Consiglio di Stato, Sezione sesta, Ordinanza 28 gennaio 2020, n. 704.
La massima estrapolata:
La dichiarazione del decesso della parte, recata in atto depositato in giudizio non notificato alle altre parti, possa comunque integrare la fattispecie di interruzione del processo qualora: a) promani dal difensore costituito e riguardi la parte assistita; nonché b) sia legalmente conosciuta dalle altre parti, perché oggetto di trattazione nell’ambito di un’udienza regolarmente fissata e comunicata.
Ordinanza 28 gennaio 2020, n. 704
Data udienza 23 gennaio 2020
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 7899 del 2018, proposto da
Gi. Sp., rappresentata e difesa dall’avvocato An. Va., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore in Roma, corso (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Prof. Sa. St. Da., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, Piazza (…);
per la revocazione e/o annullamento
della sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, n. 3042/18 (resa su ricorso in appello n. 8994/15) pubblicata in data 22/05/2018
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 38 e 79, co. 2, cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2020 il Cons. Francesco De Luca e udito per le parti l’avvocato De Lu. Ug. in dichiarata delega dell’avvocato St. Da. Sa.;
Rilevato che:
– con deposito del 26.9.2019 il difensore della parte ricorrente, Sig.ra Gi. Sp., ha prodotto il certificato di morte della propria assistita;
– con istanza del 20.12.2019 il difensore della Sig.ra Sp. Gi., dopo aver premesso che la propria assistita è deceduta in data 10.1.2019, come da certificato di morte già depositato, ha chiesto dichiararsi l’interruzione del giudizio r.g. n. 7899/18;
– l’Amministrazione comunale resistente, oltre ad eccepire l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso per revocazione, con memoria del 23.12.2019, ricostruiti gli eventi processuali occorsi successivamente alla pubblicazione della sentenza oggetto di revocazione, ha evidenziato che la ricorrente, al momento della proposizione del ricorso per revocazione, rivestiva la posizione giuridica di usufruttuaria dei beni per cui è controversia;
– in particolare, nella ricostruzione proposta dall’Amministrazione intimata, il diritto di usufrutto della ricorrente, in quanto non qualificabile alla stregua di una situazione giuridica soggettiva attiva suscettibile di trasmissione iure hereditatis, si sarebbe estinto in conseguenza del consolidamento della piena proprietà in capo al nudo proprietario;
– per l’effetto, attesa l’estinzione della situazione giuridica soggettiva attiva a tutela della quale era stata proposta l’azione impugnatoria, in assenza di aventi causa titolati alla prosecuzione del giudizio, dovrebbe dichiararsi l’improcedibilità del ricorso per revocazione;
– all’udienza del 23.1.2020 nessuno è comparso per la parte ricorrente; è risultato presente, invece, il difensore dell’Amministrazione resistente;
– la causa è stata, quindi, trattenuta in decisione, anche sulla questione dell’intervenuta interruzione del processo per decesso del ricorrente, dichiarato dal difensore con atto depositato in giudizio;
Considerato che:
– ai sensi dell’art. 79, comma 2, c.p.a., “L’interruzione del processo è disciplinata dalle disposizioni del codice di procedura civile”; ai sensi dell’art. 80, commi 2 e 3, c.p.c., “2. Il processo interrotto prosegue se la parte nei cui confronti si è verificato l’evento interruttivo presenta nuova istanza di fissazione di udienza. 3. Se non avviene la prosecuzione ai sensi del comma 2, il processo deve essere riassunto, a cura della parte più diligente, con apposito atto notificato a tutte le altre parti, nel termine perentorio di novanta giorni dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo, acquisita mediante dichiarazione, notificazione o certificazione”; ai sensi dell’art. 299 c.p.c., “Se prima della costituzione in cancelleria o all’udienza davanti al giudice istruttore, sopravviene la morte oppure la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti o del suo rappresentante legale o la cessazione di tale rappresentanza, il processo è interrotto, salvo che coloro ai quali spetta di proseguirlo si costituiscano volontariamente, oppure l’altra parte provveda a citarli in riassunzione, osservati i termini di cui all’articolo 163-bis”, nonché ai sensi dell’art. 300, commi 1 e 2, c.p.c. “Se alcuno degli eventi previsti nell’articolo precedente si avvera nei riguardi della parte che si è costituita a mezzo di procuratore, questi lo dichiara in udienza o lo notifica alle altre parti. Dal momento di tale dichiarazione o notificazione il processo è interrotto, salvo che avvenga la costituzione volontaria o la riassunzione a norma dell’articolo precedente”;
– alla stregua del combinato disposto delle previsioni supra richiamate, risulta che:
a) ai fini dell’integrazione della fattispecie interruttiva, in caso di decesso della parte processuale costituita a mezzo difensore, non è sufficiente la verificazione dell’evento, anche ove conosciuto dalle altre parti, ma occorre la sua dichiarazione da parte del difensore costituito (Consiglio di Stato, sez. V, 16 aprile 2014, n. 1954); nonché
b) il provvedimento giurisdizionale con cui viene dichiarata l’interruzione del processo non produce effetti costitutivi, limitandosi a dare atto di un effetto già prodotto (Consiglio di Stato, sez. IV, 20 gennaio 2020, n. 447); ragion per cui il termine di riassunzione del processo prescinde dalla data dell’ordinanza dichiarativa dell’effetto interruttivo;
– ciò premesso, occorre verificare se la dichiarazione del decesso del proprio assistito, resa dal difensore a mezzo di atto depositato in giudizio, non notificato alle altre parti, possa essere valorizzata come fattispecie di interruzione del processo;
– nel caso in esame, infatti, il difensore della parte ricorrente ha documentato il decesso del proprio assistito mediante la produzione in data 26.9.2019 del relativo certificato di morte, dichiarando l’evento interruttivo in maniera espressa con istanza del 20.12.2019, recante altresì la richiesta di interruzione del processo; non risulta, invece, documentata l’avvenuta notificazione della dichiarazione dell’evento interruttivo all’Amministrazione comunale, né risulta reiterata la relativa dichiarazione all’udienza del 23.1.2020, non essendo comparso nessuno per la parte ricorrente;
– in subiecta materia, secondo un primo indirizzo (Consiglio di Stato, sez. IV, 3 ottobre 2017, n. 4587 e Consiglio di Stato, sez. V, 16 aprile 2014, n. 1954), la dichiarazione dell’evento interruttivo dovrebbe avvenire con atto notificato alle altre parti o con dichiarazione resa in udienza, fattispecie tipiche regolate dal legislatore ai sensi del combinato disposto degli artt. 79, comma 2, c.p.a. e 300 c.p.c., che non ammetterebbero atti equipollenti; di conseguenza, non assumerebbero rilevanza il mero deposito del certificato di morte della parte processuale ovvero la dichiarazione dell’evento interruttivo resa in atto depositato in giudizio, tenuto conto che, nel primo caso, mancherebbe una dichiarazione del difensore costituito ai fini della produzione dell’effetto interruttivo, nel secondo caso, in assenza di un onere di continuo monitoraggio del fascicolo del giudizio, non potrebbe ritenersi rilevante il deposito di un atto processuale non legalmente conosciuto dalle altre parti processuali;
– secondo altro indirizzo, invece, la richiesta di interruzione del processo dichiarata con atto depositato in giudizio potrebbe essere valorizzata ai fini dell’integrazione della fattispecie interruttiva (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 11 dicembre 2019, n. 8407, che ha dichiarato l’interruzione del processo sulla base di un certificato di morte e di una richiesta di interruzione depositati in atti; cfr. anche Consiglio di Stato, sez. IV, 6 novembre 2018, n. 6268 che, in un caso di mancata comparizione dei difensori all’udienza, ha comunque dichiarato l’interruzione del processo sulla base di un certificato di morte, acquisito al giudizio, riguardante una delle parti processuali);
– il Collegio ritiene, per le ragioni di seguito svolte, che la dichiarazione del decesso della parte, recata in atto depositato in giudizio non notificato alle altre parti, possa comunque integrare la fattispecie di interruzione del processo qualora: a) promani dal difensore costituito e riguardi la parte assistita; nonché b) sia legalmente conosciuta dalle altre parti, perché oggetto di trattazione nell’ambito di un’udienza regolarmente fissata e comunicata;
– in particolare, la ratio sottesa alle disposizioni processuali supra richiamate, nella parte in cui subordinano l’interruzione del processo ex art. 300 c.p.c. ad apposita dichiarazione del difensore della parte costituita, risponde all’esigenza di tutelare l’effettività del diritto di difesa della parte colpita dall’evento interruttivo;
– in siffatte ipotesi, l’ordinamento processuale assicura al difensore costituito, professionista qualificato in grado di meglio apprezzare le iniziative processuali da svolgere a tutela del proprio assistito, il potere di scelta tra la prosecuzione del processo e la sua interruzione, dipendendo l’effetto interruttivo da una sua dichiarazione espressa da rendere in giudizio;
– tale iniziativa, riservata al difensore costituito, peraltro, è regolata dall’ordinamento processuale civile (art. 300 c.p.c.), cui rinvia l’art. 79, comma 2, c.p.a., anche nelle forme di comunicazione all’uopo da osservare, potendo il difensore rendere la dichiarazione verbalmente in udienza ovvero per iscritto con atto da notificarsi alle altre parti processuali;
– le norme prescrittive di tali forme comunicative, in questo caso, non rispondono all’esigenza di tutelare il diritto di difesa della parte colpita dall’evento interruttivo – a presidio del quale, come osservato, è sufficiente il riconoscimento in capo al difensore del potere (e della connessa responsabilità ) di influire sulla prosecuzione del processo – bensì tendono a garantire le altre parti processuali, dovendo le stesse essere poste in condizione di avere conoscenza legale dell’evento interruttivo, al fine di provvedere eventualmente (ove interessate ad evitare l’estinzione del processo) alla sua tempestiva riassunzione ai sensi dell’art. 80, comma 3, c.p.a.;
– in subiecta materia, pertanto, vengono in rilievo, da un lato, l’esigenza di tutelare il diritto di difesa della parte colpita dall’evento interruttivo, assicurata attribuendo al difensore costituito il potere processuale di determinare, attraverso la dichiarazione dell’evento ex art. 300 c.p.c., l’interruzione del processo e consentire, in tale modo, una nuova costituzione del soggetto cui spetta la prosecuzione del giudizio; dall’altro, l’esigenza di tutelare, altresì, le altre parti processuali, subordinando la decorrenza del termine di riassunzione alla conoscenza legale dell’evento interruttivo, in assenza della quale il processo non potrebbe estinguersi per inattività di parte;
– l’equilibrato bilanciamento delle esigenze di tutela di tutte le parti processuali consente di ritenere che, in presenza di una dichiarazione del difensore costituito ex art. 300 c.p.c., funzionale ad ottenere l’interruzione del processo, depositata in giudizio e legalmente conosciuta dalle altre parti mediante la celebrazione dell’udienza (in cui venga trattata la questione dell’avvenuta dichiarazione dell’evento interruttivo), si determini comunque l’interruzione del processo, con decorrenza del termine di riassunzione da rispettare a pena di estinzione del giudizio;
– tale risultato esegetico, oltre a non sembrare incompatibile con il dato positivo, risulta coerente con il principio del raggiungimento dello scopo, operante anche in ambito amministrativo (in termini, Consiglio di Stato, sez. V, 8 settembre 2011, n. 5040), in quanto espressione, ex art. 39 c.p.a., di un principio generale (desumibile dall’art. 156 c.p.c.) tendente ad evitare la comminatoria di nullità nelle ipotesi in cui sia stato comunque soddisfatto l’interesse sostanziale sotteso alla norma processuale violata;
– sotto il profilo di compatibilità con il dato positivo, in particolare, si osserva che il codice del processo amministrativo, pur rinviando al codice di procedura civile per la disciplina dell'”interruzione” (art. 79, comma 2, c.p.a.), detta, ai sensi dell’art. 80, comma 3, c.p.a., una regolazione completa ed autonoma del termine di riassunzione del processo interrotto, non coincidente con quella applicabile al processo civile (sull’autonomia della disciplina processuale amministrativa, cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 23 luglio 2019, n. 5188 e Consiglio di Stato, sez. V, 27 maggio 2014, n. 2713);
– in particolare, mentre in ambito amministrativo il dies a quo del termine di riassunzione viene ancorato alla “conoscenza legale dell’evento interruttivo, acquisita mediante dichiarazione, notificazione o certificazione” (art. 80, comma 3, c.p.a.), in ambito civile, invece, detto termine decorre “dall’interruzione” del processo (art. 305 c.p.c.);
– sebbene entrambe le disposizioni, prescindendo dal provvedimento giudiziale di dichiarazione dell’interruzione, regolino l’interruzione del giudizio come conseguenza automatica dell’evento cui l’ordinamento collega il relativo effetto (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 20 dicembre 2011, n. 6730), in ambito amministrativo, il termine di riassunzione comincia a decorrere allorquando le altre parti abbiano avuto legale conoscenza dell’evento interruttivo, acquisibile mediante la relativa dichiarazione (ovvero, la relativa certificazione o notificazione);
– il legislatore processuale non specifica, tuttavia, se si debba avere riguardo alla sola dichiarazione resa in udienza (come ritenuto da Consiglio di Stato, sez. IV, 3 ottobre 2017, n. 4587 alla stregua del combinato disposto degli artt. 79, comma 2, c.p.a. e 300 c.p.c., in forza dei quali l’interruzione è integrata dalla dichiarazione resa in udienza ovvero recata in atto notificato alle altre parti) ovvero possa farsi riferimento anche alla dichiarazione contenuta in un atto processuale depositato in giudizio – di cui le altre parti abbiano comunque avuto legale conoscenza, in quanto oggetto di trattazione in udienza-, che, pertanto, potrebbe acquisire rilevanza ai fini dell’interruzione del processo;
– al riguardo, il Collegio ritiene di valorizzare – ai fini dell’integrazione della fattispecie di interruzione del processo – anche la dichiarazione, promanante dal difensore costituito, resa in atto processuale depositato in giudizio, legalmente conosciuto dalle altre parti perché oggetto di trattazione in udienza;
– tale ricostruzione, non impedita dal dato positivo (art. 80 c.p.a.) che, come osservato, valorizza la “dichiarazione” dell’evento interruttivo senza specificare la sede in cui deve essere resa (in udienza o con atto depositato), risulta, altresì, rispettosa del principio del raggiungimento dello scopo, che permette di assicurare l’efficacia giuridica degli atti processuali anche nelle ipotesi in cui siano soddisfatte le esigenze di tutela sottese alle norme prescrittive di forma in concreto inosservate;
– le norme prescrittive delle forme comunicative della dichiarazione del difensore costitutivo ex art. 300 c.p.c. sono, infatti, volte ad assicurare alle altre parti la conoscenza legale dell’evento interruttivo; esigenza, tuttavia, conseguibile non soltanto in caso di notificazione della dichiarazione o di sua verbalizzazione in udienza, ma anche nelle ulteriori ipotesi in cui l’esistenza della relativa dichiarazione sia appresa – non per scienza privata o per la notorietà dell’avvenimento, bensì – attraverso strumenti tipici, riconosciuti e regolati dall’ordinamento (sulla nozione di conoscenza legale da intendersi “non già una conoscenza acquisita per scienza privata o sulla base del cd. fatto notorio (in quanto conosciuto nella comunità, propalato dalla vox populi ovvero riportato dagli organi di informazione, etc.), bensì una conoscenza acquisita attraverso strumenti tipici, come tali riconosciuti e previsti dall’ordinamento”, cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 3 ottobre 2017, n. 4587);
– tra gli strumenti di conoscenza tipizzati dall’ordinamento deve essere debitamente valorizzata la celebrazione dell’udienza, dovendosi ritenere legalmente conosciuti gli atti e i fatti, compiuti e occorsi durante tale essenziale fase processuale (benché Consiglio di Stato, sez. IV, 3 ottobre 2017, n. 4587 attribuisca rilevanza alla sola dichiarazione del difensore costituito resa in udienza, in tale pronuncia si riconosce che “salvi i casi in cui non si provi di non aver ricevuto avviso dell’udienza medesima – quanto avviene in tale sede deve essere inteso come “legalmente conosciuto” dalle parti”);
– alla stregua di tali considerazioni, il Collegio ritiene, quindi, che, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 79, comma 2, c.p.a., 300 c.p.c. e 80, comma 3, c.p.a., la dichiarazione dell’evento interruttivo resa dal difensore costituito possa ritenersi legalmente conosciuta dalle altre parti e, come tale, risulti idonea a determinare l’interruzione del processo e la decorrenza del termine di sua riassunzione, non soltanto nelle ipotesi in cui sia notificata ovvero sia resa in udienza, ma anche qualora sia riportata in un atto di parte, regolarmente depositato in giudizio, oggetto di trattazione in un’udienza ritualmente comunicata alle parti processuali;
– in siffatta ipotesi, l’equo bilanciamento tra le esigenze di difesa delle parti processuali consente di ritenere integrata una fattispecie di interruzione del processo, pervenendosi, in tale maniera ad una tutela effettiva:
a) non soltanto della colpita dall’evento interruttivo, consentendo a coloro cui spetti la prosecuzione del processo di costituirsi in giudizio, dando impulso al processo attraverso la presentazione di nuova istanza di fissazione di udienza ex art. 80, comma 2, c.p.a.;
b) ma anche delle altre parti, poste in condizione sia di avere legale conoscenza della dichiarazione dell’evento interruttivo, attraverso la trattazione in udienza della relativa questione, sia, conseguentemente, di provvedere (ove interessate) alla tempestiva riassunzione del processo, decorrendo il relativo termine perentorio (anziché dal deposito in giudizio della dichiarazione del difensore costituito) dalla data dell’udienza, in cui si realizza la legale conoscenza dell’evento interruttivo, conformemente a quanto prescritto dall’art. 80, comma 3, c.p.a.;
– l’applicazione di tali coordinate ermeneutiche al caso di specie conduce alla dichiarazione di interruzione del processo;
– emerge in atti, infatti, che il difensore della parte ricorrente con istanza del 20.12.2019 ha dichiarato il decesso della propria assistita, alla stregua del certificato di morte già acquisito in data 26.9.2019, chiedendo al contempo l’interruzione del processo e astenendosi dall’ulteriore attività difensiva (non avendo depositato altri atti, né essendo comparso all’udienza del 23.1.2019);
– l’Amministrazione intimata ha avuto conoscenza legale della dichiarazione dell’evento interruttivo acquisita in atti, in conseguenza dell’udienza del 23.1.2019 (passata in decisione anche sulla questione dell’interruzione del processo), cui ha preso parte;
– conseguentemente, essendosi in presenza di una dichiarazione del decesso del ricorrente, recata in atto depositato in giudizio, promanante dal difensore costituito e riguardante la parte assistita, legalmente conosciuta dal resistente, il Collegio ritiene integrata una fattispecie di interruzione del processo ex artt. 79, comma 2, c.p.a., 300 c.p.c. e 80, comma 3, c.p.a.;
– l’intervenuta interruzione del processo osta alla pronuncia sulle ulteriori questioni componenti il thema decidendum del presente giudizio, ivi compresa l’eccezione di improcedibilità della revocazione (opposta dall’Amministrazione resistente), la quale, pur avendo natura pregiudiziale, deve essere delibata a contraddittorio integro, venuto meno all’esito del decesso del ricorrente, dichiarato dal difensore costituito e legalmente conosciuto dalla parte resistente;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, dà atto dell’interruzione del processo, ai sensi dell’art. 79, comma 2, cod. proc. amm.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Bernhard Lageder – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere
Francesco De Luca – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply