La disciplina dell’accesso agli atti amministrativi

Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 3 marzo 2020, n. 1551.

La massima estrapolata:

La disciplina dell’accesso agli atti amministrativi non condiziona, infatti, l’esercizio del relativo diritto alla titolarità di una posizione giuridica tutelata in modo pieno, essendo sufficiente il collegamento con una situazione giuridicamente riconosciuta anche in maniera attenuata, sicché la legittimazione all’accesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti e/o documenti oggetto dell’accesso abbiano cagionato o siano idonei a cagionare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l’autonomia del diritto di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita, rispetto alla situazione legittimante all’impugnativa dell’atto.

Sentenza 3 marzo 2020, n. 1551

Data udienza 16 gennaio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 8890 del 2016, proposto dal signor Sa. An. In., rappresentato e difeso dall’avvocato St. Le., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Ga. in Roma, via (…);
contro
il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Fe. Qu., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Al. Pl. in Roma, via (…);
nei confronti
la signora Fi. Ga., non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sezione seconda, n. 1133 del 14 luglio 2016, resa tra le parti, concernente l’accesso alla documentazione amministrativa.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) ;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2020 il consigliere Nicola D’Angelo e uditi, per l’appellante, l’avvocato Fr. Ca., su delega dell’avvocato St. Le., e, per il Comune appellato, l’avvocato Fe. Qu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il signor Sa. An. In. ha impugnato al Tar per la Puglia, sezione staccata di Lecce, il provvedimento con cui il comune di (omissis) ha riscontrato positivamente la richiesta di accesso alle pratiche edilizie relative ad un immobile di sua proprietà presentata dal coniuge della signora Fi. Ga., proprietaria di un fabbricato confinante.
2. Il signor In. ha proposto ricorso contro la decisione del Comune di consentire l’accesso, chiedendo anche il risarcimento del danno, contestando, in particolare, che:
– alla richiesta non fosse stato assegnato un numero di protocollo;
– il richiedente, signor El. Ni. Ma. El., non fosse delegato dal coniuge ad effettuare l’accesso;
– l’istanza fosse meramente esplorativa e non gli fosse stata notificata come controinteressato.
4. Il Tar di Lecce, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto il ricorso, ritenendo che l’omessa indicazione del numero di protocollo non potesse ritenersi causa di invalidità del consentito acceso e che il richiedente si potesse ritenere legittimato in quanto coniuge convivente della proprietaria dell’immobile adiacente.
5. Contro la suddetta sentenza il signor In. ha proposto appello, prospettando, essenzialmente, come motivi di censura, l’erroneità delle conclusioni del Tar in ordine alla mancata protocollazione dell’istanza di accesso, al difetto di legittimazione del richiedente, alla mancata notifica della stessa richiesta di accesso, all’eccepito difetto di motivazione. Ha poi ribadito la richiesta di risarcimento danni in via equitativa.
6. Il Comune di (omissis) si è costituito in giudizio il 3 dicembre 2019, chiedendo il rigetto del ricorso.
7. L’appellante ha depositato un’ulteriore memoria il 31 dicembre 2019.
8. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 16 gennaio 2020.
9. L’appello non è fondato.
10. Relativamente alla mancata protocollazione dell’istanza di accesso, va innanzitutto rilevato che la stessa è stata accompagnata, come evidenziato dal Comune appellato, da un modulo compilato dall’interessato, corredato da una marca da bollo attestante il pagamento dei diritti di segreteria, riportante la data del 21 gennaio 2016.
10.1. In sostanza, la richiesta di accesso ha prodotto ugualmente i propri effetti, tenuto conto che gli elementi derivanti dalle operazioni di protocollazione sono comunque facilmente ricavabili dal predetto modulo.
10.2. L’omessa registrazione di protocollo non può d’altra parte ritenersi causa di nullità o annullabilità, ricorrendo nel caso di specie gli elementi essenziali per l’identificazione e l’acquisizione della richiesta, e dunque costituendo al più una mera irregolarità non viziante ai sensi dell’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990, perché non idonea ad incidere sul contenuto concreto dell’atto (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 792 del 2012; sez. VI, n. 4113 del 2013).
11. Quanto al difetto di legittimazione del richiedente l’accesso (coniuge convivente della proprietaria del fabbricato confinante), non può ritenersi che allo stesso mancasse un interesse diretto, concreto ed attuale all’ostensione della documentazione relativa alle pratiche edilizie dell’immobile dell’appellante.
11.1. La disciplina dell’accesso agli atti amministrativi non condiziona, infatti, l’esercizio del relativo diritto alla titolarità di una posizione giuridica tutelata in modo pieno, essendo sufficiente il collegamento con una situazione giuridicamente riconosciuta anche in maniera attenuata, sicché la legittimazione all’accesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti e/o documenti oggetto dell’accesso abbiano cagionato o siano idonei a cagionare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l’autonomia del diritto di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita, rispetto alla situazione legittimante all’impugnativa dell’atto (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. III, n. 696 del 2016).
11.2. Nel caso di specie, il richiedente comunque abitava nel fabbricato confinante ed aveva quindi una posizione di “collegamento” tra il suo interesse all’accesso e la documentazione di cui ha chiesto l’ostensione (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 7 del 2012)
12. In questo quadro, non può quindi condividersi anche la tesi del ricorrente che il richiedente, mediante l’acceso agli atti relativi agli interventi edilizi realizzati nella sua proprietà, avesse esercitato una sorta di controllo generalizzato sull’azione dell’Amministrazione comunale. L’acceso, infatti, è stato chiesto per un interesse conoscitivo di natura personale, derivante dalla situazione di vicinitas del richiedente.
13. L’appellante lamenta poi che la richiesta di accesso non gli sarebbe stata notificata, pur essendo lo stesso non solo controinteressato, ma anche titolare di dati sensibili contenuti nei documenti oggetto dell’istanza.
13.1. Premesso che i documenti inerenti a pratiche edilizie non rientrano tra quelli che, ai sensi dell’art. 24, comma 6, lettera d), della legge n. 241 del 1990, l’Amministrazione può escludere dall’accesso in quanto relativi alla vita privata o alla privacy, all’interessato, nella sua qualità di soggetto confinante, non potevano essere opposte ragioni di riservatezza tali da impedire l’esercizio del diritto di accesso (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1947 del 2018).
13.2. D’altra parte, l’appellante ha avuto comunque conoscenza della richiesta ed ha partecipato al relativo procedimento, tanto da aver prodotto un’opposizione alla stessa. Ed anzi, in sede giurisdizionale, si è poi lamentato del difetto di motivazione dell’atto comunale che ha consentito l’accesso perché non avrebbe dato atto delle osservazioni contenute nell’atto di opposizione (sulle controdeduzioni, peraltro, non era necessaria un’analitica confutazione da parte dell’Amministrazione – cfr. Cons. Stato sez. V, n. 3500 del 2019).
14. Dal rigetto dei motivi di appello consegue, infine, anche l’infondatezza della domanda risarcitoria.
15. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
16. Tenuto conto della particolarità della controversia, le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Giovagnoli – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere, Estensore
Silvia Martino – Consigliere
Giuseppa Carluccio – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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