione, la posizione dell’appellante, che aveva previsto una facciata di larghezza pari a 5900 anziché a 5500 mm, così come il Consorzio I; ovvero la posizione del Consorzio stabile G., la cui facciata aveva lunghezza di 3,3 m).
Per questo, anche tale ragione di censura si rivela non fondata.
4. Col quarto motivo di gravame l’appellante lamenta l’erronea attribuzione dei punteggi, non riconosciuta dalla sentenza, in relazione all’elemento del frangisole fotovoltaico, di cui alla scheda sub A.3.1.
4.1. Neanche tale motivo è fondato.
4.1.1. Sotto un primo profilo la Ma. si duole dell’attribuzione a sé di un punteggio nullo per siffatto elemento.
L’elenco descrittivo delle voci prevedeva in proposito che il frangisole fosse composto da un kit di due telai in alluminio di dimensione pari a 1860 x 3300 mm. Per la pala era indicata una larghezza di 185 mm e – sulla base del disciplinare – una lunghezza di 1,8 m.
Come rilevato dalla sentenza, nella propria scheda l’appellante non indicava le dimensioni del kit; prevedeva tuttavia una pala di 180 x 1850 mm, più lunga di quanto indicato dai documenti di gara e incompatibile – tenuto conto dei necessari supporti ed altri elementi da montare – con le dimensioni del telaio, per uno dei cui lati era prevista la misura di 1860 mm (cfr. in proposito la relazione della commissione del 4 dicembre 2018).
Per questo, la valutazione della commissione di attribuire un punteggio nullo per siffatto elemento non appare in sé criticabile nell’ambito di un giudizio tecnico-discrezionale, insindacabile in sede giudiziale in difetto di profili di manifesta erroneità, illogicità od irragionevolezza, qual è quello di attribuzione dei punteggi tecnici (v. in proposito i giudizi della commissione sull’elemento, sub doc. 3 Comune, nonché la successiva relazione del 4 dicembre 2018, in cui si chiarisce anche l’errore materiale originariamente commesso nell’indicazione delle dimensioni della pala offerta da Ma.; in giurisprudenza, cfr. fra le tante, in ordine alla natura tecnico-discrezionale del giudizio della commissione e ai relativi limiti di sindacato, Cons. Stato, V, 3 maggio 2019, n. 2865; 8 gennaio 2019, n. 173; 22 ottobre 2018, n. 6026; 15 marzo 2016, n. 1027; 11 dicembre 2015, n. 5655).
Né risultano in proposito apprezzabili profili di disparità di trattamento rispetto alla Ar.Co., nella cui offerta pure si rinviene una difformità dimensionale della pala, peraltro molto limitata (i.e., lunghezza pari a 1786 anziché 1800 mm), compatibile in ogni caso con le prescritte misure del telaio, che l’appellata anzi espressamente mostrava di rispettare (cfr. la scheda tecnica allegata sub A.3.1; allo stesso modo, non è riscontrabile una disparità di trattamento rispetto al Rti P.& S. richiamato dall’appellante, la cui pala, pur di lunghezza di 1650 mm, era compatibile con le dimensioni del telaio riportate nei documenti di gara).
In tale prospettiva, la significativa differenza fra l’offerta dell’appellante e quella delle altre concorrenti richiamate è costituita dalla compatibilità o meno della pala con le misure del telaio; il che vale a non rendere irragionevole l’attribuzione di punteggi diversi da parte della commissione a seconda della siffatta compatibilità (in tal senso, v. anche il chiarimento della stazione appaltante del 27 novembre 2017, in cui l’individuazione del numero e delle dimensioni dell’elemento, pur non modificabili, è ricondotta alla specifica necessità di contemperare le esigenze di produzione dell’energia con quelle “legate a fattori di vivibilità interna degli uffici (con esigenze di permeabilità visiva e schermatura dai raggi solari)”, ciò che giustifica, in termini di ragionevolezza, anche una valutazione differenziata a seconda che la pala sia o no compatibile con le prescritte dimensioni strutturali del telaio).
Di qui la non irragionevole od abnorme valutazione della commissione nel rendere il giudizio sull’elemento controverso.
4.1.2. Sotto altro profilo l’appellante deduce che l’appellata (oltreché altri due concorrenti) avrebbero offerto componenti in materiali diversi da quelli previsti, con conseguente necessario azzeramento del punteggio.
La doglianza è irrilevante rispetto ai concorrenti diversi dalla controinteressata, atteso che l’eventuale fondatezza – in disparte ogni considerazione in rito – condurrebbe alla mera riduzione del relativo punteggio, senza alcuna utilità per l’appellante (che è già seconda in graduatoria) mentre non vale a dimostrare una disparità di trattamento in danno di Ma. poiché riguarda il profilo dei materiali della pala, ben diverso dalla sua dimensione come idonea a incidere anche su quella del telaio.
In relazione alla scheda prodotta da Ar.Co. l’appellante lamenta che la difformità della soluzione offerta (i.e., senza prevedere la “pala in vetro” indicata dalla lex specialis) determinerebbe la necessità di attribuzione di un punteggio nullo per l’elemento de quo, con conseguente rimodulazione della graduatoria a vantaggio della Ma..
In senso contrario occorre rilevare che la regola di gara secondo la quale la variazione dei materiali determina di per sé l’attribuzione di un punteggio pari a 0,0 è prevista per il distinto fascicolo A1 “di valutazione della qualità dei materiali e dei prodotti”, in specie afferenti ai componenti costruttivi generali.
L’elemento qui controverso rientra invece nel diverso fascicolo A3, e cioè fra gli “elementi migliorativi delle prestazioni di progetto” (sub scheda A.3.1), connotati da caratteristiche e profili di valutazione differenti.
In proposito, benché il disciplinare richiami l’Elenco descrittivo delle voci per individuare le caratteristiche del componente, non è espressamente riprodotta la clausola che sanziona ex se con l’abbattimento del punteggio l’utilizzo di materiali differenti (cfr. in proposito anche la scheda sub A.3.1, diversa in parte qua da quelle di cui al fascicolo A1, che richiamano detta previsione).
Inoltre l’attributo essenziale, funzionale alla valutazione dell’elemento de quo, è costituito in specie dall'”incremento della potenza complessiva offerta”.
Alla luce di ciò il rilievo dell’appellante si rivela non condivisibile.
Conformemente all’Elenco descrittivo, la scheda del prodotto fornita dalla Ar.Co. indica infatti che la pala è realizzata con celle fotovoltaiche “in silicio policristallino” a loro volta inserite “in un profilo di alluminio estruso”.
Come rilevato dai commissari – e non contestato in parte qua dall’appellante – sono i suddetti attributi (e, in particolare, il materiale delle celle fotovoltaiche) a determinare l’incremento “della potenza complessiva offerta” oggetto di valutazione ai fini dell’attribuzione del punteggio premiale (cfr. relazione del 4 dicembre 2018 in risposta all’istanza di autotutela).
Per questo la mancata indicazione che l’ulteriore sub-elemento, costituito dal supporto, fosse in vetro (ciò che la scheda non riportava: cfr. in proposito le stesse deduzioni del Comune riprese dalla Ma. nell’atto d’appello) non vale di per sé sola a incidere, con effetto automatico, sul punteggio, in specie determinandone il suo azzeramento (e ciò al di là dei vincoli relativi alla fase esecutiva, che di per sé non rilevano rispetto a quella delle valutazioni).
Da un lato l’assenza di una regola che sanzioni di per sé con l’abbattimento del punteggio la variazione dei materiali, dall’altro la non diretta rilevanza del sub-componente ai fini dell’attribuzione dei punteggi alla luce del relativo criterio di valutazione fanno sì che il profilo possa rientrare nella sfera dell’apprezzamento tecnico-discrezionale della commissione, in specie non irragionevolmente espresso, dal momento che viene in rilievo un aspetto non in grado d’incidere sulla potenza generata dall’elemento, e rispetto a cui l’appellante non fornisce peraltro evidenze diverse o deduce ragioni di eventuale inadeguatezza sostanziale.
Per questo anche il quarto motivo di gravame risulta infondato.
5. In conclusione, per tutte le suesposte ragioni l’appello va respinto.
Al rigetto dell’appello in relazione alle domande caducatorie segue la reiezione della richiesta di risarcimento del danno, stante il difetto della dedotta condotta illecita dell’amministrazione.
6. La complessità e particolarità della fattispecie giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero – Presidente FF
Valerio Perotti – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere
Alberto Urso – Consigliere, Estensore
Anna Bottiglieri – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply